«Dio non tiene conto della grandezza delle ricchezze abbandonate, ma dell’animo di colui che le abbandona». (San Girolamo)
La pericope dell’evangelista Marco evidenzia l’importanza della Parola di Gesù, esponendone il profilo come quello di un Profeta compiuto, di un Maestro di sapienza posto sopra a ogni maestro terreno, del liberatore dalle potenze del male, del Salvatore: «Gesù, entrato di sabato nella sinagoga, a Cafàrnao, insegnava. Ed erano stupiti del suo insegnamento: egli infatti insegnava loro come uno che ha autorità, e non come gli scribi… Un insegnamento nuovo, dato con autorità.
Comanda persino agli spiriti impuri e gli obbediscono!». Dunque, come sottolinea Marco, Parola e ascolto si intrecciano, laddove scaturisce l’importanza del kèrigma a cui tutti i battezzati sono caldamente invitati.
Ora, vorrei evidenziare che la parola autorità nel discorso biblico non era mai applicata al mondo umano, economico, sociale e politico, ma era riservata a Dio. Quindi, Gesù, Dio era la potenza, la sorgente delle cose stesse che stava annunciando, e i discepoli percepivano nei suoi insegnamenti una forza straordinaria, una semplicità diretta e persuasiva che li dominava: si sentivano rapiti da un Uomo come Lui, in quanto era l’autorità di Dio che veniva a rassicurare la gente bisognosa, quella di allora, che lo ascoltava nella sinagoga; e ora anche noi, al giorno d’oggi, disorientati e bisognosi della sua potenza, della sua autorità.
Gesù, con questa sua autorità, che conferma con potenza, liberando l’indemoniato, viene incontro alla nostra continua domanda:
Di chi possiamo fidarci?
A chi dobbiamo credere?
Poi, dobbiamo aggiungere agli interrogativi kantiani, indelebili, che portiamo dentro di noi:
Che cosa posso sapere?
Che cosa ho il diritto di sperare?
Che cosa devo fare?
Chi sono?
Per rispondere a questo continuo interrogare dell’essere umano, per non sprofondare nel non senso, occorre poter trovare Qualcuno di cui fidarci, a cui poter credere.
Gesù compare davvero come Colui di cui ci si può fidare e, di conseguenza, Colui a cui possiamo affidarci pienamente; Colui che, dalla ricchezza di se stesso, Dio fatto Uomo, fa sgorgare per noi parole che suonano sicure, forti dell’autorità di chi le pronuncia.
Affidarsi significa, infatti, impegnare tutta la propria vita, rinunciare a se stessi per appartenere ad un Altro, e non perdere la propria volontà e la propria libertà, ma farne dono a quest’Altro.
Questa è la verginità nel senso profondo: appartenere a Dio soltanto.
Questa è la verginità del cuore: sono di me per essere di Te, mio Dio!
Si comprende, allora, che le preoccupazioni di questo mondo non devono distoglierci dal nostro Maestro di sapienza, Gesù.