Giorno liturgico
Mercoledì, XX settimana del Tempo Ordinario
Commento a cura del Rev. D. Antoni CAROL i Hostench (Sant Cugat del Vallès, Barcelona, Spagna)
«Gli ultimi saranno primi e i primi, ultimi»
Oggi, la Parola di Dio ci invita a vedere che la “logica” divina va molto più in là di quella meramente umana. Mentre gli uomini calcoliamo «pensavano che avrebbero ricevuto di più» (Mt 20,10), Dio —che è Padre misericordioso—, semplicemente ama «Oppure tu sei invidioso perché io sono buono? (Mt 20,15). E la misura dell’Amore è quella di non aver misura: «Amo perché amo, amo per amare» (San Bernardo).
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Eppure tutto ciò non rende inutile la giustizia: «quello che è giusto ve lo darò» (Mt 20,4). Dio non è arbitrario e ci vuole trattare come figli intelligenti: per questo è logico che giunga a dei “patti” con noi. Infatti, in altri momenti, gli insegnamenti di Gesù dicono chiaramente che a chi ha ricevuto di più, anche gli si esigirà di più (ricordiamo la parabola dei talenti). Ebbene, Dio è giusto, ma non per questo la carità ignora la giustizia, anzi, piuttosto la supera (cf.1 Cor 13,5).
Un proverbio popolare dice che «la peggiore delle ingiustizie è la giustizia per la giustizia». Fortunatamente per noi la giustizia di Dio —lo ripetiamo, superata dal suo Amore— va al di là dei nostri schemi. Se di mera e rigorosa giustizia si trattasse, noi staremmo ancora aspettando la redenzione. Anzi, non avremmo nessuna speranza di redimerci. Per pura giustizia non meriteremmo nessuna redenzione: semplicemente, rimarremmo spodestati da ciò che Dio ci aveva donato nel momento della creazione e che rifiutammo nel momento del peccato originale. Esaminiamoci, allora, su come ci comportiamo nei giudizi, nei confronti e nei calcoli quando ci trattiamo con gli altri.
Inoltre, se parliamo di santità, dobbiamo partire dalla base che tutto è grazia. La dimostrazione più chiara è il caso di Dimas il buon ladro. Anche la possibilità di merito davanti a Dio è grazia (qualcosa che Dio ci concede gratuitamente). Dio è il nostro «padrone di casa che uscì all’alba per prendere a giornata lavoratori per la sua vigna.» (Mt 20,1). La vigna (ovvero, la vita il cielo…) è Sua; gli invitati siamo noi, e non in qualunque modo: per noi è un onore lavorare lì e poter “guadagnare” il cielo.
LEGGI IL BRANO DEL VANGELO
Mt 20, 1-16
Dal Vangelo secondo Matteo
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola:
«Il regno dei cieli è simile a un padrone di casa che uscì all’alba per prendere a giornata lavoratori per la sua vigna. Si accordò con loro per un denaro al giorno e li mandò nella sua vigna. Uscito poi verso le nove del mattino, ne vide altri che stavano in piazza, disoccupati, e disse loro: “Andate anche voi nella vigna; quello che è giusto ve lo darò”. Ed essi andarono. Uscì di nuovo verso mezzogiorno, e verso le tre, e fece altrettanto. Uscito ancora verso le cinque, ne vide altri che se ne stavano lì e disse loro: “Perché ve ne state qui tutto il giorno senza far niente?”. Gli risposero: “Perché nessuno ci ha presi a giornata”. Ed egli disse loro: “Andate anche voi nella vigna”.
Quando fu sera, il padrone della vigna disse al suo fattore: “Chiama i lavoratori e da’ loro la paga, incominciando dagli ultimi fino ai primi”. Venuti quelli delle cinque del pomeriggio, ricevettero ciascuno un denaro. Quando arrivarono i primi, pensarono che avrebbero ricevuto di più. Ma anch’essi ricevettero ciascuno un denaro. Nel ritirarlo, però, mormoravano contro il padrone dicendo: “Questi ultimi hanno lavorato un’ora soltanto e li hai trattati come noi, che abbiamo sopportato il peso della giornata e il caldo”.
Ma il padrone, rispondendo a uno di loro, disse: “Amico, io non ti faccio torto. Non hai forse concordato con me per un denaro? Prendi il tuo e vattene. Ma io voglio dare anche a quest’ultimo quanto a te: non posso fare delle mie cose quello che voglio? Oppure tu sei invidioso perché io sono buono?”.
Così gli ultimi saranno primi e i primi, ultimi».
C: Parola del Signore.
A: Lode a Te o Cristo.