QUELL’AMORE ALTISSIMO NASCOSTO BASSISSIMO
Se le paradossali beatitudini di domenica scorsa, portale della vita cristiana, risultano ragionevoli solo alle orecchie degli aspiranti discepoli, quanto più le parole successive del vangelo di oggi. Il Signore Gesù alza l’asticella e chiarisce, a chi ha ancora voglia di ascoltarlo (Lc 6,27), quale deve essere la matrice di qualunque nostra relazione, senza distinzione di destinatari: un amore che non si chiude nel circolo più o meno ristretto dei propri cari, ma che sappia sempre andare oltre le appartenenze.
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Un amore senza frontiere che giunga persino ad abbracciare chi si presenta a noi come “nemico” nella sua condotta. Dunque un amore sconosciuto all’uomo che non conosce Dio, perché solo in Dio l’uomo può giungere ad amare così. Perciò S.Paolo, nella 2a lettura di oggi, ci parla di un uomo terreno della prima creazione, e di un uomo celeste, cioè di una nuova creazione. Il primo non potrebbe mai manifestare un amore siffatto, ma il secondo, invece, ce lo ha rivelato e ce lo ha pure donato.
Sostanzialmente il Signore raccomanda al suo discepolo di rinunciare alla vendetta, di essere generosi senza calcoli, di benedire e pregare per chi ci oltraggia, di non giudicare e non condannare nessuno, semplicemente perché Dio è ed opera così: egli è benevolo verso gli ingrati e i malvagi (Lc 6,35). Può bastare questa convinzione a farci decidere da che parte si vuol stare nella vita? Può bastare per farci incamminare sulla strada dell’amore che non tiene conto del male ricevuto, che tutto copre, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta (1Cor 13,5-7)?
Il problema è che, nella nostra fragile umanità, sentiamo/viviamo resistenze molto forti che si oppongono a questo cammino. E allora si moltiplicano i “ma”, le riserve, le domande, le incertezze; e spesso arriviamo anche a prendercela con Dio davanti a situazioni in cui ci troviamo in scacco per il male che subiamo. Se solo fossimo più memori del male di cui anche noi siamo complici e dell’amore incondizionato di Dio che ci avvolge, chiedendoci di non combattere con le stesse armi del male ma, come volete che gli uomini facciano a voi, così fate anche voi a loro (Lc 6,31), probabilmente obbediremmo al Signore con più disinvoltura e pace nel cuore.
C’è solo una promessa che Gesù mette davanti a quelli che lo ascoltano per osservare la cosiddetta regola d’oro, insieme all’imperativo di ricambiare con il bene chi ci fa del male: la vostra ricompensa sarà grande e sarete figli dell’Altissimo (Lc 6,35). Se questa promessa non mi attrae, se non ho nemmeno voglia di scoprire cosa sia la ricompensa e cosa significhi essere figli dell’Altissimo, meglio non leggere e non continuare a seguire Gesù.
Diversamente si rischia di compiere l’ennesima manipolazione religiosa, fatta per cercare di piegare Dio e le sue parole alle nostre attese ed esigenze di giustizia. Infatti, l’Altissimo è misericordioso: cioè i tratti della divinità o sono misericordiosi o non appartengono a Dio. Se le cose stanno così, i suoi figli sono necessariamente misericordiosi, e solo se hanno i tratti della misericordia si avvicinano e avvicinano a Dio. L’imperativo di Gesù ci fa capire che questo dono diventa in noi realtà all’interno di in un cammino: siate misericordiosi, come il Padre vostro è misericordioso (Lc 6,36).
Nel film Gandhi di R.Attenborough sulla vita del grande Mahatma, c’è una scena che ricorderò sempre come un’incarnazione del vangelo di oggi. Avevo poco più di 16 anni quando vidi quel film. Gandhi aveva già vinto e fatto vincere varie battaglie al suo popolo, godeva già di grande stima e fama in India quando scoppiò l’ennesimo, furioso conflitto tra la popolazione di fede indù e quella musulmana. Si trovava sul suo letto stremato dal prolungato digiuno, offerto per il ritorno della pace fra le fazioni. La notizia della sua prossima morte circolava con insistenza, allora una delegazione del popolo indù si presentò al suo capezzale.
Molti di essi, guardando l’estrema debolezza in cui versava, lasciano cadere le loro armi come segno di abbandono della violenza, scongiurando Gandhi di riprendere a mangiare. Ma mentre stanno per allontanarsi tutti, sbuca improvvisamente un uomo con l’odio negli occhi che gli grida la sua rabbia, buttandogli del cibo sul letto: “ecco qua, adesso mangia! Io andrò all’inferno, ma non ci voglio andare con la tua morte sulla mia coscienza…” Allora Gandhi gli chiede il perché e quell’uomo gli risponde: “ho ucciso, ho ammazzato un bambino perché i suoi parenti, musulmani, hanno ucciso mio figlio! Capisci? Mio figlio! …” – indicando con la mano le piccole dimensioni del suo bambino. Gandhi faticosamente gli risponde: “io so come farti uscire dall’inferno: prendi in casa tua un bimbo orfano di genitori; mi raccomando, un bambino che sia più o meno così – indicando con la mano le stesse dimensioni del figlio morto – e crescilo come se fosse tuo figlio. Solo, assicurati che quel bimbo sia musulmano, e la tua volontà sia di farlo crescere come musulmano.”
Chi ha conosciuto Dio, l’unico vero Dio, non ha più alibi davanti al male da combattere. Può solo comprensibilmente provare fatica e aver bisogno del tempo necessario a diventare misericordioso. Ma se la decisione e il cammino sono intrapresi, lo Spirito Santo che è in noi, compie la sua opera perché è misericordioso come il Padre e come il Figlio, e ha il potere di trasformare peccatori perdonati in figli che tutto perdonano. Dopo che l’Amore Altissimo è sceso bassissimo fino a nascondersi nel cuore umano, nessuno è così in basso da non poter raggiungere la sua vetta.
AUTORE: d. Giacomo Falco Brini
FONTE: PREDICATELO SUI TETTI