La domanda che ci siamo posti con i ricomincianti del Vangelo secondo l’apostolo Marco – «Chi è costui?», in riferimento a Gesù – ha avuto con il capitolo sesto secondo l’apostolo Giovanni, una risposta sorprendente: Colui del quale non possiamo fare a meno è, tuttavia, sorgente e garanzia della nostra vera libertà , della vera vita.
Ora, nel riprendere a leggere le pagine marciane, notiamo che la stessa domanda ha una sorprendente risposta: Uno che ha autorità . Parola sulla quale non si può equivocare, noi che incontriamo e ascoltiamo coloro che hanno sempre più potere politico, economico, manageriale, vale a dire che decidono il destino degli altri anziché servirlo, lamentarsi di aver bisogno di ulteriore autorità , cioè di decisionalità , di pieni poteri: in Gesù, niente di tutto questo.
L’autorità di Gesù non è sulle persone, ma in riferimento allo stabilire la sede del bene e del male nella gente e nel rinvenirla là dove Dio l’aveva posta: diremmo noi, nel centro della personalità , nel cuore, nello sguardo che non adultera, che non perverte il senso che Dio ha dato alla relazione con Lui basata sull’alleanza con le persone, nel rispetto e non sul ricatto, sulle vicende della vita di per sé neutre ma che noi possiamo rendere buone oppure cattive. E se così fosse, l’identità del cristiano smarrirebbe il suo senso autentico che è vivere in ascolto di Dio per fare la sua volontà . Direi che questo sia un grave rischio per ogni Comunità religiosa, che Gesù ha già riscontrato nel suo tempo, e che si può verificare, purtroppo, anche nella nostra Comunità cristiana.
Appunto per questo, le parole di Gesù nella pericope di oggi, contro gli scribi e i farisei, devono far riflettere anche noi: «Questo popolo mi onora con le labbra, ma il suo cuore è lontano da me. Invano mi rendono culto, insegnando dottrine che sono precetti di uomini». E poi conclude: «Trascurando il comandamento di Dio, voi osservate la tradizione degli uomini». Invece, chi rimane alla sequela di Gesù, non ha alcun dubbio che l’autorità del Maestro è quella di Dio: è venuto a ricondurci all’unità interiore, la sua; per superare il dualismo dei pensieri, delle parole, delle azioni che tanto fanno male agli individui, al comandamento dell’amore, fulcro dell’etica cristiana, all’intera società .
Non per nulla l’apostolo Giacomo fa consistere la novità cristiana: l’umanità ricondotta ad unità nell’ascolto e nell’accogliere «con docilità la Parola che è stata piantata in voi e può portarvi alla salvezza». In sostanza non uditori soltanto, illudendo noi stessi, mentre rimaniamo scissi tra ciò che diciamo di credere e quanto operiamo. Non lasciamoci, dunque, contaminare da questo mondo che a parole è per la solidarietà , è per i deboli, gli orfani, le vedove, ma nei fatti rende scientifiche, dogmatiche leggi ad personam, emanate con lo specifico intento di favorire direttamente o indirettamente un soggetto, un’azienda o un gruppo di cittadini.
Anche noi possiamo dire con il Deuteronomio che la nostra civiltà non manca di leggi e principi degni di un umanesimo planetario, ma come cristiani continuiamo a trasalire di fronte ai popoli della sub-umanità che implorano le briciole dello spreco e dell’opulenza.