Come mai nella Bibbia si esalta così tanto la richiesta a Dio di un cuore docile da parte del giovane re Salomone? Non dovrebbe risultare qualcosa di naturale, almeno nelle guide religiose? Sembra però che talora non si riscontri facilmente questo atteggiamento. Tanti bravi educatori desiderano sinceramente crescere nella fede, nella carità, certi profeti aprono strade nuove ma in qualche caso non si vede un certo desiderio della sapienza, di imparare Dio, l’uomo, il mondo, da Dio stesso e, in Lui, dagli altri.
Anche chi cerca la sapienza può non esserne assetato, non venendo facilmente portato oltre la propria riduttiva concezione della sapienza. Che può essere per esempio spiritualistica, di un cammino spirituale delle sole intenzioni, allora poco incarnate. O può venire ridotta ad intellettualismo astratto. O a praticoneria.
Senza una grande grazia può ottenere scarsi effetti anche il segnalare la decisività a tutto campo della ricerca del discernere non razionalistico, non spiritualistico, non pragmatistico ma divino e umano, del cuore integrale, di Gesù. Il tornare sempre più attento al Gesù dei vangeli. Come cresceva, come discerneva, come credeva, come amava.
Forse per questi motivi si parla come di cosa straordinaria anche del lungo viaggio della regina del Sud. Non interessa che anche solo un briciolo di sapienza possa consentire di vivere in tutt’altro modo? Talora pare proprio di no. Agli antipodi di questi sconfinati doni, poi, troviamo la chiusura consapevole e volontaria alla luce. Alla fede.
Il segno di Giona è il segno di un Dio che, come Giona, non vuole venire. Eppure quando Giona finalmente si decise a predicare gli abitanti di Ninive si convertirono. Invece per alcuni (sempre o quasi gente del vario potere?) tra quelli della generazione di Gesù che hanno ricevuto la grazia per riconoscerlo, il Messia, che in realtà arde dal desiderio di donare vita piena a ciascuno, non è proprio venuto.
A cura di don Giampaolo Centofanti su il suo blog
A questa generazione non sarà dato che il segno di Giona.