d. Giacomo Falco Brini – Commento al Vangelo di giovedì 6 Gennaio 2022

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CHI CAMMINA TROVA LA GIOIA E CAMBIA

I magi, misteriosi personaggi provenienti da oriente, giungono a Gerusalemme con lo sguardo rivolto al cielo verso una stella e l’intima convinzione che un grande uomo, di stirpe regale, è appena nato sulla faccia della terra. La stella è stata un’ottima bussola fino a quel punto, ma desiderano interpellare la sapienza di quei luoghi per verificare se il popolo presso cui sono stati condotti conferma l’ipotesi del loro viaggio. La richiesta è fatta all’intera città che rimane turbata con il suo re in primis (Mt 2,3). Perché rimanere turbati a una domanda siffatta? Non si dovrebbe rimanere lusingati che un figlio del popolo appena nato sia già famoso oltre i confini nazionali? Non dovrebbe nascere un po’ di curiosità intorno a questi strani uomini venuti da lontano e sincerarsi di ciò che riferiscono? Non sono essi il popolo che attende da secoli il messia del Signore?

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Il turbamento spinge Erode a informarsi meglio sulle profezie messianiche, segno che di esse non si era mai curato. I vertici della classe sacerdotale e gli scribi del popolo gli indicano con precisione chirurgica il luogo della nascita, come da profezia di Michea: Betlemme, località a pochissimi chilometri da Gerusalemme (Mt 2,4-5). Inoltre, vuol conoscere anche i tempi in cui la stella è comparsa agli occhi dei magi. Per questo li invita segretamente. Si direbbe che Erode sia preso da un improvviso interesse per il neonato. Ma l’apparenza, come al solito, inganna. Chi non sa vivere con gli occhi levati al cielo vive con lo sguardo sempre per terra, come i serpenti. Erode si muove come loro, esemplare maschera di un potere guardingo verso ogni novità e verso chiunque si affacci sul proprio orizzonte come potenziale antagonista. Infatti, il problema è che i magi hanno chiesto dove possono incontrare un neonato che considerano re (Mt 2,2). E, da vero serpente quale è, comunica falsamente ai magi il programma di visita personale per l’adorazione (Mt 2,8). Invece nasconde un progetto di eliminazione immediata che diventerà poi un piccolo genocidio.

Ottenuto il falso placet di Erode, i magi s’incamminano da soli. Nemmeno un sacerdote, uno scriba o un dottore della legge che si affianchi a loro. Il clericalismo non è fenomeno recente, è sempre stato una piaga che sa solo succhiare e sfruttare la fede di un popolo. Conoscere a menadito i contenuti della propria fede non equivale a vivere di essa. È piuttosto la nauseante manifestazione dell’ambiente religioso che vive di potere, sempre pronto a usare il proprio sapere per dominare e servirsi del popolo, sempre preoccupato di rafforzare la propria posizione in seno ad esso per i propri tornaconti. Perciò una delle sue caratteristiche è l’immobilismo spirituale, come in questo caso. Il fatto che fossero degli sconosciuti a portare in Gerusalemme la notizia di un neonato importante in Israele, non ha fatto balenare in loro nemmeno per sogno che si stesse realizzando la profezia di Michea. Il buon Socrate che diceva di sapere una sola cosa, cioè di non sapere, non avrebbe scalfito la scorza di nessuno di essi.

I magi sono preceduti ancora dalla stella. È gente che crede e si fida di un cielo vivo che accompagna i passi dell’uomo. Ora c’è solo da verificare se il luogo indicato dalle profezie del popolo presso cui si trovano coincide con la verticale della stella che stanno osservando e seguendo da tempo. E la stella si ferma esattamente a Betlemme, sopra il luogo dove si trovava il bambino (Mt 2,9). Stella e Scritture sono d’accordo: quel bimbo è atteso da tempo immemorabile da tutta l’umanità. Una gioia indicibile invade il cuore dei tre cercatori (Mt 2,10). Finalmente essi vedono colui per il quale lasciarono la loro terra, finalmente sono giunti alla meta del loro viaggio: incontrare il Signore e adorarlo con i propri doni (Mt 2,11). Maestri del cammino, sanno anche fidarsi dei propri sogni: uno di questi li invita a cambiare strada nel rientro verso casa (Mt 2,12). Chi cammina nello spirito è disposto a cambiare, perché i propri occhi sanno guardare in alto, ovvero lasciarsi guidare dallo spirito. Non così chi siede immobile e sicuro sul proprio scranno di potere, religioso o politico che sia. Il cambiamento o la novità che la vita porta con sé, gli reca sempre l’odore di una minaccia o di un nemico da togliere di mezzo. 


AUTORE: d. Giacomo Falco Brini
FONTE: PREDICATELO SUI TETTI