d. Giampaolo Centofanti – Commento al Vangelo del 20 Aprile 2020

Nicodemo parla col linguaggio di una fede germinale. Sappiamo, dice. Sembra un uomo sincero e forse la sua prudenza di andare, lui notabile di rango, di notte da Gesù anche se indicasse una fragilità oltre che un saggio approccio graduale è comunque dovuta al bisogno che venga sempre più in lui la grazia.

Proprio quello che gli manifesta Cristo. E si vede che per questi uomini abituati a sentir trattare di legge ed in modo burocratico il rinascere è un tema del tutto nuovo. E allora è bello vedere che pure sotto quel mare di cenere vi può essere una fiammella accesa.

Nicodemo comincia ad intuire che la verità non la fanno gli apparati coi loro codici, con le loro pompe magne ma lo Spirito accolto dai piccoli.

Un burocrate

Se il poeta col suo canto
rivela all’uomo quel che sente
che verso canterà di un uomo
grigio, indifferente, nella mente
pieno di gomene?
Forse quel canto strozzato in gola
sarà il solo grido che lo scuote?
E se è un vescovo o un prete
gli dice che questo non è amore?
Ma un cielo grigio resta non uguale,
al cercatore la costa svela mille insenature,
porti celati nella nebbia,
banchine forse solo semichiuse.

Poesiola tratta da Piccolo magnificat, un canto di tanti canti (poesie che un prete ha sentito cantare, inavvertitamente, dalla vita, dalla sua gente).

A cura di don Giampaolo Centofanti su il suo blog


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