CONGREGAZIONE PER GLI ISTUTI DI VITA CONSACRATA
E LE SOCIETÀ DI VITA APOSTOLICA
“COR ORANS”
ISTRUZIONE APPLICATIVA DELLA COSTITUZIONE APOSTOLICA “VULTUM DEI QUAERERE”
SULLA VITA CONTEMPLATIVA FEMMINILE
INTRODUZIONE
Cuore orante nella Chiesa e per la Chiesa la vita contemplativa femminile, custode di gratuità e di ricca fecondità apostolica, è stata sempre testimone visibile di misteriosa e multiforme santità ed arricchisce la Chiesa di Cristo con frutti di grazia e di misericordia[1].
Con lo sguardo rivolto a tale peculiare forma della sequela di Cristo, Papa Pio XII, il 21 novembre 1950, pubblicava la Costituzione Apostolica Sponsa Christi Ecclesia[2] avente come oggetto la vita monastica femminile. In detto documento, il Romano Pontefice riconosceva i monasteri di monache come veri monasteri autonomi[3] e caldeggiava la nascita delle Federazioni[4] come strutture di comunione per far superare l’isolamento dei monasteri al fine di favorire la conservazione del comune carisma e la collaborazione in varie forme di reciproco aiuto, dando delle indicazioni per l’accommodata renovatio[5] di quello che era definito l’Istituto delle monache, soprattutto sul tema della clausura[6]. Di fatto Papa Pio XII anticipava per i monasteri di monache quanto il Concilio Vaticano II avrebbe chiesto alcuni anni più tardi a tutti gli Istituti religiosi[7].
Come ricordava lo stesso Papa Pio XII all’inizio della Costituzione Apostolica che, quasi come introduzione storica, delinea nei tratti essenziali le varie fasi della vita consacrata femminile nella Chiesa[8], nel corso dei secoli, l’intendimento e il progetto dei fondatori, sanciti dalla competente autorità della Chiesa, ha arricchito la Chiesa, Sposa di Cristo, di una moltitudine di carismi, modellando varie forme di vita contemplativa in diverse tradizioni monastiche e differenti famiglie carismatiche[9].
La peculiarità del documento, che trattava della disciplina/normativa comune all’Istituto delle monache, del monastero autonomo e della Federazione tra monasteri autonomi, ha dato lunga vita alla Costituzione Apostolica Sponsa Christi Ecclesia, che è rimasta in vigore anche dopo la celebrazione del Concilio Vaticano II e la promulgazione del Codice di Diritto Canonico, sino al presente.
Infatti Papa Francesco, promulgando il 29 giugno 2016 la Costituzione Apostolica Vultum Dei quaerere per aiutare le contemplative a raggiungere il fine proprio della loro specifica vocazione, ha invitato a riflettere e a discernere su dei precisi contenuti[10] legati alla vita consacrata in generale ed alla tradizione monastica in particolare, ma non ha inteso abrogare la Sponsa Christi Ecclesia che è stata derogata solo in alcuni punti[11]. Di conseguenza i due documenti pontifici sono da ritenersi come normativa in vigore per i monasteri di monache e devono essere letti in un’ottica unitaria.
Papa Francesco, sulla scia di quanto insegnato da Papa Pio XII e ribadito dal Concilio Ecumenico Vaticano II, ha inteso presentare nella Vultum Dei quaerere l’intenso e fecondo cammino percorso dalla Chiesa negli ultimi decenni, alla luce degli insegnamenti dello stesso Concilio e considerate le mutate condizioni socio-culturali[12], ribadendo che “la vita contemplativa femminile ha sempre rappresentato nella Chiesa e per la Chiesa il cuore orante, custode di gratuità e di ricca fecondità apostolica ed è stata testimone visibile di misteriosa e multiforme santità”[13].
Di conseguenza, dal momento che gli Istituti interamente dediti alla contemplazione occupano sempre un posto eminente nel corpo mistico di Cristo “per quanto urgente sia la necessità dell’apostolato attivo, i membri di tali Istituti non possono essere chiamati a prestare l’aiuto della loro opera nei diversi ministeri pastorali”[14].
Per mandato del Santo Padre[15], la Congregazione per gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica ha redatto la presente Istruzione applicativa della Costituzione Apostolica Vultum Dei quaerere, offerta “alla Chiesa, con particolare riferimento ai monasteri di rito latino”[16], Istruzione che intende rendere chiare le disposizioni della legge, sviluppando e determinando i procedimenti nell’eseguirla[17].
NORME GENERALI
1. Con il nome di monache, a norma del diritto, si intendono, oltre alle religiose di voti solenni anche quelle che nei monasteri professano voti semplici, sia perpetui che temporanei. La Chiesa, fra le donne consacrate a Dio mediante la professione dei consigli evangelici, designa le sole monache all’impegno della preghiera pubblica, che in suo nome innalza a Dio, come comunità orante nell’Ufficio divino da celebrarsi in coro.
2. Al legittimo nome di monache non si oppone 1) la professione semplice emessa legittimamente nei monasteri; 2) l’esercizio di opere di apostolato congiunto alla vita contemplativa sia per istituzione approvata e confermata dalla Santa Sede per alcuni Ordini, sia per legittima prescrizione o concessione della Santa Sede in favore di alcuni monasteri.
3. Tutti i monasteri nei quali vengono emessi soltanto voti semplici possono chiedere alla Santa Sede la restaurazione dei voti solenni.
4. La forma particolare di vita religiosa che le monache devono fedelmente vivere, secondo il carisma del proprio Istituto, e alla quale vengono destinate dalla Chiesa è la vita contemplativa canonica. Con il nome di vita contemplativa canonica non si intende quella interna e teologica alla quale sono invitati tutti i fedeli in forza del battesimo, ma la professione esterna della disciplina religiosa che, sia attraverso esercizi di pietà, orazione e mortificazione, sia per le occupazioni cui le monache devono attendere, è talmente ordinata alla contemplazione interiore che tutta la vita e tutta l’azione possono facilmente e devono efficacemente essere imbevute dal desiderio di essa.
5. Per Santa Sede nella presente Istruzione si intende la Congregazione per gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica.
6. Con il nome di monastero sui juris si intende la casa religiosa della comunità monastica femminile che, avendo i requisiti per una reale autonomia di vita, è stata legittimamente eretta dalla Santa Sede e gode di autonomia giuridica, a norma del diritto.
7. Con il nome di Federazione di monasteri si intende una struttura di comunione tra più monasteri autonomi del medesimo Istituto, eretta dalla Santa Sede che ne approva gli Statuti, perché nella condivisione del medesimo carisma i monasteri federati superino l’isolamento e promuovano l’osservanza regolare e la vita contemplativa.
8. Con il nome di Associazione dei monasteri si intende una struttura di comunione tra più monasteri autonomi del medesimo Istituto eretta dalla Santa Sede perché, nella condivisione del medesimo carisma, i monasteri associati collaborino tra di loro secondo gli Statuti approvati dalla Santa Sede.
9. Con il nome di Conferenza dei monasteri si intende una struttura di comunione tra monasteri autonomi, appartenenti ad Istituti diversi e presenti in una medesima regione, eretta dalla Santa Sede che ne approva gli Statuti, al fine di promuovere la vita contemplativa e di favorire la collaborazione tra i monasteri in contesti geografici o linguistici particolari.
10. Con il nome di Confederazione si intende una struttura di collegamento tra Federazioni di monasteri, eretta dalla Santa Sede che ne approva gli Statuti, per lo studio di temi relativi alla vita contemplativa in relazione al medesimo carisma, per dare indirizzo unitario ed un certo coordinamento all’attività delle singole Federazioni[18].
11. Con il nome di Commissione Internazionale si intende un organo centralizzato di servizio e di studio a beneficio delle monache di un medesimo Istituto, eretto o riconosciuto dalla Santa Sede che ne approva gli Statuti, per lo studio di temi relativi alla vita contemplativa in relazione al medesimo carisma[19].
12. Con il nome di Congregazione monastica si intende una struttura di governo, eretta dalla Santa Sede, tra più monasteri autonomi del medesimo Istituto, sotto l’autorità di una Presidente, che è Superiora maggiore a norma del diritto[20], e di un capitolo generale, che nella Congregazione monastica è la suprema autorità, a norma delle Costituzioni approvate dalla Santa Sede.
13. Quanto disposto dalla presente Istruzione per la Federazione dei monasteri è ugualmente valido anche per l’Associazione dei monasteri e per la Conferenza dei monasteri, tenendo conto della loro peculiare natura e dei propri Statuti, approvati dalla Santa Sede.
14. Quanto disposto dalla presente Istruzione per la Federazione dei monasteri si applica congrua congruis referendo alla Congregazione monastica femminile, a meno che non sia disposto altro dal diritto universale e proprio o non risulti altrimenti dal contesto o dalla natura delle cose.
CAPITOLO PRIMO
IL MONASTERO AUTONOMO
15. Il monastero sui juris è una casa religiosa che gode di autonomia giuridica: la sua superiora è una Superiora maggiore[21], la sua comunità è stabilmente costituita per il numero e la qualità dei membri, per il diritto stesso è sede di noviziato e di formazione, gode di personalità giuridica pubblica e i suoi beni sono beni ecclesiastici.
16. La Chiesa riconosce ad ogni monastero sui juris una giusta autonomia giuridica, di vita e di governo, mediante la quale la comunità delle monache può godere di una propria disciplina ed essere in grado di conservare la sua indole e tutelare la propria identità[22].
17. L’autonomia del monastero favorisce la stabilità di vita e l’unità interna della comunità, garantendo le condizioni per la vita delle monache, secondo lo spirito e l’indole dell’Istituto di appartenenza[23].
18. L’autonomia giuridica di un monastero di monache, per potersi ottenere, deve presupporre una reale autonomia di vita, cioè la capacità di gestire la vita del monastero in tutte le sue dimensioni (vocazionale, formativa, governativa, relazionale, liturgica, economica…). In tal caso un monastero autonomo è vivo e vitale[24].
19. Un monastero di monache, come ogni casa religiosa, viene eretto tenuta presente l’utilità della Chiesa e dell’Istituto[25].
I. La fondazione
20. La fondazione di un monastero di monache, tenuto presente quanto stabilito al n. 39 della presente Istruzione, può avvenire o ad opera di un singolo monastero o attraverso l’azione della Federazione, secondo quanto stabilito dall’Assemblea Federale.
21. La fondazione da parte di un singolo monastero deve essere espressione della maturità della comunità di un monastero autonomo vivo e vitale, che viene a generare una nuova comunità capace di essere, a sua volta, testimone del primato di Dio, secondo lo spirito e l’indole dell’Istituto di appartenenza.
22. La fondazione sorta ad opera della Federazione deve essere espressione della comunione tra i monasteri ed esprimere la volontà di diffondere la vita contemplativa soprattutto nelle chiese particolari dove questa non è presente.
23. Nel discernimento sulla fondazione di un nuovo monastero da parte di un singolo monastero intervengono, in aiuto alla superiora del monastero fondatore, la Presidente federale e l’Assistente religioso. Il discernimento sulla fondazione di un nuovo monastero da parte della Federazione è fatto nell’ambito dell’Assemblea Federale.
24. L’opportunità della fondazione di un monastero di monache deve essere prudentemente considerata, particolarmente se la fondazione avviene ad opera di un solo monastero, perché non si indebolisca troppo la comunità fondatrice, valutando attentamente la scelta del luogo, perché tale scelta comporta una diversa e particolare forma di preparazione della fondazione e dei membri della futura comunità.
25. Nella scelta del Paese in cui si intende fare la fondazione si deve considerare se la vita monastica è già presente, si deve acquisire ogni informazione necessaria ed utile, soprattutto sulla presenza e vitalità della Chiesa Cattolica, sulle vocazioni alla vita consacrata, sul senso religioso nella popolazione e sulla possibilità di future vocazioni per la nuova fondazione.
26. Nella scelta del luogo della fondazione si devono assicurare le condizioni necessarie per garantire alle monache la possibilità di un degno sostentamento, di condurre regolarmente la vita contemplativa nel monastero[26] e di favorire le relazioni tra i monasteri.
27. Nella scelta del luogo della fondazione particolare attenzione si deve prestare alle esigenze della vita sacramentale e spirituale del nuovo monastero, perché la carenza di clero in alcune chiese particolari non permette sempre di individuare un presbitero che abbia competenza e sensibilità spirituale per accompagnare la comunità di un monastero di monache.
28. Nella scelta del luogo della fondazione l’aspetto della separazione dal mondo deve essere particolarmente previsto e curato, attesa la testimonianza pubblica che le monache sono tenute a rendere a Cristo e alla Chiesa nella vita contemplativa, secondo l’indole e le finalità dell’Istituto di appartenenza[27], nella disciplina della clausura, prevista dal diritto[28].
29. Il monastero di monache viene fondato con una decisione capitolare della comunità di un monastero autonomo o con una decisione dell’Assemblea Federale e l’invio di almeno cinque monache, almeno tre delle quali di voti solenni, previo consenso scritto del vescovo diocesano[29] e l’autorizzazione della Santa Sede.
30. La fondazione non gode di alcuna autonomia ma, sino al momento dell’erezione canonica a monastero sui juris, è in tutto dipendente dal monastero fondatore o dalla Federazione.
31. La superiora locale della fondazione è una monaca di voti solenni, idonea ad esercitare il servizio dell’autorità, nominata dalla Superiora maggiore del monastero fondatore o dalla Presidente federale, a norma del diritto proprio.
32. Le monache della fondazione, che liberamente devono aderire in scritto a tale progetto, mantengono i diritti capitolari nel proprio monastero che restano sospesi nel loro esercizio sino al momento dell’erezione del nuovo monastero.
33. La Superiora maggiore del monastero fondatore o la Presidente federale può chiedere alla Santa Sede che la fondazione venga eretta sede di noviziato in presenza di una comunità di almeno cinque professe di voti solenni, assicurata la presenza di una monaca di voti solenni, legittimamente nominata dalla Superiora maggiore del monastero fondatore o dalla Presidente federale, che svolga il compito di maestra delle novizie.
34. Se la fondazione è avvenuta ad opera di un solo monastero, sino al momento dell’erezione a monastero autonomo, le candidate sono ammesse al noviziato, le novizie alla professione temporanea e le professe temporanee alla professione solenne dalla Superiora maggiore del monastero fondatore, a norma del diritto universale e proprio.
35. Se la fondazione è avvenuta ad opera della Federazione, sino al momento dell’erezione a monastero autonomo, le candidate sono ammesse al noviziato, le novizie alla professione temporanea e le professe temporanee alla professione solenne dalla Presidente federale, con il consenso del Consiglio Federale, previa consultazione della superiora locale e della comunità della fondazione, a norma del diritto universale e degli Statuti della Federazione.
36. La comunità della fondazione non ha capitolo conventuale, ma un capitolo locale e sino al momento dell’erezione a monastero autonomo, la professione sarà emessa per il monastero fondatore – o per altro monastero di riferimento stabilito dalla Presidente federale al momento della fondazione da parte della Federazione – benché in vista della futura erezione di un nuovo monastero autonomo.
37. La fondazione, se eretta in sede di noviziato, diviene sede di formazione anche per le professe temporanee, pertanto si deve assicurare la presenza di una monaca di voti solenni, legittimamente nominata dalla Superiora maggiore del monastero fondatore o dalla Presidente federale, che svolga il compito di formatrice.
38. Si stabilisce che il tempo congruo tra la fondazione e l’erezione di un monastero di monache sia di quindici anni al massimo. Trascorso tale periodo di tempo la Santa Sede, sentita la superiora del monastero fondatore, la Presidente federale, l’Assistente religioso e l’Ordinario competente, deve valutare se esiste una fondata speranza di proseguire la fondazione per giungere all’erezione canonica del monastero o decretarne la fine, a norma del diritto.
II. L’erezione canonica
39. Un monastero di monache viene eretto in monastero sui juris su richiesta della comunità del monastero fondatore o per decisione del Consiglio Federale con il benestare della Santa Sede[30] in presenza dei requisiti che seguono:
a) una comunità che abbia dato buona testimonianza di vita fraterna in comune con “la necessaria vitalità nel vivere e trasmettere il carisma”[31], composta da almeno otto monache di voti solenni, “purché la maggior parte non sia di età avanzata”[32];
b) oltre al numero si richiedono particolari capacità in alcune monache della comunità, che devono essere in grado di assumere: come superiora, il servizio dell’autorità; come formatrice, la formazione iniziale delle candidate; come economa, l’amministrazione dei beni del monastero;
c) locali adatti allo stile di vita della comunità, per garantire alle monache la possibilità di condurre regolarmente la vita contemplativa secondo l’indole e lo spirito proprio dell’Istituto di appartenenza;
d) condizioni economiche tali da garantire alla comunità di provvedere da se stessa alle necessità della vita quotidiana.
Questi criteri devono essere considerati nella loro globalità ed in una visione di insieme[33].
40. Spetta alla Santa Sede il giudizio ultimo di valutazione sulla presenza di detti requisiti, dopo aver attentamente considerato la richiesta trasmessa dalla Superiora maggiore del monastero fondatore o dalla Presidente federale ed aver acquisito, da parte sua, altre informazioni.
41. Non si deve procedere all’erezione di un monastero di monache se prudentemente non si ritiene di provvedere in modo adeguato alle necessità della comunità[34] e non si abbia certezza della stabilità del monastero.
42. Avendo presente il particolare apostolato delle comunità contemplative con la testimonianza della loro vita consacrata, che le monache sono chiamate a rendere a Cristo e alla Chiesa, ed il posto eminente che occupano nel Corpo mistico di Cristo, le monache non possono essere chiamate a prestare l’aiuto della loro opera nei diversi ministeri pastorali né devono accettarli.
43. L’autonomia di vita, costante presupposto per mantenere l’autonomia giuridica, deve essere costantemente verificata dalla Presidente federale[35] la quale, quando in un monastero a suo giudizio viene a mancare l’autonomia di vita, è tenuta ad informare la Santa Sede in vista della nomina della Commissione ad hoc[36].
44. Il monastero autonomo è retto da una Superiora maggiore, designata a norma del diritto proprio.
45. Quando in un monastero autonomo le professe di voti solenni giungono al numero di cinque, la comunità di detto monastero perde il diritto all’elezione della propria superiora. In tal caso la Presidente federale è tenuta ad informare la Santa Sede in vista della nomina della Commissione ad hoc[37] e chi ha il diritto di presiedere il capitolo elettivo, previa autorizzazione della Santa Sede, procederà alla nomina di una superiora amministratrice, dopo aver sentito singolarmente i membri della comunità.
46. Il monastero autonomo ha la capacità di acquistare, di possedere, di amministrare e alienare beni temporali, a norma del diritto universale e proprio[38].
47. I beni del monastero autonomo sono amministrati da una monaca di voti solenni, con l’incarico di economa, costituita a norma del diritto proprio e distinta dalla Superiora maggiore del monastero[39].
48. La comunità del monastero ritiene i beni in suo possesso come doni ricevuti da Dio, per mezzo dei benefattori e del lavoro della comunità, come mezzi necessari ed utili per conseguire i fini propri dell’Istituto di appartenenza, sempre rispettando le esigenze della professione del Consiglio evangelico di povertà mediante voto pubblico.
49. Sono atti di amministrazione straordinaria quelli che superano le esigenze abituali per il mantenimento e il lavoro della comunità e per la normale manutenzione degli edifici del monastero.
50. Nell’ambito dell’amministrazione ordinaria fanno spese e compiono atti di amministrazione validamente la Superiora maggiore e l’economa del monastero, nei confini del loro incarico.
51. Per le spese e gli atti di amministrazione straordinaria è necessaria l’autorizzazione del Consiglio del monastero e del capitolo conventuale a seconda del valore della somma, da determinarsi nel diritto proprio.
52. In deroga al can. 638, §4 CJC, per la validità dell’alienazione e di qualunque altro negozio da cui la situazione patrimoniale del monastero potrebbe subire un danno, si richiede la licenza scritta della Superiora maggiore con il consenso del Consiglio o del capitolo conventuale, a seconda del valore della vendita e del negozio, ed il parere della Presidente federale[40].
53. Se si tratta di negozio o di vendita il cui valore supera la somma fissata dalla Santa Sede per le singole regioni oppure di donazioni votive fatte alla Chiesa o di cose preziose per valore storico e artistico, si richiede inoltre la licenza della Santa Sede.
III. L’affiliazione
54. L’affiliazione è una particolare forma di aiuto che la Santa Sede viene a stabilire in particolari situazioni in favore della comunità di un monastero sui juris che presenta un’autonomia solo asserita, ma in realtà assai precaria o, di fatto, inesistente.
55. L’affiliazione si configura come un sostegno di carattere giuridico che deve valutare se l’incapacità di gestire la vita del monastero autonomo in tutte le sue dimensioni sia solo temporanea o irreversibile, aiutando la comunità del monastero affiliato a superare le difficoltà o a disporre quanto è necessario per addivenire alla soppressione di detto monastero.
56. Alla Santa Sede in questi casi spetta valutare l’opportunità di costituire una commissione ad hoc formata dall’Ordinario, dalla Presidente della Federazione, dall’Assistente Federale e dalla Superiora maggiore del monastero[41].
57. Con l’affiliazione, la Santa Sede sospende lo status di monastero autonomo, rendendolo donec aliter provideatur casa dipendente da un altro monastero autonomo del medesimo Istituto o dalla Federazione, secondo quanto stabilito nella presente Istruzione ed eventuali altre disposizioni in materia date dalla stessa Santa Sede.
58. La Superiora maggiore del monastero autonomo affiliante o la Presidente federale è costituita Superiora maggiore del monastero affiliato.
59. La superiora locale del monastero affiliato è una monaca di voti solenni, nominata ad nutum dalla Superiora maggiore del monastero autonomo oppure dalla Presidente federale[42], con il consenso del rispettivo Consiglio, sentite le monache della comunità del monastero affiliato. Detta superiora locale è costituita rappresentante legale del monastero affiliato.
60. Il monastero affiliato può accogliere candidate ma il noviziato e la formazione iniziale devono essere compiuti nel monastero affiliante o in altro monastero stabilito dalla Federazione.
61. Le candidate del monastero affiliato sono ammesse al noviziato, le novizie alla professione temporanea e le professe temporanee alla professione solenne dalla Superiora maggiore del monastero affiliante, sentita la comunità del monastero affiliato ed ottenuto il voto favorevole del capitolo conventuale del monastero affiliante oppure dalla Presidente federale con il consenso del suo Consiglio.
62. La professione sarà emessa per il monastero affiliato.
63. Durante il tempo dell’affiliazione, l’economia dei due monasteri è amministrata distintamente.
64. Nel monastero affiliato è sospesa la celebrazione dei capitoli conventuali ma resta salva la possibilità di convocare capitoli locali.
IV. La traslazione
65. Per traslazione si intende il trasferimento di una comunità monastica dalla propria sede ad un’altra per giusta causa, senza modificare lo status giuridico del monastero, la composizione della comunità e le titolari dei vari uffici.
66. Per realizzare la traslazione è necessario:
– ottenere una decisione del capitolo conventuale del monastero presa a maggioranza dei due terzi dei voti;
– avvisare in tempo conveniente il vescovo nella cui diocesi è sito il monastero da lasciare;
– ottenere il previo consenso scritto del vescovo della diocesi in cui la comunità delle monache si trasferisce;
– sottoporre la richiesta di traslazione alla Santa Sede, impegnandosi nel trasferimento dei beni di proprietà della comunità del monastero all’osservanza delle norme canoniche e civili in materia.
V. La soppressione
67. L’affiliazione può essere occasione di ripresa e di rinascita quando l’autonomia di vita è parzialmente compromessa. Se la situazione di incapacità si presenta irreversibile, la soluzione, dolorosa quanto necessaria, è la soppressione del monastero.
68. Un monastero di monache che non riesce ad esprimere, secondo l’indole contemplativa e le finalità dell’Istituto, la particolare testimonianza pubblica a Cristo e alla Chiesa Sua Sposa, deve essere soppresso, tenuta presente l’utilità della Chiesa e dell’Istituto cui il monastero appartiene.
69. Alla Santa Sede in questi casi spetta valutare l’opportunità di costituire una commissione ad hoc formata dall’Ordinario, dalla Presidente della Federazione, dall’Assistente Federale e dalla Superiora maggiore del monastero[43].
70. Fra i criteri che possono concorrere a determinare un giudizio riguardo alla soppressione di un monastero, dopo aver vagliato tutte le circostanze, sono da considerarsi i seguenti punti nel loro insieme: il numero delle monache, l’età avanzata della maggior parte dei membri, la reale capacità di governo e formativa, la mancanza di candidate da parecchi anni, la mancanza della necessaria vitalità nel vivere e trasmettere il carisma nella fedeltà dinamica[44].
71. Un monastero di monache viene soppresso unicamente dalla Santa Sede acquisito il parere del vescovo diocesano[45] e, se pare opportuno, sentito il parere della Presidente federale, dell’Assistente religioso e dell’Ordinario religioso, se il monastero è associato a norma del can. 614 CJC.
72. I beni del monastero soppresso, rispettate le volontà dei fondatori e donatori, seguono le monache superstiti e vanno, in proporzione, ai monasteri che le accolgono, salvo altra disposizione della Santa Sede[46] che può disporre, nei singoli casi, la porzione dei beni da attribuire alla carità, alla chiesa particolare entro i cui confini è posto il monastero, alla Federazione e al “Fondo per le monache”.
73. In caso di soppressione di monastero totalmente estinto, quando non ci sono monache superstiti, salvo altra disposizione della Santa Sede[47], la destinazione dei beni del monastero soppresso, nel rispetto delle norme canoniche e civili, vanno alla persona giuridica superiore rispettiva, cioè alla Federazione dei monasteri o ad altra struttura di comunione tra i monasteri ad essa equiparata oppure alla Congregazione monastica femminile.
VI. Vigilanza ecclesiale sul monastero
74. In ciascuna struttura di comunione o di governo in cui possono configurarsi i monasteri femminili è loro garantita la necessaria e giusta vigilanza, esercitata principalmente – ma non esclusivamente – mediante la visita regolare di un’autorità esterna ai monasteri stessi.
75. A norma del diritto universale e proprio, il servizio della vigilanza spetta:
1. alla Presidente della Congregazione monastica femminile in riferimento alle comunità dei monasteri congregati;
2. al superiore maggiore dell’Istituto maschile consociante, che è denominato Ordinario religioso, in riferimento alla comunità del monastero femminile associato giuridicamente, a norma del diritto[48];
3. al vescovo diocesano in riferimento alle comunità dei monasteri affidati alla sua peculiare vigilanza a norma del diritto[49] presenti nella propria chiesa particolare.
76. Ciascun monastero femminile è affidato alla vigilanza di una sola autorità, non essendo più presente nel Codice di Diritto Canonico il regime della “doppia dipendenza“, simultanea e cumulativa, cioè del vescovo e del superiore regolare, presente in vari canoni del Codice di Diritto Canonico del 1917.
77. Per quanto riguarda i monasteri di monache uniti in Congregazione monastica, l’ambito e le modalità concrete per svolgere il servizio della vigilanza vanno desunti dalle Costituzioni della Congregazione monastica femminile, approvate dalla Santa Sede.
78. Per quanto riguarda i monasteri di monache associati giuridicamente, l’ambito e le modalità per svolgere il servizio della vigilanza da parte dell’Ordinario religioso sono stabiliti nelle proprie Costituzioni, approvate dalla Santa Sede, nelle quali devono essere definiti i diritti e doveri del superiore consociante e del monastero femminile associato, secondo la propria spiritualità e le proprie tradizioni.
79. Si deve favorire, in quanto è possibile, l’associazione giuridica dei monasteri di monache all’ordine maschile corrispondente[50] al fine di tutelare l’identità della famiglia carismatica.
80. I monasteri congregati e i monasteri associati giuridicamente restano tuttavia vincolati al vescovo diocesano secondo quanto stabilito dal diritto universale e riportato al n. 83 della presente Istruzione.
81. Per quanto riguarda i monasteri femminili affidati alla peculiare vigilanza del vescovo diocesano, questa si esprime nei confronti della comunità del monastero principalmente nei casi stabiliti dal diritto universale, in quanto il vescovo diocesano:
a) presiede il capitolo conventuale che elegge la Superiora maggiore[51];
b) compie la visita regolare del monastero, anche per quanto riguarda la disciplina interna[52], tenuto conto di quanto disposto dalla presente Istruzione;
c) esamina, in quanto ordinario del luogo, il rendiconto annuale dell’amministrazione economica del monastero[53];
d) in deroga al can. 638, §4 CJC, dà, in quanto ordinario del luogo, il consenso scritto per particolari atti di amministrazione, se stabilito del diritto proprio[54];
e) conferma l’indulto di uscita definitiva dal monastero, concesso ad una professa di voti temporanei dalla Superiora maggiore con il consenso del suo Consiglio[55];
f) emana il decreto di dimissione di una monaca, anche di voti temporanei[56].
82. Questi casi, espressi per delineare ambito e modalità della peculiare vigilanza del vescovo diocesano, costituiscono la base dell’ambito e della vigilanza da parte dell’Ordinario religioso dell’Istituto consociante sul monastero femminile associato giuridicamente e devono essere presenti nelle Costituzioni del monastero associato.
VII. Relazioni tra monastero e Vescovo diocesano
83. Tutti i monasteri femminili, fatta salva l’autonomia interna[57] e l’eventuale esenzione esterna[58] sono soggetti al vescovo diocesano, che esercita la sollecitudine pastorale nei seguenti casi:
a) la comunità del monastero femminile è soggetta alla potestà del vescovo[59], al quale deve devoto rispetto e riverenza in ciò che riguarda l’esercizio pubblico del culto divino, la cura delle anime[60] e le forme di apostolato corrispondenti alla propria indole[61];
b) il vescovo diocesano[62], in occasione della visita pastorale o di altre visite paterne ed anche in caso di necessità, può prendere egli stesso soluzioni opportune[63] quando constata che esistono abusi e dopo che i richiami fatti alla Superiora maggiore non hanno sortito alcun effetto;
c) il vescovo diocesano interviene nell’erezione del monastero dando il consenso scritto prima che venga richiesto il benestare della Sede Apostolica[64];
d) il vescovo diocesano interviene, in quanto ordinario de luogo, nella nomina del cappellano[65] e, sempre in quanto ordinario de luogo, nell’approvazione dei confessori ordinari[66]. Il tutto deve avvenire “considerando la specificità del carisma proprio e le esigenze della vita fraterna in comunità”[67];
e) il vescovo diocesano interviene nella soppressione del monastero, esprimendo il proprio parere[68];
f) al vescovo diocesano, in quanto ordinario del luogo, e ai suoi superiori fa riferimento la monaca esclaustrata rimanendo sotto la loro dipendenza e cura[69];
g) il vescovo diocesano ha la facoltà per giusta causa di entrare nella clausura e di permettere, con il consenso della Superiora maggiore, ad altre persone di entrarvi[70].
84. Per i monasteri congregati e per i monasteri associati i punti di sollecitudine pastorale sopra delineati costituiscono le sole forme possibili di intervento del vescovo diocesano, dal momento che devono essere salvaguardati i diritti/doveri della Presidente della Congregazione per i monasteri congregati e i diritti/doveri dell’Ordinario religioso dell’Istituto associante nei confronti del monastero associato.
85. Per i monasteri affidati alla peculiare vigilanza del vescovo diocesano, i punti di sollecitudine pastorale appena delineati sono da aggiungersi a quelli che il Codice di Diritto Canonico presenta come espressioni della peculiare vigilanza, richiamati al n. 81 della presente Istruzione.
CAPITOLO SECONDO
LA FEDERAZIONE DI MONASTERI
I. Natura e fine
86. La Federazione è una struttura di comunione tra monasteri del medesimo Istituto eretta dalla Santa Sede perché monasteri che condividono il medesimo carisma non rimangano isolati ma lo custodiscano nella fedeltà e, prestandosi fraterno aiuto vicendevole, vivano il valore irrinunciabile della comunione[71].
87. La Federazione è costituita da più monasteri autonomi che hanno affinità di spirito e di tradizioni e, anche se non sono configurate necessariamente secondo un criterio geografico, per quanto possibile, non devono essere geograficamente troppo distanti[72].
88. La Santa Sede ha la competenza esclusiva di erigere, sospendere, unire e sopprimere le Federazioni[73] dei monasteri di monache.
89. Parimenti la Santa Sede ha la competenza esclusiva di ascrivere un monastero autonomo ad una Federazione o permettere il passaggio di un monastero da una Federazione ad un’altra del medesimo Istituto.
90. La Federazione dei monasteri di monache, per la fonte da cui deriva e per l’autorità da cui direttamente dipende ed è retta, è di diritto pontificio, a norma del diritto canonico.
91. Gli Statuti della Federazione devono essere conformi non solo a quanto stabilito dalla presente Istruzione, ma anche alla natura, alle leggi, allo spirito e alle tradizioni dell’Istituto di appartenenza.
92. La Federazione, a norma di questa Istruzione e dei propri Statuti, nella peculiarità del proprio carisma, promuove la vita contemplativa nei monasteri, garantisce l’aiuto nella formazione iniziale e permanente, come pure lo scambio di monache e di beni materiali[74].
93. A norma di quanto disposto nella Costituzione apostolica Vultum Dei quaerere, tutti i monasteri inizialmente devono entrare in una Federazione. Un monastero, per ragioni speciali, oggettive e motivate, con il voto del capitolo conventuale può chiedere alla Santa Sede di essere dispensato da tale obbligo. La concessione di tale dispensa e riservata alla Santa Sede[75]. Un monastero, per cause oggettive e motivate, con il voto del capitolo conventuale può chiedere alla Santa Sede di non appartenere più ad una Federazione. Alla Santa Sede compete fare un adeguato discernimento prima di concedere l’uscita da una Federazione.
94. Ottenuta l’erezione canonica, la Federazione chiede il riconoscimento giuridico anche in ambito civile e pone la sede legale in uno dei monasteri appartenenti ad essa.
95. Diverse Federazioni di un medesimo Istituto, con l’approvazione della Santa Sede, possono costituire tra loro una ConFederazione[76] per dare indirizzo unitario ed un certo coordinamento all’attività delle singole Federazioni.
96. La Santa Sede può istituire o approvare per ogni Istituto una Commissione Internazionale con lo scopo di favorire lo studio di temi relativi alla vita contemplativa in relazione al proprio carisma[77].
97. La Federazione, legittimamente eretta, è una persona giuridica pubblica nella Chiesa e pertanto è capace di acquistare, possedere, amministrare e alienare beni temporali, mobili e immobili, che sono beni ecclesiastici, a norma del diritto universale e proprio.
98. Per tenere viva e rafforzare l’unione di monasteri, attuando una delle finalità della Federazione, viene favorita tra i monasteri una certa comunicazione di beni, coordinata dalla Presidente federale.
99. La comunicazione dei beni in una Federazione si attua mediante contributi, doni, prestiti che i monasteri offrono per altri monasteri che si trovano i difficoltà economiche e per le esigenze comuni della Federazione.
100. La Federazione ritiene i beni in suo possesso come mezzi necessari ed utili per conseguire i fini propri.
101. Ogni Federazione costituisce un fondo economico (cassa federale) per poter realizzare le finalità federative. Tale fondo serve a coprire le spese ordinarie della Federazione stessa e quelle relative alla formazione delle monache al livello federale, a sovvenire alle necessità di sussistenza e di salute delle monache, a mantenere gli edifici e a sostenere le nuove fondazioni.
102. Il fondo economico è alimentato dalle libere elargizioni dei monasteri, dalle offerte dei benefattori e da parte degli introiti provenienti dalle alienazioni dei beni dei monasteri soppressi, secondo quanto stabilito dalla presente Istruzione[78].
103. L’economia della Federazione è gestita dal Consiglio federale, presieduto dalla Presidente federale, che si avvale della collaborazione dell’Economa federale.
104. Nell’ambito dell’amministrazione ordinaria fanno spese e compiono atti di amministrazione validamente la Presidente federale e l’economa della Federazione nei confini del loro incarico.
105. Per le spese e gli atti di amministrazione straordinaria è necessaria l’autorizzazione del Consiglio federale e dell’Assemblea federale, a seconda del valore della somma, stabilita nel diritto proprio. Ogni Federazione nella Assemblea elettiva, fissa la somma a partire della quale è necessario avere l’autorizzazione del Consiglio federale e dell’Assemblea federale.
106. Se si tratta di negozio o di vendita il cui valore supera la somma fissata dalla Santa Sede per le singole regioni oppure di donazioni votive fatte alla Chiesa o di cose preziose per valore storico e artistico, si richiede inoltre la licenza della Santa Sede.
107. Per la validità della vendita e di qualunque altro negozio da cui la situazione patrimoniale della Federazione potrebbe subire un danno, si richiede la licenza scritta della Presidente federale con il consenso del Consiglio o dell’Assemblea federale, a seconda del valore del negozio, stabilito nel diritto proprio.
108. In deroga al can. 638, §4 CJC, per la validità dell’alienazione dei beni dei monasteri soppressi la Presidente della Federazione e il Consiglio federale, al di là del valore del bene da alienare, necessitano sempre ed unicamente della licenza scritta delle Santa Sede[79].
109. Salvo altra disposizione della Santa Sede[80], la Presidente della Federazione dispone dei proventi dell’alienazione dei beni dei monasteri totalmente estinti appartenenti alla Federazione, secondo quanto stabilito da questa Istruzione.
II. La Presidente federale
110. La Presidente della Federazione, eletta dall’Assemblea federale a norma degli Statuti della Federazione per un periodo di sei anni, non è una Superiora maggiore e, nell’esercizio del proprio servizio, agisce in forza di quanto le attribuisce la presente Istruzione[81] in conformità ad diritto universale e proprio.
111. In deroga al can. 628, §2, 1° CJC, la Presidente della Federazione, nel tempo stabilito, accompagna il Visitatore regolare nella visita canonica ai monasteri federati come convisitatrice[82] .
112. La Presidente della Federazione, quando si tratta della visita canonica alla comunità del proprio monastero, delegherà una Consigliera federale come convisitatrice del Visitatore regolare.
113. La Presidente della Federazione, ogni volta che la necessità lo richiede, può visitare le comunità dei monasteri federati accompagnata da una co-visitatrice, scelta a turno fra le Consigliere, e dall’Economa della Federazione.
114. Tutte le altre visite – materne o sororali – sono concordate con la Superiora del monastero.
115. La Presidente della Federazione, al termine della visita canonica, indica per iscritto alla Superiora maggiore del monastero le soluzioni più adatte ai casi e alle situazioni emerse durante la visita e del tutto informa la Santa Sede.
116. La Presidente della Federazione, durante la visita canonica, verifica come le materie, contenute nei punti elencati al n. 12 e sviluppati nei nn. 13-35 della Costituzione Apostolica Vultum Dei quaerere, sono vissute[83] e se le norme applicative inerenti, decise nelle Assemblee federali, sono osservate.
117. La Presidente della Federazione vigila particolarmente sulla formazione iniziale e permanente nei monasteri, come questa sia conforme al carisma del proprio Istituto, di modo che ogni comunità sia come un faro che illumina il cammino degli uomini e delle donne del nostro tempo[84]. Alla fine della visita informerà la Santa Sede sulle reali possibilità che il monastero ha di assicurare o meno la formazione iniziale.
118. La formazione delle formatrici e delle loro collaboratrici è affidata in parte ai monasteri e in parte alla Federazione, pertanto la Presidente della Federazione è chiamata a potenziare la formazione a livello federale[85] e ad esigere la partecipazione di quante esercitano il servizio della formazione; se ciò non dovesse avvenire deferisce la cosa alla Santa Sede.
119. La Presidente della Federazione mette in atto la formazione prevista dall’Assemblea federale per coloro che sono chiamate ad esercitare il servizio dell’autorità[86] e ne esige la partecipazione; se ciò non dovesse avvenire deferisce la cosa alla Santa Sede.
120. La Presidente della Federazione, sentito il parere del Consiglio Federale, sceglie i luoghi più adeguati dove tenere i corsi specifici di formazione delle formatrici e delle loro collaboratrici, come pure per coloro che sono chiamate ad esercitare il servizio dell’autorità, stabilendo la durata di tali corsi in maniera tale che non siano a detrimento delle esigenze della vita contemplativa[87] e comunitaria.
121. Quando un monastero autonomo non possiede più una reale autonomia di vita[88] spetta alla Presidente della Federazione riferire la cosa alla Santa Sede.
122. Quando la Superiora maggiore di un monastero nega ad una monaca il consenso per il passaggio ad altro monastero del medesimo Istituto, la Presidente della Federazione, fatto il dovuto discernimento con il suo Consiglio sulla cosa, ne dà comunicazione alla Santa Sede, che decide il da farsi.
III. Il Consiglio federale
123. Il Consiglio federale è composto da quattro consigliere elette dall’Assemblea federale fra tutte le monache professe solenni dei monasteri della Federazione e rimane in carica per sei anni.
124. Il Consiglio federale ha competenza solo su quanto gli è attribuito dalla presente Istruzione[89] ed eventualmente stabilito negli Statuti, tuttavia la Presidente della Federazione può consultarlo ogni volta che lo ritiene opportuno.
125. Il Consiglio federale è consultato dalla Presidente della Federazione al termine di ogni visita canonica prima di inviare per iscritto alla Superiora maggiore del monastero le soluzioni più adatte ai casi e alle situazioni emerse durante la visita stessa.
126. Il Consiglio federale esprime il suo parere nella scelta dei tempi e dei luoghi più adeguati dove tenere i corsi specifici di formazione delle formatrici e delle loro collaboratrici, come pure di coloro che sono chiamate ad esercitare il servizio dell’autorità.
127. Il Consiglio federale collabora con la Presidente della Federazione nella stesura della Relazione sullo stato della Federazione e dei singoli monasteri da inviare alla Santa Sede alla fine del sessennio.
128. Il Consiglio federale è consultato dalla Presidente della Federazione prima di inviare alla Santa Sede la richiesta di affiliazione o di soppressione di un monastero.
129. Il Consiglio federale dà il proprio consenso nella scelta della Formatrice federale che esplica e coordina la formazione iniziale comune[90]. Ugualmente, per cause gravi, esprime il proprio consenso per la rimozione della Formatrice federale.
130. In deroga al can. 686, §2 CJC, il Consiglio federale dà il proprio consenso per la richiesta dell’indulto di esclaustrazione di una monaca di voti solenni, dopo l’anno concesso dalla Superiora maggiore del monastero, fino al compimento dei tre anni[91].
131. Il Consiglio federale dà il proprio consenso per la richiesta di proroga dell’indulto di esclaustrazione di una monaca di voti solenni da richiedere alla Santa Sede[92]. La Presidente federale, prima di presentare la questione al Consiglio Federale, deve acquisire il parere scritto della Superiora maggiore della monaca professa di voti solenni che chiede la proroga dell’indulto, espresso collegialmente insieme al Consiglio del monastero, previo consenso dell’Ordinario del luogo dove la monaca dovrà dimorare, ed acquisito il parere del Vescovo diocesano o dell’Ordinario religioso competente.
132. Il Consiglio federale assume le funzioni del Consiglio del monastero autonomo quando quest’ultimo, mediante l’affiliazione, è affidato alla Presidente della Federazione nel processo di accompagnamento per la rivitalizzazione o per la soppressione del monastero[93].
IV. L’Assemblea federale
133. La comunione che esiste tra i monasteri si rende visibile nell’Assemblea federale, segno di unità nella carità, che ha principalmente il compito di tutelare tra i monasteri federati il patrimonio carismatico dell’Istituto e promuovere un adeguato rinnovamento che ad esso si armonizzi, salvo il fatto che nessuna Federazione di monasteri di monache o Confederazione di Federazioni rappresenta l’intero Istituto.
134. Partecipano di diritto all’Assemblea federale, la Presidente federale, le Consigliere federali, l’Economa federale, la Superiora maggiore e una Delegata di ciascun monastero autonomo federato, eletta dal capitolo conventuale; la Segretaria federale svolge unicamente la funzione di attuario.
135. L’Assemblea federale ordinaria è convocata ogni sei anni ed in essa si rinnovano le cariche federali.
136. L’Assemblea federale intermedia è convocata ogni tre anni per verificare i cammini realizzati e per adottare eventuali rimedi o cambiamenti in seno ad essi.
137. Se la necessità lo impone o la convenienza lo suggerisce, la Presidente federale, con il consenso del Consiglio federale, può convocare l’Assemblea federale straordinaria.
138. L’Assemblea federale, sia ordinaria che intermedia, è convocata dalla Presidente almeno sei mesi prima della scadenza del sessennio o del compimento del triennio.
139. L’Assemblea federale straordinaria è convocata dalla Presidente due mesi prima della sua celebrazione.
140. Venendo a cessare l’ufficio di Presidente federale, per morte o negli altri modi previsti dal diritto[94], la prima Consigliera convoca, entro un mese dalla vacanza dell’ufficio, l’Assemblea federale straordinaria, da celebrarsi entro due mesi dalla convocazione. In questo caso si procede nuovamente all’elezione delle Consigliere federali e dell’Economa federale.
141. L’Assemblea federale:
a) riceve la relazione della Presidente federale sullo stato della Federazione e dei singoli monasteri;
b) elegge la Presidente federale e il Consiglio federale;
c) elegge l’Economa federale;
d) tratta gli affari di maggiore importanza;
e) prende decisioni ed emana norme che tutte le monache sono tenute ad osservare, dopo l’approvazione definitiva della Santa Sede;
f) elabora per un sessennio i percorsi formativi comuni che ogni comunità si obbliga a realizzare;
g) promuove la realizzazione di nuove fondazioni e le modalità per attuarle, sia come singoli monasteri sia come Federazione;
h) individua un monastero come sede di formazione iniziale comune per i monasteri della Federazione[95];
i) stabilisce un progetto formativo per coloro che sono chiamate ad esercitare il servizio dell’autorità[96] e per le formatrici[97].
V. Uffici federali
142. L’amministrazione della Federazione è affidata all’Economa federale, eletta dall’Assemblea federale per sei anni.
143. L’Economa federale ha la responsabilità di eseguire quanto stabilito dal Consiglio Federale e collabora con la Presidente della Federazione, nel contesto della Visita regolare, nel verificare l’andamento economico dei singoli monasteri rilevandone le positività e le criticità, dati che devono apparire nella Relazione finale della visita.
144. La Segretaria federale è scelta dalla Presidente della Federazione e dura in carica sei anni, tale ufficio può essere svolto da una delle Consigliere federali.
145. La Segretaria federale, per quanto è possibile, risiede nel monastero prescelto quale sede legale della Federazione ed in esso custodisce i documenti e tiene aggiornato l’archivio della Federazione.
146. Su indicazione della Presidente della Federazione, la Segretaria federale stila l’ordine del giorno e convoca il Consiglio federale, durante il quale svolge funzione di attuario.
147. La Segretaria federale, su indicazione della Presidente della Federazione, prepara l’Assemblea federale.
148. La Formatrice federale[98] è nominata ad nutum dalla Presidente della Federazione con il consenso del Consiglio federale. La Formatrice federale può essere rimossa dal suo ufficio, per cause gravi, dalla Presidente della Federazione con il consenso del medesimo Consiglio.
VI. L’Assistente religioso
149. L’Assistente della Federazione, rappresenta la Santa Sede presso la Federazione, ma non presso i singoli monasteri che la compongono, e svolge il suo compito seguendo fedelmente le disposizioni relative al proprio ufficio ed eseguendo l’incarico ricevuto nei limiti della propria competenza.
150. L’Assistente della Federazione, poiché partecipa in una certa misura alla giurisdizione della Santa Sede, è un presbitero, nominato dalla Congregazione per gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica per una o per più Federazioni.
151. L’Assistente della Federazione non è un superiore maggiore e svolge il suo compito in spirito di collaborazione e di servizio nei confronti della Federazione favorendo la conservazione del genuino spirito dell’Istituto ed aiutando con il proprio Consiglio la Presidente nella conduzione della Federazione particolarmente nella formazione a livello federale e nella soluzione dei problemi economici di maggiore importanza.
152. La nomina dell’Assistente della Federazione è riservata alla Santa Sede ma la Federazione ha la facoltà di presentazione.
153. La nomina dell’Assistente è ad nutum Sanctae Sedis.
154. La Presidente della Federazione, nel tempo stabilito, è tenuta a presentare alla Santa Sede i nominativi di tre possibili candidati all’ufficio di Assistente della Federazione, allegando i risultati delle previe consultazioni delle comunità dei singoli monasteri della Federazione, il curriculum vitae di ciascun candidato, il parere proprio e quello del Consiglio della Federazione, il nulla-osta degli Ordinari dei candidati. La Santa Sede si riserva, nel modo ritenuto più opportuno e conveniente, di integrare le informazioni relative ai candidati all’ufficio di Assistente.
155. L’Assistente della Federazione deve trasmettere ogni anno una breve relazione sul proprio operato, sull’andamento della Federazione, segnalando eventuali situazioni particolari. A conclusione del suo mandato l’Assistente invia alla Congregazione per gli Istituti di vita consacrata e le società di vita apostolica una relazione maggiormente dettagliata sullo stato della Federazione.
CAPITOLO TERZO
LA SEPARAZIONE DAL MONDO
I. Nozione e rilevanza per la vita contemplativa
156. Partendo dal dettato codiciale[99], si ribadisce che la separazione dal mondo caratterizza la natura e le finalità degli Istituti di vita consacrata religiosi e corrisponde al dettato paolino di non conformarsi alla mentalità di questo secolo[100], fuggendo ogni forma di mondanità.
Per la vita religiosa, la clausura costituisce un obbligo comune a tutti gli Istituti[101] ed esprime l’aspetto materiale della separazione dal mondo – della quale, tuttavia, non ne esaurisce la portata – concorrendo a creare in ogni casa religiosa un’atmosfera ed un ambiente favorevoli al raccoglimento, necessari alla vita propria di ogni Istituto religioso ma particolarmente per quelli dediti alla contemplazione.
157. Nella vita contemplativa delle monache una particolare attenzione merita l’aspetto della separazione dal mondo per l’altissima stima che la comunità cristiana nutre verso questo genere di vita, segno dell’unione esclusiva della Chiesa-Sposa con il suo Signore, sommamente amato.
158. La vita delle monache contemplative, impegnate in modo precipuo nella preghiera, in modo da tenere il cuore rivolto costantemente verso il Signore, nell’ascesi e nel fervido progresso della vita spirituale, non è altro che un tendere alla Gerusalemme celeste, un’anticipazione della Chiesa escatologica, fissa nel possesso e nella contemplazione del volto di Dio.
159. La comunità del monastero di monache, posta come città sul monte e lucerna sul lucerniere[102], pur nella semplicità della sua vita, raffigura visibilmente la meta verso cui cammina l’intera comunità ecclesiale che, ardente nell’azione e dedita alla contemplazione, avanza sulle strade del tempo con lo sguardo fisso alla futura ricapitolazione di tutto in Cristo.
160. L’aspetto materiale della separazione dal mondo ha una manifestazione particolare nella clausura, che è il luogo dell’intimità della Chiesa sposa perché, alla luce della particolare vocazione e missione ecclesiale, la clausura delle contemplative risponde all’esigenza, avvertita come prioritaria, di stare con il Signore.
161. Con il nome di clausura si intende lo spazio monastico separato dall’esterno e riservato alle monache, nella quale solo in caso di necessità può essere ammessa la presenza di estranei. Deve essere uno spazio di silenzio e di raccoglimento dove possa svilupparsi la ricerca permanente del volto di Dio, secondo il carisma dell’Istituto.
162. La clausura evoca quella cella del cuore in cui ciascuno è chiamato a vivere l’unione con il Signore. Accolta come dono e scelta come libera risposta di amore, essa è il luogo della comunione spirituale con Dio ed il prossimo, dove la limitazione degli spazi e dei contatti opera a vantaggio dell’interiorizzazione dei valori evangelici[103].
163. La clausura non è solo un mezzo ascetico di immenso valore, ma è un modo di vivere la Pasqua di Cristo, come gioioso annuncio e anticipazione profetica della possibilità offerta ad ogni persona e all’umanità intera di vivere unicamente per Dio, in Cristo Gesù[104].
164. Nei monasteri di monache, la clausura deve intendersi in senso positivo come uno spazio per l’uso e l’intimità delle monache che vivono la vita contemplativa, uno spazio di vita domestica, familiare, all’interno del quale la comunità vive la vita fraterna nella sua dimensione più intima.
165. Nei monasteri di monache, la clausura, in senso privativo è da considerarsi come uno spazio da tutelare, per evitare l’accesso di estranei.
166. La modalità della separazione dall’esterno dello spazio esclusivamente riservato alle monache deve essere materiale ed efficace, non solo simbolica o spirituale. Compete al Capitolo conventuale del monastero determinare la modalità di separazione dall’esterno.
167. Ogni monastero è tenuto a mantenere con ogni sollecitudine la sua fisionomia principalmente o prevalentemente contemplativa, impegnandosi in modo particolare a creare e a vivere un ambito di silenzio esteriore ed interiore nella preghiera[105], nell’ascesi e nel fervido progresso spirituale, nell’accurata celebrazione della liturgia, nella vita fraterna in comune, nell’osservanza regolare e nella disciplina della separazione dal mondo.
II. I mezzi di comunicazione
168. La normativa circa i mezzi di comunicazione sociale, in tutta la varietà in cui oggi si presenta, mira alla salvaguardia del raccoglimento e del silenzio: si può, infatti, svuotare il silenzio contemplativo quando si riempie la clausura di rumori, di notizie e di parole. Il raccoglimento e il silenzio è di grande importanza per la vita contemplativa in quanto “spazio necessario di ascolto e di ruminatio della Parola e presupposto per uno sguardo di fede che colga la presenza di Dio nella storia personale e in quella delle sorelle […] e nelle vicende del mondo”[106].
169. Tali mezzi pertanto devono essere usati con sobrietà e discrezione, non solo riguardo ai contenuti ma anche alla quantità delle informazioni e al tipo di comunicazione, “affinché siano al servizio della formazione alla vita contemplativa e delle comunicazioni necessarie, e non occasione di dissipazione o di evasione della vita fraterna in fraternità, né danno per la vostra vocazione, né ostacolo per la vostra vita interamente dedita alla contemplazione”[107].
170. L’uso dei mezzi di comunicazione, per motivo di informazione, di formazione o di lavoro, può essere consentito nel monastero, con prudente discernimento, ad utilità comune, secondo le disposizioni del Capitolo conventuale contenute nel progetto comunitario di vita.
171. Le monache curano la doverosa informazione sulla Chiesa e sul mondo, non con la molteplicità delle notizie, ma sapendo coglierne l’essenziale alla luce di Dio, per portarle nella preghiera in sintonia con il cuore di Cristo.
III. La clausura
172. Ogni singolo monastero di monache o Congregazione monastica femminile, a norma del can 667, §3 CJC e della presente Istruzione, segue la clausura papale o la definisce nelle Costituzioni o in altro codice del diritto proprio, nel rispetto della propria indole[108].
173. Il Vescovo diocesano o l’Ordinario religioso vigilano sull’osservanza della clausura nei monasteri affidati alla loro rispettiva cura, aiutando la Superiora, alla quale ne spetta la custodia immediata.
174. In deroga a quanto disposto dal can. 667, §4 CJC, il Vescovo diocesano, come pure l’Ordinario religioso, non interviene nella concessione della dispensa dalla clausura[109].
175. In deroga a quanto disposto dal can. 667, §4 CJC, la dispensa dalla clausura spetta unicamente alla Superiora maggiore la quale, nel caso in cui tale dispensa supera i quindici giorni, può concederla solo dopo aver ottenuto il consenso del suo Consiglio[110].
176. Abrogata la limitazione presente nell’Istruzione Verbi Sponsa[111], per giusta causa la Superiora maggiore, a norma del can. 665, § 1 CJC, con il consenso del suo Consiglio, può autorizzare l’assenza dal monastero della monaca professa di voti solenni non per più di un anno, sentito il Vescovo diocesano o l’Ordinario religioso competente.
177. In deroga al can. 686, §2 CJC, la Superiora maggiore, con il consenso del suo Consiglio, può concedere l’indulto di esclaustrazione ad una monaca professa di voti solenni, non per più di un anno, previo consenso dell’Ordinario del luogo dove la monaca dovrà dimorare, dopo aver acquisito il parere del Vescovo diocesano o dell’Ordinario religioso competente[112] .
178. In deroga al can. 686, §2 CJC, una proroga dell’indulto di esclaustrazione può essere concessa dalla Presidente federale, con il consenso del suo Consiglio, alla monaca professa di voti solenni di un monastero della Federazione per un tempo non superiore a due anni[113].
179. Per tale concessione la Presidente federale, prima di presentare la questione al Consiglio Federale, deve acquisire il parere scritto della Superiora maggiore della monaca professa di voti solenni che chiede la proroga dell’indulto, espresso collegialmente insieme al Consiglio del monastero, previo consenso dell’Ordinario del luogo dove la monaca dovrà dimorare, ed acquisito il parere del Vescovo diocesano o dell’Ordinario religioso competente.
180. Ogni ulteriore proroga dell’indulto di esclaustrazione è riservata unicamente alla Santa Sede[114].
181. Durante la visita canonica i Visitatori sono tenuti a verificare l’osservanza di tutti gli elementi propri della vita contemplativa come descritti nella Costituzione Vultum Dei quaerere[115] con particolare riferimento all’aspetto della separazione dal mondo.
182. La Chiesa, per l’altissima stima che nutre verso la loro vocazione, incoraggia le monache a vivere fedelmente e con senso di responsabilità lo spirito e la disciplina della clausura per promuovere nella comunità un proficuo e completo orientamento verso la contemplazione di Dio Uno e Trino.
IV. La clausura papale
183. La clausura papale, instaurata nel 1298 da Bonifacio VIII, è quella “conforme alle norme date dalla Sede Apostolica”[116] ed esclude compiti esterni di apostolato.
184. Se Pio XII l’aveva distinta in clausura papale maggiore e minore[117] il Codice di Diritto Canonico riconosce un solo tipo di clausura papale, che è osservata nei monasteri di monache interamente dedite alla vita contemplativa[118].
185. La clausura papale, per le monache, ha il significato di un riconoscimento di specificità della vita interamente contemplativa che, sviluppando singolarmente la spiritualità delle nozze con Cristo, diviene segno e realizzazione dell’unione esclusiva della Chiesa Sposa con il suo Signore.
186. Una reale separazione dal mondo, maggiormente segnata dal silenzio e dalla solitudine[119], esprimono e tutelano l’integrità e l’identità della vita interamente contemplativa, perché sia fedele al suo carisma specifico e alle sane tradizioni dell’Istituto.
187. La vita interamente contemplativa, per essere ritenuta di clausura papale, deve essere fondamentalmente ordinata al conseguimento dell’unione con Dio nella contemplazione.
188. Un Istituto viene ritenuto di vita interamente contemplativa se:
a) i suoi membri orientano tutta l’attività, interiore ed esteriore, all’intensa e continua ricerca dell’unione con Dio nel monastero e alla contemplazione del suo volto;
b) esclude compiti esterni e diretti di apostolato e, ordinariamente, la partecipazione fisica ad eventi e a ministeri della comunità ecclesiale. Detta partecipazione, previo consenso del Capitolo conventuale, deve essere consentita soltanto per particolari occasioni dal vescovo diocesano o dall’Ordinario religioso del monastero;
c) attua la separazione dal mondo, secondo modalità concrete stabilite dal Capitolo conventuale, in modo radicale, concreto ed efficace e non semplicemente simbolico, a norma del diritto universale e proprio, in linea con il carisma dell’Istituto.
V. Normativa circa la clausura papale
189. Data la varietà degli Istituti dediti a vita interamente contemplativa e delle loro tradizioni, oltre a quanto stabilito nella presente Istruzione, alcune modalità della separazione dal mondo vengono lasciate alle Costituzioni o ad altri codici del diritto proprio dell’Istituto che, in linea con il proprio carisma, possono anche stabilire norme più severe circa la clausura, che devono essere approvate dalla Sede Apostolica.
190. La legge della clausura papale si estende all’abitazione e a tutti gli spazi, interni ed esterni del monastero riservati esclusivamente alle monache nel quale solo in caso di necessità può essere ammessa la presenza di estranei. Deve essere uno spazio di silenzio e di raccoglimento, facilitato dall’assenza di opere esterne, dove possa svilupparsi con maggiore facilità la ricerca permanente del volto di Dio, secondo il carisma dell’Istituto.
191. La partecipazione di fedeli alle celebrazioni liturgiche nella chiesa o oratorio del monastero oppure alla lectio divina non consente l’uscita delle monache dalla clausura papale né l’ingresso dei fedeli nel coro delle monache, salvo casi particolari a giudizio del Capitolo conventuale.
192. In forza della legge della clausura papale le monache, le novizie e le postulanti devono vivere all’interno della clausura del monastero, e non è loro lecito uscirne, tranne nei casi contemplati dal diritto né è lecito ad alcuno entrare nell’ambito della clausura del monastero, eccettuati i casi previsti.
193. Nei monasteri di vita interamente contemplativa, la normativa sulla separazione dal mondo delle suore esterne, se contemplate dalle Costituzioni o da altri codici del diritto proprio dell’Istituto, è definita dal diritto particolare.
194. La concessione della licenza di entrare e di uscire dalla clausura papale richiede sempre una giusta causa, dettata cioè da vera necessità delle singole monache o del monastero: è questa un’esigenza di tutela delle condizioni richieste per la vita interamente contemplativa e, da parte delle monache, di coerenza con la scelta vocazionale.
195. Dove è consuetudine, l’uso di annotare in un libro gli ingressi e le uscite può essere conservato, a discrezione del Capitolo conventuale, anche come contributo alla conoscenza della vita e della storia del monastero.
196. Spetta alla Superiora maggiore del monastero la custodia immediata della clausura, garantire le condizioni concrete della separazione dal mondo e promuovere, all’interno del monastero, l’amore per il silenzio, il raccoglimento e la preghiera.
197. Spetta alla Superiora maggiore esprimere il giudizio sull’opportunità degli ingressi e delle uscite dalla clausura papale, valutandone con prudente discrezione la necessità, alla luce della vocazione interamente contemplativa, secondo quanto stabilito dalle Costituzioni o da altro testo del diritto proprio e disposto dalla presente Istruzione.
198. Spetta alla Superiora maggiore del monastero con clausura papale nominare una monaca professa di voti solenni per il servizio della portineria e, se il diritto proprio non contempla la presenza di suore esterne, di permettere ad una sorella di compiere i servizi propri delle suore esterne per un periodo limitato di tempo.
199. All’intera comunità compete l’obbligo morale della tutela, della promozione e dell’osservanza della clausura papale, in modo che motivazioni secondarie o soggettive non prevalgano sul fine che tale tipo di separazione si propone.
200. L’uscita dalla clausura papale, salvo indulti particolari della Santa Sede o in caso di pericolo, viene permessa dalla Superiora maggiore nei casi ordinari, riguardanti la salute delle monache, l’assistenza delle monache inferme, la partecipazione a corsi o riunioni di formazione iniziale e permanente organizzati dalla Federazione o da altro monastero, l’esercizio dei diritti civili e quelle necessità del monastero a cui non si può provvedere in altro modo.
201. Per inviare le novizie o le professe di voti temporanei, quando fosse necessario, a compiere parte della formazione in un altro monastero dell’Istituto, così come per effettuare trasferimenti temporanei o definitivi ad altri monasteri dello stesso Istituto, la Superiora maggiore esprime il suo consenso, con l’intervento del Consiglio o del Capitolo conventuale a norma delle Costituzioni o di altro codice del diritto proprio.
202. L’ingresso nella clausura papale è permesso, salvo indulti particolari della Santa Sede, ai Cardinali, i quali possono portare con sé qualcuno che li accompagni, ai Nunzi e ai Delegati Apostolici nei luoghi soggetti alla loro giurisdizione, ai Visitatori durante la Visita canonica, al Vescovo diocesano[120], all’Ordinario religioso competente, e a altre persone a giudizio della Superiora maggiore e per giusta causa.
203. Inoltre, l’ingresso nella clausura papale è permesso, previa licenza della Superiora:
– al presbitero per amministrare i Sacramenti alle inferme, per assistere quelle che sono a lungo o gravemente ammalate, per celebrare talvolta per loro la Santa Messa, per le processioni liturgiche e i funerali;
– a coloro i cui lavori o competenze sono necessari per curare la salute delle monache, per la formazione e per provvedere ai bisogni del monastero;
– alle proprie aspiranti e alle monache di passaggio, anche di altri Istituti di vita contemplativa.
VI. La clausura definita nelle Costituzioni
204. I monasteri che associano alla vita contemplativa qualche attività a beneficio del popolo di Dio o praticano forme più ampie di ospitalità in linea con la tradizione del proprio Istituto, definiscono la loro clausura nelle Costituzioni o in altro codice del diritto proprio.
A. Clausura costituzionale
205. La clausura costituzionale, che ha sostituito nel Codice di Diritto Canonico la clausura papale minore di Pio XII, è un tipo di clausura rivolto a monache che professano la vita contemplativa associando “qualche legittima opera di apostolato o di carità cristiana”[121].
206. Con il nome di clausura costituzionale si intende lo spazio monastico separato dall’esterno che, come minimo, deve comprendere quella parte del monastero, degli orti e dei giardini riservati esclusivamente alle monache, nella quale solo in caso di necessità può essere ammessa la presenza di estranei. Deve essere uno spazio di silenzio e di raccoglimento, dove possa svilupparsi la ricerca permanente del volto di Dio, secondo il carisma dell’Istituto, in considerazione delle opere di apostolato o di carità esercitate dalle monache.
207. Questo tipo di clausura, “adatto all’indole propria e definita dalle Costituzioni“[122] viene approvato dalla Sede Apostolica che approva le Costituzioni o altro codice del diritto proprio dell’Istituto.
B. Clausura monastica
208. Alle espressioni clausura papale e clausura costituzionale, conosciute dal Codice di Diritto Canonico, San Giovanni Paolo II nell’esortazione apostolica postsinodale Vita Consacrata[123] ne aveva aggiunta una terza, la clausura monastica.
209. Prima di Vita Consacrata tale espressione era stata usata per definire la clausura dei monaci[124], più rigorosa di quella comune a tutti i religiosi[125], ma meno rigida di quella papale e paragonabile, sotto certi aspetti, alla clausura costituzionale delle monache.
210. Per i monasteri di monache contemplative, la clausura monastica, pur conservando il carattere di una più rigorosa disciplina rispetto a quella comune, permette di associare alla funzione primaria del culto divino forme più ampie di accoglienza e di ospitalità[126].
211. La clausura monastica, in quanto descritta nelle Costituzioni o in altro codice del diritto proprio, è una peculiare espressione della clausura costituzionale.
VII. Normativa circa la clausura costituzionale
212. Compete alla Superiora maggiore del monastero, con il consenso del suo Consiglio, determinare per scritto chiaramente l’ambito della clausura costituzionale, delimitarlo e modificarlo per giusta causa.
213. In forza della legge della clausura costituzionale le monache, le novizie e le postulanti devono vivere all’interno della clausura del monastero, e non è loro lecito uscirne, tranne nei casi contemplati dal diritto, né è lecito ad alcuno entrare nell’ambito della clausura del monastero al di fuori dei casi previsti e senza il permesso della superiora.
214. La partecipazione di fedeli alle celebrazioni liturgiche nella chiesa o nell’oratorio del monastero oppure alla lectio divina in altro luogo adatto del monastero consente l’uscita delle monache dalla clausura costituzionale rimanendo nell’ambito dello stesso monastero mentre resta sempre proibito l’ingresso dei fedeli nella parte della casa soggetta a detto tipo di clausura.
215. Ogni monaca ne è corresponsabile e deve contribuire, con grande stima del silenzio e della solitudine, a far sì che la regolamentazione esteriore della clausura costituzionale conservi quel fondamentale valore interiore, attraverso il quale la clausura è fonte di vita spirituale e testimonianza della presenza di Dio.
216. Possono entrare nell’ambito della clausura costituzionale, con il consenso della Superiora maggiore del monastero:
a) le persone necessarie al servizio della comunità da un punto di vista spirituale, formativo e materiale;
b) le monache di altre comunità, che siano di passaggio o ospiti nel monastero;
c) le giovani in ricerca vocazionale.
217. La Superiora maggiore del monastero può permettere le uscite dalla clausura costituzionale per giusta causa, tenendo conto delle indicazioni date dalla presente Istruzione.
218. La Superiora maggiore del monastero con clausura costituzionale nomina monache per il servizio della portineria e della foresteria ed autorizza alcune monache a lavorare nelle opere o nei laboratori del monastero posti fuori dell’ambito della clausura, regolandone la permanenza fuori di essa.
CAPITOLO QUARTO
LA FORMAZIONE
219. La monaca diviene con pieno diritto membro della comunità del monastero sui juris e partecipe dei suoi beni spirituali e temporali con la professione dei voti solenni, libera e definitiva risposta all’appello dello Spirito Santo.
220. Le candidate si dispongono alla professione solenne passando per le varie tappe della vita monastica, durante le quali ricevono una formazione adeguata e, sebbene in grado diverso, fanno parte della comunità del monastero.
I. Principi generali
221. La formazione nella vita monastica contemplativa si fonda nell’incontro personale con il Signore. Ha inizio con la chiamata di Dio e la decisione di ciascuna di seguire, secondo il proprio carisma, le orme di Cristo, come sua discepola, sotto l’azione dello Spirito Santo.
222. Pur restando importante l’acquisizione di conoscenze, la formazione nella vita consacrata, e particolarmente nella vita monastica contemplativa, consiste soprattutto nell’identificazione con Cristo. Si tratta, infatti, di “una progressiva assimilazione dei sentimenti di Cristo verso il Padre”[127], fino a poter dire con san Paolo: “per me, vivere è Cristo”[128].
223. Sia le candidate che le monache devono avere presente che nel processo formativo non si tratta tanto di acquisire nozioni, quanto “di conoscere l’amore di Cristo che supera ogni conoscenza”[129]. Tutto ciò fa si che il processo formativo duri tutta la vita e ogni monaca si senta sempre in formazione.
224. La formazione in quanto processo continuo di crescita e di conversione che coinvolge tutta la persona, deve favorire lo sviluppo della dimensione umana, cristiana e monastica delle candidate e delle monache, vivendo radicalmente il Vangelo, in modo tale che la propria vita diventi una profezia.
225. La formazione alla vita monastica contemplativa deve essere integrale, cioè tener conto della persona nella sua totalità perché sviluppi armonicamente le proprie doti psichiche, morali, affettive e intellettuali e si inserisca attivamente nella vita comunitaria. Nessuna di queste dimensioni della persona deve restare esclusa dall’ambito della formazione sia iniziale che permanente o continua.
226. La formazione monastica contemplativa deve essere organica, graduale e coerente nelle sue diverse tappe, in quanto è chiamata a promuovere lo sviluppo della persona in modo armonico e progressivo, nel pieno rispetto della singolarità di ciascuna.
227. Sotto l’azione dello Spirito Santo, sia le candidate che le monache sono le protagoniste principali della propria formazione e le responsabili nell’assumere e interiorizzare tutti i valori della vita monastica.
228. Per tale motivo, il processo formativo deve essere attento all’unicità di ogni sorella e al mistero che reca in sé e ai suoi doni particolari, per favorire la sua crescita mediante la conoscenza di sé e la ricerca della volontà di Dio.
229. Nella formazione iniziale, riveste particolare importanza la figura della formatrice. Infatti, anche se “Dio Padre è il formatore per eccellenza”, però “in questa opera artigianale si serve di mediazioni umane” tra le quali si trovano le formatrici, “la cui missione principale è quella di mostrare la bellezza della sequela del Signore ed il valore del carisma in cui essa si compie”[130].
230. È responsabilità del singolo monastero e della Federazione avere particolare attenzione alla scelta delle formatrici e curare la loro formazione[131].
II. La formazione permanente
231. Per formazione permanente o continua si intende un itinerario di tutta la vita[132], sia personale sia comunitario, “che deve portare alla configurazione al Signore Gesù e all’assimilazione dei suoi sentimenti nella sua totale oblazione al Padre”[133]. È quindi un processo di continua conversione del cuore, “esigenza intrinseca della consacrazione religiosa”[134], ed esigenza di fedeltà creativa alla propria vocazione. La formazione permanente o continua è l’humus della formazione iniziale[135].
232. In quanto tale, la formazione permanente o continua deve essere considerata come prioritaria sia nel progetto di vita comunitario, sia nel progetto di vita di ciascuna monaca.
233. Lo scopo della formazione permanente è quello di nutrire e custodire la fedeltà, sia della singola monaca che della comunità, e portare a compimento quanto iniziato nella formazione iniziale, perché la persona consacrata possa esprimere in pienezza il proprio dono nella Chiesa, secondo un carisma specifico.
234. Ciò che caratterizza questa tappa rispetto alle altre è la mancanza di mete ulteriori a breve termine, e questo può causare un impatto a livello psicologico: non c’è più nulla a cui prepararsi, ma solo un quotidiano da vivere nel dono pieno di sé al Signore e alla Chiesa.
235. La formazione permanente avviene nel contesto della vita quotidiana: nella preghiera e nel lavoro, nel mondo delle relazioni, particolarmente nella vita fraterna in comunità, e nel rapporto con l’esterno, secondo la vocazione contemplativa.
236. La formazione permanente coltiva la capacità spirituale, dottrinale e professionale, l’aggiornamento e la maturazione della contemplativa, in modo che possa svolgere in maniera sempre più adeguata il suo servizio al monastero, alla Chiesa e al mondo, secondo la propria forma di vita e le indicazioni della Costituzione Apostolica Vultum Dei quaerere.
237. Ogni monaca è incoraggiata ad assumere la responsabilità della propria crescita umana, cristiana e carismatica, attraverso il progetto di vita personale, il dialogo con le sorelle della comunità monastica, e in particolare con la sua Superiora maggiore, cosi come attraverso la direzione spirituale e gli appositi studi contemplati negli Orientamenti per la vita monastica contemplativa.
238. Ogni comunità insieme al progetto comunitario è chiamata ad elaborare un programma di formazione permanente sistematico ed integrale, che, abbracci tutta l’esistenza della persona[136]. Detto programma sarà strutturato tenendo conto delle diverse stagioni della vita[137] e dei diversi servizi esercitati dalle monache, particolarmente dalle superiore e dalle formatrici[138].
239. La Superiora maggiore promuove la formazione permanente della comunità mediante il Capitolo conventuale, i giorni di ritiro, gli esercizi spirituali annuali, la condivisione della Parola di Dio, periodiche revisioni di vita, ricreazioni in comune, giornate di studio, dialogo personale con le sorelle, incontri fraterni.
240. È responsabilità della Superiora maggiore e di ogni membro della comunità assicurare che la vita fraterna sia formativa e aiuti ogni sorella nel suo cammino verso la totale configurazione con Cristo, fine ultimo di tutto il processo formativo[139] e a manifestare in ogni momento della sua vita “la piena e gioiosa appartenenza a Cristo”[140].
241. Fermo restando che la sede ordinaria della formazione permanente è il proprio monastero e che la vita fraterna deve favorire il cammino formativo delle sorelle[141] , per assicurare una più adeguata formazione permanente o continua è caldamente consigliata la collaborazione tra diverse comunità monastiche, usando i mezzi di comunicazione opportuni[142].
III. Strumenti di formazione permanente
242. Sicuramente il primo strumento di formazione permanente per tutti i consacrati, ancor più per le contemplative, è la cura della vita di preghiera: liturgie curate e dignitose, secondo la possibilità della comunità; fedeltà ai momenti di preghiera personale, per garantire quello spazio dove poter intessere una relazione intima con il Signore; cura del rapporto con la Parola, attraverso la lectio personale e la collatio comunitaria, quando possibile[143].
243. Cura e attenzione al sacramento della riconciliazione e alla direzione spirituale, nell’attenzione alla scelta di confessori preparati a sostenere ed accompagnare il cammino di una comunità di vita contemplativa con riservatezza, sapienza e prudenza [144].
244. La formazione intellettuale va garantita attraverso un progetto stabilito dalla comunità che tenga conto possibilmente del livello culturale di tutte, perché tutte possano raccogliere qualcosa di utile al proprio cammino.
245. Utili e importanti sono anche i corsi di formazione comuni a più monasteri della stessa famiglia carismatica[145], dunque corsi federali o inter-federali, senza però dimenticare che “la formazione, specie quella permanente…, ha il suo humus nella comunità e nella vita quotidiana”[146].
246. Un clima di relazioni fraterne autentiche, improntate a vera carità e bontà, è fondamentale per consentire ad ogni membro della comunità un proprio spazio di vita e di espressione.
247. È compito di ciascuna trovare un giusto equilibrio nel dono di sé attraverso il lavoro, perché quest’ultimo sia vissuto come un servizio sereno e gioioso a Dio e alla comunità. È compito però anche della comunità l’attenzione a che nessuna sia gravata da lavori particolarmente pesanti, che assorbano le energie della mente e del corpo, a danno della vita spirituale. Il lavoro in quanto tale può essere un modo di mettere a frutto i propri talenti e dunque un aiuto per l’espressione della bellezza della persona; diventa pericoloso quando sia assolutizzato e catturi l’attenzione a detrimento dello spirito[147].
248. Non vanno trascurati i mezzi ascetici che sono di tradizione di ciascuna spiritualità, come modo di arginare gli istinti della propria natura e convogliarli verso il servizio al regno secondo il proprio carisma[148].
249. Anche la debita informazione di ciò che accade nel mondo è mezzo importante per ravvivare la consapevolezza e la responsabilità della propria missione apostolica pertanto la si curi attraverso i mezzi di comunicazione, nell’attenzione ad usarli con prudenza e discrezione, perché questo non sia a danno della vita contemplativa[149].
IV. La formazione iniziale
250. La formazione iniziale è il tempo privilegiato in cui le sorelle candidate alla vita monastica contemplativa, con uno speciale accompagnamento della formatrice e della comunità, vengono iniziate alla sequela di Cristo, secondo un determinato carisma, assumendo e integrando progressivamente i loro particolari doni personali con i valori autentici e caratteristici della propria vocazione.
251. La formazione iniziale è strutturata in tre tappe consecutive: il postulantato, il noviziato ed il tempo della professione temporanea o juniorato, precedute dall’aspirantato, nelle quali le candidate crescono e maturano fino ad assumere definitivamente la vita monastica in un determinato Istituto.
252. Nella formazione iniziale è di grande importanza che tra le varie tappe ci sia armonia e gradualità di contenuti. È ugualmente importante che tra la formazione iniziale e la formazione permanente o continua ci sia continuità e coerenza, affinché si crei nel soggetto “la disponibilità a lasciarsi formare in ogni giorno della sua vita”[150].
253. Tenendo presente che la persona si costruisce molto lentamente e che la formazione dovrà essere attenta a radicare nel cuore “i sentimenti di Cristo verso il Padre”[151] e i valori umani, cristiani e carismatici propri, “alla formazione iniziale si deve riservare uno spazio di tempo sufficientemente ampio”[152], “non inferiore a nove anni, e né superiore a dodici”[153].
254. Durante questo tempo si metta in atto “un discernimento sereno e libero dalle tentazioni del numero e dell’efficienza”[154]. Inoltre in ogni monastero si deve prestare speciale attenzione al discernimento spirituale e vocazionale, assicurando alle candidate un accompagnamento personalizzato e promuovendo itinerari formativi adeguati[155], prestando particolare attenzione a che la formazione sia veramente integrale – umana, cristiana e carismatica – e tocchi tutte le dimensioni della persona.
255. La costituzione di comunità monastiche internazionali e multiculturali manifesta l’universalità di un carisma, pertanto l’accoglienza di vocazioni provenienti da altri Paesi deve essere oggetto di adeguato discernimento.
256. Uno dei criteri di accoglienza è dato dalla prospettiva di diffondere un domani la vita monastica in chiese particolari dove questa forma della sequela di Cristo non è presente.
257. Si deve tuttavia assolutamente evitare il reclutamento di candidate da altri Paesi al solo scopo di salvaguardare la sopravvivenza del monastero[156].
258. Ogni monastero sui juris, dal momento della sua erezione è sede di noviziato e di formazione, iniziale e permanente o continua[157].
259. Nel caso in cui, nell’ambito della visita canonica, risulti che il singolo monastero sui juris non possa garantire una formazione di qualità, la formazione iniziale deve essere curata in altro monastero della Federazione o nella sede di formazione iniziale comune a vari monasteri[158] .
260. Il monastero fondato, ma non ancora canonicamente eretto, ed il monastero affiliato sono solo sede di formazione permanente o continua.
261. Il monastero fondato, ma non ancora canonicamente eretto, può essere sede di noviziato e sede di formazione iniziale, se si danno le condizioni stabilite nella presente Istruzione a riguardo della formazione.
A. Aspirantato
262. L’aspirantato, considerato una prima conoscenza del monastero da parte della candidata e della candidata da parte della comunità del monastero, comporta una serie di contatti e tempi di esperienza in comunità, anche prolungati. Questa conoscenza sarà utile anche per colmare in questa fase eventuali lacune nel cammino di formazione umana e religiosa.
263. Compete alla Superiora maggiore con il suo Consiglio, tenendo conto di ogni singola candidata, stabilire i tempi e le modalità che l’aspirante trascorrerà in comunità e fuori del monastero.
264. Il Signore Gesù ha insegnato che chi intraprende un’azione importante deve prima ben ponderare se ha “il necessario per portare a termine l’impresa”[159]. Per questo chi pensa di iniziare il cammino della vita contemplativa trascorra un certo tempo nella riflessione circa le sue reali capacità e fare una prima verifica personale della autenticità della propria chiamata alla vita monastica contemplativa.
265. Avere “il necessario” significa possedere le doti naturali e psicologiche, una normale apertura agli altri, equilibrio psichico, spirito di fede e volontà ferma, che rendono possibile trascorrere la vita in comunità, nella continenza, nell’obbedienza, nella povertà e nella clausura.
266. Senza queste doti iniziali non si può pensare, né da parte dell’aspirante né da parte della comunità che accoglie, che vi sia la vocazione alla vita monastica e contemplativa. Pertanto, durante tutta la formazione iniziale, ma particolarmente durante l’aspirantato, si deve prestare una particolare attenzione alla dimensione umana.
267. Durante questo tempo, l’aspirante è affidata dalla Superiora maggiore a una sorella professa solenne perché possa essere accompagnata ed orientata nella scelta vocazionale.
268. L’aspirantato, della durata minima di dodici mesi, può essere prolungato secondo le necessità a discrezione della Superiora maggiore, sentito il suo Consiglio, ma non oltre due anni.
B. Postulantato
269. Il postulantato è una tappa necessaria per l’adeguata preparazione al noviziato[160], durante la quale la candidata conferma la propria determinazione a convertirsi attraverso un progressivo passaggio della vita secolare alla vita monastica contemplativa.
270. Durante questo tempo, la postulante deve essere gradualmente introdotta al processo di assimilazione degli gli elementi fondamentali della vita monastica contemplativa.
271. Il postulantato comporta un’esperienza più diretta e concreta della vita in comunità secondo un carisma specifico.
272. Prima di ammettere un’aspirante al postulantato si deve esaminare il suo stato di salute, se ha maturità confacente alla sua età, se ha l’indole adatta, se è socievole, solida nella dottrina e nella pratica cristiana, se aspira alla vita monastica con sincera intenzione, cercando in ogni momento il volto di Dio.
273. La postulante deve essere affidata alla maestra delle novizie o ad una monaca professa solenne che la aiuti a guardare dentro di sé, che sappia discernere se c’è una vera chiamata alla vita monastica contemplativa e alla quale la postulante possa aprirsi con tutta fiducia.
274. La postulante, aiutata dalla formatrice, si dedica specialmente alla sua formazione umana e spirituale e approfondisce il suo impegno battesimale.
275. Il postulantato ha una durata minima di dodici mesi che può essere prolungata secondo le necessità dalla Superiora maggiore, sentito il suo Consiglio, ma non deve superare i due anni.
276. Durante questo periodo le postulanti vivono in monastero e seguono la vita di comunità secondo le prescrizioni della maestra e, oltre ad essere aiutate a conoscere le proprie capacità in ordine alla vita monastica, nel monastero possono approfondire temi di studio o apprendere un mestiere, secondo le esigenze della comunità, come stabilito dalla Superiora maggiore con il suo Consiglio.
C. Noviziato
277. Il noviziato è il tempo in cui la novizia inizia la vita in un determinato Istituto, continua il discernimento vocazionale e l’approfondimento della propria decisione di seguire Gesù Cristo nella Chiesa e nel mondo di oggi, secondo un determinato carisma.
278. Il noviziato è il tempo della prova, ed ha come obiettivo quello di portare la candidata a prendere coscienza più piena della vocazione secondo uno specifico carisma, verificandone la reale e concreta capacità di viverlo con gioia e generosità, particolarmente in quanto si riferisce alla vita fraterna in comunità.
279. Il noviziato nei monasteri di monache ha la durata di due anni dei quali il secondo è quello canonico, seguendo quanto disposto dal can. 648 CJC per quando riguarda le assenze.
280. Durante il noviziato la novizia deve innanzitutto rendere profonda la sua amicizia con Cristo perché senza di essa non sarà mai in grado di assumere e mantenere le promesse di donazione a Lui e desiderare di crescere nella conoscenza del carisma che è chiamata a vivere, ponendosi la domanda se vuole condividere la propria esistenza in una vita fraterna in comune con le sorelle che costituiscono la comunità del monastero.
281. La novizia ottiene questo nella pratica della lectio divina prolungata, sotto la guida di una sorella esperta che sappia aprire il suo animo all’intelligenza delle Scritture, guidata dagli scritti dei Padri della Chiesa e dagli scritti e esempi di vita dei propri fondatori. Il contatto intimo con Cristo deve condurre necessariamente a una vita sacramentale forte, e alla preghiera personale, alla quale la novizia deve essere guidata e per la quale deve essere concesso un tempo adeguato.
282. La preghiera personale trova il suo sbocco nella preghiera comunitaria liturgica, alla quale la novizia deve dedicare tutte le sue energie migliori. In questo clima di amore al Cristo e di preghiera, la novizia si apre alle sorelle, li ama cordialmente e con esse vive in fraternità.
283. La novizia è guidata dalla maestra a coltivare una autentica devozione alla Vergine Madre di Dio, modello e patrona di ogni vita consacrata[161], e a assumerla come esempio di donna consacrata.
284. L’edificio spirituale non può essere costruito senza fondamenta umane, perciò le novizie devono perfezionare i doni di natura e l’educazione civile, e sviluppare la propria personalità, sentendosi veramente responsabili della propria crescita umana, cristiana e carismatica.
D. Juniorato
285. In questa tappa l’inserimento nella vita della comunità è pieno, dunque l’obiettivo è quello di sperimentare la capacità della professa temporanea di trovare un proprio equilibrio tra le varie dimensioni della vita monastica contemplativa (preghiera, lavoro, relazioni fraterne, studio…), riuscendo a realizzare una propria personale sintesi del carisma ed incarnandolo nelle diverse situazioni di vita quotidiana.
286. Fermo restando quanto stabilito nel diritto universale circa la valida e la lecita professione dei voti temporanei, lo juniorato comprende il tempo di formazione iniziale che va dalla prima professione dei voti temporanei alla professione solenne, nel quale la professa continua la formazione spirituale, dottrinale e pratica, secondo il carisma ed il diritto proprio dell’Istituto.
287. La professione temporanea è emessa per tre anni e rinnovata annualmente sino al compimento di cinque anni, fino a completare un minimo di nove anni di formazione iniziale.
288. Se pare opportuno, il tempo della professione temporanea può essere prolungato dalla Superiora maggiore, secondo il diritto proprio, a norma del can. 657, §2 CJC, ma facendo attenzione che non si superino i dodici anni di formazione iniziale.
289. In ogni comunità monastica il percorso di formazione iniziale e permanente o continua, come pure la formazione delle superiore dei monasteri[162], delle formatrici[163] e delle econome, sarà modulato in conformità al carisma e al diritto proprio dell’Istituto avendo presente gli Orientamenti pubblicati dalla Congregazione per gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica a seguito e completamento della presente Istruzione.
DISPOSIZIONI FINALI
· La presente Istruzione non riguarda solo cose future[164] ma si applica nel presente a tutti i monasteri di monache di rito latino sin dal momento della sua pubblicazione.
· Quanto disposto nella Costituzione Apostolica Vultum Dei quaerere per tutti i monasteri circa l’obbligo di entrare in una Federazione di monasteri si applica anche ad altra struttura di comunione come l’Associazione di monasteri o la Conferenza di monasteri.
· Tale obbligo vale anche per i monasteri associati ad un Istituto maschile o riuniti in Congregazione monastica autonoma.
· I singoli monasteri devono ottemperare a questo entro un anno dalla pubblicazione della presente Istruzione, a meno che non siano stati legittimamente dispensati.
Compiuto il tempo, questo Dicastero provvederà ad assegnare i monasteri a Federazioni o ad altre strutture di comunione già esistenti.
· Le decisioni che, dopo opportuna consultazione e previa trattazione nel Congresso del Dicastero, saranno prese da questa Congregazione per gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica nei confronti di un monastero di monache relative all’indizione di una visita apostolica, al commissariamento, alla sospensione dell’autonomia e alla soppressione di un monastero, saranno mensilmente presentate al Romano Pontefice per l’approvazione in forma specifica.
CONCLUSIONE
Con la presente Istruzione questo Dicastero intende confermare l’alto apprezzamento della Chiesa per la vita monastica contemplativa e la sua sollecitudine per salvaguardare l’autenticità di tale peculiare forma della sequela Christi.
Il giorno 25 marzo 2018 il Santo Padre ha approvato il presente documento della Congregazione per gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica e ne ha autorizzato la pubblicazione.
In pari data il Santo Padre della presente Istruzione ha approvato in forma specifica:
· i nn. 52, 81 d) e 108, in deroga al can. 638, §4 CJC;
· il n. 83 g) in deroga al can 667, §4 CJC;
· il n. 111 in deroga al can. 628, §2, 1° CJC;
· il n. 130 in deroga al can. 686, §2 CJC;
· i nn. 174 e 175 in deroga al can. 667, §4 CJC;
· il n. 176, che abroga la restrizione presente in Verbi Sponsa n. 17, §2;
· i nn. 177 e 178 in deroga al can. 686, §2 CJC;
· le Disposizioni finali.
Dal Vaticano, 1° aprile 2018
Solennità della Risurrezione del Signore
João Braz, Card. de Aviz
Prefetto
+ José Rodríguez Carballo, O.F.M.
Arcivescovo Segretario
________________________
[1] Cfr. Franciscus PP., Constitutio apostolica Vultum Dei quaerere (= VDq). De vita contemplativa monialium, in AAS CVIII (2016), p. 838, n. 5. Perfectae caritatis (= Pc) 7; can. 674 CJC.
[2] Cfr. PIUS PP. XII, Constitutio apostolica Sponsa Christi Ecclesia (= SCE). De sacro monialium instituto promovendo, in AAS XXXXIII (1951), pp. 5-23.
[3] Cfr. Statuta generalia monialium (= SGM), art. VI, in AAS XXXXIII (1951), p. 17.
[4] Cfr. SCE, p. 12; SGM, art. VII, in AAS XXXXIII (1951), pp. 18-19.
[6] Cfr. SCE, pp. 12-13; SGM, art. IV, in AAS XXXXIII (1951), p. 16-17.
[7] Cfr. Pc 2.
[14] Can. 674 CJC.
[17] Cf. can. 34, §1 CJC.
[20] Cfr. can. 620 CJC.
[21] Cfr. cann. 613, §2 e 620 CJC.
[22] Cfr. can. 586,§1 CJC.
[25] Cfr. can. 610 CJC.
[26] Cfr. can. 610 CJC.
[27] Cfr. can. 607, §3 CJC.
[28] Cfr. can. 667, §§2-3 CJC; cfr. VDq, 31.
[29] Cfr. can. 609, §1 CJC.
[30] Cfr. can. 609, §2 CJC.
[32] Ibidem.
[34] Cfr. can. 610, §2 CJC.
[38] Cfr. can. 634, §1 CJC.
[39] Crf. can. 636 CJC.
[40] Deroga approvata in forma specifica dal Santo Padre.
[44] Cfr. VDq, art. 8, §1; Giovanni Paolo II, Vita consecrata. Esortazione apostolica postsinodale sulla vita consacrata (= Vc) Roma, 25 marzo 1996, 36-37.
[45] Cfr. can. 616, §1 e §4 CJC.
[46] Cfr. can. 616, §2 CJC.
[47] Cfr. can. 616, §2 CJC.
[48] Cfr. can. 614 CJC.
[49] Cfr. can. 615 CJC.
[51] Cfr. can. 625, §2 CJC.
[52] Cfr. can. 628, §2 n. 1 CJC.
[53] Cfr. can. 637 CJC.
[54] Deroga approvata dal Santo Padre in forma specifica.
[55] Cfr. can. 688, §2 CJC.
[56] Cfr. can.699, §2 CJC.
[57] Cfr. can. 586 CJC.
[58] Cfr. can. 591 CJC.
[59] Cfr. can. 678, §1 CJC.
[60] Cfr. can. 392; can. 680 CJC.
[61] Cfr. can. 394; can, 673; can. 674; can. 612 CJC.
[62] Cfr. can. 683, §2 CJC.
[63] Cfr. can. 1320 CJC.
[64] Cfr. can. 609 CJC.
[65] Cfr. can. 567 CJC.
[66] Cfr. can. 630, §3 CJC.
[68] Cfr. can. 616, §1 CJC.
[69] Cfr. can. 687 CJC.
[70] Deroga parziale al can. 667, §4 CJC approvata dal Santo Padre in forma specifica.
[73] Cfr. can. 582 CJC.
[76] Cfr. can. 582 CJC; VDq, art. 9, §4.
[78] Cfr. VDq 30; art. 9, § 3.
[79] Deroga approvata dal Santo Padre in forma specifica.
[80] Cfr. can. 616, §2 CJC
[82] Deroga approvata dal Santo Padre in forma specifica.
[91] Deroga approvata dal Santo Padre in forma specifica.
[92] Deroga approvata dal Santo Padre in forma specifica.
[94] Cfr. can. 184, §1 CJC.
[99] Cfr. can. 607, §3 CJC.
[100] Cfr. Rm 12, 2.
[101] Cfr. can. 667, §1 CJC.
[102] Cfr. Mt 5, 14-15.
[103] Cfr. Gv 13, 34; Mt 5, 3.8.
[104] Cfr. Rm 6, 11.
[109] Deroga approvata dal Santo Padre in forma specifica.
[110] Deroga approvata dal Santo Padre in forma specifica.
[111] “Si tenga presente che la norma del Can. 665, §1, sulla permanenza fuori dell’Istituto, non riguarda le monache di clausura” Verbi Sponsa, n. 17, §2.
[112] Deroga approvata dal Santo Padre in forma specifica.
[113] Deroga approvata dal Santo Padre in forma specifica.
[114] Cfr. can. 686, §1 CJC.
[116] Can. 667, §3 CJC.
[117] Cfr. SPE art. IV, n. 1-2; Inter praeclara VI – X.
[120] Cfr. can. 667 §4 CJC.
[121] Cfr. Pc 9.
[122] Cfr. can. 667, §3 CJC.
[124] Cfr. can. 667, §2 CJC.
[125] Cfr. can. 667, §1 CJC.
[127] Vc 65.
[128] Fil 1, 21.
[129] Ef 3, 19.
[130] Vc 66.
[132] Cfr. can. 661 CJC.
[134] Vc 69.
[138] Cfr. VDq art. 3, §1; 7, §1.
[139] Cf. Vc 65.
[150] Vc 69; Ripartire da Cristo, 15.
[154] Ripartire da Cristo, 18.
[159] Lc 14, 28.
[160] Cfr. can. 597 §2 CJC.
[161] Cfr. can 663, §4 CJC.
[163] Cfr. VDq art. 3, §3 e §4.
[164] Cfr. can. 9 CJC.