d. Giacomo Falco Brini – Commento al Vangelo di domenica 24 APRILE 2022

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CHE LE PIAGHE DEL SIGNORE SIANO IMPRESSE NEL MIO CUORE

Alla fine del vangelo di questa seconda domenica di Pasqua, Giovanni si premura di dirci che Gesù, in presenza dei suoi discepoli, fece molti altri segni che non sono stati scritti in questo libro (Gv 20,30): dunque ha fatto delle scelte precise tra i tantissimi segni, lasciando nel suo vangelo solo alcuni per iscritto. Quelli che ha riportato hanno un solo, grande scopo: perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome (Gv 20,31). Notate: non solo perché si creda a Gesù, ma perché si possa sperimentare la potenza della sua resurrezione, la nuova vita che comincia già qui sulla terra. Se queste precisazioni le ha fatte al termine del racconto di queste prime apparizioni, vuol dire che c’è qualcosa di fondamentale da comprendere, affinché l’edificio della nostra fede cresca bene. Ci troviamo infatti di fronte al segno dei segni, al segno in vista del quale Gesù fece tanti segni, prima di entrare nella sua passione.

Non dimentichiamo che l’iniziativa parte sempre dal Signore. È Lui che decide di manifestarsi, ed è importante osservare che decide di venire tra i suoi mentre essi sono ripiegati su sé stessi per la paura. Colui che ci ama con amore fedele ed eterno non potrebbe fare altrimenti. Anche nel libro dell’Apocalisse (2a lettura), Giovanni ricorda come Gesù lo rassicuri mentre cade come morto ai suoi piedi: posa la sua mano su di lui e gli parla con grande fiducia (Ap 1,17). Dio passa dentro le nostre paure per farcele superare. Il dono della pace giunge proprio nell’attraversamento delle nostre oscurità, nell’attraversamento dei nostri fallimenti, dei buchi neri della nostra storia. Egli comunica la sua pace ai discepoli esponendo alla loro vista le mani e il fianco dove gli fu conficcata una lancia. Perché mostrare quelle ferite mortali? In un caldo giorno d’estate, nel sud della Florida, un bambino decise di andare a nuotare nella laguna presso casa sua. Uscì dalla porta posteriore e si gettò in acqua nuotando felice.

Sua madre lo guardava dalla casa attraverso la finestra, quando improvvisamente vide con orrore che un caimano si stava avvicinando alle spalle del piccolo, senza che questi si accorgesse di nulla. Corse subito verso suo figlio gridando più forte che poteva. All’udire quelle grida il bambino si allarmò e nuotò verso sua madre ma era troppo tardi. La mamma riuscì ad afferrare il bambino per le braccia proprio quando il caimano gli afferrava le gambe. La donna cominciò a tirare determinata, con tutta la forza del suo cuore. Il caimano era più forte, ma la mamma era molto più determinata, e nessuno dei due mollava la presa.

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Un vicino di casa sentì le grida, si precipitò sul posto con un fucile e uccise l’animale. Il bimbo si salvò e, anche se le sue gambe rimasero ferite gravemente, poté di nuovo camminare. Durante il ricovero in ospedale, un giornalista domandò al bambino se voleva mostrargli le cicatrici lasciate sulle sue gambe. Il bimbo non sollevò la coperta, ma con grande orgoglio si rimboccò le maniche e disse: “è meglio che lei veda queste!” Erano i segni delle unghie di sua madre impresse sulle sue braccine per la forza con cui aveva lottato per tenerle strette a sé.

Gesù mostra le sue piaghe perché sono il segno della sua vittoria, ma soprattutto le credenziali per farsi riconoscere. I discepoli possono essere sicuri di quel che vedono, non si ingannano. Mentre lo riconoscono, le sue piaghe sono sorgente di pace e di gioia per il loro cuore: e i discepoli gioirono al vedere il Signore (Gv 20,20b). Sono esse la memoria visibile dell’amore più forte del potere della morte. Ma nello stesso tempo, questa esposizione è anche un appello all’uomo: se vuole entrare nel segreto del contatto tra Dio e l’uomo, questi dovrà togliersi ogni maschera e far uscire allo scoperto le proprie piaghe.

Per questo Tommaso è un esemplare di vera fede: non nasconde la sua incredulità e chiede apertamente di vedere e toccare come i suoi fratelli, perciò Gesù può venire in suo soccorso (Gv 20,25-28). Solo in questa nudità accettata ed esposta a un Dio che spogliò sé stesso per rivestirci di sé, l’uomo può sperimentare la potenza della sua resurrezione che lo introduce in una vita totalmente nuova. Solo così può scoprire che Dio è veramente Misericordia ed avvolge chi ha il coraggio di esporgli la propria miseria. Il centro dell’annuncio ecclesiale, il kèrigma cristiano, è l’amore di Dio capace di perdonare tutto.

Sono queste infatti le prime parole di Gesù dopo il dono della pace, mentre affida la sua missione alla chiesa (Gv 20,21-23). Non collocare questa verità al centro dell’annuncio del vangelo e della missione della chiesa, è tradire Dio nella sua immagine e nella sua volontà di salvezza, è dimenticare che le sue piaghe mostrano che siamo stati comprati a caro prezzo (1Cor 6,20). Per questo la chiesa celebra oggi la domenica della Divina Misericordia: le piaghe di Dio e le piaghe dell’uomo sono ormai strette in un bacio che nessuno potrà mai staccare.


AUTORE: d. Giacomo Falco Brini
FONTE: PREDICATELO SUI TETTI