Nel contesto liturgico dell’Avvento e nel cammino che conduce alla celebrazione del Natale si colloca anche la Solennità dell’Immacolata Concezione della B. Vergine Maria. Maria è una figura centrale nel tempo di Avvento e in quello di Natale, immagine dell’attesa e dell’accoglienza, pertanto questa Solennità non si colloca nell’anno liturgico come una ricorrenza a sé, ma profondamente legata a ciò che in questo tempo dell’anno la Chiesa celebra.
Maria nella Scrittura e nella tradizione della Chiesa è sempre stata letta, come altre figure bibliche, non solo come singola persona, ma anche come “figura collettiva”, che rappresenta la Chiesa e l’umanità intera. Anche in questa Solennità dobbiamo vedere in Maria, sia la sua singolarità di persona davanti al mistero del suo Dio, sia come figura capace di descrivere in sé la vocazione e il destino dell’umanità intera.
Le letture bibliche ruotano tutte intorno ad un tema che potremmo identificare con “il sogno di Dio”. Un sogno appunto che si incarna in Maria (Vangelo), ma che la Scrittura proietta agli inizi della creazione, nell’episodio del peccato di Adamo ed Eva (I lettura).
Nella lettera agli Efesini (II lettura), che potrebbe fare da chiave di lettura del passo della Genesi e del brano evangelico, esplicitamente si fa riferimento ad un “disegno di Dio”, ad una “vocazione originaria”, che nessun “peccato” può soffocare e spegnere nell’uomo e nella donna. Nella preparazione della liturgia di questa Solennità è importante sottolineare il suo legame con il cammino dell’Avvento – canti, preghiera dei fedeli… – in modo che essa non risulti come qualcosa di slegato dal tempo liturgico che la Chiesa sta vivendo.
Testo tratto dall’introduzione.
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LEGAME DI POPOLO CON MARIA: LA PIENA DI GRAZIA ED ESPERIENZA SPIRITUALE DEL SENSO DELLA FEDE
Il cammino di Avvento conosce un momento molto forte come liturgia di popolo nella Solennità dell’Immacolata. Il legame di popolo con Maria è una delle pagine più belle del cristianesimo. Per porsi in ascolto di questo legame è necessario un percorso dentro il senso della fede che questa Solennità dona a tutti, a tutta l’assemblea celebrante, come esperienza spirituale della Rivelazione.
È una solennità che ci pone in quel legame di grazia, opera dello Spirito, quindi legame spirituale, tra il dogma e la liturgia. La fede che celebriamo esprime la fede in cui e con cui crediamo. Il dogma non è semplicemente qualcosa da credere, addirittura abdicando all’uso dell’intelligenza, ma è un dono di grazia ospitale che ci pone in relazione di mente e di cuore con il mistero stesso di Dio, della sua storia tra di noi. Il dogma è il tra di noi di Dio come partecipazione e come dialogo, per questo la fede lo celebra oltre al crederlo.
Oggi celebriamo l’immacolato concepimento di Maria, il suo non essere stata fatta erede, deal peccato originale, posto all’origine della storia umana dalla scelta dei nostri progenitori; la sua pienezza di grazia, e la sua santità e la sua purezza come prefigurazione dei frutti della Pasqua. Questo dogma celebrato attende come suo compimento l’altro dogma mariano, quello dell’Assunzione, dove l’immacolato concepimento si compie come non corruzione della carne nel sepolcro. Maria è tutta donna della Pasqua, per questo è piena di grazia. Tutto questo, però, necessita ora di un vero cammino attraverso le letture perché la fede creduta e la fede celebrata diventino esperienza spirituale del senso della fede, per come ci insegna il Concilio (cf. LG 12). Il primo passo è quello di comprendere nella profondità 10 il meccanismo perverso della tentazione.
La tentazione è subdola e viscida e si nasconde tra le pieghe ospitali della Parola di Dio: essa non dice cose immediatamente contro Dio o interamente contrarie a quelle dette da Dio, ma pone in ciò che Dio ha detto piccole differenze, toni diversi, dubbi di interpretazione della sua volontà. L’uomo è allora ancora convinto di confrontarsi su quanto Dio abbia detto, sulla sua Parola, e invece la tentazione, avviando un dialogo menzognero, lo ha portato su un altro terreno, che non è più la Parola di Dio, ma la sua propria libertà, la sua propria relazione con la Parola di Dio, la sua propria fedeltà e obbedienza. Il tentatore sa bene che non può porre in discussione la Parola, ma può renderne dubbioso l’ascolto, può provocare in colui che ascolta la malafede verso quella Parola, vera tentazione alla buonafede dell’ascolto.
La buonafede è espressione di una libertà intesa ancora come dono, come relazione tra l’uomo e Dio, e non già ridotta alla scelta tra bene e male, male che nasce dalla possibilità della disobbedienza, cioè dall’ascoltare con malafede la Parola, così da compiere scelte senza la Parola, scelte fuori dalla Parola, fuori dal bene. Il male, inteso come il fuori della Parola, diventa la possibilità che la tentazione ha proposto all’uomo, mascherando questo come libertà. La verità rende liberi, il peccato rende schiavi. Questo passo riflessivo è importantissimo per vivere un legame di grazia e di coscienza tra il nostro ascolto in buonafede della Parola di Dio e l’ascolto in buonafede di Maria, che il Vangelo racconta nella pagina dell’Annunciazione, per vivere nella profondità della fede il legame tra la nostra coscienza e la coscienza di Maria.
Ed ecco il secondo momento di questa riflessione come cammino: la contemplazione di Maria come piena di grazia. È lo sguardo dell’angelo. Dopo lo sguardo profetico, ovvero spirituale, ecco delinearsi un secondo sguardo, ancora spirituale, quello dell’angelo, che riconosce in Maria il legame che Dio ha intessuto con lei, con la sua santità e purezza, e che lei, giovane donna di Nazaret, vive come 11 preghiera, come disponibilità, come abbandono. Contemplare questo legame di Spirito Santo tra Dio e Maria, legame talmente forte da poter accogliere nella carne il Figlio, è il cuore di questa celebrazione. Maria viene poi, secondo il Vangelo, ricondotta alla novità dell’incarnazione attraverso il segno di Elisabetta.
La contemplazione diventa così capace di cogliere i segni nuovi del compiersi del regno di Dio, della storia che diventa salvezza, della malattia che diventa guarigione, del peccato che diventa perdono, della guerra che diventa pace, della morte che diventa vita. I segni del tempo messianico. I tempi della gravidanza per Maria si intrecciano con il tempo del compimento messianico promesso da Dio alla casa di Davide. L’Immacolata, in Avvento, diventa contemplazione del tempo messianico.
La riflessione si compie con la gratitudine della figliolanza adottiva, per come narra la seconda lettura. Santi e immacolati nella carità perché figli adottivi. La gratitudine per la figliolanza adottiva e la carità come stile di vita diventano così il senso spirituale (dono dello Spirito Santo) della fede che, in Cristo, ci lega a Maria.
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