d. Giampaolo Centofanti – Commento al Vangelo del 28 Marzo 2020 – Gv 7, 40-53

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Una ricerca superficiale, troppo influenzata dai poteri, dai si dice. Uno studio a tavolino, non immerso nella vita. Questo brano evidenzia la banalità dei discorsi ma purtroppo anche della vita quando lo Spirito si è ben poco manifestato, e può farlo profondamente anche ad un ateo, o quando viene poco accolto.

La pur flebile voce di una coscienza sincera, quella di Nicodemo, viene messa a tacere con supponenza. Lo Spirito ci orienta a prendere il buono da tutti ma a non farci condizionare da ambienti variamente fasulli. Una vera liberazione.

Questo nostro tempo di tanti problemi è anche un tempo di grazia perché si diffonde e si approfondisce per grazia l’intuizione che la spiritualità di Gesù è divina e umana. Non una vita disincarnata ma uno Spirito che entra con delicatezza in tutta l’umanità della persona.

E allora può venire dal cielo un nuovo aiuto a non lasciarsi confondere dai messaggi onnipervasivi del pensiero unico. Proprio come per il fragile Nicodemo.

Il deserto nella città

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Un giorno d’agosto, ora ricordo,
fu un dono nascosto, ora lo so,
trovai poesia a forza strappandola
al brullo campo assolato di periferia,
all’ostinato silenzio del cielo,
al meschino agire, così facile all’uomo:
“ci deve essere un canto”, mi dissi…
e nulla potè fermarmi, passai il muro
invalicabile, d’aria e di pietra, ed entrai…

Poesiola tratta da Piccolo magnificat, un canto di tanti canti (poesie che un prete ha sentito cantare, inavvertitamente, dalla vita, dalla sua gente).

A cura di don Giampaolo Centofanti su il suo blog


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