Costituzione Apostolica «Veritatis gaudium» di Papa Francesco circa le Università e le Facoltà ecclesiastiche

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FRANCESCO

COSTITUZIONE APOSTOLICA
VERITATIS GAUDIUM

CIRCA LE UNIVERSITÀ
E LE FACOLTA’ ECCLESIASTICHE

PROEMIO

1. La gioia della verità (Veritatis gaudium) esprime il desiderio struggente che rende inquieto il cuore di ogni uomo fin quando non incontra, non abita e non condivide con tutti la Luce di Dio[1]. La verità, infatti, non è un’idea astratta, ma è Gesù, il Verbo di Dio in cui è la Vita che è la Luce degli uomini (cfr. Gv 1,4), il Figlio di Dio che è insieme il Figlio dell’uomo. Egli soltanto, «rivelando il mistero del Padre e del suo amore, rivela l’uomo all’uomo e gli fa nota la sua altissima vocazione»[2].

Nell’incontro con Lui, il Vivente (cfr Ap 1,18) e il Primogenito tra molti fratelli (cfr Rm 8,29), il cuore dell’uomo sperimenta già sin d’ora, nel chiaroscuro della storia, la luce e la festa senza più tramonto dell’unione con Dio e dell’unità coi fratelli e le sorelle nella casa comune del creato di cui godrà senza fine nella piena comunione con Dio. Nella preghiera di Gesù al Padre: «perché tutti siano uno, come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch’essi in noi» (Gv 17,21) è racchiuso il segreto della gioia che Gesù ci vuole comunicare in pienezza (cfr 15,11) da parte del Padre col dono dello Spirito Santo: Spirito di verità e di amore, di libertà, di giustizia e di unità.

È questa la gioia che la Chiesa è spinta da Gesù a testimoniare e ad annunciare nella sua missione, senza sosta e con sempre nuova passione. Il Popolo di Dio è pellegrino lungo i sentieri della storia in sincera e solidale compagnia con gli uomini e le donne di tutti i popoli e di tutte le culture, per illuminare con la luce del Vangelo il cammino dell’umanità verso la civiltà nuova dell’amore. Strettamente collegato alla missione evangelizzatrice della Chiesa, scaturente anzi dalla sua stessa identità tutta spesa a promuovere l’autentica e integrale crescita della famiglia umana sino alla sua definitiva pienezza in Dio, è il vasto e pluriforme sistema degli studi ecclesiastici fiorito lungo i secoli dalla sapienza del Popolo di Dio, sotto la guida dello Spirito Santo e nel dialogo e discernimento dei segni dei tempi e delle diverse espressioni culturali.

Non sorprende, dunque, che il Concilio Vaticano II, promuovendo con vigore e profezia il rinnovamento della vita della Chiesa, per una più incisiva missione in questa nuova epoca della storia, abbia raccomandato nel Decreto Optatam totius una fedele e creativa revisione degli studi ecclesiastici (cfr nn. 13-22). Tale compito, dopo attento studio e sapiente sperimentazione, ha trovato espressione nella Costituzione Apostolica Sapientia christiana, promulgata da San Giovanni Paolo II il 15 aprile 1979. Grazie ad essa è stato ulteriormente promosso e perfezionato l’impegno della Chiesa a favore delle «Facoltà e le Università ecclesiastiche che si occupano particolarmente della Rivelazione cristiana e di quelle discipline che ad essa sono connesse, e che, perciò, più strettamente si ricollegano alla sua stessa missione evangelizzatrice», insieme a tutte quelle altre discipline che «pur non avendo una particolare connessione con la Rivelazione cristiana, possono tuttavia giovare molto all’opera dell’evangelizzazione»[3].

A distanza di quasi quarant’anni, in fedeltà allo spirito e agli orientamenti del Vaticano II e come sua opportuna attualizzazione, si rende oggi necessario e urgente un aggiornamento di quella Costituzione apostolica. Essa, in effetti, restando pienamente valida nella sua profetica visione e nel suo lucido dettato, chiede di essere integrata con le disposizioni normative nel frattempo emanate, tenendo conto al tempo stesso dello sviluppo nell’ambito degli studi accademici registrato in questi ultimi decenni come pure del mutato contesto socio-culturale a livello planetario, nonché di quanto raccomandato a livello internazionale in attuazione delle varie iniziative, cui la Santa Sede ha aderito.

L’occasione è propizia per procedere con ponderata e profetica determinazione alla promozione, a tutti i livelli, di un rilancio degli studi ecclesiastici nel contesto della nuova tappa della missione della Chiesa, marcata dalla testimonianza della gioia che scaturisce dall’incontro con Gesù e dall’annuncio del suo Vangelo, che ho programmaticamente proposto a tutto il Popolo di Dio nella Evangelii gaudium.

2. La Costituzione Apostolica Sapientia christiana ha rappresentato a tutti gli effetti il frutto maturo della grande opera di riforma degli studi ecclesiastici messa in movimento dal Concilio Vaticano II. Essa raccoglie, in particolare, i risultati raggiunti in questo cruciale ambito della missione della Chiesa sotto la guida saggia e prudente del Beato Paolo VI e insieme preannuncia l’apporto che, in continuità con essi, verrà in seguito offerto dal magistero di San Giovanni Paolo II.

Come ho avuto occasione di sottolineare, «uno dei contributi principali del Concilio Vaticano II è stato proprio quello di cercare di superare il divorzio tra teologia e pastorale, tra fede e vita. Oso dire che ha rivoluzionato in una certa misura lo statuto della teologia, il modo di fare e di pensare credente»[4]. È proprio in questa luce che l’Optatam totius invita con vigore gli studi ecclesiastici a «convergere concordemente alla progressiva apertura dello spirito degli alunni verso il mistero di Cristo, il quale compenetra tutta la storia del genere umano e agisce continuamente nella vita della Chiesa»[5]. Per raggiungere questo scopo, il Decreto conciliare esorta a coniugare la meditazione e lo studio della Sacra Scrittura, quale «anima di tutta la teologia»[6] insieme all’assidua e consapevole partecipazione alla sacra Liturgia, quale «prima e necessaria sorgente di vero spirito cristiano»[7], con lo studio sistematico della Tradizione viva della Chiesa in dialogo con gli uomini del proprio tempo, in ascolto profondo dei loro problemi, delle loro ferite e delle loro istanze[8]. In tal modo – sottolinea l’Optatam totius – «la preoccupazione pastorale deve permeare l’intera formazione degli alunni»[9], così da abituarli a «guardare oltre i confini della propria diocesi, nazione o rito, e ad andare incontro alle necessità della Chiesa intera, pronti nel loro animo a predicare dovunque l’Evangelo»[10].

Tappe miliari nel cammino che da questi orientamenti del Vaticano II conduce sino alla Sapientia christiana sono in particolare l’Evangelii nuntiandi e la Populorum progressio di Paolo VI e, solo un mese prima della promulgazione della Costituzione Apostolica, la Redemptor hominis di Giovanni Paolo II. L’afflato profetico dell’Esortazione apostolica sull’evangelizzazione nel mondo contemporaneo di Papa Montini risuona vigorosa nel Proemio della Sapientia christiana là dove si afferma che «la missione dell’evangelizzazione, che è propria della Chiesa, esige non soltanto che il Vangelo sia predicato in fasce geografiche sempre più vaste ed a moltitudini umane sempre più grandi, ma che siano anche permeati della virtù dello stesso Vangelo i modi di pensare, i criteri di giudizio, le norme d’azione; in una parola, è necessario che tutta la cultura dell’uomo sia penetrata dal Vangelo»[11]. Giovanni Paolo II, dal canto suo, soprattutto nell’Enciclica Fides et ratio, ha ribadito e approfondito, nell’ambito del dialogo tra filosofia e teologia, la convinzione che innerva l’insegnamento del Vaticano II secondo la quale «l’uomo è capace di giungere a una visione unitaria e organica del sapere. Questo è uno dei compiti di cui il pensiero cristiano dovrà farsi carico nel corso del prossimo millennio cristiano»[12].

Anche la Populorum progressio ha giocato un ruolo decisivo nella riconfigurazione, alla luce del Vaticano II, degli studi ecclesiastici, offrendo insieme alla Evangelii nuntiandi, come attestato dal cammino delle diverse Chiese locali, significativi impulsi e concreti orientamenti per l’inculturazione del Vangelo e per l’evangelizzazione delle culture nelle diverse regioni del mondo, in risposta alle sfide del presente. Questa enciclica sociale di Paolo VI, infatti, sottolinea incisivamente che lo sviluppo dei popoli, chiave imprescindibile per realizzare la giustizia e la pace a livello mondiale, «dev’essere integrale, il che vuol dire volto alla promozione di ogni uomo e di tutto l’uomo»[13], e richiama la necessità «di uomini di pensiero capaci di riflessione profonda, votati alla ricerca d’un umanesimo nuovo, che permetta all’uomo moderno di ritrovare se stesso»[14]. La Populorum progressio interpreta dunque con profetica visione la questione sociale come questione antropologica che investe il destino dell’intera famiglia umana.

È questa la discriminante chiave di lettura che ispirerà il successivo magistero sociale della Chiesa, dalla Laborem exercens alla Sollecitudo rei socialis alla Centesimus annus di Giovanni Paolo II, alla Caritas in veritate di Benedetto XVI, alla Laudato sì. Riprendendo l’invito allo slancio verso una nuova stagione di pensiero fatto dalla Populorum progressio, Papa Benedetto XVI ha illustrato la necessità impellente di «vivere e orientare la globalizzazione dell’umanità in termini di relazionalità, di comunione e di condivisione»[15], sottolineando che Dio vuole associare l’umanità a quell’ineffabile mistero di comunione che è la SS.ma Trinità, di cui la Chiesa è in Cristo Gesù segno e strumento[16]. Per raggiungere realisticamente questo scopo, egli invita a «dilatare la ragione» per renderla capace di conoscere e orientare le imponenti nuove dinamiche che travagliano la famiglia umana, «animandole nella prospettiva di quella civiltà dell’amore il cui seme Dio ha posto in ogni popolo, in ogni cultura»[17] e facendo «interagire i diversi livelli del sapere umano»: quello teologico e quello filosofico, quello sociale e quello scientifico[18].

3. È giunto ora il momento in cui questo ricco patrimonio di approfondimenti e di indirizzi, verificato e arricchito per così dire “sul campo” dal perseverante impegno di mediazione culturale e sociale del Vangelo messo in atto dal Popolo di Dio nei diversi ambiti continentali e in dialogo con le diverse culture, confluisca nell’imprimere agli studi ecclesiastici quel rinnovamento sapiente e coraggioso che è richiesto dalla trasformazione missionaria di una Chiesa “in uscita”.

L’esigenza prioritaria oggi all’ordine del giorno, infatti, è che tutto il Popolo di Dio si prepari ad intraprendere “con spirito”[19] una nuova tappa dell’evangelizzazione. Ciò richiede «un deciso processo di discernimento, purificazione e riforma»[20]. E in tale processo è chiamato a giocare un ruolo strategico un adeguato rinnovamento del sistema degli studi ecclesiastici. Essi, infatti, non sono solo chiamati a offrire luoghi e percorsi di formazione qualificata dei presbiteri, delle persone di vita consacrata e dei laici impegnati, ma costituiscono una sorta di provvidenziale laboratorio culturale in cui la Chiesa fa esercizio dell’interpretazione performativa della realtà che scaturisce dall’evento di Gesù Cristo e che si nutre dei doni della Sapienza e della Scienza di cui lo Spirito Santo arricchisce in varie forme tutto il Popolo di Dio: dal sensus fidei fidelium al magistero dei Pastori, dal carisma dei profeti a quello dei dottori e dei teologi.

E ciò è d’imprescindibile valore per una Chiesa “in uscita”! Tanto più che oggi non viviamo soltanto un’epoca di cambiamenti ma un vero e proprio cambiamento d’epoca[21], segnalato da una complessiva «crisi antropologica»[22] e «socio-ambientale»[23] nella quale riscontriamo ogni giorno di più «sintomi di un punto di rottura, a causa della grande velocità dei cambiamenti e del degrado, che si manifestano tanto in catastrofi naturali regionali quanto in crisi sociali o anche finanziarie»[24]. Si tratta, in definitiva, di «cambiare il modello di sviluppo globale» e di «ridefinire il progresso»[25]: «il problema è che non disponiamo ancora della cultura necessaria per affrontare questa crisi e c’è bisogno di costruire leadership che indichino strade»[26].

Questo ingente e non rinviabile compito chiede, sul livello culturale della formazione accademica e dell’indagine scientifica, l’impegno generoso e convergente verso un radicale cambio di paradigma, anzi – mi permetto di dire – verso «una coraggiosa rivoluzione culturale»[27]. In tale impegno la rete mondiale delle Università e Facoltà ecclesiastiche è chiamata a portare il decisivo contributo del lievito, del sale e della luce del Vangelo di Gesù Cristo e della Tradizione viva della Chiesa sempre aperta a nuovi scenari e a nuove proposte.

Si fa oggi sempre più evidente che «c’è bisogno di una vera ermeneutica evangelica per capire meglio la vita, il mondo, gli uomini, non di una sintesi ma di una atmosfera spirituale di ricerca e certezza basata sulle verità di ragione e di fede. La filosofia e la teologia permettono di acquisire le convinzioni che strutturano e fortificano l’intelligenza e illuminano la volontà… ma tutto questo è fecondo solo se lo si fa con la mente aperta e in ginocchio. Il teologo che si compiace del suo pensiero completo e concluso è un mediocre. Il buon teologo e filosofo ha un pensiero aperto, cioè incompleto, sempre aperto al maius di Dio e della verità, sempre in sviluppo, secondo quella legge che san Vincenzo di Lérins descrive così: “annis consolidetur, dilatetur tempore, sublimetur aetate” (Commonitorium primum, 23: PL 50,668)»[28].

4. In questo orizzonte vasto e inedito che si apre dinanzi a noi, quali devono essere i criteri di fondo per un rinnovamento e un rilancio del contributo degli studi ecclesiastici a una Chiesa in uscita missionaria? Ne possiamo enunciare qui almeno quattro, nel solco dell’insegnamento del Vaticano II e dell’esperienza della Chiesa maturata in questi decenni alla sua scuola, in ascolto dello Spirito Santo e delle esigenze più profonde e degli interrogativi più acuti della famiglia umana.

a) Innanzi tutto, criterio prioritario e permanente è quello della contemplazione e della introduzione spirituale, intellettuale ed esistenziale nel cuore del kerygma, e cioè della sempre nuova e affascinante lieta notizia del Vangelo di Gesù[29] «che va facendosi carne sempre più e sempre meglio»[30] nella vita della Chiesa e dell’umanità. È questo il mistero della salvezza di cui la Chiesa è in Cristo segno e strumento in mezzo agli uomini[31]: «un mistero che affonda le sue radici nella Trinità, ma che ha la sua concretezza storica in un popolo pellegrino ed evangelizzatore, che trascende sempre ogni pur necessaria espressione istituzionale […] e che trova il suo ultimo fondamento nella libera e gratuita iniziativa di Dio»[32].

Da questa concentrazione vitale e gioiosa sul volto di Dio rivelato in Gesù Cristo come Padre ricco di misericordia (cfr Ef 2,4)[33] discende l’esperienza liberante e responsabile di vivere come Chiesa la «mistica del noi»[34] che si fa lievito di quella fraternità universale «che sa guardare alla grandezza sacra del prossimo, che sa scoprire Dio in ogni essere umano, che sa sopportare le molestie del vivere insieme aggrappandosi all’amore di Dio, che sa aprire il cuore all’amore divino per cercare la felicità degli altri come la cerca il loro Padre buono»[35]. Di qui l’imperativo ad ascoltare nel cuore e a far risuonare nella mente il grido dei poveri e della terra[36], per dare concretezza alla «dimensione sociale dell’evangelizzazione»[37] quale parte integrale della missione della Chiesa: perché «Dio, in Cristo, non redime solamente la singola persona, ma anche le relazioni sociali tra gli uomini»[38]. E’ vero, infatti, che «la bellezza del Vangelo non sempre può essere adeguatamente manifestata da noi, ma c’è un segno che non deve mai mancare: l’opzione per gli ultimi, per quelli che la società scarta e getta via»[39]. Questa opzione deve permeare la presentazione e l’approfondimento della verità cristiana.

Di qui, ancora, l’accento peculiare, nella formazione a una cultura cristianamente ispirata, a scoprire in tutta la creazione l’impronta trinitaria che fa del cosmo in cui viviamo «una trama di relazioni» in cui «è proprio di ogni essere vivente tendere verso un’altra cosa», propiziando «una spiritualità della solidarietà globale che sgorga dal mistero della Trinità»[40].

b) Un secondo criterio ispiratore, intimamente coerente con il precedente e da esso conseguente, è quello del dialogo a tutto campo: non come mero atteggiamento tattico, ma come esigenza intrinseca per fare esperienza comunitaria della gioia della Verità e per approfondirne il significato e le implicazioni pratiche. Ciò che il Vangelo e la dottrina della Chiesa sono chiamati oggi a promuovere, in generosa e aperta sinergia con tutte le istanze positive che fermentano la crescita della coscienza umana universale, è un’autentica cultura dell’incontro[41], una cultura anzi, possiamo ben dire, dell’incontro tra tutte le autentiche e vitali culture, grazie al reciproco scambio dei propri rispettivi doni nello spazio di luce dischiuso dall’amore di Dio per tutte le sue creature.

Come ha sottolineato Papa Benedetto XVI, «la verità è “logos” che crea “dia-logos” e quindi comunicazione e comunione»[42]. In questa luce, la Sapientia christiana, richiamandosi alla Gaudium et spes, invita a favorire il dialogo con i cristiani appartenenti alle altre Chiese e comunità ecclesiali e con coloro che aderiscono ad altre convinzioni religiose o umanistiche, e insieme a tenersi «in relazione con gli studiosi delle altre discipline, siano essi credenti o non credenti», cercando «di ben intendere e valutare le loro affermazioni, e di giudicarle alla luce della verità rivelata»[43].

Da ciò deriva la felice e urgente opportunità di rivedere in quest’ottica e in questo spirito l’architettonica e la dinamica metodica dei curricula di studi proposti dal sistema degli studi ecclesiastici, nella loro scaturigine teologica, nei loro principi ispiratori e nei loro diversi livelli di articolazione disciplinare, pedagogica e didattica. Tale opportunità si esplicita in un impegno esigente ma altamente produttivo: ripensare e aggiornare intenzionalità e organicità delle discipline e degli insegnamenti impartiti negli studi ecclesiastici in questa specifica logica e secondo questa specifica intenzionalità. Oggi infatti «si rende necessaria un’evangelizzazione che illumini i nuovi modi di relazionarsi con Dio, con gli altri e con l’ambiente, e che susciti valori fondamentali. È necessario arrivare là dove si formano i nuovi racconti e paradigmi»[44].

c) Di qui il terzo fondamentale criterio che voglio richiamare: l’inter- e la trans-disciplinarietà esercitate con sapienza e creatività nella luce della Rivelazione. Ciò che qualifica la proposta accademica, formativa e di ricerca del sistema degli studi ecclesiastici, sul livello sia del contenuto sia del metodo, è il principio vitale e intellettuale dell’unità del sapere nella distinzione e nel rispetto delle sue molteplici, correlate e convergenti espressioni.

Si tratta di offrire, attraverso i diversi percorsi proposti dagli studi ecclesiastici, una pluralità di saperi, corrispondente alla ricchezza multiforme del reale nella luce dischiusa dall’evento della Rivelazione, che sia al tempo stesso armonicamente e dinamicamente raccolta nell’unità della sua sorgente trascendente e della sua intenzionalità storica e metastorica, quale è dispiegata escatologicamente in Cristo Gesù: «In Lui – scrive l’apostolo Paolo –, sono nascosti tutti i tesori della sapienza e della scienza» (Col 2,3). Questo principio teologico e antropologico, esistenziale ed epistemico riveste un peculiare significato ed è chiamato a esibire tutta la sua efficacia non solo all’interno del sistema degli studi ecclesiastici: garantendogli coesione insieme a flessibilità, organicità insieme a dinamicità; ma anche in rapporto al frammentato e non di rado disintegrato panorama odierno degli studi universitari e al pluralismo incerto, conflittuale o relativistico, delle convinzioni e delle opzioni culturali.

Oggi – come ha ribadito Benedetto XVI nella Caritas in veritate, approfondendo il messaggio culturale della Popolorum progressio di Paolo VI – «c’è mancanza di sapienza, di riflessione, di pensiero in grado di operare una sintesi orientativa»[45]. Qui si gioca, in specifico, la mission che è confidata al sistema degli studi ecclesiastici. Questa precisa e orientatrice direttiva di marcia non solo esplicita l’intrinseco significato veritativo del sistema degli studi ecclesiastici, ma ne evidenzia anche, soprattutto oggi, l’effettiva rilevanza culturale e umanizzante. In tal senso, è senz’altro positiva e promettente l’odierna riscoperta del principio dell’interdisciplinarietà[46]: non tanto nella sua forma “debole” di semplice multidisciplinarità, come approccio che favorisce una migliore comprensione da più punti di vista di un oggetto di studio; quanto piuttosto nella sua forma “forte” di transdisciplinarità, come collocazione e fermentazione di tutti i saperi entro lo spazio di Luce e di Vita offerto dalla Sapienza che promana dalla Rivelazione di Dio.

Così che chi è formato nel quadro delle istituzioni promosse dal sistema degli studi ecclesiastici – come auspicava il Beato J.H. Newman – sappia «dove collocare se stesso e la propria scienza, a cui giunge, per così dire, da una sommità, dopo aver avuto una visione globale di tutto il sapere»[47]. Anche il Beato Antonio Rosmini, sin dall’800, invitava a una decisa riforma nel campo dell’educazione cristiana, ristabilendo i quattro pilastri su cui essa saldamente poggiava nei primi secoli dell’era cristiana: «l’unicità di scienza, la comunicazione di santità, la consuetudine di vita, la scambievolezza di amore». L’essenziale – egli argomentava – è ridare unità di contenuto, di prospettiva, di obiettivo, alla scienza che viene impartita a partire dalla Parola di Dio e dal suo culmine in Cristo Gesù, Verbo di Dio fatto carne. Se non vi è questo centro vivo, la scienza non ha «né radice né unità» e resta semplicemente «attaccata e per così dir pendente alla giovanile memoria». Solo così diventa possibile superare la «nefasta separazione tra teoria e pratica», perché nell’unità tra scienza e santità «consiste propriamente la genuina indole della dottrina destinata a salvare il mondo», il cui «ammaestramento [nei tempi antichi] non finiva in una breve lezione giornaliera, ma consisteva in una continua conversazione che avevano i discepoli co’ maestri»[48].

d) Un quarto e ultimo criterio concerne la necessità urgente di “fare rete” tra le diverse istituzioni che, in ogni parte del mondo, coltivano e promuovono gli studi ecclesiastici, attivando con decisione le opportune sinergie anche con le istituzioni accademiche dei diversi Paesi e con quelle che si ispirano alle diverse tradizioni culturali e religiose, dando vita al contempo a centri specializzati di ricerca finalizzati a studiare i problemi di portata epocale che investono oggi l’umanità, giungendo a proporre opportune e realistiche piste di risoluzione.

Come ho sottolineato nella Laudato sì, «dalla metà del secolo scorso, superando molte difficoltà, si è andata affermando la tendenza a concepire il pianeta come patria e l’umanità come popolo che abita una casa comune»[49]. La presa di coscienza di questa interdipendenza «ci obbliga a pensare a un solo mondo, ad un progetto comune»[50]. La Chiesa, in particolare, in sintonia convinta e profetica con l’impulso a una sua rinnovata presenza e missione nella storia promosso dal Vaticano II, è chiamata a sperimentare che la cattolicità che la qualifica come fermento di unità nella diversità e di comunione nella libertà, esige per sé e propizia «la polarità tensionale tra il particolare e l’universale, tra l’uno e il multiplo, tra il semplice e il complesso. Annichilire questa tensione va contro la vita dello Spirito»[51]. Si tratta pertanto di praticare a una forma di conoscenza e d’interpretazione della realtà, nella luce del «pensiero di Cristo» (cfr 1 Cor 2,16), in cui il modello di riferimento e di risoluzione dei problemi «non è la sfera […] dove ogni punto è equidistante dal centro e non vi sono differenze tra un punto e l’altro», ma «il poliedro, che riflette la confluenza di tutte le parzialità che in esso mantengono la loro originalità»[52].

In realtà, «come possiamo vedere nella storia della Chiesa, il cristianesimo non dispone di un unico modello culturale, bensì, “restando pienamente se stesso, nella totale fedeltà all’annuncio evangelico e alla Tradizione ecclesiale, esso porterà anche il volto delle tante culture e dei tanti popoli in cui è accolto e radicato”[53]. Nei diversi popoli che sperimentano il dono di Dio secondo la propria cultura, la Chiesa esprime la sua autentica cattolicità e mostra “la bellezza di questo volto pluriforme”[54]. Nelle espressioni cristiane di un popolo evangelizzato, lo Spirito Santo abbellisce la Chiesa, mostrandole nuovi aspetti della Rivelazione e regalandole un nuovo volto»[55].

Questa prospettiva – è evidente – traccia un compito esigente per la teologia così come, nelle loro specifiche competenze, per le altre discipline contemplate negli studi ecclesiastici. Con una bella immagine Benedetto XVI, riferendosi alla Tradizione della Chiesa, ha affermato che essa «non è trasmissione di cose o di parole, una collezione di cose morte. La Tradizione è il fiume vivo che ci collega alle origini, il fiume vivo nel quale sempre le origini sono presenti»[56]. «Questo fiume irriga diverse terre, alimenta diverse geografie, facendo germogliare il meglio di quella terra, il meglio di quella cultura. In questo modo, il Vangelo continua a incarnarsi in tutti gli angoli del mondo, in maniera sempre nuova»[57]. La teologia, non vi è dubbio, dev’essere radicata e fondata nella Sacra Scrittura e nella Tradizione vivente, ma proprio per questo deve accompagnare simultaneamente i processi culturali e sociali, in particolare le transizioni difficili. Anzi, «in questo tempo la teologia deve farsi carico anche dei conflitti: non solamente quelli che sperimentiamo dentro la Chiesa, ma anche quelli che riguardano il mondo intero»[58]. Si tratta di «accettare, di sopportare il conflitto, risolverlo e trasformarlo in un anello di collegamento di un nuovo processo», acquisendo «uno stile di costruzione della storia, un ambito vitale dove i conflitti, le tensioni e gli opposti possono raggiungere una pluriforme unità che genera nuova vita. Non significa puntare al sincretismo, né all’assorbimento di uno nell’altro, ma alla risoluzione si di un piano superiore che conserva in sé le preziose potenzialità delle polarità in contrasto»[59].

5. Nel rilanciare gli studi ecclesiastici si avverte la viva esigenza di imprimere un nuovo impulso alla ricerca scientifica condotta nelle nostre Università e Facoltà ecclesiastiche. La Costituzione Apostolica Sapientia christiana introduceva la ricerca come un «dovere fondamentale» in costante «contatto con la realtà stessa […] per comunicare la dottrina agli uomini del proprio tempo nella varietà delle culture»[60]. Ma nella nostra epoca, segnata dalla condizione multiculturale e multietnica, nuove dinamiche sociali e culturali impongono un allargamento di questi scopi. Difatti per adempiere alla missione salvifica della Chiesa «non è sufficiente la preoccupazione dell’evangelizzatore di giungere ad ogni persona […] il Vangelo si annuncia anche alle culture nel loro insieme»[61]. Gli studi ecclesiastici non possono limitarsi a trasferire conoscenze, competenze, esperienze, agli uomini e alle donne del nostro tempo, desiderosi di crescere nella loro consapevolezza cristiana, ma devono acquisire l’urgente compito di elaborare strumenti intellettuali in grado di proporsi come paradigmi d’azione e di pensiero, utili all’annuncio in un mondo contrassegnato dal pluralismo etico-religioso. Ciò richiede non solo una profonda consapevolezza teologica, ma la capacità di concepire, disegnare e realizzare, sistemi di rappresentazione della religione cristiana capace di entrare in profondità in sistemi culturali diversi. Tutto questo invoca un innalzamento della qualità della ricerca scientifica e un avanzamento progressivo del livello degli studi teologici e delle scienze collegate. Non si tratta solo di estendere il campo della diagnosi, di arricchire il complesso dei dati a disposizioni per leggere la realtà[62], ma di approfondire per «comunicare meglio la verità del Vangelo in un contesto determinato, senza rinunciare alla verità, al bene e alla luce che può apportare quando la perfezione non è possibile»[63].

Affido in primo luogo alla ricerca condotta nelle Università, Facoltà e Istituti ecclesiastici il compito di sviluppare quella «apologetica originale» che ho indicato nella Evangelii gaudium, affinché esse aiutino «a creare le disposizioni perché il Vangelo sia ascoltato da tutti»[64].

In questo contesto, indispensabile diventa la creazione di nuovi e qualificati centri di ricerca in cui possano interagire con libertà responsabile e trasparenza reciproca – come ho auspicato nella Laudato si’ – studiosi provenienti dai diversi universi religiosi e dalle differenti competenze scientifiche, in modo da «entrare in un dialogo tra loro orientato alla cura della natura, alla difesa dei poveri, alla costruzione di una rete di rispetto e di fraternità»[65]. In tutti i Paesi, le Università costituiscono la sede primaria della ricerca scientifica per il progresso delle conoscenze e della società, svolgendo un ruolo determinante per lo sviluppo economico, sociale e culturale, soprattutto in un tempo come il nostro segnato da veloci, costanti e vistosi cambiamenti nel campo delle scienze e delle tecnologie. Anche negli accordi internazionali viene rimarcata la responsabilità centrale dell’Università nelle politiche della ricerca e la necessità di coordinarle creando reti di centri specializzati così da facilitare, tra l’altro, la mobilità dei ricercatori.

In questo senso, si stanno progettando poli di eccellenza interdisciplinari e iniziative finalizzate ad accompagnare l’evoluzione delle tecnologie avanzate, la qualificazione delle risorse umane e i programmi di integrazione. Anche gli studi ecclesiastici, nello spirito di una Chiesa “in uscita”, sono chiamati a dotarsi di centri specializzati che approfondiscano il dialogo con i diversi ambiti scientifici. In particolare, la ricerca condivisa e convergente tra specialisti di diverse discipline viene a costituire un qualificato servizio al Popolo di Dio, e in particolare al Magistero, nonché un sostegno della missione della Chiesa di annunciare la buona novella di Cristo a tutti, dialogando con le diverse scienze a servizio di una sempre più profonda penetrazione e applicazione della verità nella vita personale e sociale.

Gli studi ecclesiastici saranno così in grado di apportare il loro specifico e insostituibile contributo ispiratore e orientatore, e potranno enucleare ed esprimere in forma nuova, interpellante e realistica il proprio compito. È sempre stato e sempre sarà così! La teologia e la cultura d’ispirazione cristiana sono state all’altezza della loro missione quando hanno saputo vivere rischiosamente e con fedeltà sulla frontiera. «Le domande del nostro popolo, le sue pene, le sue battaglie, i suoi sogni, le sue lotte, le sue preoccupazioni, possiedono un valore ermeneutico che non possiamo ignorare se vogliamo prendere sul serio il principio dell’incarnazione. Le sue domande ci aiutano a domandarci, i suoi interrogativi c’interrogano. Tutto ciò ci aiuta ad approfondire il mistero della Parola di Dio, Parola che esige e chiede che si dialoghi, che si entri in comunione»[66].

6. Quella che oggi emerge di fronte ai nostri occhi è «una grande sfida culturale, spirituale ed educativa che implicherà lunghi processi di rigenerazione»[67], anche per le Università e Facoltà ecclesiastiche.

Ci guidi, ci illumini e ci sostenga in questa impegnativa e affascinante stagione segnata dall’impegno a una rinnovata e lungimirante configurazione prospettica degli studi ecclesiastici, la fede gioiosa e incrollabile in Gesù crocifisso e risorto, centro e Signore della storia. La sua risurrezione, col dono sovrabbondante dello Spirito Santo, «produce in ogni luogo germi di questo mondo nuovo; e anche se vengono tagliati, ritornano a spuntare, perché la risurrezione del Signore ha già penetrato la trama nascosta di questa storia»[68].

Maria Santissima, che all’annuncio dell’Angelo ha concepito con gioia ineffabile il Verbo di Verità, accompagni il nostro cammino ottenendo dal Padre di ogni grazia la benedizione di luce e di amore che con la fiducia dei figli attendiamo nella speranza dal Figlio suo e nostro Signore Gesù Cristo, nella gioia dello Spirito Santo!

Nel video qui sopra, la Conferenza Stampa di presentazione della Costituzione Apostolica «Veritatis gaudium» di Papa Francesco, circa la nuova normatica sugli Istituti di studi ecclesiastici.

PARTE PRIMA

NORME COMUNI

Titolo I – Natura e finalità delle Università e Facoltà Ecclesiastiche

Art. 1. La Chiesa, per compiere la missione evangelizzatrice affidatale da Cristo, ha il diritto e il dovere di erigere e promuovere Università e Facoltà, che da essa dipendano (cfr can. 815 CIC).

Art. 2. §1. Nella presente Costituzione, Università e Facoltà ecclesiastiche sono dette quelle istituzioni di educazione superiore che, canonicamente erette o approvate dalla Sede Apostolica, coltivano ed insegnano la dottrina sacra e le scienze con essa collegate, fruendo del diritto di conferire i gradi accademici per autorità della Santa Sede (cfr can. 817 CIC; can. 648 CCEO).

§2. Esse possono essere un’Università o Facoltà ecclesiastica sui iuris, una Facoltà ecclesiastica all’interno di un’Università cattolica (cfr Giovanni Paolo II, Cost. ap. Ex corde Ecclesiae, art. 1, §2: AAS 82 [1990], 1502) oppure una Facoltà ecclesiastica all’interno di un’altra Università.

Art. 3. Le finalità delle Facoltà ecclesiastiche sono:

§1. coltivare e promuovere, mediante la ricerca scientifica, le proprie discipline, cioè quelle direttamente o indirettamente connesse con la Rivelazione cristiana o che servono in un modo diretto alla missione della Chiesa, enucleare sistematicamente le verità in essa contenute, considerare alla loro luce i nuovi problemi che sorgono, e presentarle agli uomini del proprio tempo nel modo adatto alle diverse culture;

§2. formare ad un livello di alta qualificazione gli studenti nelle proprie discipline secondo la dottrina cattolica, prepararli convenientemente ad affrontare i loro compiti, e promuovere la formazione continua o permanente, nei ministri della Chiesa;

§3. aiutare attivamente, secondo la propria natura e in stretta comunione con la Gerarchia, sia le Chiese particolari sia quella universale in tutta l’opera dell’evangelizzazione.

Art. 4. E’ compito delle Conferenze Episcopali interessarsi alacremente della vita e del progresso delle Università e Facoltà ecclesiastiche a motivo della loro particolare importanza ecclesiale.

Art. 5. L’erezione o l’approvazione canonica delle Università e delle Facoltà ecclesiastiche è riservata alla Congregazione per l’Educazione Cattolica, che ad esse sovrintende a norma del diritto (cfr can. 816, §1 CIC; can. 649 CCEO; Giovanni Paolo II, Cost. ap. Pastor bonus, art. 116, §2: AAS 80 [1988], 889).

Art. 6. Alle sole Università e Facoltà canonicamente erette o approvate dalla Santa Sede, ed ordinate a norma di questa Costituzione, compete il diritto di conferire i gradi accademici aventi valore canonico (cfr can. 817 CIC; can. 648 CCEO) salvo restando il diritto peculiare della Pontificia Commissione Biblica (cfr Pauli VI Sedula Cura: AAS 63 [1971], 665 ss.; Pont. Commissionis Biblicae Ratio Periclitandae Doctrinae: AAS 67 [1975], 153 ss.).

Art. 7. Gli Statuti di ciascuna Università o Facoltà, da redigere a norma della presente Costituzione, devono essere approvati dalla Congregazione per l’Educazione Cattolica (cfr can. 816, §2 CIC; can. 650 CCEO).

Art. 8. Le Facoltà ecclesiastiche erette o approvate dalla Santa Sede in Università non ecclesiastiche, le quali conferiscano gradi accademici sia canonici che civili, devono osservare le prescrizioni di questa Costituzione, rispettando le convenzioni bilaterali e multilaterali stipulate dalla Santa Sede con le diverse Nazioni o con le stesse Università.

Art. 9. §1. Le Facoltà, che non sono state erette o approvate canonicamente dalla Santa Sede, non possono conferire gradi accademici aventi valore canonico.

§2. I gradi accademici conferiti da queste Facoltà, per conseguire alcuni determinati effetti canonici, hanno bisogno del riconoscimento della Congregazione per l’Educazione Cattolica.

§3. Per tale riconoscimento, da concedersi per motivi particolari a gradi singoli, devono essere adempiute le condizioni stabilite dalla stessa Congregazione.

Art. 10. Per dare la dovuta esecuzione alla presente Costituzione si devono osservare le Norme applicative emanate dalla Congregazione per l’Educazione Cattolica.

Titolo II – La Comunità Accademica ed il suo Governo

Art. 11. § 1. L’Università o la Facoltà è una comunità di studio, di ricerca e di formazione che opera istituzionalmente per il raggiungimento dei fini primari di cui all’art. 3, in conformità ai principi della missione evangelizzatrice della Chiesa.

§ 2. Nella comunità accademica, tutte le persone, sia singolarmente prese sia raccolte in consigli, sono corresponsabili del bene comune e concorrono, nell’ambito delle rispettive competenze, al conseguimento dei fini della comunità medesima.

§3. Perciò, devono essere esattamente determinati i loro diritti e doveri nell’ambito della comunità accademica, affinché siano convenientemente esercitati in limiti precisati negli Statuti.

Art. 12. Il Gran Cancelliere rappresenta la Santa Sede presso l’Università o la Facoltà e così pure questa presso la Santa Sede, ne promuove la conservazione e il progresso, ne favorisce la comunione con la Chiesa sia particolare che universale.

Art. 13. §1. L’Università o la Facoltà dipendono giuridicamente dal Gran Cancelliere, a meno che la Sede Apostolica non abbia stabilito diversamente.

§2. Qualora le circostanze lo suggeriscano, si può avere anche un Vice Gran Cancelliere, la cui autorità deve essere determinata negli Statuti.

Art. 14. Se il Gran Cancelliere è diverso dall’Ordinario del luogo, si stabiliscano norme, in base alle quali ambedue possano adempiere al proprio compito in modo concorde.

Art. 15. Le Autorità accademiche sono personali e collegiali. Sono Autorità personali, in primo luogo, il Rettore o il Preside, e il Decano. Sono Autorità collegiali i diversi Organi direttivi, o Consigli, sia di Università che di Facoltà.

Art. 16. Gli Statuti dell’Università o della Facoltà devono fissare con precisione i nomi e gli uffici delle Autorità accademiche, le modalità della loro designazione e la loro durata in carica, tenuto conto sia della natura canonica dell’Università o Facoltà, sia della prassi universitaria della propria regione.

Art. 17. Le Autorità accademiche siano scelte tra persone veramente esperte della vita universitaria e, di regola, tra i docenti di qualche Facoltà.

Art. 18. La nomina o almeno la conferma dei titolari dei seguenti uffici spetta alla Congregazione per l’Educazione Cattolica:

– il Rettore di un’Università ecclesiastica,

– il Preside di una Facoltà ecclesiastica sui iuris,

– il Decano di una Facoltà ecclesiastica in seno ad un’Università cattolica o ad un’altra Università.

Art. 19. §1. Gli Statuti stabiliscano in qual modo debbano collaborare tra loro le Autorità personali e quelle collegiali, di modo che, pur rispettando scrupolosamente il principio di collegialità soprattutto nelle questioni più importanti e, segnatamente, in quelle accademiche, le Autorità personali godano di quel potere che effettivamente conviene al loro ufficio.

§2. Ciò vale anzitutto per il Rettore, il quale ha il compito di dirigere l’intera Università e di promuoverne nei modi convenienti l’unità, la collaborazione, il progresso.

Art. 20. §1. Quando le Facoltà sono parte di un’Università ecclesiastica o di un’Università cattolica, negli Statuti si deve provvedere a coordinare opportunamente il loro governo con quello dell’intera Università, in modo da promuovere convenientemente il bene sia delle singole Facoltà che dell’Università, e da favorire la collaborazione di tutte le Facoltà tra di loro.

§2. Le esigenze canoniche delle Facoltà ecclesiastiche devono essere salvaguardate anche quando queste sono inserite in un’Università non ecclesiastica.

Art. 21. Se la Facoltà è congiunta con un Seminario Maggiore o con un Collegio, fatta salva la dovuta collaborazione in tutto ciò che attiene al bene degli studenti, gli Statuti devono con chiarezza ed efficacia provvedere a che la direzione accademica e l’amministrazione della Facoltà siano debitamente distinte dal governo e dall’amministrazione del Seminario Maggiore o del Collegio.

Titolo III – I Docenti

Art. 22. In ciascuna Facoltà deve esserci un numero di docenti, soprattutto stabili, che corrisponda all’importanza ed allo sviluppo delle singole discipline, come anche alla debita assistenza ed al profitto degli studenti.

Art. 23. Devono esserci diversi ordini di docenti, da determinare negli Statuti secondo il grado di preparazione, di inserimento, di stabilità e di responsabilità nella Facoltà, tenendo conto opportunamente della prassi seguita nelle Università della regione.

Art. 24. Gli Statuti devono precisare a quali Autorità competano la cooptazione, la nomina, la promozione dei docenti, soprattutto quando si tratti di conferire loro stabilmente l’ufficio.

Art. 25. §1. Perché uno sia legittimamente cooptato tra i docenti stabili di una Facoltà, si richiede che egli:

1° si distingua per ricchezza di dottrina, per testimonianza di vita cristiana e ecclesiale, per senso di responsabilità;

2° sia fornito del congruo dottorato o di titolo equipollente, o di meriti scientifici del tutto singolari;

3° si sia dimostrato idoneo alla ricerca scientifica con documenti probanti, in particolare con la pubblicazione di dissertazioni;

4° dimostri di possedere capacità didattica all’insegnamento.

§2. Questi requisiti per l’assunzione dei docenti stabili devono essere applicati, fatte le debite proporzioni, ai docenti non stabili.

§3. I requisiti scientifici per la cooptazione dei docenti in vigore nella prassi universitaria della regione dovranno essere tenuti opportunamente in conto.

Art. 26. §1. Tutti i docenti, di qualsiasi categoria, devono sempre distinguersi per onestà di vita, integrità di dottrina, dedizione al dovere, così da poter efficacemente contribuire al raggiungimento del fine proprio di una istituzione accademica ecclesiastica. Quando viene meno uno di questi requisiti, i docenti devono essere rimossi dal loro incarico, osservando il procedimento previsto (cfr cann. 810, §1 e 818 CIC).

§2. Coloro poi che insegnano materie concernenti la fede e la morale, occorre che siano consapevoli che tale compito deve essere svolto in piena comunione col Magistero autentico della Chiesa e, in particolare del Romano Pontefice (cfr Lumen gentium, 25, 21 novembre 1965: AAS 57 [1965], 29-31; nonché l’Istruzione della Congregazione per la Dottrina della Fede sulla vocazione ecclesiale del teologo, Donum veritatis, 24 maggio 1990: AAS 82 [1990], 1550-1570).

Art. 27. §1. Coloro che insegnano discipline concernenti la fede e la morale devono ricevere, dopo aver emesso la professione di fede (cfr can. 833, n. 7 CIC), la missione canonica dal Gran Cancelliere o da un suo delegato; essi, infatti, non insegnano per autorità propria, ma in forza della missione ricevuta dalla Chiesa. Gli altri docenti, invece, devono ricevere l’autorizzazione ad insegnare dal Gran Cancelliere o dal suo delegato.

§2. Tutti i docenti, prima che sia loro conferita la nomina a stabili o siano promossi al più alto ordine didattico, o in entrambi i casi, a seconda di quanto è precisato negli Statuti, hanno bisogno del nulla osta della Santa Sede.

Art. 28. La promozione agli ordini superiori avviene dopo un conveniente intervallo di tempo, in rapporto alla capacità di insegnamento, alle ricerche svolte, ai lavori scientifici pubblicati, allo spirito di collaborazione nell’insegnamento e nella ricerca, all’impegno di dedizione alla Facoltà.

Art. 29. I docenti, per poter assolvere al loro ufficio, siano liberi da altre incombenze, incompatibili con i loro compiti di ricerca e di insegnamento, secondo quanto è richiesto negli Statuti dai singoli ordini di docenti (cfr can. 152 CIC; can. 942 CCEO).

Art. 30. Gli Statuti devono determinare:

a) quando ed a quali condizioni i docenti cessino dal loro ufficio;

b) per quali motivi e con quale procedura essi possano essere sospesi o rimossi o anche privati dall’ufficio, in modo da provvedere convenientemente alla tutela dei diritti sia del docente, sia della Facoltà od Università, in primo luogo dei suoi studenti, sia anche della stessa comunità ecclesiale.

Titolo IV – Gli Studenti

Art. 31. Le Facoltà ecclesiastiche sono aperte a tutti coloro che, forniti di regolare attestato, siano idonei, per la condotta morale e per precedenti studi compiuti, ad esservi iscritti.

Art. 32. §1. Perché uno possa iscriversi alla Facoltà per il conseguimento dei gradi accademici, deve presentare il titolo di studio richiesto per l’ammissione all’Università civile della propria nazione, o della regione nella quale la Facoltà si trova.

§2. La Facoltà provveda a determinare negli Statuti gli altri eventuali requisiti, oltre a quello stabilito al §1, necessari per intraprendere il proprio curricolo di studi, anche per quel che riguarda la conoscenza delle lingue sia antiche che moderne.

§3. La Facoltà provveda a determinare negli Statuti anche procedure per valutare le modalità di trattamento dei casi di rifugiati, profughi e persone in situazioni analoghe sprovvisti della regolare documentazione richiesta.

Art. 33. Gli studenti devono osservare fedelmente le norme della Facoltà circa l’ordinamento generale e la disciplina – in primo luogo circa i programmi degli studi, la frequenza, gli esami – come anche tutte le altre disposizioni concernenti la vita della Facoltà. Per questo motivo, l’Università e le singole Facoltà predispongano i modi affinché gli studenti conoscano gli Statuti e i Regolamenti.

Art. 34. Gli Statuti devono definire in qual modo gli studenti, sia singolarmente presi che associati, partecipino alla vita della comunità accademica in quelle cose nelle quali essi possono contribuire al bene comune della Facoltà o dell’Università.

Art. 35. Gli Statuti devono parimenti determinare in qual modo gli studenti, per gravi motivi, possano essere sospesi da certi diritti, o esserne privati, o essere addirittura esclusi dalla Facoltà, così che si provveda opportunamente alla tutela dei diritti sia dello studente che della Facoltà od Università, come anche a quelli della stessa comunità ecclesiale.

Titolo V – Gli Officiali e il Personale Amministrativo e di Servizio

Art. 36. §1. Nel governo e nell’amministrazione dell’Università o della Facoltà le Autorità siano coadiuvate da Officiali, debitamente competenti nelle loro funzioni.

§2. Gli Officiali sono in primo luogo il Segretario, il Bibliotecario, l’Economo e altri che l’istituzione ritenga opportuni. I loro diritti e doveri devono essere stabiliti negli Statuti o nei Regolamenti.

Titolo VI – L’Ordinamento degli Studi

Art. 37. §1. Nel predisporre l’ordinamento degli studi si osservino diligentemente i principi e le norme, che secondo la diversità della materia sono contenuti nei documenti ecclesiastici, soprattutto in quelli del Concilio Vaticano II; si tenga, però, conto nello stesso tempo delle acquisizioni sicure, che derivano dal progresso scientifico e che contribuiscono peculiarmente a risolvere le questioni oggi in discussione.

§2. Nelle singole Facoltà si adotti il metodo scientifico rispondente alle esigenze proprie delle singole scienze. Si applichino pure opportunamente i recenti metodi didattici e pedagogici, atti a meglio promuovere l’impegno personale degli studenti e la loro partecipazione attiva agli studi.

Art. 38. §1. A norma del Concilio Vaticano II, in base all’indole propria delle singole Facoltà:

1° sia riconosciuta una giusta libertà (cfr Gaudium et spes, 59: AAS 58 [1966], 1080) di ricerca e di insegnamento perché si possa avere un autentico progresso nella conoscenza e nella comprensione della verità divina;

2° al tempo stesso appaia:

a) che la vera libertà di insegnamento è contenuta necessariamente entro i confini della Parola di Dio, così com’essa è costantemente insegnata dal Magistero vivo della Chiesa;

b) che parimenti la vera libertà di ricerca poggia necessariamente sulla ferma adesione alla Parola di Dio e su un atteggiamento d’ossequio verso il Magistero della Chiesa, al quale è stato affidato il compito di interpretare autenticamente la Parola di Dio.

§2. Perciò, in materia tanto importante e delicata, si deve procedere con fiducia e senza sospetto, ma anche con prudenza e senza temerarietà, soprattutto nell’insegnamento; si devono, inoltre, armonizzare con cura le esigenze scientifiche con le necessità pastorali del popolo di Dio.

Art. 39. In ogni Facoltà si ordini convenientemente il curricolo degli studi attraverso diversi gradi o cicli, da adattare secondo le esigenze della materia, così che solitamente:

a) dapprima sia data una informazione generale, mediante l’esposizione coordinata di tutte le discipline insieme con l’introduzione all’uso del metodo scientifico;

b) successivamente si intraprenda lo studio approfondito di un particolare settore delle discipline, e contemporaneamente si esercitino più compiutamente gli studenti nell’uso del metodo della ricerca scientifica;

c) infine si arrivi progressivamente alla maturità scientifica, soprattutto mediante un lavoro scritto, che contribuisca effettivamente all’avanzamento della scienza.

Art. 40. §1. Si determinino le discipline che si richiedono necessariamente per il raggiungimento del fine specifico della Facoltà, e quelle che, in diverso modo, servono al raggiungimento di tale fine, così da classificarle opportunamente.

§2. Nelle singole Facoltà le discipline siano ordinate in modo tale da formare un corpo organico, servire alla solida ed armonica formazione degli studenti, rendere più facile la mutua collaborazione dei docenti.

Art. 41. Le lezioni, soprattutto nel ciclo istituzionale, si devono tenere obbligatoriamente e devono essere frequentate dagli studenti secondo le norme che l’ordinamento degli studi provvederà a determinare.

Art. 42. Le esercitazioni e i seminari, soprattutto nel ciclo di specializzazione, devono essere condotti con assiduità sotto la guida dei docenti, e devono essere di continuo integrati mediante lo studio privato ed il frequente colloquio con i docenti.

Art. 43. L’ordinamento degli studi della Facoltà definisca quali esami o prove equivalenti debbano essere sostenute dagli studenti, sia per iscritto sia oralmente, alla fine del semestre o dell’anno, e soprattutto del ciclo perché sia possibile verificare il loro profitto in ordine alla prosecuzione degli studi nella Facoltà ed al conseguimento dei gradi accademici.

Art. 44. Gli Statuti o i Regolamenti devono parimenti determinare quale conto si debba fare degli studi compiuti altrove, in rapporto soprattutto alla concessione di dispense per alcune discipline o esami, o anche alla riduzione dello stesso curricolo degli studi, rispettando peraltro le disposizioni della Congregazione per l’Educazione Cattolica.

Titolo VII – I Gradi Accademici ed altri titoli

Art. 45. §1. Al termine dei singoli cicli del curricolo degli studi, può essere conferito un conveniente grado accademico, che deve essere stabilito per le singole Facoltà, tenuto conto sia della durata del ciclo, sia delle discipline in esso insegnate.

§2. Perciò, negli Statuti delle singole Facoltà devono essere determinati con cura, secondo le norme comuni e particolari della presente Costituzione, tutti i gradi che siano conferiti ed a quali condizioni.

Art. 46. I gradi accademici, che si conferiscono in una Facoltà ecclesiastica, sono: il Baccalaureato, la Licenza, il Dottorato.

Art. 47. I gradi accademici, negli Statuti delle singole Facoltà, possono essere espressi anche con altre denominazioni, tenuto conto della prassi universitaria della regione, purché sia indicata con chiarezza la loro equivalenza con i gradi accademici sopra menzionati e sia salvaguardata l’uniformità tra le Facoltà ecclesiastiche della stessa regione.

Art. 48. Nessuno può conseguire un grado accademico se non sia stato iscritto regolarmente alla Facoltà, non abbia terminato il curricolo degli studi prescritto dall’ordinamento degli studi, e superato i relativi esami ed eventuali altre modalità di prova.

Art. 49. §1. Per poter essere ammesso al Dottorato, occorre aver conseguito la Licenza.

§2. Per conseguire il Dottorato si richiede inoltre una dissertazione dottorale, che contribuisca effettivamente al progresso della scienza, sia stata elaborata sotto la guida di un docente, pubblicamente discussa, approvata collegialmente e, almeno nella sua parte principale, pubblicata.

Art. 50. §1. Il Dottorato è il grado accademico che abilita all’insegnamento in una Facoltà, ed è perciò richiesto a tale fine; la Licenza è il grado accademico che abilita all’insegnamento in un Seminario Maggiore o in una istituzione equivalente ed è perciò richiesto a tale fine.

§2. I gradi accademici, richiesti per ricoprire i diversi uffici ecclesiastici, sono stabiliti dalla competente Autorità ecclesiastica.

Art. 51. Il Dottorato honoris causa può essere conferito per speciali meriti scientifici o culturali, acquisiti nel promuovere le scienze ecclesiastiche.

Art. 52. Oltre ai gradi accademici, le Facoltà possono conferire altri titoli, secondo la diversità delle Facoltà e l’ordinamento degli studi nelle singole Facoltà.

Titolo VIII – I Sussidi Didattici

Art. 53. Per il raggiungimento dei propri fini specifici, soprattutto per il compimento delle ricerche scientifiche, in ciascuna Università o Facoltà deve esserci una biblioteca adeguata, rispondente ai bisogni dei docenti e degli studenti, ordinata convenientemente e fornita degli opportuni cataloghi.

Art. 54. Mediante lo stanziamento annuale di una congrua somma di denaro, la biblioteca sia costantemente arricchita di libri, antichi e recenti, e delle principali riviste, così che essa possa efficacemente servire tanto all’approfondimento e all’insegnamento delle discipline, quanto al loro apprendimento, come anche alle esercitazioni e ai seminari.

Art. 55. Alla biblioteca deve essere preposto un esperto in materia, il quale sarà aiutato da un adeguato Consiglio e parteciperà in modo opportuno ai Consigli dell’Università o Facoltà.

Art. 56. §1. La Facoltà deve disporre, altresì, dei sussidi informatici e tecnici audiovisivi, ecc., che siano di aiuto alla didattica e alla ricerca.

§2. In rapporto alla particolare natura e finalità dell’Università o della Facoltà, vi siano pure Istituti di ricerca e laboratori scientifici, con anche altri sussidi necessari al raggiungimento del fine, che è suo proprio.

Titolo IX – L’Amministrazione Economica

Art. 57. L’Università o la Facoltà deve disporre dei mezzi economici necessari per il conveniente raggiungimento della sua specifica finalità. Dev’essere esattamente compilato il quadro dello stato patrimoniale e dei diritti di proprietà.

Art. 58. Gli Statuti determinino, secondo le norme della retta economia, la funzione dell’Economo, come anche le competenze del Rettore o del Preside e dei Consigli nella gestione economica dell’Università o della Facoltà, così che sia assicurata una sana amministrazione.

Art. 59. Al personale, docente e non, sia corrisposta una congrua retribuzione, tenuto conto delle consuetudini vigenti nella regione, anche in rapporto alla previdenza ed alle assicurazioni sociali.

Art. 60. Gli Statuti parimenti determinino le norme generali circa i modi di partecipazione degli studenti alle spese dell’Università o della Facoltà, mediante il pagamento di tasse accademiche.

Titolo X – La Pianificazione e la Collaborazione delle Facoltà

Art. 61. §1. Deve essere curata con diligenza la cosiddetta pianificazione, al fine di provvedere sia alla conservazione ed al progresso delle Università e delle Facoltà, sia alla loro conveniente distribuzione nelle varie parti della terra.

§2. Per attuare quest’opera la Congregazione per l’Educazione Cattolica sarà aiutata dai suggerimenti delle Conferenze Episcopali e da una Commissione di esperti.

Art. 62. §1. L’erezione o l’approvazione di una nuova Università o Facoltà viene decisa dalla Congregazione per l’Educazione Cattolica (cfr can. 816 §1 CIC; cann. 648-649 CCEO), quando si abbiano tutti i requisiti, sentito anche il parere del Vescovo diocesano o eparchiale, della Conferenza Episcopale, nonché degli esperti, specialmente delle Facoltà più vicine.

§2. Per erigere canonicamente una Università ecclesiastica sono necessarie 4 Facoltà ecclesiastiche, per un Ateneo ecclesiastico 3 Facoltà ecclesiastiche.

§3. L’Università ecclesiastica e la Facoltà ecclesiastica sui iuris godono ipso iure della personalità giuridica pubblica.

§4. Spetta alla Congregazione per l’Educazione Cattolica concedere con decreto la personalità giuridica a una Facoltà ecclesiastica appartenente a un’Università civile.

Art. 63. §1. L’affiliazione di un Istituto ad una Facoltà per il conseguimento del Baccalaureato, viene decretata dalla Congregazione per l’Educazione Cattolica, dopo l’adempimento delle condizioni stabilite dalla stessa.

§2. E’ vivamente raccomandato che gli Studi Teologici sia delle diocesi sia degli istituti religiosi, siano affiliati ad una Facoltà di Teologia.

Art 64. L’aggregazione e l’incorporazione di un Istituto ad una Facoltà, per il conseguimento anche di gradi accademici superiori, sono decretate dalla Congregazione per l’Educazione Cattolica, dopo l’adempimento delle condizioni stabilite dalla stessa.

Art. 65. L’erezione di un Istituto Superiore di Scienze Religiose richiede il suo collegamento con una Facoltà di Teologia secondo le norme peculiari emanate dalla Congregazione per l’Educazione Cattolica.

Art. 66. La collaborazione tra le Facoltà sia di una stessa Università, sia di una stessa regione, sia anche di un più ampio territorio, deve essere diligentemente curata (cfr can. 820 CIC). Essa, infatti, è di grande giovamento per promuovere la ricerca scientifica dei docenti e la migliore formazione degli studenti, come pure per sviluppare quella che vien detta solitamente «interdisciplinarità» e che appare sempre più necessaria; e, parimenti, per sviluppare la cosiddetta «complementarietà» tra le varie Facoltà; e, in generale, per realizzare la penetrazione della sapienza cristiana in tutta la cultura.

Art. 67. Quando un’Università o una Facoltà ecclesiastica non adempie più le condizioni richieste per la sua erezione o approvazione, spetta alla Congregazione per l’Educazione Cattolica, avvertito previamente il Gran Cancelliere, e il Rettore o il Preside secondo le circostanze, e dopo aver sentito il parere del Vescovo diocesano o eparchiale e della Conferenza Episcopale, prendere la decisione sulla sospensione dei diritti accademici, la revoca dell’approvazione come Università o Facoltà ecclesiastica o sulla soppressione dell’istituzione.

PARTE SECONDA

NORME SPECIALI

Art. 68. Oltre le norme comuni a tutte le Facoltà ecclesiastiche stabilite nella prima parte di questa Costituzione, sono qui proposte norme speciali per alcune Facoltà, attesa la loro particolare natura ed importanza nella Chiesa.

Titolo I – La Facoltà di Teologia

Art. 69. La Facoltà di Teologia ha lo scopo di approfondire e di trattare sistematicamente, secondo il metodo scientifico ad essa proprio, la dottrina cattolica, attinta con la massima diligenza dalla divina Rivelazione; e quello, ancora, di ricercare accuratamente le soluzioni dei problemi umani alla luce della stessa Rivelazione.

Art. 70. §1. Lo studio della Sacra Scrittura deve essere come l’anima della Teologia, la quale si basa, come su un perenne fondamento, sulla Parola scritta di Dio insieme con la viva Tradizione (cfr Dei Verbum, 24: AAS 58 [1966], 827).

§2. Le singole discipline teologiche devono essere insegnate in modo tale che, dalle interne ragioni dell’oggetto proprio di ciascuna ed in connessione con le altre discipline, come il diritto canonico e la filosofia, nonché con le scienze antropologiche, risulti ben chiara l’unità dell’intero insegnamento teologico, e tutte le discipline convergano verso la conoscenza intima del mistero di Cristo, perché sia così annunciato con maggiore efficacia al Popolo di Dio ed a tutte le genti (cfr Istruzione della Congregazione per la Dottrina della Fede sulla vocazione ecclesiale del teologo, Donum veritatis: 24 maggio 1990: AAS 82 [1990], 1552).

Art. 71. §1. La Verità rivelata deve essere considerata anche in connessione con le acquisizioni scientifiche del tempo che si evolve, perché si comprenda chiaramente «come la fede e la ragione si incontrino nell’unica verità» (Gravissimum educationis, 10: AAS 58 [1966], 737; cfr Enc. Veritatis splendor: AAS 85 [1993] 1133 ss.; Enc. Fides et ratio: AAS 91 [1999] 5 ss.), e la sua esposizione sia tale che, senza mutamento della verità, sia adattata alla natura e all’indole di ciascuna cultura, tenendo conto particolarmente della filosofia e della sapienza dei popoli, esclusa tuttavia qualsiasi forma di sincretismo e di falso particolarismo (cfr Ad Gentes, 22: AAS 58 [1966], 973 ss.).

§2. Devono essere ricercati, scelti ed assunti con cura i valori positivi che si trovano nelle varie filosofie e culture; tuttavia, non sono da accettare sistemi e metodi, che non si possono conciliare con la fede cristiana.

Art. 72. § 1. Le questioni ecumeniche devono essere accuratamente trattate, secondo le norme emanate dalla competente Autorità ecclesiastica (cfr Direttorio per l’Applicazione dei Principi e delle Norme sull’Ecumenismo: AAS 85 [1993], 1039 ss.).

§ 2. Le relazioni con le religioni non cristiane sono da considerare con attenzione.

§ 3. Saranno esaminati con scrupolosa diligenza i problemi che scaturiscono dall’ateismo e da altre correnti della cultura contemporanea.

Art. 73. Nello studio e nell’insegnamento della dottrina cattolica deve sempre aver rilievo la fedeltà al Magistero della Chiesa. Nell’adempiere l’ufficio didattico, specialmente nel ciclo istituzionale, siano anzitutto impartiti quegli insegnamenti che riguardano il patrimonio acquisito della Chiesa. Le opinioni probabili e personali, che derivano dalle nuove ricerche, siano modestamente proposte come tali.

Art. 74. Il curricolo degli studi della Facoltà di Teologia comprende:

a) il primo ciclo, istituzionale, che si protrae per un quinquennio o dieci semestri, oppure per un triennio o sei semestri, se prima di esso è richiesto il biennio di filosofia.

I primi due anni devono essere maggiormente dedicati a una solida formazione filosofica che è necessaria per affrontare adeguatamente lo studio della teologia. Il Baccalaureato ottenuto in una Facoltà ecclesiastica di Filosofia sostituisce i corsi di filosofia del primo ciclo nelle Facoltà teologiche. Il Baccalaureato in Filosofia ottenuto in una Facoltà non ecclesiastica non costituisce ragione per dispensare completamente uno studente dai corsi filosofici del primo ciclo nelle Facoltà teologiche.

Le discipline teologiche devono essere insegnate in modo da presentare un’organica esposizione di tutta la dottrina cattolica, insieme con l’introduzione al metodo della ricerca scientifica.

Il ciclo si conclude col grado accademico di Baccalaureato o un altro conveniente, da precisarsi negli Statuti della Facoltà.

b) il secondo ciclo, di specializzazione, che si protrae per un biennio o quattro semestri.

In esso sono insegnate discipline peculiari, secondo la diversa indole della specializzazione, e si tengono seminari ed esercitazioni per acquistare l’esercizio della ricerca scientifica.

Il ciclo si conclude col grado accademico di Licenza specializzata.

c) il terzo ciclo nel quale per un congruo periodo di tempo si perfeziona la formazione scientifica, specialmente attraverso l’elaborazione della dissertazione dottorale.

Il ciclo si conclude col grado accademico di Dottorato.

Art. 75. §1. Perché uno possa iscriversi alla Facoltà di Teologia, è necessario che abbia compiuto gli studi prerequisiti, a norma dell’art. 32 di questa Costituzione.

§2. Laddove il primo ciclo della Facoltà è triennale, lo studente deve presentare l’attestato del biennio filosofico, regolarmente compiuto presso una Facoltà filosofica ecclesiastica o un Istituto approvati.

Art. 76. §1. E’ peculiare compito della Facoltà di Teologia di curare la formazione scientifica teologica di coloro che sono avviati al presbiterato e di coloro che si preparano ad assolvere speciali incarichi ecclesiastici; per questo è necessario che ci sia un congruo numero di docenti presbiteri.

§2. A tal fine vi siano anche speciali discipline, adatte ai seminaristi; può, anzi, essere opportunamente istituito dalla stessa Facoltà, per completare la formazione pastorale, l’«Anno pastorale», il quale è richiesto, dopo il compimento del quinquennio istituzionale, per il presbiterato, e può concludersi col conferimento di uno speciale Diploma.

Titolo II – La Facoltà di Diritto Canonico

Art. 77. La Facoltà di Diritto Canonico, Latino o Orientale, ha lo scopo di coltivare e promuovere le discipline canonistiche alla luce della legge evangelica, e istruire a fondo nelle medesime gli studenti, perché siano formati alla ricerca e all’insegnamento e siano, altresì, preparati ad assolvere speciali incarichi ecclesiastici.

Art. 78. Il curricolo degli studi di una Facoltà di Diritto Canonico comprende:

a) il primo ciclo, da protrarsi per un biennio o quattro semestri, per coloro che non hanno una formazione filosofico-teologica, senza eccezione alcuna per coloro che già hanno un titolo accademico in diritto civile; in questo ciclo ci si dedica allo studio delle istituzioni di diritto canonico e a quelle discipline filosofiche e teologiche che si richiedono per una formazione canonistica superiore;

b) il secondo ciclo, che deve protrarsi per un triennio o sei semestri, dedicato allo studio più approfondito dell’Ordinamento canonico in tutte le sue espressioni, normative, giurisprudenziali, dottrinali e di prassi, e principalmente dei Codici della Chiesa latina o delle Chiese Orientali attraverso la trattazione completa delle sue fonti sia magisteriali che disciplinari, a cui si aggiunge lo studio di materie affini;

c) il terzo ciclo nel quale, per un congruo periodo di tempo, si perfeziona la formazione scientifica, specialmente attraverso l’elaborazione della dissertazione dottorale.

Art. 79. §1. Riguardo alle discipline prescritte nel primo ciclo, la Facoltà può avvalersi di corsi tenuti in altre Facoltà, che siano da essa stessa riconosciuti come rispondenti alle proprie esigenze.

§2. Il secondo ciclo si conclude con la Licenza, e il terzo con il Dottorato.

§3. L’ordinamento degli studi della Facoltà deve definire i particolari requisiti per il conseguimento dei singoli gradi accademici, tenuto conto delle prescrizioni della Congregazione per l’Educazione Cattolica.

Art. 80. Per l’iscrizione alla Facoltà di Diritto Canonico, è necessario aver compiuto gli studi prerequisiti, a norma dell’art. 32 di questa Costituzione.

Titolo III – La Facoltà di Filosofia

Art. 81. §1. La Facoltà ecclesiastica di Filosofia ha lo scopo di investigare metodicamente i problemi filosofici e, basandosi sul patrimonio filosofico perennemente valido (cfr Optatam totius, 15: AAS 58 [1966], 722), di ricercare la loro soluzione alla luce naturale della ragione, e di dimostrare, inoltre, la loro coerenza con una visione cristiana del mondo, dell’uomo e di Dio, mettendo in giusta evidenza le relazioni della filosofia con la teologia.

§2. Essa poi si propone di istruire gli studenti, in modo da renderli idonei all’insegnamento ed a svolgere altre congrue attività intellettuali, nonché a promuovere la cultura cristiana ed a stabilire un fruttuoso dialogo con gli uomini del loro tempo.

Art. 82. Il curricolo degli studi della Facoltà di Filosofia comprende:

a) il primo ciclo, istituzionale, durante il quale per un triennio o sei semestri, si fa un’organica esposizione delle varie parti della filosofia, che trattano del mondo, dell’uomo e di Dio, come pure della storia della filosofia, unitamente all’introduzione al metodo del lavoro scientifico;

b) il secondo ciclo, o di iniziata specializzazione, durante il quale, per un biennio o quattro semestri, mediante speciali discipline e seminari, si imposta una più profonda riflessione filosofica in qualche settore della filosofia;

c) il terzo ciclo nel quale,per un periodo di almeno tre anni, si perfeziona la formazione scientifica, specialmente attraverso l’elaborazione della dissertazione dottorale.

Art. 83. Il primo ciclo si conclude col Baccalaureato, il secondo con la Licenza specializzata, il terzo col Dottorato.

Art. 84. Per l’iscrizioneal primo ciclodella Facoltà di Filosofia è necessario aver compiuto gli studi prerequisiti, a norma dell’art. 32 di questa Costituzione Apostolica.

Qualora uno studente, che abbia compiuto con successo i corsi regolari di filosofia nel primo ciclo di una Facoltà teologica, volesse poi proseguire gli studi filosofici per ottenere il Baccalaureato in una Facoltà ecclesiastica di Filosofia, si dovrà tenere conto dei corsi frequentati durante il menzionato percorso.

Titolo IV – Altre Facoltà

Art. 85. Oltre alle Facoltà di Teologia, di Diritto Canonico e di Filosofia, altre Facoltà ecclesiastiche sono state canonicamente erette o possono essere erette, attese le necessità della Chiesa per ottenere particolari scopi, quali sono:

a) un’approfondita indagine in alcune materie di maggiore importanza tra le discipline teologiche, giuridiche, filosofiche e storiche;

b) la promozione di altre scienze, in primo luogo delle scienze umane, che siano più strettamente connesse con le discipline teologiche o con l’opera dell’evangelizzazione;

c) lo studio approfondito delle lettere, che in modo speciale aiutino sia a comprendere meglio la Rivelazione cristiana, sia a svolgere con maggiore efficacia l’opera dell’evangelizzazione;

d) infine, una più accurata preparazione sia dei chierici sia dei laici, per assolvere degnamente alcuni speciali incarichi d’apostolato.

Art. 86. Sarà compito della Congregazione per l’Educazione Cattolica emanare, secondo l’opportunità, speciali norme per queste Facoltà o Istituti, come è stato fatto ai Titoli precedenti per le Facoltà di Teologia, di Diritto Canonico e di Filosofia.

Art. 87. Anche le Facoltà e gli Istituti, per i quali non sono ancora state emanate norme speciali, devono redigere i propri Statuti, che siano conformi alle norme comuni stabilite nella prima Parte di questa Costituzione, e tengano conto della particolare natura e finalità loro proprie.

NORME FINALI

Art. 88. La presente Costituzione troverà applicazione il primo giorno dell’anno accademico 2018-2019 o dell’anno accademico 2019, secondo il Calendario accademico delle varie regioni.

Art. 89. § 1. Le singole Università o Facoltà devono presentare i propri Statuti e l’ordinamento degli studi, riveduti secondo questa Costituzione, alla Congregazione per l’Educazione Cattolica entro l’8 dicembre 2019.

§ 2. Eventuali modifiche agli Statuti o all’ordinamento degli studi necessitano dell’approvazione della Congregazione per l’Educazione Cattolica.

Art. 90. Nelle singole Facoltà gli studi devono essere ordinati in modo che gli studenti possano conseguire i gradi accademici secondo le norme di questa Costituzione, salvi i diritti da essi precedentemente acquisiti.

Art. 91. Gli Statuti e l’ordinamento degli studi delle nuove Facoltà dovranno essere approvati ad experimentum così che, entro tre anni dall’approvazione, possano essere perfezionati al fine di ottenere l’approvazione definitiva.

Art. 92. Le Facoltà, che hanno un legame giuridico con l’Autorità civile, se sarà necessario, potranno avvalersi di un più lungo periodo di tempo per rivedere gli Statuti, con la licenza della Congregazione per l’Educazione Cattolica.

Art. 93. § 1. Sarà compito della Congregazione per l’Educazione Cattolica, quando col passare del tempo le circostanze lo richiederanno, proporre i cambiamenti da introdurre in questa Costituzione, affinché la Costituzione medesima sia di continuo adattata alle nuove esigenze delle Facoltà ecclesiastiche.

§ 2. Solo la Congregazione per l’Educazione Cattolica può dispensare dall’osservanza di qualche articolo di questa Costituzione o delle Ordinationes oppure degli Statuti e dell’ordinamento degli studi approvati delle singole Università o delle Facoltà.

Art. 94. Sono abrogate le leggi o le consuetudini, al presente in vigore, contrarie a questa Costituzione, siano esse universali o particolari, anche se degne di specialissima e individuale menzione. Parimenti, sono del tutto abrogati i privilegi concessi sino ad oggi dalla Santa Sede a persone sia fisiche che morali, e che siano in contrasto con le prescrizioni di questa stessa Costituzione.

Quanto ho deliberato con la presente Costituzione apostolica stabilisco che sia osservato in tutte le sue parti, nonostante qualsiasi cosa contraria, anche se degna di particolare menzione, e che venga pubblicato nel Commentario ufficiale Acta Apostolicae Sedis.

Dato a Roma, presso San Pietro, l’8 dicembre 2017, Solennità dell’Immacolata Concezione della Beata Vergine Maria, quinto anno del Pontificato.

FRANCISCUS

 

 

APPENDICE I

Proemio della Costituzione apostolica Sapientia christiana (1979)

I

La sapienza cristiana, che la Chiesa insegna per mandato divino, è di continuo incitamento ai fedeli, perché si sforzino di raccogliere le vicende e le attività umane in un’unica sintesi vitale insieme con i valori religiosi, sotto la cui direzione tutte le cose sono tra loro coordinate per la gloria di Dio e per l’integrale sviluppo dell’uomo, sviluppo che comprende i beni del corpo e quelli dello spirito (cfr. Gaudium et Spes, 43ss.: AAS 58).

Difatti, la missione dell’evangelizzazione, che è propria della Chiesa, esige non soltanto che il Vangelo sia predicato in fasce geografiche sempre più vaste ed a moltitudini umane sempre più grandi, ma che siano anche permeati della virtù dello stesso Vangelo i modi di pensare, i criteri di giudizio, le norme d’azione; in una parola, è necessario che tutta la cultura dell’uomo sia penetrata dal Vangelo.

L’ambiente culturale infatti, nel quale l’uomo vive, esercita un notevole influsso sul suo modo di pensare, e conseguentemente sul suo modo di agire; perciò il distacco tra fede e cultura costituisce un grave impedimento all’evangelizzazione, mentre al contrario la cultura informata da spirito cristiano è un valido strumento per la diffusione del Vangelo.

Inoltre il Vangelo di Cristo, che è diretto a tutti i popoli di ogni età e regione, non è legato in modo esclusivo ad alcuna cultura particolare, ma è capace di permeare tutte le culture, così da illuminarle con la luce della Rivelazione divina, e purificare e rinnovare in Cristo i costumi degli uomini.

E’ questa la ragione per cui la Chiesa di Cristo cerca di portare la buona Novella a tutti i ceti dell’umanità, in modo da poter convertire la coscienza personale e quella collettiva degli uomini e penetrare con la luce del Vangelo le loro opere e le loro iniziative, tutta la loro vita, come pure l’intero contesto sociale, nel quale essi sono impegnati. In questo modo la Chiesa, promovendo anche l’umana civiltà, adempie la sua missione evangelizzatrice (cfr. Pauli VI Evangelii Nuntiandi, 18; Gaudium et Spes, 58).

II

In quest’azione della Chiesa nei riguardi della cultura, particolare importanza hanno avuto ed hanno tuttora le Università Cattoliche, che, per loro natura, tendono ad «attuare una presenza, per così dire, pubblica, stabile ed universale del pensiero cristiano, in tutto lo sforzo diretto a promuovere la cultura superiore» (Gravissimum Educationis, 10).

Nella Chiesa, infatti – come ben ricorda il Mio Predecessore Pio XI, di felice memoria, nel Proemio della Costituzione Apostolica Deus Scientiarum Dominus – sorsero, fin dalla sua prima età, i «didascaleia», con lo scopo di insegnare la sapienza cristiana, che avrebbe dovuto plasmare vita e costumi. A questi centri di cristiana sapienza attinsero la loro scienza i più illustri Padri e Dottori della Chiesa, i Maestri e gli Scrittori ecclesiastici.

Col passare dei secoli, grazie specialmente al solerte impegno dei Vescovi e dei monaci, furono fondate, vicino alle chiese cattedrali e ai conventi dei monaci, le scuole, le quali promovevano sia la dottrina ecclesiastica, sia la cultura profana, rendendole come un tutt’uno. Da tali scuole derivarono le Università, la gloriosa istituzione del Medioevo, la quale nella sua origine ebbe la Chiesa come madre liberalissima e protettrice.

Quando poi le Autorità civili, sollecite del bene comune, cominciarono a fondare ed a promuovere proprie Università, la Chiesa, conforme alla sua natura, non cessò di erigere e di favorire questi centri di sapienza e istituti di insegnamento, come dimostrano le non poche Università Cattoliche erette, anche in questi ultimi tempi, in quasi tutte le parti del mondo. Difatti la Chiesa, consapevole della sua Missione di salvezza a dimensione mondiale, fa di tutto per tenersi particolarmente vicini questi centri di istruzione superiore, e vuole che essi siano dappertutto fiorenti ed operino efficacemente per rendere presente e far progredire l’autentico messaggio di Cristo nel campo della cultura umana.

Perché le Università Cattoliche conseguissero meglio questo scopo, il Mio Predecessore Pio XII cercò di stimolare la loro mutua collaborazione, allorquando, con Breve Apostolico in data 27 luglio 1949, costituì formalmente la Federazione delle Università Cattoliche, «perché possa raccogliere gli Atenei che la Santa Sede ha essa stessa canonicamente eretto o erigerà in futuro nel mondo, oppure avrà esplicitamente riconosciuto come diretti secondo la norma dell’educazione cattolica e ad essa del tutto conformi» (AAS 42).

Perciò il Concilio Vaticano II non ha esitato ad affermare che «la Chiesa Cattolica segue con molta attenzione queste Scuole di grado superiore»; ed ha vivamente esortato perché le Università Cattoliche «siano sviluppate e convenientemente distribuite nelle diverse parti del mondo», e perché in esse «gli studenti siano formati come uomini veramente insigni del sapere, pronti a svolgere compiti impegnativi nella società ed a testimoniare la loro fede di fronte al mondo» (Gravissimum Educationis, 10). Sa bene, infatti, la Chiesa che «l’avvenire della società e della stessa Chiesa è intimamente connesso allo sviluppo intellettuale dei giovani che compiono gli studi superiori» (ibid.).

III

Non fa meraviglia, tuttavia, che tra le Università Cattoliche la Chiesa abbia promosso sempre con speciale impegno le Facoltà e le Università ecclesiastiche, cioè quelle che si occupano particolarmente della Rivelazione cristiana e di quelle discipline che ad essa sono connesse, e che perciò, più strettamente si ricollegano alla sua stessa missione evangelizzatrice.

A queste Facoltà essa ha affidato, innanzitutto, l’ufficio di preparare con particolare cura i propri aspiranti al ministero sacerdotale, all’insegnamento delle scienze sacre, ai compiti più difficili dell’apostolato. E’ ufficio, inoltre, di queste Facoltà «approfondire i diversi settori delle scienze sacre, in modo che si abbia una cognizione sempre più piena della sacra Rivelazione, sia meglio esplorato il patrimonio della sapienza cristiana, trasmesso dalle generazioni passate, sia favorito il dialogo con i fratelli separati e con i non cristiani, e si risponda alle questioni emergenti dal progresso culturale» (Gravissimum Educationis, 11).

Difatti, le nuove scienze e i nuovi ritrovati pongono nuovi problemi, che interpellano le discipline sacre e le sollecitano a rispondere. E’ necessario, quindi, che i cultori delle scienze sacre, mentre adempiono il loro dovere fondamentale di conseguire, mediante la ricerca teologica, una più profonda conoscenza della verità rivelata, si tengano in relazione con gli studiosi delle altre discipline, siano essi credenti o non credenti, e cerchino di ben intendere e valutare Le loro affermazioni, e di giudicarle alla luce della verità rivelata (cfr. Gaudium et Spes, 62).

Da questo assiduo contatto con la realtà stessa, anche i teologi sono incitati a ricercare il metodo più adatto per comunicare la dottrina agli uomini del proprio tempo, nella varietà delle culture; infatti, «una cosa è il deposito stesso della fede, ossia le verità che sono contenute nella nostra veneranda dottrina, altra cosa è il modo con cui esse vengono formulate, conservando tuttavia lo stesso senso e Io stesso significato» (cfr. Ioannis XXIII Allocutio ad inchoandum Conc. Oecum. Vat. II; Gaudium et Spes, 62).

Tutto ciò sarà di grande utilità perché nel popolo di Dio la pratica religiosa e la dirittura morale procedano di pari passo col progresso della scienza e della tecnica, e perché nella cura pastorale i fedeli siano condotti gradatamente a una vita di fede più pura e più matura.

Le possibilità di un collegamento con la missione evangelizzatrice esiste anche nelle Facoltà di quelle scienze che, pur non avendo una particolare connessione con la Rivelazione cristiana, possono tuttavia giovare molto all’opera dell’evangelizzazione, e proprio sotto questo aspetto dalla Chiesa sono considerate e vengono erette come Facoltà ecclesiastiche, ed hanno quindi un rapporto del tutto particolare con la Sacra Gerarchia.

La Sede Apostolica, pertanto, per adempiere la sua missione, avverte chiaramente il suo diritto e dovere di erigere e promuovere Facoltà ecclesiastiche che da essa dipendano – sia come entità a sé stanti, sia inserite nelle Università – destinate agli ecclesiastici ed ai laici, e desidera vivamente che tutto il popolo di Dio, sotto la guida dei Pastori, collabori perché questi centri di sapienza contribuiscano efficacemente all’incremento della fede e della vita cristiana.

IV

Le Facoltà ecclesiastiche – le quali sono ordinate al bene comune della Chiesa e costituiscono perciò qualcosa di prezioso per tutta la comunità ecclesiale – devono avere coscienza della propria importanza nella Chiesa e della partecipazione al suo ministero. Le Facoltà, poi, che più da vicino trattano della rivelazione cristiana, ricordino sempre il mandato che Cristo, Maestro supremo, ha dato alla Chiesa riguardo a questo ministero, con le parole: «Andate, dunque, istruite tutte le genti, battezzandole nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato» (Mt 28, 19-20). Da queste considerazioni deriva l’assoluta adesione che queste Facoltà devono avere a tutta la dottrina di Cristo, il cui custode e interprete autentico è sempre stato, nel corso dei secoli, il Magistero della Chiesa.

Le Conferenze Episcopali esistenti nelle singole nazioni o regioni abbiano sollecita cura di queste Facoltà, promuovano costantemente il loro progresso, insieme con la fedeltà alla dottrina della Chiesa, in modo che diano testimonianza a tutta la comunità dei fedeli di una piena dedizione al mandato di Cristo ora ricordato. Questa devono sempre renderla sia le Facoltà in quanto tali, sia tutti e singoli i membri che le costituiscono. Infatti le Università e Facoltà ecclesiastiche sono istituite nella Chiesa per l’edificazione e il profitto dei cristiani, e questo esse devono tenere presente come costante criterio di tutta la loro attività.

In Particolare i docenti, che hanno una maggiore responsabilità, in quanto esercitano Io speciale ministero della parola di Dio e sono per gli studenti maestri della fede, devono essere per loro e per tutti i cristiani testimoni viventi della verità evangelica e modelli di fedeltà alla Chiesa. Giova a questo proposito richiamare le gravi parole del Papa Paolo VI: «L’ufficio del Teologo deve essere esercitato per l’edificazione della comunità ecclesiale, affinché il popolo di Dio cresca nell’esperienza della fede» (Pauli VI Le transfert à Louvain-la-Neuve, ad Magnificum Rectorem Universitatis Catholicae Lovaniensis 13 sept. 1975; cfr. L’Osservatore Romano 22-23 sept. 1975; cfr. Ioannis Pauli PP. II Redemptor Hominis, 19).

V

Per raggiungere i propri scopi, occorre che le Facoltà ecclesiastiche siano organizzate in modo da rispondere adeguatamente alle nuove esigenze del tempo presente; perciò, il Concilio stesso stabilì che le loro leggi dovessero essere oggetto di revisione (Gravissimum Educationis, 11).

Infatti, la Costituzione Apostolica Deus Scientiarum Dominus promulgata dal Mio Predecessore Pio XI in data 24 maggio 1931, a suo tempo contribuì notevolmente al rinnovamento degli studi ecclesiastici superiori; tuttavia, a causa delle nuove condizioni di vita, essa richiede opportuni adattamenti ed innovazioni.

In realtà, nel corso di quasi cinquant’anni, sono intervenuti grandi mutamenti, non soltanto nella società civile, ma anche nella stessa Chiesa. Si sono verificati, infatti, importanti avvenimenti – come, in primo luogo, il Concilio Vaticano II – i quali hanno interessato sia la vita interna della Chiesa, sia i suoi rapporti con l’esterno, tanto con i cristiani di altre Chiese, quanto con i non cristiani e i non credenti, ed anche con quanti sono fautori di una civiltà più umana.

A ciò va aggiunto il fatto che alle scienze teologiche si rivolge sempre più l’attenzione non solo degli ecclesiastici, ma anche dei laici, i quali sempre più numerosi frequentano le scuole teologiche, che di conseguenza negli anni più recenti, si sono grandemente moltiplicate.

Infine, si sta affacciando una nuova mentalità che tocca la struttura stessa dell’Università e della Facoltà, sia civile che ecclesiastica, a causa del giusto desiderio di una vita universitaria aperta a maggiore partecipazione, desiderio da cui sono animati quanti in qualsiasi modo ne fanno parte.

Né va trascurata la grande evoluzione che si è avuta nei metodi pedagogici e didattici, i quali esigono nuovi criteri nell’ordinamento degli studi; come pure la più stretta connessione che sempre più si avverte tra le varie scienze e discipline, nonché il desiderio di una maggiore collaborazione nell’intero mondo universitario.

Al fine di soddisfare a queste nuove esigenze, la Sacra Congregazione per l’Educazione Cattolica, in ottemperanza al mandato ricevuto dal Concilio, affrontò fin dall’anno 1967 la questione del rinnovamenti secondo la linea conciliare; ed in data 20 maggio 1968 furono da essa promulgate «Alcune Norme per la revisione della Costituzione Apostolica Deus Scientiarum Dominus circa gli studi accademici ecclesiastici», norme che durante questi anni hanno esercitato una benefica influenza.

VI

Ora occorre, però, completare e terminare l’opera con una nuova legge la quale – abrogando la Costituzione Apostolica Deus Scientiarum Dominus insieme con le annesse Norme applicative e con le Norme pubblicate il 20 maggio 1968 dalla stessa Sacra Congregazione – riprenda gli elementi che in quei documenti risultano ancora validi e stabilisca le nuove norme, secondo cui si possa sviluppare e completare il rinnovamento, già felicemente avviato.

A nessuno, certo, sfuggono le difficoltà che sembrano ostacolare la promulgazione di una nuova Costituzione Apostolica. C’è, anzitutto, il veloce «correre del tempo», che comporta mutamenti così rapidi da far apparire non attuabile la statuizione di qualcosa di definitivo e duraturo c’è, inoltre, la «diversità dei luoghi», che sembra esigere un tale pluralismo da far apparire quasi impossibile l’emanazione di norme comuni valevoli per il mondo intero.

Tuttavia, poiché in tutto il mondo esistono Facoltà ecclesiastiche erette o approvate dalla Santa Sede, le quali conferiscono titoli accademici a nome della stessa Sede Apostolica, è necessario che sia rispettata una certa unità sostanziale, e che siano determinati chiaramente ed abbiano dappertutto valore i requisiti per il conseguimento dei gradi accademici.

Si deve procurare, invero, che siano stabilite per legge quelle cose che sono necessarie e che si prevede saranno abbastanza stabili e al tempo stesso, che sia lasciata una giusta libertà per poter introdurre negli Statuti propri delle singole Facoltà ulteriori specificazioni, tenuto conto delle diverse circostanze locali e degli usi universitari vigenti in ciascuna regione. In questo modo, non è né impedito né coartato il legittimo progresso degli studi accademici, ma piuttosto esso è indirizzato sulla retta via, perché possa ottenere frutti più copiosi; insieme, però, nella legittima differenziazione delle Facoltà, apparirà a tutti chiara l’unità della Chiesa Cattolica anche in questi centri di istruzione superiore.

Pertanto, la Sacra Congregazione per l’Educazione Cattolica, dietro mandato del Mio Predecessore Paolo VI, ha consultato innanzitutto le stesse Università e Facoltà Ecclesiastiche, nonché i Dicasteri della Curia Romana ed altri enti a ciò interessati; successivamente, ha costituito una commissione di esperti, i quali, sotto la direzione della medesima Congregazione, hanno attentamente riveduto la legislazione relativa agli studi accademici ecclesiastici.

Dopo che tutto questo era stato felicemente portato a termine, Paolo VI già stava per promulgare la nuova Costituzione Apostolica, come ardentemente desiderava, quando ne sopravvenne la morte; e parimenti un inatteso decesso impedì a Giovanni Paolo I di compierne la promulgazione. Perciò Io, dopo averle nuovamente e diligentemente considerate, con la Mia autorità apostolica decreto e stabilisco le seguenti leggi e norme.

 

NORME APPLICATIVE

DELLA CONGREGAZIONE PER L’EDUCAZIONE CATTOLICA

PER LA FEDELE ESECUZIONE DELLA COSTITUZIONE APOSTOLICA

VERITATIS GAUDIUM

La Congregazione per l’Educazione Cattolica, a norma dell’art. 10 della Costituzione apostolica Veritatis gaudium, presenta alle Università e alle Facoltà ecclesiastiche le Norme Applicative che seguono, prescrivendo che siano fedelmente osservate.

PARTE PRIMA

NORME COMUNI

Titolo I – Natura e finalità delle Università e Facoltà Ecclesiastiche
(Cost. ap., artt. 1-10)

Art. 1. §1. Le norme sulle Università e Facoltà ecclesiastiche si applicano, tenendo conto della loro peculiarità, congrua congruis referendo, anche alle altre istituzioni di educazione superiore, che siano state canonicamente erette od approvate dalla Santa Sede, col diritto di conferire i gradi accademici per autorità della medesima.

§2. Le Università e Facoltà ecclesiastiche, nonché le altre istituzioni di educazione superiore, sono di regola sottoposte alla valutazione dell’Agenzia della Santa Sede per la Valutazione e la Promozione della Qualità delle Università e Facoltà ecclesiastiche (AVEPRO).

Art. 2. Allo scopo di favorire l’indagine scientifica sono grandemente raccomandati i centri speciali di ricerca, le riviste e le collezioni, come anche i congressi ed ogni altra forma idonea alla collaborazione scientifica.

Art. 3. I compiti, ai quali gli studenti si preparano, possono essere propriamente scientifici, come la ricerca e l’insegnamento, oppure piuttosto pastorali. Di questa diversità va tenuto conto nell’ordinamento degli studi e nella determinazione dei gradi accademici, salva sempre la scientificità della loro indole.

Art. 4. La partecipazione attiva al ministero dell’evangelizzazione riguarda l’azione della Chiesa nella pastorale, nell’ecumenismo e nelle Missioni, ed è diretta in primo luogo all’approfondimento, alla difesa ed alla diffusione della fede; si estende poi all’intero contesto della cultura e della società umana.

Art. 5. Le Conferenze Episcopali, anche in questo unite alla Santa Sede, vivamente interessandosi delle Università e Facoltà:

1° insieme con i Gran Cancellieri favoriscano il loro progresso e, salva l’autonomia della scienza, conforme al Concilio Vaticano II, siano particolarmente sollecite della loro condizione scientifica ed ecclesiale;

2° riguardo ai problemi comuni occorrenti nell’ambito della propria regione, aiutino, ispirino e coordinino la loro attività;

3° salvaguardandone sempre l’alto livello scientifico, ne procurino l’esistenza in numero corrispondente alle necessità della Chiesa ed al progresso culturale della propria regione;

4° per fare questo, costituiscano nel proprio seno una speciale Commissione, aiutata da periti.

Art. 6. Un’istituzione alla quale la Congregazione per l’Educazione Cattolica ha conferito il diritto di rilasciare solo il grado accademico del secondo e/o del terzo ciclo, viene denominata “Istituto ad instar Facultatis”.

Art. 7 §1. Nella preparazione degli Statuti e dell’organizzazione degli studi si tengano presenti le Norme contenute nell’Appendice I di queste Norme applicative.

§2. Secondo le modalità stabilite negli Statuti, le Università e le Facoltà possono per propria autorità istituire Regolamenti che, in osservanza degli Statuti, definiscono più in dettaglio ciò che si riferisce alla loro costituzione, alla loro conduzione e ai modi di agire.

Art. 8. §1. Il valore canonico di un grado accademico significa che quel grado abilita ad assumere gli uffici ecclesiastici, per i quali esso è richiesto; ciò vale in particolar modo per l’insegnamento delle scienze sacre nelle Facoltà, nei Seminari Maggiori e nelle istituzioni equipollenti.

§2. Le condizioni da soddisfare per il riconoscimento dei singoli gradi, di cui all’art. 9 della Costituzione, oltre il consenso della competente Autorità ecclesiastica locale o regionale, riguarderanno in primo luogo il collegio dei docenti, il piano degli studi ed i sussidi scientifici.

§3. I gradi riconosciuti soltanto per alcuni effetti canonici non devono mai essere completamente equiparati ai gradi accademici canonici.

Titolo II – La Comunità Accademica ed il suo Governo
(Cost. ap., artt. 11-21)

Art. 9. Al Gran Cancelliere spetta di:

1° far progredire costantemente l’Università o la Facoltà; promuoverne l’impegno scientifico e l’identità ecclesiastica; procurare che la dottrina cattolica vi sia integralmente custodita e che siano osservati fedelmente gli Statuti e le norme dettate dalla Santa Sede;

2° favorire l’unione fra tutti i membri della comunità accademica;

3° proporre alla Congregazione per l’Educazione Cattolica i nomi sia di chi a norma dell’art. 18 della Costituzione deve esser nominato o confermato Rettore, Preside o Decano, sia dei docenti per i quali deve esser chiesto il nulla osta;

4° ricevere la professione di fede del Rettore o del Preside o del Decano (cfr can. 833, 7° CIC);

5° conferire o revocare l’autorizzazione ad insegnare o la missione canonica ai docenti, secondo le norme della Costituzione;

6° richiedere alla Congregazione il nulla osta per il conferimento dei dottorati honoris causa;

7° informare la Congregazione per l’Educazione Cattolica circa gli affari più importanti ed inviare ad essa, ogni cinque anni, una relazione particolareggiata sulla situazione accademica, morale ed economica dell’Università o della Facoltà e il piano strategico, unitamente al suo parere, secondo lo schema fissato dalla medesima Congregazione.

Art. 10. Qualora l’Università o la Facoltà dipenda da un’autorità collegiale (ad es. dalla Conferenza Episcopale), sia designato uno dei suoi componenti ad esercitare l’ufficio di Gran Cancelliere.

Art. 11. L’Ordinario del luogo, che non sia Gran Cancelliere, avendo egli la responsabilità della vita pastorale nella sua diocesi, qualora venga a conoscenza che nell’Università o Facoltà si verificano fatti contrari alla dottrina, alla morale o alla disciplina ecclesiastica, deve avvertire il Gran Cancelliere, perché provveda; se il Gran Cancelliere non provvede, egli è libero di ricorrere alla Santa Sede, salvo l’obbligo di provvedere direttamente egli stesso nei casi più gravi od urgenti, che costituiscano un pericolo per la propria diocesi.

Art. 12. La nomina o la conferma di cui all’art. 18 della Costituzione è necessaria anche per un nuovo mandato dei titolari citati.

Art. 13. Quanto è stabilito all’art. 19 della Costituzione, dev’essere precisato negli Statuti dell’Università oppure in quelli delle singole Facoltà, attribuendo, secondo i casi, maggior peso al governo collegiale o a quello personale, purché siano conservate ambedue le modalità, tenuto conto della prassi delle Università della regione in cui si trova la Facoltà, o dell’Istituto religioso al quale la Facoltà stessa appartenga.

Art. 14. Oltre al Consiglio di Università (Senato Accademico) ed al Consiglio di Facoltà – che esistono dappertutto, anche se con nomi diversi – gli Statuti possono opportunamente costituire anche altri speciali Consigli o Commissioni per la direzione e promozione dei settori scientifico, pedagogico, disciplinare, economico, ecc.

Art. 15. §1. Secondo la Costituzione, Rettore è colui che sta a capo dell’Università; Preside, colui che sta a capo di un Istituto o di una Facoltà sui iuris; Decano, colui che sta a capo di una Facoltà facente parte di un’Università; Direttore colui che sta a capo di un Istituto accademico aggregato o incorporato.

§2. Negli Statuti va fissata la durata delle cariche ed in qual modo e per quante volte consecutive sia possibile la conferma nelle stesse.

Art. 16. All’ufficio di Rettore o di Preside compete di:

1° dirigere, promuovere e coordinare tutta l’attività della comunità accademica;

2° rappresentare l’Università, l’Istituto o la Facoltà sui iuris;

3° convocare i Consigli di Università, di Istituto o di Facoltà sui iuris, e presiederli a norma degli Statuti;

4° sorvegliare l’amministrazione economica;

5° riferire al Gran Cancelliere sugli affari più importanti;

6° vigilare affinché siano aggiornati in forma elettronica ogni anno i dati dell’istituzione presenti nella Banca Dati della Congregazione per l’Educazione Cattolica.

Art. 17. Al Decano di Facoltà spetta di:

1° promuovere e coordinare tutta l’attività della Facoltà, specialmente riguardo agli studi, e provvedere tempestivamente alle sue necessità;

2° convocare il Consiglio di Facoltà e presiederlo;

3° ammettere o dimettere, a nome del Rettore, gli studenti, a norma degli Statuti;

4° riferire al Rettore ciò che vien fatto o proposto dalla Facoltà;

5° dare esecuzione a quanto è stabilito dalle Autorità superiori;

6° aggiornare in forma elettronica almeno una volta all’anno i dati dell’istituzione presenti nella Banca Dati della Congregazione per l’Educazione Cattolica.

Titolo III – I Docenti
(Cost. ap., artt. 22-30)

Art. 18. §1. I docenti stabilmente appartenenti alla Facoltà sono in primo luogo coloro che a pieno e definitivo titolo sono stati in essa assunti e sogliono essere designati col nome di Ordinari; a questi seguono gli Straordinari; possono aversene utilmente anche altri, secondo la prassi universitaria.

§2. Le Facoltà devono avere un numero minimo di docenti stabili: 12 per la Facoltà di Teologia (ed eventualmente, almeno 3 muniti dei titoli filosofici richiesti: cfr Ord., art. 57), 7 per la Facoltà di Filosofia e 5 per la Facoltà di Diritto Canonico, nonché 5 o 4 negli Istituti Superiori di Scienze Religiose, a seconda che l’Istituto abbia il 1º e il 2º ciclo o soltanto il 1º ciclo. Le restanti Facoltà devono avere almeno 5 docenti stabili.

§3. Oltre ai docenti stabili, se ne danno solitamente altri, variamente designati, in primo luogo gli invitati da altre Facoltà.

§4. E’ infine opportuna, per lo svolgimento di peculiari incarichi accademici, la presenza di Assistenti, i quali devono possedere un titolo conveniente.

Art. 19. §1. Per congruo Dottorato s’intende quello che concerne la disciplina da insegnare.

§2. Nelle Facoltà di Teologia e Diritto Canonico, se si tratta di una disciplina sacra o con essa collegata, ordinariamente si richiede il Dottorato canonico; se il Dottorato non è canonico, è richiesta almeno la Licenza canonica.

§3. Nelle restanti Facoltà, se il docente non è in possesso né di un Dottorato canonico né di una Licenza canonica, potrà essere annoverato come docente stabile solo a condizione che la sua formazione sia coerente con l’identità di una Facoltà ecclesiastica. Nel valutare i candidati all’insegnamento occorrerà tener presente, oltre alla necessaria competenza nella materia loro assegnata, anche della consonanza e dell’adesione nelle loro pubblicazioni e nella loro attività didattica alla verità trasmessa dalla fede.

Art. 20. §1. Ai docenti di altre Chiese e comunità ecclesiali, cooptati secondo le norme della competente Autorità ecclesiastica (cfr Direttorio per l’Applicazione dei Principi e delle Norme sull’Ecumenismo, n. 191 ss.: AAS 85 [1993], 1107 ss.), l’autorizzazione ad insegnare viene data dal Gran Cancelliere.

§2. I docenti di altre Chiese e comunità ecclesiali non possono insegnare i corsi di dottrina nel primo ciclo ma possono insegnare altre discipline [cfr Direttorio per l’Applicazione dei Principi e delle Norme sull’Ecumenismo, n. 192: AAS 85 [1993], 1107-1108]. Nel secondo ciclo, essi possono essere chiamati come docenti invitati (cfr ibid., n. 195: AAS 85 [1993], 1109).

Art. 21. §1. Gli Statuti devono stabilire quando viene conferito l’ufficio stabile, e ciò in rapporto alla dichiarazione di nulla osta da ottenere a norma dell’art. 27 della Costituzione.

§2. Il nulla osta della Santa Sede è la dichiarazione che, a norma della Costituzione e degli Statuti particolari, non risulta alcun impedimento alla nomina proposta, il che di per sé non comporta un diritto ad insegnare. Se poi esiste un qualche impedimento, esso deve essere comunicato al Gran Cancelliere, il quale ascolterà su ciò il docente.

§3. Se particolari circostanze di tempo o di luogo impediscono di chiedere il nulla osta alla Santa Sede, il Gran Cancelliere si metta in contatto con la Congregazione per l’Educazione Cattolica al fine di trovare una soluzione opportuna.

§4. Le Facoltà, che si trovano sotto un particolare regime concordatario, seguano le norme in esso stabilite e, se esistenti, quelle particolari emanate dalla Congregazione per l’Educazione Cattolica.

Art. 22. Lo spazio di tempo necessario per una promozione, che deve essere almeno di un triennio, sia fissato negli Statuti.

Art. 23. §1. I docenti, in primo luogo quelli stabili, si impegnino a collaborare fra di loro. Si raccomanda la collaborazione anche con i docenti di altre Facoltà, specialmente se si tratta di materie affini o mutuamente collegate.

§2. Non si può essere contemporaneamente docente stabile in più Facoltà.

Art. 24. §1. Sia definito con cura negli Statuti il modo di procedere nei casi di sospensione o di rimozione del docente, specialmente per cause riguardanti la dottrina.

§2. Si deve cercare, anzitutto, di regolare privatamente la questione tra il Rettore, o il Preside o il Decano, ed il docente stesso. Se non si giunge ad un accordo, la questione venga opportunamente trattata da un Consiglio o Commissione competente, in modo che il primo esame del caso sia fatto all’interno dell’Università o della Facoltà. Se ciò non è sufficiente, la questione sia deferita al Gran Cancelliere, il quale, insieme con persone esperte dell’Università, o della Facoltà, o a queste esterne, esamini la vertenza per provvedervi nel modo opportuno. È sempre da assicurare al docente il diritto di conoscere la causa e le prove, nonché di esporre e difendere le proprie ragioni. Resta comunque il diritto di ricorso alla Santa Sede per una definitiva soluzione del caso (cfr cann. 1732-1739 CIC; cann. 996-1006 CCEO; can. 1445, § 2 CIC; Giovanni Paolo II, Cost. ap. Pastor bonus, art. 123: AAS 80 [1988], 891-892).

§3. Tuttavia, nei casi più gravi o urgenti, al fine di provvedere al bene degli studenti e dei fedeli, il Gran Cancelliere sospenda ad tempus il docente, finché non sia concluso il procedimento ordinario.

Art. 25. I chierici diocesani ed i religiosi e loro equiparati, per diventare docenti in una Facoltà e per rimanervi, devono avere il consenso del proprio Ordinario, Gerarca o Superiore, e si devono osservare le norme stabilite a questo riguardo dalla competente Autorità ecclesiastica.

Titolo IV – Gli Studenti
(Cost. ap., artt. 31-35)

Art. 26. §1. Il regolare attestato disposto dall’art. 31 della Costituzione:

1° circa la condotta morale, per i chierici, i seminaristi e i consacrati, è rilasciato dall’Ordinario o dal Gerarca, dal Superiore o da un loro delegato, per gli altri da una persona ecclesiastica;

2° circa gli studi prerequisiti, è il titolo di studio, richiesto a norma dell’art. 32 della Costituzione.

§2. Poiché differiscono tra di loro gli studi richiesti nelle diverse nazioni per l’ingresso all’Università, la Facoltà ha il diritto ed il dovere di esaminare se, dall’attestato, appaiono regolarmente soddisfatte tutte le discipline ritenute necessarie dalla Facoltà stessa.

§3. Nelle Facoltà di scienze sacre è richiesta una congrua conoscenza della lingua latina, affinché gli studenti possano comprendere ed usare le fonti di tali scienze ed i documenti della Chiesa (cfr Optatam totius, 13: AAS 58 [1966], 721; Pauli VI Romani Sermonis: AAS 68 [1976], 481 ss.).

§4. Se una disciplina non è stata insegnata, oppure lo è stata in modo insufficiente, la Facoltà esiga che si supplisca in tempo opportuno allo studio mancante e se ne sostenga l’esame.

Art. 27. Oltre agli studenti ordinari, quelli cioè che tendono al conseguimento dei gradi accademici, possono essere ammessi a frequentare i corsi, secondo le norme stabilite negli Statuti, anche studenti straordinari.

Art. 28. Il passaggio dello studente da una ad altra Facoltà può avvenire soltanto all’inizio dell’anno accademico o del semestre, e dopo che sia stata accuratamente esaminata la sua posizione accademica e disciplinare; di modo che nessuno possa essere ammesso a conseguire un grado accademico, se non abbia prima soddisfatto a tutto ciò che è necessario al conseguimento di quel grado, secondo gli Statuti e l’ordinamento degli studi.

Art. 29. Nel determinare le norme per la sospensione o l’esclusione di uno studente dalla Facoltà, sia tutelato il suo diritto di difesa.

Titolo V – Gli Officiali e il Personale Amministrativo e di Servizio
(Cost. ap., art. 36)

 

Titolo VI – L’Ordinamento degli Studi
(Cost. ap., artt. 37-44)

Art. 30. L’ordinamento degli studi necessita l’approvazione dalla Congregazione per l’Educazione Cattolica (cfr can. 816 §2 CIC; can. 650 CCEO).

Art. 31. L’ordinamento degli studi delle singole Facoltà deve stabilire quali discipline (principali ed ausiliarie) siano obbligatorie e quindi da frequentarsi da tutti, e quali invece siano libere o opzionali.

Art. 32. Parimenti l’ordinamento degli studi stabilisce le esercitazioni e i seminari, ai quali gli studenti non soltanto devono essere presenti, ma anche partecipare attivamente, cooperando con i compagni e preparando propri elaborati.

Art. 33. §1. Le lezioni e le esercitazioni siano distribuite opportunamente, di modo che siano sicuramente promossi lo studio privato ed il lavoro personale sotto la guida dei docenti.

§2. Una parte dei corsi può essere svolta nella forma di insegnamento a distanza, se l’ordinamento degli studi, approvato dalla Congregazione per l’Educazione Cattolica, lo prevede e ne determina le condizioni, in modo particolare circa gli esami.

Art. 34. §1. Gli Statuti o i Regolamenti dell’Università o della Facoltà provvedano anche a stabilire in qual modo gli esaminatori debbano esprimere il giudizio sui candidati.

§2. Nel giudizio finale sui candidati ai singoli gradi accademici, si tenga conto di tutti i risultati conseguiti nelle varie prove, sia scritte che orali, del medesimo ciclo.

§3. Negli esami per la concessione dei gradi, specialmente del Dottorato, si possono utilmente invitare anche docenti esterni.

Titolo VII – I Gradi Accademici ed altri titoli
(Cost. ap., artt. 45-52)

Art. 35. Nelle Università o Facoltà ecclesiastiche, canonicamente erette o approvate, i gradi accademici vengono conferiti per autorità della Santa Sede.

Art. 36. §1. Gli Statuti stabiliscano quali siano i requisiti necessari alla preparazione della dissertazione dottorale, e le norme per la sua pubblica difesa ed edizione.

§2. Pubblicare la dissertazione in forma elettronica è ammissibile, se l’ordinamento degli studi lo prevede e ne determina le condizioni in modo che la sua permanente accessibilità sia garantita.

Art. 37. Un esemplare in forma cartacea delle dissertazioni pubblicate dev’essere inviato alla Congregazione per l’Educazione Cattolica. Si raccomanda di inviarne una copia anche alle Facoltà ecclesiastiche, quelle almeno della propria regione, che si occupano delle medesime scienze.

Art. 38. I documenti autentici di conferimento dei gradi accademici siano sottoscritti dalle Autorità accademiche, secondo gli Statuti, ed inoltre dal Segretario dell’Università o della Facoltà e vi sia apposto il relativo sigillo.

Art. 39. Nei Paesi per i quali le convenzioni internazionali stipulate dalla Santa Sede lo richiedono e nelle istituzioni delle quali le autorità accademiche lo ritengono opportuno, ai documenti autentici dei gradi accademici si aggiunga un documento con ulteriori informazioni riguardo al percorso di studi (per esempio il Diploma Supplement).

Art. 40. Non si conferisca il Dottorato honoris causa senza il consenso del Gran Cancelliere, il quale deve prima ottenere il nulla osta della Santa Sede e sentire il parere del Consiglio di Università o Facoltà.

Art. 41. Affinché una Facoltà, oltre ai gradi accademici conferiti per autorità della Santa Sede, possa conferire altri titoli, è necessario:

1° che la Congregazione per l’Educazione Cattolica abbia dato il nulla osta per il conferimento del rispettivo titolo;

2° che il rispettivo ordinamento degli studi stabilisca la natura del titolo, indicando espressamente che non si tratta di un grado accademico conferito per autorità della Santa Sede;

3° che lo stesso Diploma dichiari che il titolo non è conferito per autorità della Santa Sede.

Titolo VIII – I Sussidi Didattici
(Cost. ap., artt. 53-56)

Art. 42. L’Università o Facoltà deve possedere aule veramente funzionali e decorose, adeguate all’insegnamento delle varie discipline ed al numero degli studenti.

Art. 43. Sia a disposizione una biblioteca di consultazione nella quale si trovino le opere principali necessarie per il lavoro scientifico sia dei docenti che degli studenti.

Art. 44. Siano stabilite delle norme per la biblioteca, in modo che l’accesso e l’uso siano particolarmente facilitati ai docenti e agli studenti.

Art. 45. Siano favoriti la collaborazione ed il coordinamento tra le biblioteche della stessa città o regione.

Titolo IX – L’Amministrazione Economica
(Cost. ap., artt. 57-60)

Art. 46. §1. Per il buon andamento dell’amministrazione, le Autorità accademiche non trascurino di informarsi, in tempi stabiliti, della situazione economica, e la sottopongano ad un periodico accurato controllo.

§2. Annualmente il Rettore o Preside trasmetta una relazione sullo stato economico dell’Università o Facoltà al Gran Cancelliere.

Art. 47. §1. Si provveda nei modi opportuni a che il pagamento delle tasse non impedisca l’accesso ai gradi accademici a quegli studenti, che per le doti intellettuali di cui sono forniti, diano speranza di riuscire un giorno molto utili alla Chiesa.

§2. Perciò si abbia cura di istituire, per gli studenti, particolari sussidi economici, di provenienza ecclesiale, civile o privata, finalizzati al loro aiuto.

Titolo X – La Pianificazione e la Collaborazione delle Facoltà
(Cost. ap., artt. 61-67)

Art. 48. §1. Dovendosi erigere una nuova Università o Facoltà, è necessario che:

a) se ne dimostri la necessità o la vera utilità, a cui non sia possibile soddisfare mediante affiliazione o aggregazione o incorporazione;

b) esistano i requisiti necessari, dei quali i principali sono:

1° il numero dei docenti stabili e la loro qualifica, conformemente alla natura ed alle esigenze della Facoltà;

2° un congruo numero di studenti;

3° la biblioteca e gli altri sussidi scientifici, e le aule scolastiche;

4° risorse economiche realmente sufficienti all’Università o alla Facoltà;

c) siano esibiti gli Statuti, insieme con l’ordinamento degli studi, che siano conformi alla presente Costituzione e relative Norme applicative.

§2. La Congregazione per l’Educazione Cattolica – udito il parere sia della Conferenza Episcopale sia del Vescovo diocesano o eparchiale, principalmente sotto l’aspetto pastorale, sia degli esperti, in particolare di quelli delle Facoltà più vicine, piuttosto sotto l’aspetto scientifico – decide circa l’opportunità di procedere alla nuova erezione.

Art. 49. Quando invece si tratta dell’approvazione di una Università o Facoltà, è necessario che:

a) sia la Conferenza Episcopale sia il Vescovo diocesano o eparchiale abbiano dato il loro consenso;

b) siano adempite le condizioni stabilite nel precedente art. 48, §1, b) e c).

Art. 50. Le condizioni per l’affiliazione riguardano soprattutto il numero e la qualità dei docenti, l’ordinamento degli studi, la biblioteca, e il dovere della Facoltà affiliante di assistere l’Istituto affiliato; perciò, occorre di solito che la Facoltà affiliante e l’Istituto affiliato si trovino nella stessa nazione o regione culturale.

Art. 51. §1. L’aggregazione è il collegamento con una Facoltà di un Istituto, che abbracci i soli primo e secondo ciclo, allo scopo di conseguire mediante la Facoltà i corrispondenti gradi accademici.

§2. L’incorporazione è l’inserimento nella Facoltà di un Istituto, che abbracci il secondo o il terzo o entrambi i cicli, allo scopo di conseguire mediante la Facoltà i corrispondenti gradi accademici.

§3. L’aggregazione e l’incorporazione non si possono concedere, se l’Istituto non sia adeguatamente attrezzato per il conseguimento di quei determinati gradi accademici, in modo che risulti ben fondata la speranza che, grazie alla connessione con la Facoltà, si consegua realmente il fine desiderato.

Art. 52. §1. E’ da favorire la collaborazione tra le stesse Facoltà ecclesiastiche sia mediante lo scambio dei docenti sia mediante la mutua comunicazione della propria attività scientifica sia mediante la promozione di comuni ricerche per il bene del popolo di Dio.

§2. E’ da promuovere parimenti la collaborazione con altre Facoltà, anche non cattoliche, purché sia conservata con cura la propria identità.

PARTE SECONDA

NORME SPECIALI

Titolo I – La Facoltà di Teologia
(Cost. ap., artt. 69-76)

Art. 53. Le discipline teologiche siano insegnate in modo che appaia chiaramente il loro nesso organico, e si mettano in luce i vari aspetti o dimensioni, che appartengono intrinsecamente all’indole propria della dottrina sacra, quali sono soprattutto quelle biblica, patristica, storica, liturgica e pastorale. Gli studenti, poi, devono esser condotti ad una profonda assimilazione della materia e insieme alla formazione di una sintesi personale ed all’acquisizione del metodo della ricerca scientifica, e diventino così idonei ad esporre adeguatamente la sacra dottrina.

Art. 54. Nell’insegnamento si osservino le norme contenute nei documenti del Concilio Vaticano II (cfr praesertim Dei Verbum: AAS 58 [1966], 817 ss.; Optatam totius: AAS 58 [1966], 713 ss.), come pure nei più recenti documenti della Sede Apostolica (cfr praesertim Pauli VI Lumen Ecclesiae, de S. Thoma Aquinate, 20 nov. 1974: AAS 66 [1974], 673 ss.; Sacrae Congr. pro Institutione Catholica Litteras: De institutione theologica [22 febbr. 1976]; De institutione canonistica [1 mar. 1975]; De institutione philosophica [20 genn. 1972]; De institutione liturgica [3 giu.1979]; De institutione in mediis communicationis [19 mar. 1986]; De institutione in doctrina sociali Ecclesiae [30 dic. 1988]; De patrum Ecclesiae studio [10 nov. 1989]; De institutione circa matrimonium et familiam [19 mar.1995]), in quanto essi riguardano anche gli studi accademici.

Art. 55. Le discipline obbligatorie sono:

1° Nel primo ciclo:

a) -Le discipline filosofiche richieste per la teologia, quali sono soprattutto la filosofia sistematica e lastoria della filosofia (antica, medievale, moderna, contemporanea). L’insegnamento sistematico, oltre a una introduzione generale, dovrà comprendere le parti principali della filosofia: 1) metafisica (intesa come filosofia dell’essere e teologia naturale), 2) filosofia della natura, 3) filosofia dell’uomo, 4) filosofia morale e politica, 5) logica e filosofia della conoscenza.

– Escluse le scienze umane, le discipline strettamente filosofiche (cfrOrd., art. 66, 1° a) devono costituire almeno il 60% del numero dei crediti dei primi due anni. Ciascun anno dovrà prevedere un numero di crediti adeguato a un anno di studi universitari a tempo pieno.

– È altamente auspicabile che i corsi di filosofia siano concentrati nei primi due anni della formazione filosofico-teologica. Questi studi di filosofia compiuti in vista degli studi di teologia saranno uniti, nell’arco di questo biennio, ai corsi introduttivi di teologia.

b) Le discipline teologiche, e cioè:

– la Sacra Scrittura: introduzione ed esegesi;

– la Teologia fondamentale, con riferimento anche alle questioni circa l’ecumenismo, le religioni non-cristiane e l’ateismo, nonché altre correnti della cultura contemporanea;

– la Teologia dogmatica;

– la Teologia morale e spirituale;

– la Teologia pastorale;

– la Liturgia;

– la Storia della Chiesa, la Patrologia e l’Archeologia;

– il Diritto Canonico.

c) Le discipline ausiliarie, cioè alcune scienze umane e oltre alla lingua latina, le lingue bibliche, nella misura in cui siano richieste per i cicli seguenti.

2° Nel secondo ciclo:

Le discipline peculiari, che sono opportunamente istituite in varie sezioni secondo le diverse specializzazioni, con proprie esercitazioni e seminari, compresa una speciale dissertazione scritta.

3° Nel terzo ciclo:

L’ordinamento degli studi della Facoltà determini se e quali discipline peculiari debbano essere insegnate, con le relative esercitazioni e seminari e quali lingue antiche e moderne lo studente deve saper comprendere per poter elaborare la dissertazione.

Art. 56. Nel quinquennio istituzionale del primo ciclo occorre curare diligentemente che tutte le discipline siano trattate con tale ordine, ampiezza e metodo proprio, da concorrere armonicamente ed efficacemente a dare agli studenti una formazione solida, organica e completa in materia teologica, grazie alla quale diventino capaci sia di proseguire gli studi superiori del secondo ciclo, sia di esercitare convenientemente determinati incarichi ecclesiastici.

Art. 57. Il numero di docenti che insegnano la filosofia deve essere di almeno tre, muniti dei titoli filosofici richiesti (cfrOrd., artt. 19 e 67, 2). Devono essere stabili, cioè dedicati a tempo pieno all’insegnamento della filosofia e alla ricerca in tale ambito.

Art. 58. Oltre agli esami o prove equipollenti sulle singole discipline, al termine del primo e del secondo ciclo si abbia o un esame comprensivo o una prova equipollente, con i quali lo studente dia prova di aver pienamente conseguito la formazione scientifica intesa dal ciclo rispettivo.

Art. 59. Spetta alla Facoltà precisare a quali condizioni gli studenti, che abbiano regolarmente completato il curricolo di studi filosofico-teologici in un Seminario Maggiore o in un altro Istituto superiore approvato, possano essere ammessi al secondo ciclo, tenendo accuratamente conto degli studi già compiuti e, secondo il caso, prescrivendo anche corsi ed esami speciali.

Titolo II – La Facoltà di Diritto Canonico
(Cost. ap., artt. 77-80)

Art. 60. Nella Facoltà di Diritto Canonico, Latino od Orientale, va curata l’esposizione scientifica sia della storia e dei testi delle leggi ecclesiastiche, sia della loro connessione e disposizione, sia dei loro fondamenti teologici.

Art. 61. Sono discipline obbligatorie:

1° nel primo ciclo:

a) elementi di filosofia: antropologia filosofica, metafisica, etica;

b) elementi di teologia: introduzione alla S. Scrittura; teologia fondamentale: rivelazione divina, sua trasmissione e credibilità; teologia trinitaria; cristologia; trattato sulla grazia; in modo speciale ecclesiologia; teologia sacramentale generale e speciale; teologia morale fondamentale e speciale;

c) istituzioni generali di diritto canonico;

d) lingua latina.

2° nel secondo ciclo:

a) il Codice di Diritto Canonico o il Codice dei Canoni delle Chiese Orientali in tutte le loro parti e le altre norme vigenti;

b) discipline connesse: teologia del diritto canonico; filosofia del diritto; istituzioni del diritto romano; elementi di diritto civile; storia delle istituzioni canoniche; storia delle fonti del diritto canonico; relazioni tra la Chiesa e la società civile; prassi canonica amministrativa e giudiziale;

c) introduzione al Codice dei Canoni delle Chiese Orientali per gli studenti di una Facoltà di Diritto Canonico latino; introduzione al Codice di Diritto Canonico per gli studenti di una Facoltà di Diritto Canonico orientale;

d) lingua latina;

e) corsi opzionali, esercitazioni e seminari prescritti da ciascuna Facoltà.

3° nel terzo ciclo:

a) latinità canonica;

b) corsi opzionali o esercitazioni prescritti da ciascuna Facoltà.

Art. 62. §1. Possono essere ammessi direttamente al secondo ciclo gli studenti che hanno completato il curricolo filosofico-teologico in un Seminario Maggiore o in una Facoltà teologica, a meno che il Decano non giudichi necessario o opportuno esigere un corso previo di lingua latina o di istituzioni generali di diritto canonico.

Coloro che comprovassero aver già studiato alcune materie del primo ciclo in un’idonea Facoltà o Istituto universitario, possono essere da esse dispensati.

§2. Coloro che avessero un grado accademico in diritto civile possono essere dispensati da qualche corso del secondo ciclo (come diritto romano e diritto civile), ma non potranno essere esentati dal triennio di Licenza.

§ 3. Concluso il secondo ciclo, gli studenti devono conoscere la lingua latina in modo tale da poter ben comprendere il Codice di Diritto Canonico e il Codice dei Canoni delle Chiese Orientali nonché gli altri documenti canonici; nel terzo ciclo, oltre la lingua latina in modo che possano interpretare correttamente le fonti del Diritto, anche le altre lingue necessarie per l’elaborazione della dissertazione.

Art. 63. Oltre agli esami o prove equipollenti sulle singole discipline, al termine del secondo ciclo si abbia un esame comprensivo o prova equipollente, che dimostri che lo studente abbia pienamente conseguito la formazione scientifica intesa dal secondo ciclo.

Titolo III – La Facoltà di Filosofia
(Cost. ap., artt. 81-84)

Art. 64. §1. La ricerca e l’insegnamento della filosofia in una Facoltà ecclesiastica di Filosofia devono essere radicati “nel patrimonio filosofico perennemente valido” (can. 251 CIC e Concilio Ecumenico Vaticano II, Decr.Optatam totius, 15) che si è sviluppato lungo la storia, tenendo conto particolarmente dell’opera di san Tommaso d’Aquino. Allo stesso tempo, la filosofia insegnata in una Facoltà ecclesiastica dovrà essere aperta ai contributi che le indagini più recenti hanno fornito e continuano ad apportare. Occorrerà sottolineare la dimensione sapienziale e metafisica della filosofia.

§2.Nel primo ciclo,la filosofia deve essere insegnata in modo tale che gli studenti che ricevono il Baccalaureato raggiungano una solida e coerente sintesi dottrinale, imparino ad esaminare ed a giudicare i diversi sistemi filosofici e si abituino ad una personale riflessione filosofica.

§3. Se gli studenti del primo ciclo degli studi teologici frequentano i corsi del primo ciclo della Facoltà di Filosofia, si vigili affinché sia salvaguardata la specificità del contenuto e dello scopo di ciascun percorso formativo. Al termine di questo tipo di formazione filosofica non viene rilasciato un titolo accademico in filosofia (cfrVG, art. 74 a), ma gli studenti possono richiedere un certificato che attesti i corsi frequentati e i crediti ottenuti.

§4. La formazione ottenuta nel primo ciclo potrà essere perfezionata nel ciclo successivo di iniziata specializzazione mediante la maggiore concentrazione su una parte della filosofia e un maggiore impegno dello studente nella riflessione filosofica.

§5. È opportuno fare una chiara distinzione fra gli studi delle Facoltà ecclesiastiche di Filosofia e il percorso filosofico che fa parte integrante degli studi in una Facoltà di Teologia o in un Seminario Maggiore. In una istituzione ove si trovino contemporaneamente sia una Facoltà ecclesiastica di Filosofia che una Facoltà di Teologia, quando i corsi di filosofia che fanno parte del primo ciclo quinquennale di teologia sono compiuti presso la Facoltà di Filosofia, l’autorità che decide il programma è il decano della Facoltà di Teologia, rispettando la legge vigente e valorizzando la collaborazione stretta con la Facoltà di Filosofia.

Art. 65. Nell’insegnamento della filosofia si devono osservare le norme che la riguardano, e che sono contenute nei documenti del Concilio Vaticano II (cfr praesertim Optatam totius: AAS 58 [1966], 713 ss.; Gravissimum educationis: AAS 58 [1966], 728 ss.), nonché nei più recenti documenti della Santa Sede (cfr praesertim Pauli VI Lumen Ecclesiae, de S. Thoma Aquinate, 20 nov. 1974: AAS 66 [1974], 673 ss.; Sacrae Congr. Pro Institutione Catholica Litteras de institutione philosophica [20 gen. 1972]; Giovanni Paolo II, Enc. Fides et ratio: AAS 91 [1999], 5 ss.; Id., Enc. Veritatis splendor: AAS 85 [1993], 1133 ss.), in quanto si riferiscono anche agli studi accademici.

Art. 66. Le discipline insegnate nei vari cicli sono:

1° Nel primo ciclo:

a) Le materie obbligatorie fondamentali:

– Una introduzione generale che mirerà in particolare a mostrare la dimensione sapienziale della filosofia.

– Le discipline filosofiche principali: 1) metafisica (intesa come filosofia dell’essere e teologia naturale), 2) filosofia della natura, 3) filosofia dell’uomo, 4) filosofia morale e politica, 5) logica e filosofia della conoscenza. Data l’importanza particolare della metafisica, a questa disciplina dovrà corrispondere un adeguato numero di crediti.

– La storia della filosofia: antica, medievale, moderna e contemporanea. L’esame attento delle correnti che hanno avuto maggiore influenza sarà accompagnato, quando possibile, dalla lettura di testi degli autori più significativi. Si aggiungerà, in funzione dei bisogni, uno studio di filosofie locali.

Le materie obbligatorie fondamentali devono costituire almeno il 60% e non superare il 70% del numero dei crediti del primo ciclo.

b) Le materie obbligatorie complementari:

– Lo studio delle relazioni tra ragione e fede cristiana ovvero tra filosofia e teologia, da un punto di vista sistematico e storico, attento a salvaguardare tanto l’autonomia dei campi quanto il loro legame.

– Il latino, in modo tale da poter comprendere le opere filosofiche (specialmente di autori cristiani) redatte in tale lingua. Una simile conoscenza del latino si deve verificare nell’arco dei primi due anni.

– Una lingua moderna diversa dalla propria lingua madre, la cui conoscenza si deve verificare prima della fine del terzo anno.

– Una introduzione alla metodologia dello studio e del lavoro scientifico che avvii pure all’uso degli strumenti della ricerca e alla pratica del discorso argomentativo.

c) Le materie complementari opzionali:

– Elementi di letteratura e delle arti;

– Elementi di qualche scienza umana o di qualche scienza naturale (per esempio psicologia, sociologia, storia, biologia, fisica). Si vigili, in modo particolare, affinché si stabilisca una connessione tra le scienze e la filosofia.

– Qualche altra disciplina filosofica opzionale: per esempio filosofia delle scienze, filosofia della cultura, filosofia dell’arte, filosofia della tecnica, filosofia del linguaggio, filosofia del diritto, filosofia della religione.

2° Nel secondo ciclo:

– Alcune discipline speciali, che saranno distribuite opportunamente nelle varie sezioni secondo le diverse specializzazioni, con le proprie esercitazioni e seminari, compresa una specialetesinascritta.

– L’apprendimento o l’approfondimento del greco antico o di una seconda lingua moderna oltre a quella richiesta nel primo ciclo o l’approfondimento di quest’ultima.

3° Nel terzo ciclo:

L’ordinamento degli studi della Facoltà determinerà se e quali discipline speciali debbano essere studiate, con le loro esercitazioni e seminari. Sarà necessario l’apprendimento di una ulteriore lingua o l’approfondimento di una delle lingue già studiate in precedenza.

Art. 67. § 1. La Facoltà deve impegnare in modo stabile almeno sette docenti debitamente qualificati così che questi possano assicurare l’insegnamento di ognuna delle materie obbligatorie fondamentali (cfrOrd., artt. 66, 1°; 48, §1, b).

In particolare, il primo ciclo deve avere almeno cinque docenti stabili distribuiti nel seguente modo: uno in metafisica, uno in filosofia della natura, uno in filosofia dell’uomo, uno in filosofia morale e politica, uno in logica e filosofia della conoscenza.

Per le altre materie, obbligatorie e opzionali, la Facoltà può chiedere l’aiuto di altri docenti.

§ 2. Un docente è abilitato ad insegnare in una istituzione ecclesiastica se ha conseguito i gradi accademici richiesti in una Facoltà ecclesiastica di Filosofia (cfrOrd., art. 19).

§ 3. Se il docente non è in possesso né di un Dottorato canonico né di una Licenza canonica, potrà essere annoverato come docente stabile solo a condizione che la sua formazione filosofica sia coerente per il contenuto e per il metodo con quella che viene proposta in una Facoltà ecclesiastica. Nel valutare i candidati all’insegnamento in una Facoltà ecclesiastica di Filosofia si dovrà considerare: la necessaria competenza nella materia loro assegnata; una opportuna apertura all’insieme del sapere; l’adesione nelle loro pubblicazioni e nella loro attività didattica alla verità insegnata dalla fede; una conoscenza adeguatamente approfondita dell’armonioso rapporto tra fede e ragione.

§ 4. Bisognerà garantire che una Facoltà ecclesiastica di Filosofia abbia sempre una maggioranza di docenti stabili in possesso di un Dottorato ecclesiastico in filosofia o di una Licenza ecclesiastica in una scienza sacra insieme a un Dottorato in filosofia conseguito in una Università non ecclesiastica.

Art. 68. In generale, affinché uno studente possa essere ammesso al secondo ciclo in filosofia, è necessario che abbia conseguito il Baccalaureato ecclesiastico in filosofia.

Se uno studente ha fatto studi filosofici in una Facoltà non ecclesiastica di Filosofia presso una Università cattolica o in un altro Istituto di Studi superiori, può essere ammesso al secondo ciclo soltanto dopo aver dimostrato, con un appropriato esame, che la sua preparazione è conciliabile con quella proposta in una Facoltà ecclesiastica di Filosofia e aver colmato eventuali lacune in rapporto agli anni e al piano di studi previsto per il primo ciclo in base alle presenti Ordinationes. La scelta dei corsi dovrà favorire una sintesi delle materie insegnate (cfrVG, art. 82, a). Al termine di questi studi integrativi, lo studente saràammesso al secondo ciclo, senza ricevere il Baccalaureato ecclesiastico in filosofia.

Art. 69. §1. Tenuto conto della riforma del primo ciclo di tre anni degli studi ecclesiastici di filosofia, che si conclude col Baccalaureato in filosofia, l’affiliazione filosofica deve essere in conformità con ciò che è stato decretato per il primo ciclo, quanto al numero di anni ed al programma di studi (cfrOrd., art. 66, 1°); il numero dei docenti stabili in un istituto filosofico affiliato deve essere di almeno cinque con le qualifiche richieste (cfrOrd., art. 67).

§2. Tenuto conto della riforma del secondo ciclo di due anni degli studi ecclesiastici di filosofia che si conclude con la Licenza in filosofia, l’aggregazione filosofica deve essere in conformità con ciò che è stato decretato per il primo e per il secondo ciclo, quanto al numero di anni ed al programma di studi (cfrVG, art. 74 a e b;Ord., art. 66); il numero dei docenti stabili in un istituto filosofico aggregato deve essere di almeno sei con le qualifiche richieste (cfrOrd., art. 67).

§3.Tenuto conto della riforma del percorsodi filosofia incluso nel primo ciclo filosofico-teologico che si conclude con il Baccalaureato in teologia, la formazione filosofica di un Istituto affiliato in teologia deve essere in conformità con ciò che è stato decretato quanto al programma degli studi (cfrOrd., art. 55, 1°); il numero dei docenti stabili di filosofia deve essere di almeno due.

Titolo IV – Altre Facoltà
(Cost. ap., artt. 85-87)

Art. 70. Per ottenere gli scopi esposti nell’art. 85 della Costituzione, sono già erette ed abilitate a conferire i gradi accademici per autorità della Santa Sede, le seguenti Facoltà, o Istituti ad instar Facultatis:

– Archeologia cristiana;
– Bioetica;
– Comunicazione Sociale;
– Diritto;
– Lettere cristiane e classiche;
– Liturgia;
– Missiologia;
– Musica sacra;
– Oriente Antico;
– Psicologia;
– Scienze dell’Educazione;
– Scienze Religiose;
– Scienze Sociali;
– Spiritualità;
– Storia della Chiesa;
– Studi Arabici e Islamistica;
– Studi Biblici;
– Studi Orientali,
– Studi su Matrimonio e Famiglia.

Sua Santità Papa FRANCESCO ha approvato e ordinato di pubblicare tutte e singole le presenti Norme applicative, nonostante qualsiasi prescrizione in contrario.

Roma, dalla Sede della Congregazione per l’Educazione Cattolica, il 27 dicembre 2017, festa di S. Giovanni, Apostolo ed Evangelista.

Giuseppe Card. VERSALDI
Prefetto

Angelo Vincenzo ZANI
Arciv. tit. di Volturno
Segretario

 

APPENDICE I
all’art. 7 delle Norme Applicative

Norme per la redazione degli statuti di un’Università o di una Facoltà

Tenuto conto di ciò che è contenuto nella Costituzione Apostolica e nelle Norme Applicative annesse – e lasciando ai propri Regolamenti interni ciò che è di indole più particolare e mutevole – gli Statuti di un’Università o di una Facoltà dovranno trattare precipuamente dei seguenti punti:

1. Il nome, la natura e il fine dell’Università o della Facoltà (con una breve informazione storica nel proemio).

2. Il governo – Il Gran Cancelliere; le Autorità accademiche personali e collegiali: quali i loro compiti precisi; quale il modo in cui debbano essere elette le Autorità personali e quale la durata della loro funzione; quale il modo dell’elezione delle Autorità collegiali e cioè dei membri dei Consigli, e per quanto tempo debbano rimanere in carica.

3. I docenti – Quale debba essere il loro numero minimo in ogni singola Facoltà; in quali ordini si debbano distinguere sia i docenti stabili sia i non stabili; di quali requisiti debbano essere forniti; come debbano essere cooptati, nominati, promossi e cessare dalla loro funzione descrivendone i motivi e la procedura; i loro doveri e diritti.

4. Gli studenti – I requisiti per la loro iscrizione; motivi e procedura della loro sospensione; i loro doveri e diritti.

5. Gli officiali ed il personale amministrativo e di servizio – I loro doveri e diritti.

6. I gradi accademici – Quali gradi saranno conferiti in ogni singola Facoltà ed a quali condizioni; altri titoli.

7. I sussidi didattici e informatici – La biblioteca: come provvedere alla sua conservazione e al suo incremento; gli altri sussidi didattici ed i laboratori scientifici, se necessari.

8. L’amministrazione economica – Il patrimonio dell’Università o della Facoltà, e la sua amministrazione; le norme circa gli onorari per le autorità, i docenti, gli officiali e circa le tasse degli studenti, nonché i sussidi economici ad essi destinati.

9. I rapporti con le altre Facoltà, Istituti, ecc.

Ordinamento degli studi

1. Quale sia in ogni singola Facoltà.

2. Quali cicli si abbiano.

3. Quali discipline siano insegnate: la loro obbligatorietà e frequenza.

4. Quali seminari ed esercitazioni.

5. Quali esami o prove equipollenti.

6. Eventuale modalità a distanza.

 

APPENDICE II
all’art. 70 delle Norme Applicative

Settori degli studi ecclesiastici
secondo il loro presente (A. 2017) ordinamento accademico nella Chiesa

ELENCO

Avvertenza. – I singoli Settori di studi, qui enumerati in ordine alfabetico, sono ora in vigore. Sotto di loro sono raggruppate le specializzazioni.

Le specializzazioni esistenti si trovano nella Banca Dati delle Istituzioni di Studi Superiori Ecclesiastici, accessibile tramite sito web www.educatio.va

Inoltre, la summenzionata Banca Dati include tutte le Istituzioni di Studi Superiori erette o approvate dalla Congregazione per l’Educazione Cattolica come parte del sistema educativo della Santa Sede.

– Archeologia Cristiana
– Bioetica
– Comunicazione Sociale
– Diritto Canonico
– Diritto
– Filosofia
– Lettere Cristiane e Classiche
– Liturgia
– Missiologia
– Musica Sacra
– Oriente Antico
– Psicologia
– Scienze dell’Educazione
– Scienze Religiose
– Scienze Sociali
– Spiritualità
– Storia della Chiesa
– Studi Arabi e d’Islamistica
– Studi Biblici
– Studi Orientali
– Studi su Matrimonio e Famiglia
– Teologia

____________________

[1] Cfr Agostino, Conf., X, 23.33; I,1,1.
[2] Conc. Ecum. Vat. II, Cost. past. Gaudium et spes, 22.
[3] Sapientia christiana, Proemio, III (v. infra, Appendice I).
[4] Videomessaggio al Congresso Internazionale di Teologia presso la Pontificia Università Cattolica Argentina “Santa Maria de los Buenos Aires”, 1-3 settembre 2015.
[5] N. 14.
[6] Ibid., 16.
[7] Ibid.
[8] Cfr ibid..
[9] Ibid., 19.
[10] Ibid., 20.
[11] I.
[12] N. 85.
[13] N. 14.
[14] N. 20.
[15] Lett. enc. Caritas in veritate, 42.
[16] Cfr ibid., 54; Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dogm. Lumen gentium, 1.
[17] Lett. enc. Caritas in veritate, 33.
[18] Ibid., 30.
[19] Cfr Esort. ap. Evangelii gaudium, cap. 5.
[20] Ibid., 30.
[21] Cfr Discorso al V Convegno nazionale della Chiesa italiana, Firenze, 10 novembre 2015.
[22] Cfr Esort. ap. Evangelii gaudium, 55.
[23] Cfr Lett. enc. Laudato si’, 139.
[24] Ibid., 61.
[25] Cfr ibid., 194.
[26] Ibid., 53; cfr n. 105.
[27] Ibid., 114.
[28] Discorso alla Comunità della Pontificia Università Gregoriana e ai Consociati del Pontificio Istituto Biblico e del Pontificio Istituto Orientale, 10 aprile 2014: AAS 106 (2014), 374.
[29] Cfr Esort. ap. Evangelii gaudium, 11; 34ss.; 164-165.
[30] Ibid., 165.
[31] Cfr Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dogm. Lumen gentium, 1.
[32] Esort. ap. Evangelii gaudium, 111.
[33] Cfr Bolla di indizione del Giubileo Straordinario della Misericordia, Misericordiae Vultus, 11 aprile 2015.
[34] Cfr Esort. ap. Evangelii gaudium, 87 e 272.
[35] Ibid., 92.
[36] Cfr Lett. enc. Laudato si’, 49.
[37] Cfr Esort ap. Evangelii gaudium, cap. 4.
[38] Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa, 52; cfr Esort. ap. Evangelii gaudium, 178.
[39] Esort. ap. Evangelii gaudium, 195.
[40] Cfr Lett. enc. Laudato si’, 240.
[41] Cfr Esort. ap. Evangelii gaudium, 239.
[42] Lett. enc. Caritas in veritate, 4.
[43] Proemio, III; cfr Conc. Ecum. Vat. II, Cost. past. Gaudium et spes, 62.
[44] Esort. ap. Evangelii gaudium, 74.
[45] N. 31.
[46] Cfr Esort. ap. Evangelii gaudium, 134.
[47] L’Idea di Università, tr. it., Vita e Pensiero, Milano 1976, p. 201.
[48] Cfr Delle cinque piaghe della Santa Chiesa, a cura di A. Valle, (Opere di Antonio Rosmini, vol 56) Città Nuova Ed., Roma 19982, cap. II, passim.
[49] N. 164.
[50] Ibid.
[51] Videomessaggio al Congresso Internazionale di Teologia presso la Pontificia Università Cattolica Argentina “Santa Maria de los Buenos Aires”, 1-3 settembre 2015.
[52] Esort. ap. Evangelii gaudium, 236.
[53] Giovanni Paolo II, Lett. ap. Novo Millennio ineunte, 6 gennaio 2001), 40.
[54] Ibid.
[55] Esort. ap. Evangelii gaudium, 116.
[56] Catechesi, 26 aprile 2006.
[57] Videomessaggio al Congresso Internazionale di Teologia presso la Pontificia Università Cattolica Argentina “Santa Maria de los Buenos Aires”, 1-3 settembre 2015, in riferimento qui a Evangelii gaudium, 115.
[58] Lettera al Gran Cancelliere della Pontificia Universidad Católica Argentina nel centesimo anniversario della Facoltà di Teologia, 3 marzo 2015.
[59] Esort. ap. Evangelii gaudium, 227-228.
[60] Proemio, III.
[61] Esort. ap. Evangelii gaudium, 133.
[62] Cfr Lett. enc. Laudato si’, 47; Esort. ap. Evangelii gaudium, 50.
[63] Esort. ap. Evangelii gaudium, 45.
[64] Ibid., 132.
[65] N. 201.
[66] Videomessaggio al Congresso Internazionale di Teologia presso la Pontificia Università Cattolica Argentina “Santa Maria de los Buenos Aires”, 1-3 settembre 2015.
[67] Lett. enc. Laudato sì, 202.
[68] Esort. ap. Evangelii gaudium, 278.