Dave Hach – Commento al Vangelo del 15 Marzo 2020

«Dio ha sete che si abbia sete di Lui». (San Gregorio di Nazianzo)

Dio condivide la nostra sete! Senza di Lui la nostra vita è solitudine, è angoscia, è deserto in cui si prende consapevolezza dell’importanza della libertà che ci è stata donata con Amore. Si prende consapevolezza dell’importanza della Parola, in quanto ci rassicura, ci insegna a fidarci, a sperare nel sostegno del Signore, l’unico che placa la nostra sete, l’unico che – in un cammino di crescita spirituale – ci consente di comprendere l’essenziale, ciò che è realmente fondamentale nella nostra vita.

Gesù si mostra a noi seduto presso un pozzo. Quel pozzo che indica – nella Sacra Scrittura – il percorso spirituale del popolo ebraico e rimanda al cammino di fede di ciascuno di noi.
Nell’episodio del Vangelo di Giovanni, Gesù e la donna di Samaria, rappresentano due universi che si toccano, che dialogano per una proposta di vita, per un Amore che sazia per sempre, per un lietissimo fine che conduce a gustare l’acqua che disseta per sempre e a celebrare il vero culto in Spirito e Verità.

Questo emblematico dialogo narrato nel quarto Vangelo, continua a rivolgersi a ciascuno di noi, perché in un certo qual modo, siamo tutti un po’ samaritani. Perciò, Gesù continua a chiederci: «Dammi da bere», dammi te stesso, perché io ho fatto sì che, pur essendo il Signore, debba essere assetato della tua attenzione, della tua intelligenza, della tua speranza, del tuo cuore e del tuo amore assetato di quella tua fede che nasce dal tuo «SÌ», dal tuo ascolto, dalla tua conoscenza: «Ho sete di te».

Ora, il segno che dà per certo il passaggio della samaritana dall’esclusiva passione per le cose materiali al prendere consapevolezza che altro è il centro dell’esistenza, viene confermato da un piccolo, ma significativo particolare, introdotto da Giovanni nel suo racconto: «La donna lasciò dunque la sua secchia, se ne andò in città»; quindi non solo senza l’acqua che era venuta ad attingere dal pozzo, ma addirittura si dimentica il secchio.

Non che l’acqua, la secchia o altro, siano poco importanti; piuttosto sono aspetti della vita interpretati a partire da un valore più profondo, la fede, che orienta l’intera esistenza con entusiasmo e gioia, abitati sempre dalla consapevolezza che è la volontà di Dio, l’essenziale, il centro dell’esistenza.

La nostra conversione, ora, è incontrare Gesù, è facendoci condurre da lui – come ha fatto la samaritana – che possiamo far nostra questa verità: il suo Spirito che ci dà la forza, il sostegno per una esistenza cristiana tesa alla santità.

Questa pericope del Vangelo ci dice, in sostanza, che le nostre Comunità cristiane devono aprire i recinti, abbandonare le forme di autodifesa, i pregiudizi e le paure, e comincino ad proclamare con riguardo, con amore e con letizia al mondo la buona notizia del Vangelo.
Però, questa narrazione di Giovanni, è anche un invito orientato a coloro che si sentono un po’ messi da parte, a coloro che hanno un trascorso samaritano poco ortodosso, affinché sappiano che vi è sempre qualche anima cristiana che li attende a braccia aperte, che li accoglie con amore: «Venite voi tutti che avete sete. Riposate presso la sorgente del Signore che placa l’anima. La sua acqua è più soave del miele, perché sgorga dalle labbra del Signore. Beato colui che ha bevuto e ha placato la sua sete in Lui!». (Tratto da un manoscritto di Qumran)

Fonte: Facebook


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