Dalla paura alla fede
Gesù ha chiuso una giornata di intensa predicazione, chiede ai discepoli di passare ad un’altra riva del lago di Tiberiade. Vivere con Gesù non significa poggiare i piedi su una terra sicura. Non sai mai in anticipo cosa ti possa capitare. Per tutti la vita è passaggio. Ma con il Signore certi passaggi non seguono schemi prestabiliti, il tasso di prevedibilità è vicino allo zero. Marco sottolinea l’accoglienza di Gesù su una barca da parte dei discepoli così com’era. Perché dice così? Com’era Gesù? Inoltre, offre un piccolo dettaglio che farà sorgere più avanti almeno un’altra domanda: c’erano anche altre barche con lui. Forse Gesù era molto stanco. Lo deduciamo da quel che si dice successivamente, cioè che in mezzo allo scatenarsi di una tempesta Gesù dorme. Tra i fiumi di commentari scritti sull’episodio, una cosa è pacifica tra gli autori. Marco ci vuole dire qualcosa sul mistero di Dio nella nostra vita andando oltre l’episodio clamoroso che lascia a bocca aperta i discepoli.
La navigazione avviene di sera. Perché mai di sera, se da quelle parti gli esperti sanno benissimo che abbondano eventi metereologici che ne sconsigliano la navigazione? Sta di fatto che le barche salpano e si imbattono proprio in uno di questi fenomeni. Le cose si mettono male, i discepoli imbarcano acqua dappertutto, il loro cuore angosciato è una sola cosa con il mare agitato ormai sul punto di inghiottirli. Solo una persona stona totalmente con questo clima: se ne stava a poppa, sul cuscino, e dormiva. Avete mai visto qualcosa di simile? Io sì. Ho un fratello che molti anni fa fu colpito da un’encefalite virale, una pericolosa complicazione della banale influenza stagionale. Colpisce ogni anno l’1-2% della popolazione. Ricordo come entrò lentamente in coma. Non rispondeva più ai nostri stimoli, chiamammo il pronto soccorso, vedevo lentamente mio fratello andarsene sotto i miei occhi senza sapere cosa gli stesse succedendo. Grazie a Dio, il medico che lo soccorse intuì il problema e gli somministrò subito in flebo il necessario farmaco. Seguimmo di corsa l’ambulanza. Quando arrivai sul posto c’era attorno a lui una grande agitazione di familiari, medici ed infermieri in movimento che intubavano mio fratello. Ma la mia attenzione si spostò subito sull’unica persona che sembrava totalmente estranea a quell’ansia. Era mia madre. Non dormiva come Gesù, ma teneva lo sguardo su mio fratello ormai in coma con un volto che emanava una serenità sorprendente. Non capivo come potesse avere quella pace.
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Mi piace Gesù che si trova a poppa. Se la barca è immagine della chiesa che naviga nel tempo affrontando le tempeste della storia, avere Gesù che riposa nelle retrovie mi rassicura. Mi dà l’idea di un Dio che da un lato si affida alla capacità degli uomini di condurre la navigazione e di correggerne eventualmente la rotta. Dall’altro, restando indietro, mi trasmette volontà di custodirli e affiancarli nella fatica perché nessuno si perda. Però il dormire di Gesù sembra contraddire quanto affermo. Infatti, quando siamo in preda alle nostre paure, il silenzio sembra confermare un Dio dormiente e incurante dei pericoli che incombono su di noi: maestro, non ti importa che siamo perduti? Questo grido invece tocca Dio, questo grido è preghiera. La fede dunque comincia da un grido. La fede comincia dal vuoto di fede, dove la paura ha le sue radici: perché avete paura? Non avete ancora fede? – dice Gesù ai discepoli sbigottiti che assistono al ritorno della calma nei venti, nel mare e in sé stessi.
E le altre barche di cui si fa cenno all’inizio del vangelo? Perché non sono intervenute a soccorrere quella dei discepoli in pericolo? La mancanza di notizie è significativa. Come se la vicenda della barca dei discepoli fosse emblematica delle vicende di tutte le altre imbarcazioni. Quello che è capitato ad essi capita a tutti. L’immagine della barca in tempesta che viene salvata dalla potenza della parola di Gesù sulle forze oscure della creazione, simboleggia la salvezza che giungerà all’umanità proprio dal sonno/risveglio di Gesù, icona della sua morte e resurrezione, attraverso la piccola barca della sua chiesa. Essa è un annuncio del destino a cui Dio chiama tutti gli uomini. Un ultimo rilievo. Dicevo che i discepoli rimangono a bocca aperta davanti a Gesù, avvolti da un timore che li fa guardare stupefatti l’un l’altro. Quando Dio si manifesta, veniamo a conoscere qualcosa di Lui che suscita meraviglia, ma il profilo della sua identità non è subito tracciabile: chi è dunque costui che persino il vento e il mare lo ascoltano? Ed è importante non volerlo subito tracciare, perché è nello scandalo della Croce che Lui e soltanto Lui dice all’intimo di ciascuno chi è veramente.
AUTORE: d. Giacomo Falco Brini
FONTE: PREDICATELO SUI TETTI