Al via oggi a Roma il Congresso mondiale del Signis sul tema “I media per una cultura della pace: creare immagini con le nuove generazioni”. All’evento, che raduna oltre 300 comunicatori cattolici di 80 Paesi, prende parte anche l’arcivescovo Claudio Maria Celli, presidente del Pontificio Consiglio per le Comunicazioni Sociali. Sul tema e l’importanza di questo incontro, Alessandro Gisotti ha intervistato il direttore di Civiltà Cattolica, padre Antonio Spadaro, il cui intervento aprirà oggi pomeriggio la sessione plenaria del Congresso:
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R. – La cultura della pace è molto importante, perché significa dare la possibilità alle persone di incontrarsi realmente. La pace permette l’incontro. In questo Congresso, tra persone che si occupano di comunicazione nel mondo, che vengono dal mondo cattolico, troviamo dunque persone che si confrontano sia sui temi, sia sulle appartenenze geografiche. Quindi, direi che sarà una grande occasione perché le persone possano discutere della comunicazione come veicolo, luogo, direi quasi ambiente, per vivere la pace.
D. – Nel messaggio per l’occasione, il Papa sottolinea ed esorta i comunicatori cattolici ad affrontare la sfida più grande di “presentare la verità, la bellezza del Vangelo, in un linguaggio capace di toccare i cuori e le menti”. E’ una sfida appassionante…
R. – E’ una sfida appassionante, perché tocca la spiritualità dell’uomo. Questo è un tema forte di questo Congresso Signis: la comunicazione non è qualcosa di esteriore, non è la semplice trasmissione esteriore di un messaggio preconfezionato. La comunicazione tocca la capacità di ogni uomo di relazionarsi con gli altri e grazie alla tecnologia della comunicazione si esplorano le grandi domande, come avviene oggi anche in Internet. Quindi, un tema forte che sarà trattato in questi giorni riguarda le dimensioni, le sfide etiche e spirituali della cultura digitale emergente.
D. – Questo è proprio il tema del suo intervento che apre la sessione plenaria del Congresso. Può dirci qualcosa riguardo proprio questo tema?
R. – Il tentativo che farò sarà quello di far comprendere come la Rete non sia un’opzione, è un momento importante della storia dell’umanità, per cui non si può tornare indietro. La cultura digitale esprime una condizione dell’uomo, quindi una dimensione spirituale, dove la tecnologia infonde, esprime bisogni e desideri che l’uomo da sempre ha avuto. Quindi, alla luce anche del Magistero di Benedetto XVI e di Papa Francesco sulla comunicazione cercherò di far comprendere la valenza e il valore spirituale profondo della cultura digitale, le istanze che emergono da una cultura digitale, che è una cultura che va evangelizzata.
D. – Questo Congresso si caratterizza proprio per essere mondiale, universale. Quali aspettative si possono avere quando poi le persone che vi partecipano torneranno a casa?
R. – Si avvia un processo che in realtà è già in corso da tempo e che questo Congresso metterà a fuoco ancora di più. Le aspettative sono grandi, ma nello stesso tempo la cosa migliore è non porci obiettivi precisi, perché quando le persone si incontrano creano situazioni originali. E certamente l’incontro di persone che vengono da tutti e cinque i continenti creerà una situazione, un contesto di riflessione molto aperto.
Fonte: News.va