Cristo presente nei cristiani

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presente nei cristiani
", presente nella raccolta di omelie "E’ Gesù che passa".

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Cristo vive. Questa è la grande verità che riempie di contenuto la nostra
fede. Gesù, che morì sulla Croce, è risorto, ha trionfato sulla morte, sul
potere delle tenebre, sul dolore, sull’angoscia. Non abbiate paura: con
questa esortazione un angelo salutò le donne che andavano al sepolcro. Non
abbiate paura! Voi cercate Gesù Nazareno, il crocifisso: è risorto, non è
qui
. Haec est dies quam fecit Dominus, exultemus et laetemur in ea;
questo è il giorno che fece il Signore, esultiamo.

Il tempo pasquale è
tempo di gioia, di una gioia che non è limitata a quest’epoca dell’anno
liturgico, ma è presente in ogni momento nell’animo del cristiano. Poiché Cristo
vive: Cristo non è un uomo del passato, che visse un tempo e poi se ne andò
lasciandoci un ricordo e un esempio meravigliosi. No: Cristo vive. Gesù è
l’Emmanuele, Dio con noi. La sua Risurrezione ci rivela che Dio non abbandona
mai i suoi. Si dimentica forse una donna del suo bambino, così da non
commuoversi per il figlio delle sue viscere? Anche se queste donne si
dimenticassero, io invece non ti dimenticherò mai
. Questa era la promessa e
l’ha mantenuta. Dio si delizia ancora di stare tra degli uomini.

Cristo
vive nella sua Chiesa: Ora io vi dico la verità: è bene per voi che io me ne
vada, perché se non me ne vado, non verrà a voi il Consolatore; ma quando me ne
sarò andato, ve lo manderò
. Questo era il disegno di Dio: Gesù, morendo
sulla Croce, ci dava lo Spirito di Verità e di Vita. Cristo resta nella sua
Chiesa: nei suoi Sacramenti nella sua liturgia, nella sua predicazione, in tutta
la sua attività.

In modo speciale Cristo continua a essere presente fra
di noi nel dono quotidiano dell’Eucaristia. Per questo la Messa è centro e
radice della vita cristiana. In ogni Messa c’è sempre il Cristo totale, Capo e
Corpo. Per Ipsum, et cum Ipso, et in Ipso. Perché Cristo è il Cammino, il
Mediatore: in Lui troviamo tutto; fuori di Lui, la nostra vita resta vuota. In
Gesù Cristo, e istruiti da Lui, osiamo dire — audemus dicere — Pater
Noster
, Padre nostro. Osiamo chiamare Padre il Signore dei Cieli e della
terra.

La presenza di Gesù vivente nell’Ostia è la garanzia, la radice e
il culmine della sua presenza nel mondo.

103 Cristo vive nel cristiano.
La fede ci dice che l’uomo in stato di grazia, è divinizzato. Noi non
siamo angeli; siamo uomini e donne, esseri di carne e ossa, con un cuore e delle
passioni, con tristezze e gioie. Ma la divinizzazione trasforma tutto l’uomo,
come un anticipo della risurrezione gloriosa: Cristo è davvero risuscitato
dai morti, primizia di coloro che sono morti. Poiché se a causa di un uomo venne
la morte, a causa di un uomo verrà anche la risurrezione dei morti; e come tutti
muoiono in Adamo, così tutti riceveranno la vita in Cristo
.

La vita
di Cristo è vita nostra, secondo quanto Egli promise ai suoi Apostoli il giorno
dell’ultima cena: Se uno mi ama osserverà la mia parola, e il Padre mio lo
amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui
. Perciò il
cristiano deve vivere imitando la vita di Cristo, facendo propri i sentimenti di
Cristo, in modo da poter esclamare con san Paolo: Non vivo ego, vivit vero in
me Christus
, non sono io che vivo, è Cristo che vive in me.

104 Ho
voluto ricordare, sia pur brevemente, alcuni aspetti della vita attuale di
Cristo — Iesus Christus heri et hodie; ipse et in specula — perché
costituiscono il fondamento di tutta la vita cristiana. Se ci guardiamo intorno
e consideriamo la storia dell’umanità possiamo costatare dei progressi. La
scienza ha dato all’uomo una maggiore coscienza del suo potere. La tecnica
domina la natura più che nelle epoche passate, e permette che l’umanità aspiri a
un più alto livello di cultura, di benessere, di unità.

Alcuni riterranno
di dover ridimensionare questo quadro, ricordando che gli uomini continuano a
soffrire ingiustizie e guerre, addirittura peggiori di quelle del passato. Non
hanno torto. Ma aldilà di queste considerazioni, preferisco ricordare che,
nell’ordine religioso, l’uomo continua a essere uomo e Dio continua a essere
Dio. In questo campo l’apice del progresso è stato già raggiunto: è Cristo, alfa
e omega, principio e fine.

Nella vita spirituale non c’è una nuova epoca
da raggiungere. Tutto è già dato in Cristo, che è morto ed è risorto, e vive e
permane in eterno. Bisogna però unirsi a Lui mediante la fede, lasciando che la
sua vita si manifesti in noi a tal punto che di ogni cristiano si possa dire non
solo che è alter Christus, un altro Cristo, ma ipse Christus, lo
stesso Cristo.

105 Instaurare omnia in Christo, questo è il motto
di san Paolo per i cristiani di Efeso; informare tutto il mondo con lo spirito
di Gesù, mettere Cristo nelle viscere di ogni realtà: Si exaltatus fuero a
terra, omnia traham ad meipsum
, quando sarò innalzato da terra, attirerò
tutto a me. Cristo, mediante la sua Incarnazione, la sua vita di lavoro a
Nazaret, la sua predicazione e i suoi miracoli nelle contrade della Giudea e
della Galilea, la sua morte in Croce, la sua Risurrezione, è il centro della
creazione, è il Primogenito e il Signore di ogni creatura.

La nostra
missione di cristiani è di proclamare la regalità di Cristo, annunciandola con
le nostre parole e le nostre opere. Il Signore vuole che i suoi fedeli
raggiungano ogni angolo della terra. Ne chiama alcuni nel deserto, lontano dalle
preoccupazioni della società umana, per ricordare agli altri, con la loro
testimonianza, che Dio esiste. Ad altri affida il ministero sacerdotale. Ma i
più li vuole in mezzo al mondo, nelle occupazioni terrene. Pertanto, questi
cristiani devono portare Cristo in tutti gli ambienti in cui gli uomini
agiscono: nelle fabbriche, nei laboratori, nei campi, nelle botteghe degli
artigiani, nelle strade delle grandi città e nei sentieri di montagna.

Mi
piace ricordare a questo proposito la scena della conversazione di Cristo coi
discepoli di Emmaus. Gesù cammina insieme a due uomini che hanno perso quasi
ogni speranza, tanto che la vita comincia a sembrar loro priva di significato.
Ne comprende il dolore, entra nel loro cuore, comunica loro qualcosa della vita
che palpita in Lui. Quando arrivano al villaggio e Gesù fa mostra di proseguire,
quei due discepoli lo trattengono e quasi lo costringono a restare con loro. Lo
riconoscono più tardi, quando spezza il pane: « Il Signore — esclamano — è stato
con noi ». Ed essi si dissero l’un l’altro: « Non ci ardeva forse il cuore
nel petto mentre conversava con noi lungo il cammino, quando ci spiegava le
Scritture? »
. Ogni cristiano deve rendere presente Cristo fra gli uomini;
deve agire in modo tale che quelli che lo avvicinano riconoscano il bonus
odor Christi
, il profumo di Cristo; deve comportarsi in modo che nelle
azioni del discepolo si scorga il volto del maestro.

106 Il cristiano sa
di essere inserito in Cristo mediante il Battesimo; reso idoneo a lottare per
Cristo mediante la Cresima; chiamato a operare nel mondo mediante la
partecipazione alla funzione regale, profetica e sacerdotale di Cristo; reso una
cosa sola con Cristo mediante l’Eucaristia, sacramento dell’unità e dell’amore.
Per questo, come Cristo, il cristiano deve vivere per gli altri uomini,
guardando con amore ciascuno di coloro che lo circondano e l’umanità
tutta.

La fede ci porta a riconoscere Cristo come Dio, a vederlo come
nostro Salvatore, a identificarci con Lui operando come Egli operò. Il Risorto,
dopo aver sciolto tutti i dubbi dell’apostolo Tommaso mostrandogli le proprie
piaghe, esclama: Beati quelli che pur non avendo visto, crederanno. Qui —
commenta san Gregorio Magno — si parla in modo particolare di noi che
possediamo spiritualmente Colui che non abbiamo visto corporalmente. Si parla di
noi, ma a condizione che le nostre azioni siano conformi alla nostra fede. Crede
veramente solo colui che, nelle sue azioni, mette in pratica ciò che crede. Per
questo, a proposito di coloro che della fede possiedono solo le parole, san
Paolo dice: « Dicono di conoscere Dio, ma lo negano con le opere
»
.

Non è possibile separare in Cristo il suo essere Dio-Uomo e la sua
funzione di Redentore. Il Verbo si fece carne e venne sulla terra ut omnes
homines salvi fiant
, per salvare tutti gli uomini. Nonostante le nostre
miserie e le nostre limitazioni, ciascuno di noi è un altro Cristo, lo stesso
Cristo, anche noi chiamati a servire tutti gli uomini.

È necessario far
risuonare ancora una volta quel comandamento che resterà in vigore nei secoli:
Carissimi — dice san Giovanni — non vi scrivo un nuovo comandamento,
ma un comandamento antico, che avete ricevuto fin da principio. Il comandamento
antico è la parola che avete udito. E tuttavia è un comandamento nuovo quello di
cui vi scrivo, il che è vero in lui e in voi, perché le tenebre stanno
diradandosi e la vera luce già risplende. Chi dice di essere nella luce e odia
suo fratello, è ancora nelle tenebre. Chi ama suo fratello, dimora nella luce e
non v’è in lui occasione di inciampo
.

Nostro Signore è venuto a
portare la pace, la buona novella, la vita a tutti gli uomini. Non ai ricchi
soltanto, e nemmeno soltanto ai poveri. Non solo ai sapienti, né solo agli
ingenui. A tutti. Ai fratelli, perché siamo tutti fratelli, figli di uno stesso
Padre, Dio. Per cui non c’è che una razza: la razza dei figli di Dio. Non c’è
che un colore: il colore dei figli di Dio. E non c’è che una lingua: quella che
parla al cuore e alla mente e, senza suono di parole, ci fa conoscere Dio, e fa
sì che ci amiamo scambievolmente.

107 È questo l’amore di Cristo, che
ciascuno di noi deve sforzarsi di realizzare nella propria vita. Ma per essere
ipse Christus bisogna rispecchiarsi in Lui. Non è sufficiente
avere un’idea generica dello spirito di Gesù; bisogna imparare da Lui dettagli e
atteggiamenti. E, soprattutto, bisogna contemplare il suo passaggio sulla terra,
le sue orme, per trarne forza, luce, serenità, pace.

Quando si ama una
persona si desidera sapere anche i minimi particolari della sua esistenza, del
suo carattere, per avvicinarsi il più possibile a lei. Per questo dobbiamo
meditare la storia di Cristo, dalla nascita nel presepio fino alla morte e alla
risurrezione. Nei primi anni del mio lavoro sacerdotale, regalavo spesso il
Vangelo o libri in cui si narrava la vita di Gesù: perché è necessario
conoscerla bene, averla ben presente nella mente e nel cuore, in modo che, in
ogni momento, senza più bisogno di libri, chiudendo gli occhi, possiamo
contemplarla come in un film e, quando dobbiamo decidere come comportarci,
possiamo richiamare alla mente le parole e i gesti del Signore.

Allora ci
sentiremo innestati nella sua vita. Non si tratta solo di pensare a Gesù, di
rappresentarci quelle scene: dobbiamo prendervi parte, esserne attori, seguire
Cristo standogli accanto come la Madonna, come i primi dodici, come le sante
donne, come le moltitudini che si affollavano intorno a Lui. Se ci comportiamo
così, se non frapponiamo ostacoli, le parole di Cristo penetreranno nel fondo
della nostra anima e ci trasformeranno. Perché la parola di Dio è viva,
efficace, è più tagliente di ogni spada a doppio taglio; essa penetra fino al
punto di divisione dell’anima e dello spirito, delle giunture e delle midolla e
scruta i sentimenti e i pensieri del cuore
.

Se vogliamo condurre al
Signore altri uomini, è necessario ricorrere al Vangelo e contemplare l’amore di
Cristo. Potremmo fermarci alle scene culminanti della Passione, perché, come
Egli stesso disse, nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per
i propri amici
. Ma possiamo considerare anche il resto della sua vita, il
suo modo abituale di trattare coloro che incontrava.

Cristo, perfetto Dio
e perfetto Uomo, per far arrivare agli uomini la sua dottrina di salvezza e per
manifestare loro l’amore di Dio, procedette in modo umano e divino. Dio scende
al nostro livello, assume senza riserve la nostra natura, fatta eccezione per il
peccato.

Mi riempie di gioia considerare che Cristo ha voluto essere
pienamente uomo, di carne come noi. Mi commuove contemplare il fatto
meraviglioso di un Dio che ama con un cuore umano.

108 Fra tutte le scene
ricordate dagli evangelisti, fermiamoci a meditarne alcune, cominciando dagli
episodi della vita di Gesù con i dodici. L’apostolo Giovanni, che profonde nel
suo Vangelo l’esperienza di tutta una vita, racconta la sua prima conversazione
con Gesù con il tono di chi narra vicende che non si dimenticano più. Maestro
dove abiti? Disse loro: « Venite e vedrete ». Andarono dunque e videro dove
abitava, e quel giorno si fermarono presso di lui
. Dialogo divino e umano,
che trasformò la vita di Giovanni e di Andrea, di Pietro, di Giacomo e di tanti
altri; che preparò i loro cuori ad accogliere le parole imperiose che Gesù
avrebbe loro rivolto presso il mare di Galilea. Mentre camminava lungo il
mare di Galilea vide due fratelli, Simone, chiamato Pietro, e Andrea suo
fratello, che gettavano la rete in mare, poiché erano pescatori. E disse loro: «
Seguitemi, vi farò pescatori d’uomini ». Ed essi subito, lasciate le reti, lo
seguirono
.

Nei tre anni successivi, Gesù vive con i suoi discepoli,
li conosce, risponde alle loro domande, risolve i loro dubbi. È il Rabbi, il
Maestro che parla con autorità, il Messia inviato da Dio; ma è anche tanto
accessibile, tanto vicino. Un giorno Gesù si ritira in orazione; i discepoli
erano vicini a lui, forse lo osservavano e cercavano di indovinare le sue
parole. Quando Gesù ritorna, uno di loro chiede: Domine, doce nos orare,
sicut docuit et Ioannes discipulos suos
; insegnaci a pregare, come Giovanni
fece coi suoi discepoli. E Gesù rispose: « Quando pregate dite: Padre, sia
santificato il tuo nome… »
.

Con autorità divina e con affetto umano
il Signore accoglie gli Apostoli che, meravigliati dai frutti della prima
missione, commentano i primi eventi del loro apostolato: Venite in disparte,
in un luogo solitario, e riposatevi un poco
.

Una scena analoga si
ripete verso la fine della permanenza di Gesù sulla terra, poco prima
dell’Ascensione. Quando già era l’alba Gesù si presentò sulla riva, ma i
discepoli non si erano accorti che era Gesù. Gesù disse loro: « Figlioli, non
avete nulla da mangiare? »
. E dopo questa richiesta così umana, un comando
divino: « Gettate la rete dalla parte destra della barca e troverete ». La
gettarono e non potevano più tirarla su per la grande quantità di pesci. Allora
quel discepolo che Gesù amava disse a Pietro: « È il Signore! ».
E Dio li
aspetta sulla riva. Appena scesi a terra, videro un fuoco di brace con del
pesce sopra, e del pane. Disse loro Gesù: « Portate un po’ del pesce che avete
preso or ora ». Allora Simon Pietro salì sulla barca e trasse a terra la rete
piena di centocinquantatré grossi pesci. E benché fossero tanti, la rete non si
spezzò. Gesù disse loro: « Venite a mangiare ». E nessuno dei discepoli osava
domandargli: « Chi sei? », poiché sapevano bene che era il Signore. Allora Gesù
si avvicinò, prese il pane e lo diede loro, e così pure il
pesce
.

Gesù manifesta questa delicatezza e questo affetto non solo a
un piccolo gruppo di discepoli, ma a tutti: alle sante donne; a un
rappresentante del Sinedrio come Nicodemo e a un pubblicano come Zaccheo; a
malati e sani; a dottori della legge e a pagani; ai singoli e alle
folle.

I Vangeli ci dicono che Gesù non aveva dove posare il capo, ma ci
dicono anche che aveva degli amici che amava e stimava, amici desiderosi di
accoglierlo a casa loro. I Vangeli ci parlano ancora della sua compassione verso
gli infermi, del suo dolore per coloro che ignorano ed errano, della sua
protesta di fronte all’ipocrisia. Gesù piange per la morte di Lazzaro, si adira
con i mercanti che profanano il tempio, si intenerisce davanti al dolore della
vedova di Nain.

109 Ognuno di questi gesti umani è un gesto divino. In
Cristo abita corporalmente tutta la pienezza della divinità
. Cristo è Dio
fatto uomo, uomo perfetto, uomo completo. E, nella sua umanità, ci fa conoscere
la divinità.

Ricordando la delicatezza umana di Cristo, che spende la sua
vita al servizio degli altri, facciamo molto di più che scoprire un possibile
modo di comportarci. Stiamo scoprendo Dio. Ogni azione di Cristo ha un valore
trascendente: ci fa conoscere il modo di essere di Dio, ci invita a credere
nell’amore di Dio, che ci ha creati e vuole portarci nella sua intimità. Nella
sua preghiera al Padre, Gesù esclama: Ho fatto conoscere il tuo nome agli
uomini che mi hai dato dal mondo. Erano tuoi e li hai dati a me ed essi hanno
osservato la tua parola. Ora essi sanno che tutte le cose che mi hai dato
vengono da te
. Il modo di trattare di Gesù non si limita a qualche parola o
a dei gesti esteriori; Gesù prende sul serio l’uomo e vuole fargli conoscere il
senso divino della sua vita. Gesù sa essere esigente, sa mettere ciascuno di
fronte ai propri doveri, sa scuotere i suoi ascoltatori dalla comodità e dal
conformismo, per condurli alla conoscenza del Dio tre volte santo. Gesù si
commuove alla vista della fame e del dolore, ma soprattutto si commuove alla
vista dell’ignoranza: Gesù vide molta folla e si commosse per loro, perché
erano come pecore senza pastore e si mise a insegnare loro molte
cose
.

110 Abbiamo scorso alcune pagine dei Vangeli per contemplare il
rapporto di Gesù con gli uomini e imparare anche noi a condurre a Cristo i
nostri fratelli, essendo noi stessi Cristo. Applichiamo questa lezione alla vita
quotidiana, alla nostra vita. Perché la vita ordinaria, quella che noi viviamo
in mezzo agli altri concittadini, uguali a noi, non è mai banale e irrilevante.
È proprio questa la condizione nella quale il Signore vuole che si santifichi
l’immensa maggioranza dei suoi figli.

È necessario ripetere continuamente
che Gesù non si rivolse a un gruppo di privilegiati, ma venne a rivelare l’amore
universale di Dio. Tutti gli uomini sono amati da Dio; da tutti Dio aspetta
amore. Da tutti, qualunque sia la condizione personale, la posizione sociale, la
professione o il mestiere. La vita ordinaria non è cosa di poco conto; tutti i
cammini della terra possono essere occasione di incontro con Cristo, che ci
chiama a identificarci con Lui, per realizzare — nel posto in cui ci troviamo —
la sua missione divina.

Dio ci chiama attraverso i fatti della vita di
ogni giorno, le sofferenze e le gioie delle persone con cui viviamo, le
preoccupazioni umane dei nostri compagni, le cose spicciole della vita di
famiglia. E Dio ci chiama anche per mezzo dei grandi problemi, dei conflitti e
dei compiti che caratterizzano ogni epoca storica e suscitano gli sforzi e gli
entusiasmi di gran parte dell’umanità.

111 Si comprendono benissimo
l’impazienza, l’ansia, i desideri inquieti di coloro che, con un’anima
naturalmente cristiana, non si rassegnano di fronte all’ingiustizia personale e
sociale che il cuore umano è capace di creare. Sono tanti i secoli della
convivenza degli uomini, e tanto è ancora l’odio, tante le distruzioni, tanto il
fanatismo accumulato in occhi che non vogliono vedere e in cuori che non
vogliono amare.

Vediamo i beni della terra divisi tra pochi e i beni
della cultura chiusi in cenacoli ristretti. Fuori, c’è fame di pane e di
dottrina; e le vite umane, che sono sante perché vengono da Dio, sono trattate
come cose, come numeri statistici. Comprendo e condivido questa impazienza: essa
mi spinge a guardare a Cristo che continua a invitarci a mettere in pratica il
comandamento nuovo dell’amore.

Tutte le situazioni in cui veniamo
a trovarci nella vita ci portano un messaggio divino, chiedono una risposta
d’amore, di donazione agli altri: Quando il Figlio dell’uomo verrà nella sua
gloria con tutti i suoi angeli, si siederà sul trono della sua gloria. E saranno
riunite davanti a lui tutte le genti, ed egli separerà gli uni dagli altri, come
il pastore separa le pecore dai capri, e porrà le pecore alla sua destra e i
capri alla sinistra. Allora il re dirà a quelli che stanno alla sua destra: «
Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi
fin dalla fondazione del mondo. Perché io ho avuto fame e mi avete dato da
mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero forestiero e mi avete
ospitato, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, carcerato e siete
venuti a trovarmi ». Allora i giusti gli risponderanno: « Signore, quando mai ti
abbiamo veduto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, assetato e ti abbiamo
dato da bere? Quando ti abbiamo visto forestiero e ti abbiamo ospitato, o nudo e
ti abbiamo vestito? E quando ti abbiamo visto ammalato o in carcere e siamo
venuti a visitarti? ». Rispondendo, il re dirà loro: « In verità vi dico: ogni
volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più
piccoli, l’avete fatto a me »
. Occorre riconoscere Cristo che ci viene
incontro negli uomini, nostri fratelli. Nessuna vita umana è isolata; ogni vita
si intreccia con altre vite. Nessuna persona è un verso a sé: tutti facciamo
parte dello stesso poema divino che Dio scrive con il concorso della nostra
libertà.

112 Non c’è nulla che sia estraneo alle attenzioni di Cristo.
Parlando con rigore teologico, senza limitarci a una classificazione funzionale,
non si può dire che ci siano realtà — buone, nobili, e anche indifferenti —
esclusivamente profane: perché il Verbo di Dio ha stabilito la sua dimora in
mezzo ai figli degli uomini, ha avuto fame e sete, ha lavorato con le sue mani,
ha conosciuto l’amicizia e l’obbedienza, ha sperimentato il dolore e la morte.
Perché piacque a Dio di fare abitare in Cristo ogni pienezza e per mezzo di
lui riconciliare a sé tutte le cose, rappacificando con il sangue della sua
croce le cose che stanno sulla terra e quelle nei cieli
.

Dobbiamo
amare il mondo, il lavoro, le realtà umane. Perché il mondo è buono: il peccato
di Adamo ruppe la divina armonia del creato, ma Dio ha inviato suo Figlio
unigenito a ristabilire la pace. E così noi, divenuti figli di adozione,
possiamo liberare la creazione dal disordine e riconciliare tutte le cose con
Dio.

Ogni situazione umana è irripetibile, è il risultato di una
vocazione unica che si deve vivere intensamente, realizzando in essa lo spirito
di Cristo. E quando si vive cristianamente fra i propri simili, in maniera non
appariscente ma coerente con la fede, ciascuno di noi è Cristo presente fra
gli uomini
.

113 La considerazione della dignità della missione cui
Dio ci chiama, può far sorgere nell’animo umano la presunzione, la superbia. Ci
può accecare una falsa coscienza della vocazione cristiana, che ci fa
dimenticare che siamo di fango, che siamo polvere e miseria; ci fa dimenticare
che il male non è solo nel mondo, intorno a noi, ma anche dentro di noi e si
annida nel nostro stesso cuore, rendendoci capaci di ogni bassezza ed egoismo.
Solo la grazia di Dio è roccia ben ferma; noi siamo sabbia, e sabbia
mobile.

Se diamo uno sguardo alla storia degli uomini o alla situazione
attuale del mondo, ci addolora vedere che, dopo venti secoli, sono così pochi
gli uomini che si chiamano cristiani; e quelli che si onorano di questo nome
sono spesso infedeli alla loro vocazione.

Dinanzi a questo spettacolo non
mancano coloro che annunciano il fallimento di Cristo. Ma Cristo non ha fallito:
la sua parola e la sua vita fecondano continuamente il mondo. L’opera di Cristo,
il compito che il Padre gli ha affidato, si stanno realizzando, la sua forza
passa attraverso la storia portando la vera vita e quando tutto gli sarà
stato sottomesso, anche lui, il Figlio, sarà sottomesso a Colui che gli ha
sottomesso ogni cosa, perché Dio sia tutto in tutti
.

In questo lavoro
che sta realizzando nel mondo, Dio ha voluto che fossimo suoi cooperatori, ha
voluto correre il rischio della nostra libertà. La contemplazione della
figura di Gesù nel presepio di Betlemme mi commuove nel profondo dell’anima: è
un bambino indifeso, inerme, incapace di offrire resistenza. Dio si consegna
nelle mani degli uomini, si avvicina e si abbassa fino a noi.

Gesù
Cristo, pur essendo di natura divina non considerò un tesoro geloso la sua
uguaglianza con Dio; ma spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo
.
Dio si affida alla nostra libertà, alla nostra imperfezione, alle nostre
miserie. Permette che i tesori divini siano portati in vasi di argilla, e che li
facciamo conoscere mescolando le nostre debolezze umane alla sua forza
divina.

114 Ma l’esperienza del peccato non ci deve far dubitare della
nostra missione. Certamente, i nostri peccati possono rendere difficile agli
altri riconoscere Cristo in noi; dobbiamo quindi affrontare coraggiosamente le
nostre miserie personali, cercare di purificarci, sapendo che Dio non ci ha
promesso la vittoria assoluta sul male in questa vita, ma ci chiede lotta.
Sufficit tibi gratia mea, ti basta la mia grazia, rispose Dio a Paolo che
gli chiedeva di essere liberato dalla prova che lo umiliava.

Il potere di
Dio si manifesta nella nostra debolezza, e ci spinge a lottare, a combattere
contro i nostri difetti, pur sapendo che non otterremo mai del tutto la vittoria
durante la vita terrena. La vita cristiana è un continuo cominciare e
ricominciare, un rinnovarsi di ogni giorno.

Cristo risuscita in noi se
diveniamo compartecipi della sua Croce e della sua Morte. Dobbiamo amare la
Croce, la donazione, la mortificazione. L’ottimismo cristiano non è un ottimismo
dolciastro e neppure la mera fiducia umana che tutto andrà bene. Affonda le
proprie radici nella coscienza della libertà e nella fede nella grazia; è un
ottimismo che ci porta a essere esigenti con noi stessi, cioè a sforzarci per
corrispondere alla chiamata di Dio.

In questo modo, malgrado le nostre
miserie, anzi, attraverso le nostre miserie, attraverso la nostra vita di uomini
fatti di carne e di terra, Cristo si manifesta: nel nostro sforzo di essere
migliori, di realizzare un amore che aspira a essere puro, di dominare
l’egoismo, di donarci pienamente agli altri, facendo della nostra esistenza un
costante servizio.

115 Non voglio concludere senza un’ultima riflessione.
Il cristiano, nel far presente Cristo in mezzo agli uomini essendo Cristo egli
stesso, non cerca solo di vivere un atteggiamento d’amore, ma anche di far
conoscere l’amore di Dio attraverso il suo amore umano.

Gesù ha concepito
tutta la sua vita come una rivelazione di questo amore: Filippo — rispose
a uno dei suoi discepoli — chi vede me vede il Padre. Seguendo
quest’insegnamento, l’apostolo Giovanni invita i cristiani a manifestare con le
loro opere l’amore di Dio che hanno conosciuto: Carissimi, amiamoci gli uni
gli altri, perché l’amore è da Dio: chiunque ama è generato da Dio e conosce
Dio. Chi non ama non ha conosciuto Dio, perché Dio è amore. In questo si è
manifestato l’amore di Dio per noi: Dio ha mandato il suo figlio unigenito nel
mondo, perché noi avessimo la vita per lui. In questo sta l’amore: non siamo
stati noi ad amare Dio, ma è lui che ha amato noi e ha mandato il suo Figlio
come vittima di espiazione per i nostri peccati. Carissimi, se Dio ci ha amato,
anche noi dobbiamo amarci gli uni gli altri
.

116 È necessario quindi
che la nostra fede sia viva, che ci porti realmente a credere in Dio e a
mantenere un costante dialogo con Lui. La vita cristiana deve essere vita di
preghiera incessante, sforzandoci di stare alla presenza di Dio dalla mattina
alla sera e dalla sera alla mattina. Il cristiano non è mai un solitario, perché
vive in una continua intimità con Dio, che è vicino a noi e nei
Cieli.

Sine intermissione orate, prescrive l’Apostolo: pregate
senza interruzione. E, ricordando questo precetto apostolico, Clemente
Alessandrino scrive: Ci viene comandato di lodare e onorare il Verbo che
conosciamo come salvatore e re; e per Lui il Padre, non in giorni scelti, come
fanno altri, ma costantemente durante tutta la vita, e in tutti i modi
possibili
.

In mezzo alle occupazioni della giornata, quando bisogna
vincere la tendenza all’egoismo, quando sentiamo la gioia dell’amicizia con gli
altri uomini, in ogni momento il cristiano deve rinnovare il suo incontro con
Dio. Per Cristo e nello Spirito Santo il cristiano ha accesso all’intimità di
Dio Padre, e percorre la strada che conduce al regno che non è di questo mondo,
ma che in questo mondo si inizia e si prepara.

Bisogna entrare in
intimità con Cristo nella Parola e nel Pane, nell’Eucaristia e nella preghiera.
Bisogna trattarlo come si tratta un amico, un essere reale e vivo, perché Cristo
è risorto e dunque vive. Cristo, leggiamo nella lettera agli Ebrei,
poiché resta per sempre, possiede un sacerdozio che non tramonta. Perciò può
salvare perfettamente quelli che per mezzo di lui si accostano a Dio, essendo
egli sempre vivo per intercedere a loro favore
. Cristo, il Cristo risorto, è
il compagno, l’Amico. Un compagno che si lascia soltanto intravvedere, ma la cui
realtà riempie tutta la nostra vita, e ci fa desiderare la sua compagnia
definitiva. Lo Spirito e la sposa dicono: « Vieni! ». E chi ascolta ripete: «
Vieni! ». Chi ha sete venga; chi vuole attinga gratuitamente l’acqua della
vita… Colui che attesta queste cose dice: « Sì, verrò presto! ». Amen. Vieni,
Signore Gesù
.