Alle ore 12.00 di oggi, nellโAula Giovanni Paolo II della Sala Stampa della Santa Sede, si tiene la Conferenza Stampa di presentazione del Messaggio del Santo Padre Francesco per la 50ma Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali, sul tema: โComunicazione e Misericordia: un incontro fecondoโ.
Intervengono: Mons. Dario Edoardo Viganรฒ, Prefetto della Segreteria per la Comunicazione della Santa Sede; il Dott. Paolo Ruffini, Direttore di TV2000; la Prof.ssa Marinella Perroni, Biblista, Docente di Nuovo Testamento al Pontificio Ateneo SantโAnselmo (Roma).
Ne pubblichiamo di seguito gli interventi:
Intervento di Mons. Dario Edoardo Viganรฒ
La Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali che la Chiesa celebrerร il prossimo 8 maggio 2016 รจ la cinquantesima in ordine temporale.
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Si tratta di un anniversario che rimanda al Concilio Ecumenico Vaticano II e, per noi in particolare al Decreto sugli strumenti di comunicazione sociale Inter Mirifica (4 dicembre 1963), che al n. 18 afferma: ยซal fine poi di rendere piรน efficace il multiforme apostolato della Chiesa con lโimpiego degli strumenti di comunicazione sociale, ogni anno in tutte le diocesi del mondo, a giudizio dei vescovi, venga celebrata una โgiornataโ nella quale i fedeli siano istruiti sui loro doveri in questo settore, invitati a speciali preghiere per questo scopo e a contribuirvi con le loro offerte. Queste saranno debitamente destinate a sostenere le iniziative e le opere promosse dalla Chiesa in questo campo, secondo le necessitร dellโorbe cattolicoยป.
ร lโunica giornata mondiale a essere stabilita dal Concilio. ร inoltre la Giornata che si volge nel mezzo del grande Giubileo straordinario della misericordia, cui fa diretto riferimento il tema โComunicazione e Misericordia: un incontro fecondoโ. Eโ un invito perchรฉ la Chiesa assuma la consapevolezza che รจ chiamata a vivere secondo le parole di Gesรน, che annunciano una misericordia che soprassa ogni legge, e a specchiarsi nella prassi di Gesรน per assumere i suoi sentimenti, atteggiamenti e comportamenti. In questa prospettiva, dunque, la Chiesa ha la responsabilitร di narrare in parole e opere, in atteggiamenti e forme di vita โ quindi, in comunicazione โ il volto misericordioso di Dio in Cristo.
[ads2]Infine, รจ la prima Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali che celebriamo dopo la costituzione della Segreteria per le Comunicazioni da parte di papa Francesco. A questo proposito voglio richiamare alcuni elementi del Motu proprio (27 giugno 2015): ยซLโattuale contesto comunicativo caratterizzato dalla presenza e dallo sviluppo dei media digitali, dai fattori della convergenza e dellโinterattivitร [โฆ] richiede un ripensamento del sistema informativo della Santa Sede [โฆ] valorizzando quanto nella storia si รจ sviluppato allโinterno dellโassetto della comunicazione della Sede Apostolica, proceda decisamente verso una integrazione e gestione unitaria. Per tali motivi, ho ritenuto che tutte le realtร , che, in diversi modi fino ad oggi si sono occupate della comunicazione, vengano accorpate in un nuovo Dicastero della Curia Romana, che sarร denominato Segreteria per la Comunicazione [โฆ] il sistema comunicativo della Santa Sede risponderร sempre meglio alle esigenze della missione della Chiesa. [โฆ] dopo aver esaminato relazioni e studi, e ricevuto di recente lo studio di fattibilitร , sentito il parere unanime del Consiglio dei Cardinali, istituisco la Segreteria per la Comunicazioneยป.
La misericordia รจ il tratto distintivo dellโagire e dellโessere della Chiesa
Nel discorso di apertura del Concilio Vaticano II, in Gaudet mater ecclesia (11 ottobre 1962), Giovanni XXIII cosรฌ si esprimeva: ยซquanto al tempo presente, la Sposa di Cristo preferisce usare la medicina della misericordia invece di imbracciare le armi del rigoreยป. Affermazione centrale che attesta come il rapporto tra Chiesa e misericordia non sia un rapporto estrinseco, se non addirittura accidentale (insomma declinato secondo la logica della congiunzione), quanto piuttosto intrinseco, costitutivo, che tocca lโidentitร stessa della Chiesa. ร lโesperienza di Pentecoste lโinizio dellโesperienza storica della Chiesa (cfr. Atti degli Apostoli).
La Chiesa รจ portatrice della memoria di Gesรน e quindi non puรฒ declinare le parole del suo annuncio, se non in rapporto alla misericordia. Sono parole attese da chi pensa di essere lontano dal Dio della misericordia di cui spesso abbiamo unโimmagine deformata, come Dio giudice spietato e incapace di coinvolgersi con i limiti della sofferenza. Ma sono parole urgenti per la Chiesa stessa, che viene rigenerata da queste parole; dโaltronde la Chiesa non dimentica che รจ posta sotto il segno della misericordia senza la quale neppure esisterebbe.
Per lโuomo e la donna di oggi, e per la Chiesa di Gesรน, queste le parole da offrire come antidoto a quelle dure dei precetti, pronunciate da coloro che accusano lโimperante relativismo e lโirrevocabilitร dei valori. Non puรฒ esistere contraddizione tra contenuto dellโannuncio e forme di vita ecclesiale: ecco perchรฉ non si tratta di parole semplicemente.
Possiamo dire, con Hans Urs von Balthasar, che la questione della misericordia รจ il caso serio, sia nel senso di grave sia nel senso di elemento essenziale. Lโannuncio della misericordia, e la mediazione di unโesperienza di misericordia, รจ la cartina di tornasole della relazione con il fondamento che รจ Gesรน e anche verifica della fede escatologica della Chiesa stessa (che รจ regno di Dio come comunione di misericordia).
La Chiesa che siamo chiamati a essere non puรฒ che vivere secondo le parole di Gesรน, che annunciano una misericordia che soprassa ogni legge, e non puรฒ che specchiarsi nella prassi di Gesรน per assumere i suoi sentimenti, atteggiamenti e comportamenti. In questa prospettiva la Chiesa ha la responsabilitร di narrare in parole e opere, in atteggiamenti e forme di vita, il volto misericordioso di Dio in Cristo.
La Chiesa chiamata a partecipare alla missione messianica deve saper vivere in reale autentica umanitร : deve apprendere da Gesรน a declinare la misericordia in parole di speranza e di vita e in gesti coinvolgenti, lasciandoci toccare dalle vicende dellโumano e sapendo, come piรน volte ricorda Papa Francesco, toccare la carne degli ultimi. Come le sue parole e le sue azioni di liberazione, la Chiesa รจ chiamata a rivelare il volto di un Dio che davanti al bisogno e al dolore dellโuomo si fa vicino compartecipe, umanamente coinvolto.
Nellโascolto si consuma una sorta di martirio
Lโuomo contemporaneo รจ diventato โ dice Max Picard nel testo Il mondo del silenzio (Edizioni Di Comunitร 1950) โ unโappendice del rumore, uno spazio del rumore. Si va atrofizzando, in un contesto di parole gridate, parlate e non piรน parlanti, la nostra capacitร di ascolto che viene ridotta ai livelli minimali. Un disamore per lโascolto produce un linguaggio disoccupato il cui tratto รจ la disattenzione.
Lโascolto รจ un atto necessario allo svolgersi della comunicazione, e prevede anzitutto il silenzio, condizione indispensabile per ricevere ogni parola pronunciata e coglierne il significato. Di conseguenza, piรน un individuo sarร capace di stare in silenzio, maggiore sarร il valore delle parole che proferirร , essendo esse il frutto di una meditazione. Il silenzio รจ una condizione tanto indispensabile alla comunicazione, che Erving Goffman (Il comportamento in pubblico, Einaudi 1963) nella sua teoria dellโinterazione sociale postula lโorganizzazione di ogni situazione dialogica in ยซturni di parolaยป.
Come ci ricorda il filosofo del linguaggio Ugo Volli (Apologia del silenzio imperfetto, Feltrinelli 1991): ยซรจ evidente che in ogni conversazione il diritto alla parola corrisponde simmetricamente a un obbligo di rispettare il proprio turno di silenzio; e in effetti la microsociologia ha rivelato una complessa rete di segnali e transazioni che si svolgono in ogni dialogo per regolare quellโoggetto della comunicazione e insieme del potere che รจ contenuto sempre nel rapporto tra silenzio, ascolto, parolaยป (p. 111.).
Siamo parlanti solo in quanto โ e contemporaneamente โ siamo ascoltatori, e in papa Francesco lโattenzione a questa dicotomia รจ costante. Si รจ peraltro soffermato sullโargomento anche papa Benedetto XVI, in riflessioni che coniugano comunicazione, spiritualitร e conoscenza: ยซil silenzio รจ parte integrante della comunicazione e senza di esso non esistono parole dense di contenuto. Nel silenzio ascoltiamo e conosciamo meglio noi stessi, nasce e si approfondisce il pensiero, comprendiamo con maggiore chiarezza ciรฒ che desideriamo dire o ciรฒ che ci attendiamo dallโaltro, scegliamo come esprimerci. [โฆ] Lร dove i messaggi e lโinformazione sono abbondanti, il silenzio diventa essenziale per discernere ciรฒ che รจ importante da ciรฒ che รจ inutile o accessorio. Una profonda riflessione ci aiuta a scoprire la relazione esistente tra avvenimenti che a prima vista sembrano slegati tra loro, a valutare, ad analizzare i messaggi; e ciรฒ fa sรฌ che si possano condividere opinioni ponderate e pertinenti, dando vita ad unโautentica conoscenza condivisa. Per questo รจ necessario creare un ambiente propizio, quasi una sorta di โecosistemaโ che sappia equilibrare silenzio, parola, immagini e suoniยป (Messaggio per la XLVI Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali Silenzio e Parola: cammino di evangelizzazione, 24 gennaio 2012).
Come ricorda anche SantโAgostino, ยซla nostra anima ha bisogno di solitudine. Nella solitudine, se lโanima รจ attenta, Dio si lascia vedere. La folla รจ chiassosa: per vedere Dio รจ necessario il silenzioยป (SantโAgostino, Commento al Vangelo di San Giovanni, Cittร Nuova 1968, p. 405). Ma il silenzio non รจ soltanto meditazione e ascolto; come abbiamo visto giร in occasione della prima apparizione pubblica di Bergoglio, il silenzio รจ esso stesso comunicazione (eventi trasformativi).
Il silenzio รจ raccoglimento e meditazione silenziosa, una pratica cui il Santo di Assisi attribuiva grande importanza, come testimonia Tommaso da Celano, che pur non essendo uno dei suoi primi seguaci, ebbe modo di conoscerlo personalmente: ยซcercava sempre un luogo appartato dove potersi unire, non solo con lo spirito, ma con le singole membra al suo Dio. E se allโimprovviso si sentiva visitato dal Signore, per non rimanere senza cella, se ne faceva una piccola con il mantello. E se a volte era privo di questo, ricopriva il volto con la manica per non svelare la manna nascosta. Sempre frapponeva fra sรฉ e gli astanti qualcosa, perchรฉ non si accorgessero del contatto dello sposo: cosรฌ poteva pregare non visto anche se stipato tra mille, come nel cantuccio di una nave. Infine, se non gli era possibile niente di tutto questo, faceva un tempio del suo petto. Assorto in Dio e dimentico di se stesso, non gemeva nรฉ tossiva, era senza affanno il suo respiro e scompariva ogni altro segno esterioreยป (Vita seconda di San Francesco dโAssisi, in Fonti Francescane, n. 681).
Voglio concludere con una citazione di Dietrich Bonhoeffer (Sequela) ยซI misericordiosi hanno un amore irresistibile per gli umili, i malati, i miseri, per chi stato umiliato e ha patito violenza, per chi subisce torti ed รจ estromesso, per chi si tormenta e si affligge; essi cercano chi รจ caduto nel peccato e nella colpa. Nessuna miseria รจ troppo profonda, nessun peccato troppo terribile, perchรฉ non vi applichi misericordia. Il misericordioso da dono del proprio onore a chi รจ caduto nella ignominia e se ne fa carico. Si fa trovare presso i pubblicani e i peccatori e assume volontariamente la vergogna della familiaritร con loro [โฆ] Essi conoscono solo una dignitร e un onore: la misericordia del loro Signore, della quale soltanto vivonoยป (Queriniana 1997, p. 103).
ร la beatitudine della misericordia che la Chiesa รจ chiamata a vivere anzitutto nelle sue relazioni perchรฉ la comunitร cristiana non รจ un gruppo elitario nรฉ รจ costituita da perfetti. Paolo ai Colossesi (Col 3,12-15) invita ciascuno di noi a riconoscere il punto di partenza della vita cristiana ed ecclesiale che รจ lโamore di Dio e, per grazia, la partecipazione alla sua santitร .
A ciascuno di noi auguro di vivere il coraggio dellโazzardo del poeta oggi, perchรฉ ยซcome il mistico, ha provato almeno per una volta nella sua vita il desiderio di โmorire in silenzioโ. Da questa Geenna del rumore, che รจ la nostra vita quotidiana, da questa โgalleria del vento di pettegolezziโ e di chiacchiere nasce spontanea la nostalgia del silenzio, il desiderio di far ammutolire le parole strumentalizzate e di scoprire le parole del silenzio. Lโuomo contemporaneo sia pure inconsapevolmente, sta gridando con Verlaine: โDatemi il silenzioโ, e lโamore del mistero!โยป (M. Baldini, Elogio del silenzio e della parola, Rubbettino 2005, pp. 84-85).
Intervento del Dott. Paolo Ruffini
Devo cominciare questo mio breve intervento con una confessione: lavoro da tanti anni nel mondo della televisione; ma io non lo so davvero come si fa a raccontare storie di misericordia attraverso le immagini.
Io non lo so se esiste un modo, un metodo.
Anziโฆ
Quello che so, o credo di sapere, รจ che se riduciamo tutto ad una regola, ad una norma rischiamo di non comunicare nulla; riduciamo le immagini ad una fredda apparenza; il racconto ad una calligrafia.
Mentre per comunicare la misericordia bisogna camminarci dentro. Farne esperienza. Condividerla.
To share. Condividere.
Il mondo della televisione ha ridotto lo share ad un numero che misura una massa; ad un indice che serve per pesare il valore degli investimenti pubblicitari. Laddove invece se cโรจ una grandezza da misurare รจ quella della pienezza, della bellezza, di questa condivisione. Eโ una grandezza che sta nella sua unicitร .
Ecco, in tanti anni di televisione se cโรจ una cosa che ho imparato รจ lโimportanza non dello share in quanto tale, ma della sua qualitร .
E qui โ credo โ cโรจ una prima, imperfetta risposta allโinvito che oggi ci fa il Papa: creare ponti, favorire lโincontro e lโinclusione. Tenere insieme la misericordia e la veritร .
La nostra parte proprio in questo sta: costruire una condivisione (uno share), una prossimitร unica, con le persone tutte intere e una per una; non con una massa anonima.
Il nostro compito, a proposito di comunicazione con le immagini, รจ quello di capovolgere la visione, il modo stesso di vedere le cose.
A proposito di immagini, io sono molto affezionato ad una che racconta bene questo capovolgimento.
Eโ una foto che ritrae un gruppetto di bambini in una favela brasiliana.
Sereni e giocosi come sono tutti i bambini. I nostri e quelli degli altri. I poveri come i ricchi, inconsapevoli del valore del denaro; e consapevoli invece del valore della relazione con lโaltro.
Questa foto ne ritrae alcuni intenti a giocare. Sorridenti, mentre guardano il mondo a testa in giรน. Cambiando dunque totalmente il punto di vista.
Sovvertendo lโalto e il basso, il sopra e il sotto.
E lasciandoci involontariamente un messaggio.
I bambini sono quanto di piรน vicino a Dio cโรจ sulla terra.
Bisogna sempre saper imparare dai bambini.
Per esempio a vedere le cose in unโaltra prospettiva.
Proprio perchรฉ si tratta di uno sguardo, mi viene da dire che la misericordia si possa solo vedere e far vedere. E che una televisione che voglia comunicare la misericordia si fonda su questo sguardo, dato o ricevuto. Condiviso.
Si fonda su un riconoscimento, che รจ il contrario dellโautocompiacimento di chi si guarda allo specchio.
Si fonda su un cammino, che รจ lโopposto della ripetizione.
Questo vuol dire cambiare totalmente la prospettiva. Il punto di vista.
Reagire al dualismo feroce del web (mi piace, non piace- amico-nemico, ti scrivo-ti cancello), che riduce la vita ad un gioco (game on game over), grazie alla comprensione di uno sguardo, allโinclusione di uno sguardo, alla creazione di una insiemitร , di una rete di sguardi.
Passare da una tv dello scontro, che brandisce le identitร come corpi contundenti, ad una tv dellโincontro, del dialogo.
Da una tv che o รจ smemorata o usa brandelli di memoria per costruire muri, ad una tv che conserva sempre la memoria per aiutarsi e aiutarci a non ricommettere gli stessi errori.
Da una tv che si esalta nel brivido della violenza, anche solo verbale, costruita in arene sempre meno virtuali; ad una tv fondata sulla carezza di uno sguardo misericordioso, capace di farsi carico dellโaltro.
Da una tv che divide fra noi e loro a una tv del noi.
Da una tv che esibisce cinicamente il dolore degli altri ad una tv che lo condivide con rispetto, discrezione, partecipazione, per riscattarlo, trasfigurarlo.
Da una tv ad una sola dimensione, che separa il corpo dallโanima, ad una tv che vede lโanima nel corpo ed รจ capace di porsi le domande ultime.
Da una tv di plastica, costruita a tavolino, ad una tv di carne e ossa, capace di rompere il velo dellโipocrisia che ci avvolge, e di portare nelle case realtร che vorremmo forse non conoscere.
La sfida di una comunicazione televisiva fondata sulla misericordia sta nella capacitร di vedere al di lร dellโapparenza, che รจ cosa diversa dal mostrare; sta in un modo diverso di guardare alle cose, e ancora di piรน alle persone: capirle.
Una tv che costruisce la capacitร di guardare il mondo con occhi di misericordia non puรฒ aver paura di essere piantata nella realtร . Non si rinchiude nel chiuso dei propri studi. Non costruisce un mondo a propria immagine. Non vende sogni a buon mercato. Sceglie la prossimitร come criterio per comprendere, per capire, per sorprendersi e per sorprendere, per agire, per scegliere. Per piangere e per ridere. Per emozionarsi. Per ragionare. Si fa prossima alle persone in carne ed ossa nel mondo reale, non in quello virtuale. Smaschera lโalibi di poter dire non sapevo. Non potevo sapere. Non avevo visto. Eโ capace di cogliere la grandezza anche nelle piccole cose.
Lo fa con la semplicitร di un artigiano che come diceva SantโAgostino vede nel tronco non solo quel che รจ , ma quel che sarร .
Vede in ogni cosa uno sviluppo, un processo.
โSi vede bene solo col cuore. Lโessenziale รจ invisibile agli occhiโ, fa dire Saint-Exupรฉry al piccolo principe. E ricordava il cardinal Martini.
Certo non รจ facile raccontare per immagini cose invisibili agli occhi.
Ma โ come scrive il Papa โ โnon รจ la tecnologia che determina se la comunicazione sia autentica o menoโฆโ
Non รจ nemmeno la liturgia perfetta dei tanti sedicenti guru della televisione.
Eโ lo sguardo puro.
Io diffido sempre dai teorici della Tv come un mondo a parte, autoreferenziale, con i suoi riti, le sue leggi.
Credo che questo modo di fare che apparentemente trasforma la televisione in una religione, la releghi ad essere emarginata storicamente, la costringa a vivere in un mondo parallelo solo apparentemente incantato, in realtร marcio e dunque fragile, non duraturo.
Non cโรจ peggior comunicatore di chi crede di sapere giร tutto, incasellando storie e persone in schemi astratti. O di chi addomestica la realtร per renderla piรน simile a come la vorrebbe.
Non cโรจ comunicazione se non cโรจ capacitร di ascolto e di visione.
Davvero, se cโรจ un linguaggio da recuperare, questo รจ quello libero dei bambini.
Ermanno Olmi, un poeta delle immagini, e un cristiano, lo sostenne parlando di San Francesco, citando Tolstoy a proposito degli scrittori. E Picasso a proposito della pittura. Vale anche per una televisione che voglia raccontare e costruire una storia di misericordia, avere lo stesso sguardo di Gesรน sul mondo, e raccontare la realtร senza arrendersi agli stereotipi; o ai circoli viziosi delle condanne e delle vendette, che โ come scrive il Papa โ continuano ad intrappolarci.
La misericordia รจ lo sguardo che ci rende liberi di raccontare la veritร nel mondo.
Intervento della Prof.ssa Marinella Perroni
Una premessa
Fare quanto mi รจ stato richiesto, e cioรจ โcercare un aggancio sul testo e parlare del binomio comunicazione e misericordia partendo dalla Bibbiaโ รจ cosa da โmaneggiare con curaโ. Come, del resto, lo รจ il vostro lavoro, in cui lโintersezione tra piรน livelli (correttezza dellโinformazione e laicitร della prospettiva, da una parte, e, dallโaltra, esigenze multiple connesse al vostro servizio professionale a una confessione religiosa) richiede grande capacitร di fare distinzioni e di controllare intersezioni e intrecci.
Lo premetto non perchรฉ io possa entrare in questa problematica nei pochi minuti a mia disposizione, ma perchรฉ essa si impone soprattutto nel momento in cui viene richiesto di coniugare insieme un termine di ampia portata universale, comunicazione, e un termine di stretto significato religioso, misericordia, a partire dalla sue radici biblico-teologiche e in connessione con un evento quale lโanno giubilare della chiesa cattolica.
Sullo sfondo, tra lโaltro, dei forti interrogativi che le tre religioni monoteiste, che si reggono sul convincimento che la comunicazione puรฒ avere una portata teo-logica perchรฉ appartiene allโidentitร stessa di Dio.
Due suggestioni
Per quanto riguarda la Bibbia, molto si puรฒ dire, anche se sarebbe necessario evitare luoghi comuni che, banalizzando entrambi i termini del binomio, rischiano di svuotarlo di significato teologico โforteโ. Mi limito dunque a due suggestioni che partono dal discorso di Papa Francesco e che possono avviare una riflessione sul rapporto tra comunicazione e misericordia in prospettiva biblico-teologica.
Entrambe queste suggestioni, collegano il binomio comunicazione-misericordia alla grande tradizione profetica di Israele che arriva in Gesรน di Nazareth al suo compimento.
1. Informare-comunicare: due operazioni che, come ricorda il Pontefice, richiedono due diverse capacitร e due diversi atteggiamenti, udire-ascoltare, che non sempre si compenetrano vicendevolmente. Tra lโuno e lโaltro ci vuole la mediazione del โcuoreโ, cioรจ della sapienza della vita e del vivere. Eโ il rimprovero duro che i profeti anteriori allโesilio hanno rivolto a un popolo a cui Dio ha fatto udire la sua voce, ma che non รจ stato in grado di ascoltarla (cfr Is 6,9s). Eโ il motivo per cui Gesรน sceglie di parlare in parabole, cioรจ in modo tale che solo alcuni, quelli che accettano โuna sorta di martiro, un sacrificio di se stessiโ (sono parole del Papa), possono essere in grado non solo di udire, ma anche di ascoltare (Mc 4,12; Mt 13,14).
2. Guarire la memoria ferita: un tema immenso e di straordinaria importanza nel momento in cui la fede di Israele prima e dei cristiani poi si radica nella convinzione che Dio รจ il Dio della storia fino al punto massimo di tale convinzione che รจ la fede nellโincarnazione. La storia impone la guarigione della memoria. I profeti post-esilici, da questo punto di vista, sono emblematici perchรฉ alzano la loro voce per consolare (Is 40,1-31).
Ministero dellโascolto e ministero della consolazione: quando la comunicazione passa attraverso il โcuoreโ, quando รจ impastata a sapienza del vivere e sapienza della vita, diviene ministero della misericordia.