«Ciascuno di noi è febbricitante. Gesù tocca, e la febbre fugge. Tocchi anche le nostre mani, per rendere pure le nostre opere». (San Girolamo)
Dio, mediante il Suo Figlio Gesù, vuole fermamente entrare nell’esistenza delle Sue creature al fine di salvarle.
In questo racconto dell’evangelista Marco ci viene presentato l’accesso divino entro i confini di una umanità abbastanza limitata, e lo realizza con quella che viene chiamata, dagli esegeti, la giornata di Cafarnao.
In questa pagina evangelica, raccogliamo diversi aspetti del Signore in tre momenti del Suo essere in noi, con noi e per noi.
Il primo scenario è familiare, perché è lo scenario del Signore che guarisce la suocera di Simon Pietro, piretica e allettata, e non soltanto la guarisce: Egli rivela di essere Colui che dà la Vita, in quanto Dio è la Vita: «Io sono la Via, la Verità, la Vita».
Difatti, Gesù durante la guarigione della suocera di Simon Pietro, non parla né tantomeno eleva orazioni, ma semplicemente, e silenziosamente, si accosta alla suocera, la solleva prendendola per mano. È proprio nell’essenzialità dello scenario che si rivela in tutta la sua solennità l’autorevolezza di Gesù, la Sua potenza trionfatrice. Ma l’avvenimento è idealmente illuminato dal lume della Pasqua mediante un piccolo particolare che l’evangelista Marco ha lasciato cadere nel racconto. Infatti, l’ «alzarsi» della suocera guarita, di Simon Pietro, è in greco lo stesso verbo che nel Nuovo Testamento definisce la risurrezione di Gesù.
Oggi, si ripete in noi lo stupore degli abitanti di Cafarnao, che videro esplodere, in maniera imprevista, questo atto di Gesù. Che esso provenisse dalla Potenza era facile da intuire, ma certamente quelle persone capirono che questa Potenza si rivelava in forza di una immensa benevolenza: Dio ci dona la guarigione e la vita, in quanto ci ama e ci vuole vivi.
Lo scenario successivo è, invece, collocato alla porta della cittadina. Al calare del sole, Gesù compie una serie di guarigioni di massa, una sorta di lotta simbolica contro tutte le forme di male, sia esso fisico che interiore: «gli portavano tutti i malati e gli indemoniati. Tutta la città era riunita davanti alla porta. Guarì molti che erano affetti da varie malattie e scacciò molti demòni; ma non permetteva ai demòni di parlare, perché lo conoscevano… Tutti ti cercano!… Andiamocene altrove… per questo infatti sono venuto!»
Dinanzi alla forza del dolore e del demoniaco, Gesù si erge con tutta la magnificenza del suo mistero, i cui contorni non sono di semplice comprensione agli ascoltatori, ma la cui efficienza salvatrice è sperimentabile e percepibile, in quanto Gesù indirizza la vita a quello che è il suo vero fine. La guarigione donata da Gesù intende fare della vita ridonata un germe di vita eterna. Il Signore è venuto perché l’esistenza attuale maturi nell’altra Vita.
Se, dunque, tutti coloro che si rivolgono al Gesù guaritore dei mali e delle pene, che cercano il suo aiuto istantaneo, desiderassero con la stessa misura la Sua Verità, sarebbero guariti, salvati e consolati nel senso più profondo.
Il terzo e ultimo scenario è quello dell’aurora. Gesù è avviluppato nel silenzio della contemplazione. Ma subito dopo è immerso nella stretta della folla, ansiosa di essere finalmente liberata dal male. L’icona si conclude con un ritratto essenziale di Gesù nella sua duplice missione di messaggero del Regno di Dio e di Salvatore degli esseri viventi dal male, «predicando nelle loro sinagoghe e scacciando i demòni».
In qualità di cristiani, cerchiamo di essere anche noi, pronti a ringraziarlo di tutti i beni che ci dona, ma principalmente decisi a chiedergli la fede e la disposizione a fare sempre la sua volontà, anche nella sofferenza, nella malattia, nel dolore.
Questa pagina di Vangelo aggiunge ancora un’altra realtà preziosa: in una frase brevissima ci propone l’insegnamento più grande di Gesù: «Al mattino presto si alzò quando ancora era buio e, uscito, si ritirò in un luogo deserto, e là pregava».
Il dono più grande è il momento dell’orazione profonda. Quelle notti misteriose di Gesù, nella solitudine e nel raccoglimento, avvolte dal silenzio, quando il Figlio – vivente in mezzo a noi, Uomo come noi – sente il bisogno di trovare la propria verità continuando questo faccia a faccia con il Padre: la profonda reciprocità che lo fa Figlio del Padre. Lì è la Vita.
Certo, Gesù ci ha insegnato a dire Padre nel «Padre nostro», ma tra il recitarlo a memoria, e l’entrare a poco a poco in questo dialogo, è necessario un percorso, un cammino di preghiera, semplicissimo, che ci insegna a fermarci per comprendere sempre meglio il significato, il valore, la forza del nome «Abbà-Padre», e a gustarlo, a fidarci, ad abbandonarci a Lui e all’Amore che esso esprime, come ha fatto Gesù. Ecco perché questo Vangelo è ricchissimo: ci porta sempre di più all’essenziale.