Conversione di san Paolo apostolo – Secondi Vespri con Papa Francesco – 25 Gennaio 2025

48

SOLENNITÀ DELLA CONVERSIONE DI SAN PAOLO APOSTOLO

CELEBRAZIONE DEI SECONDI VESPRI
LVIII SETTIMANA DI PREGHIERA PER L’UNITÀ DEI CRISTIANI

OMELIA DEL SANTO PADRE FRANCESCO

- Pubblicità -

Basilica di San Paolo fuori le Mura
Sabato, 25 gennaio 202
5

L’omelia di Papa Francesco sottolinea come l’incontro tra Gesù e Marta, nel momento della morte di Lazzaro, sia un potente messaggio di speranza. Anche nei momenti più bui, quando tutto sembra perduto, Gesù è la risurrezione e la vita, e ci invita a credere in Lui. La domanda «Credi questo?» rivolta a Marta è anche per noi, spingendoci a rinnovare la nostra fede nella sua capacità di donarci nuova speranza e forza.

Papa Francesco lega questo messaggio al Giubileo della speranza e al 1700° anniversario del Concilio di Nicea, che ricorda l’importanza dell’unità tra i cristiani. Invita a celebrare l’anniversario non solo come memoria storica, ma come occasione per rafforzare la comunione e il dialogo ecumenico, specie in vista della Pasqua, che quest’anno sarà celebrata nella stessa data da tutte le tradizioni cristiane.

- Pubblicità -

L’omelia termina con un appello alla testimonianza concreta della speranza e dell’unità, affinché i cristiani continuino a camminare insieme, pregare e costruire legami di fraternità, mantenendo la fede viva in Gesù, fonte della nostra speranza.

Di seguito il video della celebrazione ed il file mp3 e il testo dell’omelia.

Link al video | Scarica il file mp3

Gesù arriva nella casa delle sue amiche, Marta e Maria, quando il loro fratello Lazzaro è già morto da quattro giorni. Ogni speranza sembra ormai perduta, al punto che le prime parole di Marta esprimono il suo dolore insieme al rammarico perché Gesù è arrivato tardi: «Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto» (Gv 11,21). E allo stesso tempo, però, l’arrivo di Gesù accende nel cuore di Marta la luce della speranza e la conduce a una professione di fede: «Ma anche ora so che qualunque cosa tu chiederai a Dio, Dio te la concederà» (v. 22). È quell’atteggiamento di lasciare sempre la porta aperta, mai chiusa! E Gesù, infatti, le annuncia la risurrezione dalla morte non soltanto come un evento che si verificherà alla fine dei tempi, ma come qualcosa che accade già nel presente, perché Lui stesso è risurrezione e vita. E poi le rivolge una domanda: «Credi questo?» (v. 26). Quella domanda è anche per noi, per te, per me: “Credi questo?”.

Soffermiamoci anche su questo interrogativo: «Credi questo?» (v. 26). È una domanda breve ma impegnativa.

Questo tenero incontro tra Gesù e Marta, che abbiamo ascoltato nel Vangelo, ci insegna che, anche nei momenti di desolazione, non siamo soli e possiamo continuare a sperare. Gesù dona vita, anche quando sembra che ogni speranza sia svanita. Dopo una perdita dolorosa, una malattia, una delusione amara, un tradimento subito o altre esperienze difficili, la speranza può vacillare; ma se ciascuno di noi può vivere momenti di disperazione o incontrare persone che hanno perso la speranza, il Vangelo ci dice che con Gesù la speranza rinasce sempre, perché dalle ceneri della morte Egli sempre ci rialza. Gesù ci rialza sempre, ci dona la forza di riprendere il cammino, di ricominciare.

Cari fratelli e sorelle, non dimentichiamo mai: la speranza non delude! La speranza non delude mai! La speranza è quella corda alla quale noi siamo aggrappati con l’ancora sulla spiaggia. E questo non delude mai! Questo è importante anche per la vita delle Comunità cristiane, delle nostre Chiese e delle nostre relazioni ecumeniche. A volte siamo sopraffatti dalla fatica, siamo scoraggiati per i risultati del nostro impegno, ci sembra che anche il dialogo e la collaborazione tra di noi siano senza speranza, quasi destinati alla morte e, tutto ciò, ci fa sperimentare la stessa angoscia di Marta; ma il Signore viene. Crediamo noi questo? Crediamo che Lui è risurrezione e vita? Che raccoglie le nostre fatiche e sempre ci dona la grazia di riprendere insieme il cammino?  Crediamo questo?

Questo messaggio di speranza è al centro del Giubileo che abbiamo iniziato. L’Apostolo Paolo, di cui oggi ricordiamo la conversione a Cristo, dichiarava ai cristiani di Roma: «La speranza poi non delude, perché l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato» (Rm 5,5). Tutti – tutti! – abbiamo ricevuto lo stesso Spirito, e questo è il fondamento del nostro cammino ecumenico. C’è lo Spirito che ci guida in questo cammino. Non sono cose pratiche per capirci meglio. No, c’è lo Spirito, e noi dobbiamo andare sotto la guida di questo Spirito.

E questo Anno giubilare della speranza, celebrato dalla Chiesa cattolica, coincide con un anniversario di grande significato per tutti i cristiani: il 1700° anniversario del primo grande Concilio ecumenico, il Concilio di Nicea. Questo Concilio si impegnò a preservare l’unità della Chiesa in un momento molto difficile, e i Padri conciliari approvarono all’unanimità il Credo che molti cristiani recitano ancora oggi ogni domenica durante l’Eucaristia. Questo Credo è una professione di fede comune, che va oltre a tutte le divisioni che nel corso dei secoli hanno ferito il Corpo di Cristo. L’anniversario del Concilio di Nicea rappresenta dunque un anno di grazia; rappresenta anche una opportunità per tutti i cristiani che recitano lo stesso Credo e credono nello stesso Dio: riscopriamo le radici comuni della fede, custodiamo l’unità! Sempre avanti! Quell’unità che tutti noi vogliamo trovare, che accada. Non vi viene in mente quello che diceva un grande teologo ortodosso, Ioannis Zizioulas: “Io so quando sarà la data dell’unità piena: il giorno dopo il giudizio finale”? Ma nel frattempo dobbiamo camminare insieme, lavorare insieme, pregare insieme, amarci insieme. E questo è molto bello!

Cari fratelli e sorelle, questa fede che condividiamo è un dono prezioso, ma è anche una sfida. L’anniversario, infatti, non deve essere celebrato solo come “memoria storica”, ma anche come impegno a testimoniare la crescente comunione tra di noi. Dobbiamo fare in modo di non lasciarcela sfuggire, di costruire legami solidi, di coltivare l’amicizia reciproca, di essere tessitori di comunione e di fraternità.

In questa Settimana di preghiera per l’Unità dei Cristiani possiamo vivere l’anniversario del Concilio di Nicea anche come un richiamo a perseverare nel cammino verso l’unità. Provvidenzialmente, quest’anno, la Pasqua sarà celebrata nello stesso giorno nei calendari gregoriano e giuliano, proprio durante questo anniversario ecumenico. Rinnovo il mio appello affinché questa coincidenza serva da richiamo a tutti i cristiani a compiere un passo decisivo verso l’unità, intorno a una data comune, una data per la Pasqua (cfr Bolla Spes non confundit, 17); e la Chiesa Cattolica è disposta ad accettare la data che tutti vogliono fare: una data dell’unità.

Sono grato al Metropolita Policarpo, in rappresentanza del Patriarcato Ecumenico, all’Arcivescovo Ian Ernest, in rappresentanza della Comunione Anglicana e che conclude il suo prezioso servizio per cui gli sono molto grato – gli auguro il meglio per quando torna alla sua terra – e ai rappresentanti di altre Chiese che partecipano a questo sacrificio di lode serale. È importante pregare insieme, e la vostra presenza qui questa sera è fonte di gioia per tutti. Saluto anche gli studenti sostenuti dal Comitato per la Collaborazione Culturale con le Chiese Ortodosse e Ortodosse Orientali presso il Dicastero per la Promozione dell’Unità dei Cristiani, i partecipanti alla visita di studio dell’Istituto Ecumenico Bossey del Consiglio Ecumenico delle Chiese, e i molti altri gruppi ecumenici e pellegrini che sono giunti a Roma per questa celebrazione. Ringrazio il coro, che ci dà un ambiente di preghiera tanto bello. Che ognuno di noi, come San Paolo, possa trovare la propria speranza nel Figlio di Dio incarnato e offrirla agli altri, ovunque la speranza sia svanita, le vite siano state spezzate o i cuori siano stati sopraffatti dalle avversità (cfr Omelia nella Messa della notte di Natale, 24 dicembre 2024).

In Gesù la speranza è sempre possibile. Egli sostiene anche la speranza del nostro cammino comune verso di Lui. E ritorna ancora la domanda fatta a Marta e stasera rivolta a noi: “Tu credi questo?”. Ci crediamo nella comunione tra di noi? Crediamo che la speranza non delude?

Care sorelle, cari fratelli, questo è il tempo di confermare la nostra professione di fede nell’unico Dio e trovare in Cristo Gesù la via dell’unità. Nell’attesa che il Signore “torni nella gloria per giudicare i vivi e i morti” (cfr Credo niceno), non stanchiamoci mai di testimoniare, davanti a tutti i popoli, l’unigenito Figlio di Dio, fonte di ogni nostra speranza.

Copyright © Dicastero per la Comunicazione – Libreria Editrice Vaticana