Dall’inchino del corpo all’umiltà del cuore

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Il primo modo è quando [Domenico] si umiliava davanti all’altare, come se Cristo, significato dall’altare, fosse là realmente e personalmente, non solamente nel segno, secondo questa parola: “La preghiera di un uomo che si umilia trapasserà le nubi” (Sir 35,21)1.

A volte diceva ai frati queste parole di Giuditta: “Tu hai sempre gradito la preghiera degli umili e dei miti” (Gdt 9,16 Vulg.).

È per la sua umiltà che la donna cananea ha ottenuto ciò che voleva (cf. Mt 15,22-28), e così anche il figlio prodigo.

E ancora: “Io non sono degno che tu entri sotto il mio tetto” (Mt 8,8)2. “Umilia, Signore, profondamente il mio spirito (cf. Sir 7,19), perché davanti a te, Signore, sono caduto in un’estrema umiliazione (cf. Sal 119,107)”.

E così il nostro santo padre, con il corpo ben eretto, chinava il capo e le reni umilmente verso Cristo, suo capo, considerando la propria condizione di schiavo e la superiorità di Cristo e dandosi totalmente a riverirlo.

E insegnava ai frati a fare questo quando passavano davanti all’umiliazione del Crocifisso, perché Cristo, umiliato per noi all’estremo, ci vedesse umiliati davanti alla sua maestà.

Ugualmente raccomandava ai frati di umiliarsi così davanti a tutta la Trinità quando si dice solennemente: “Gloria al Padre e al Figlio e allo Spirito santo”.

Questo modo, come è stato rappresentato nell’immagine, era l’inizio della sua devozione: l’inchino profondo.

Quando Cristo discende e si abbassa per lui, san Domenico si inchina

San Domenico si inchina e si umilia davanti a Cristo. Perché? In che cosa il suo gesto è una risposta all’abbassamento di Cristo per lui? Cosa guarda con gli occhi del cuore? Il testo allude più volte all’umiltà di Cristo sulla croce. Domenico vede davanti a sé (e l’immagine ce lo raffigura) il Crocifisso che ha assunto la condizione di servo per ciascuno di noi.

Tre grandi eventi della vita di Cristo, che sono riportati dai vangeli, ci mostrano la sua umiltà. In primo luogo l’incarnazione, in cui l’immagine di Dio si rende visibile: Gesù nasce infante, tenuto tra le braccia e cullato da sua madre. Poi, al momento del suo ingresso nella vita pubblica, viene battezzato nel Giordano da Giovanni il Battista. E infine quando viene crocifisso come uno schiavo.

La tradizione interpreta il battesimo come una delle più grandi manifestazioni della sua umiltà. Basta rileggere il Vangelo di Matteo al capitolo 3. Quando battezza il popolo, Giovanni il Battista lo invita alla conversione e al pentimento perché continui ad aver fede in Dio, come ai tempi di Giosuè quando le tribù attraversarono il Giordano a piedi asciutti con l’arca dell’alleanza (cf. Gs 3,14-4,18). Perché Gesù ha voluto ricevere il battesimo di Giovanni? Gesù non aveva bisogno di essere battezzato, non aveva bisogno di sottomettersi a quel battesimo di pentimento per la remissione dei peccati. Gesù, facendosi battezzare nel Giordano da Giovanni il Battista, manifesta la “discesa di Dio” tra gli uomini.

Quando Gesù scende nell’acqua, si fa più piccolo del profeta, è come tutti i peccatori. Le rappresentazioni iconografiche ce lo mostrano più in basso rispetto al Battista. Il posto in cui Cristo viene battezzato sarebbe il luogo più profondo della terra: in modo reale e simbolico ciò vuol dire che Cristo non poteva scendere più in basso. Egli si pone fisicamente al di sotto degli uomini e Giovanni il Battista non può che chinarsi verso Gesù che prende il posto di un mendicante.

Gesù china la testa e mostra così che si umilia. Riconosce la superiorità di un altro, e si sottomette a lui. Da qui la reazione di Giovanni: “Sono io che ho bisogno di essere battezzato da te” (Mt 3,14). Ma Gesù è venuto a compiere la giustizia abbassandosi: curva la testa davanti al Battista. Ed ecco che quell’atto corporale di umiltà trasforma l’abbassamento in teofania: “Si aprirono per lui i cieli ed egli vide lo Spirito di Dio discendere come una colomba e venire sopra di lui. Ed ecco una voce dal cielo che diceva: ‘Questi è il Figlio mio, l’amato: in lui ho posto il mio compiacimento’” (Mt 3,16-17). L’iconografo del manoscritto ha rappresentato sulla prima immagine un “angolo” di cielo proprio al di sopra della croce: si può interpretare quel particolare alla luce della scena del battesimo di Cristo.

Così, quando Domenico fissa gli occhi sull’umiltà di Cristo nell’incarnazione, nel battesimo e sulla croce, risponde chinandosi e umiliandosi.

Testo tratto da PREGARE CON IL CORPO di Catherine Aubin