Alle ore 11.30 di questa mattina, nell’Aula Giovanni Paolo II della Sala Stampa della Santa Sede, ha luogo la conferenza stampa di presentazione del Convegno Internazionale di studi “Il Concilio Vaticano II e i suoi protagonisti alla luce degli archivi” (Città del Vaticano, 9-11 dicembre 2015), promosso e organizzato dal Pontificio Comitato di Scienze Storiche.
Intervengono il Rev.mo P. Bernard Ardura, O. Praem., Presidente del Pontificio Comitato di Scienze Storiche e il Prof. Philippe Chenaux, Direttore del Centro Studi e Ricerche sul Concilio Vaticano II, Membro del medesimo Pontificio Comitato.
Ne riportiamo di seguito gli interventi:
Intervento del Rev.mo P. Bernard Ardura, O. Praem.
Tre anni fa, nel mese di ottobre 2012, il Pontificio Comitato di Scienze Storiche, in collaborazione con il Centro Ricerche e Studi sul Concilio Vaticano II della Pontificia Università Lateranense, ha organizzato un primo Convegno internazionale, per fare il punto sulle ricerche compiute nei vari archivi diocesani, religiosi, universitari e anche privati in cui sono conservati documenti appartenuti a vescovi membri del Concilio. Di conseguenza, questo Convegno fu un’eccezionale occasione di riunire archivisti e docenti universitari per presentare le varie situazioni – molto diverse tra di loro – di conservazione, catalogazione e fruizione delle testimonianze lasciate dai Padri conciliari.
Nel nostro progetto di ricerche e studio, avevamo già previsto di organizzare un secondo Convegno nel 2015, allo scopo di illustrare delle figure di vescovi particolarmente significative nonché di ricostruire alcune reti di opinione costituitesi prima o in occasione del Concilio.
Ora, le date del nostro Convegno dedicato al tema: “Il Concilio Vaticano II e i suoi protagonisti alla luce degli archivi” erano già da tempo fissate, per far coincidere questo incontro di studio e approfondimento del Concilio e il cinquantesimo anniversario della sua conclusione, quando il Santo Padre Francesco ci ha fatto la sorpresa di indire il Giubileo Straordinario della Misericordia.
Pertanto, dopo la solenne apertura della Porta Santa, l’8 dicembre prossimo, nella solennità dell’Immacolata, anniversario della Conclusione del Concilio, il nostro Convegno di storia della Chiesa ci introdurrà in una riflessione sul Concilio, che San Giovanni XXIII volle già porre sotto il segno stesso della misericordia. Basta riprendere il suo discorso inaugurale dell’11 ottobre 1962, per convincersi del cambiamento di metodo, nella Chiesa e per la Chiesa, auspicato dal Pontefice. Diceva infatti: “Non c’è nessun tempo in cui la Chiesa non si sia opposta [agli] errori; spesso li ha anche condannati, e talvolta con la massima severità. Quanto al tempo presente, la Sposa di Cristo preferisce usare la medicina della misericordia invece di imbracciare le armi del rigore; pensa che si debba andare incontro alle necessità odierne, esponendo più chiaramente il valore del suo insegnamento piuttosto che condannando”.
Nel corso di queste giornate di lavoro, numerosi e qualificati relatori illustreranno ciò che è stato l’evento ecclesiale del Concilio attraverso un certo numero dei suoi protagonisti, mettendo anche in luce le varie reti di opinione che ebbero un ruolo non indifferente nella formazione delle convinzioni di molti Padri conciliari, sia a livello di conferenze episcopali, sia a livello di comunità di pensiero. Anzi, gli appunti personali dei Padri conciliari permettono talvolta di seguire l’evoluzione del loro pensiero e delle loro opinioni, man mano che passava il tempo e si evidenziavano le linee direttrici che si concretizzarono nei sedici documenti elaborati in seno al Concilio.
Il Beato Paolo VI, al termine del Concilio, rivolse la parola ai Padri conciliari, il 7 dicembre 1965, ed insistette sullo stretto legame tra conoscenza di Dio e conoscenza dell’uomo. Per lui, il Concilio “è stato rivolto all’umana utilità; non si dica dunque mai inutile una religione come la cattolica, la quale, nella sua forma più cosciente e più efficace, qual è quella conciliare, tutta si dichiara in favore ed in servizio dell’uomo”. E il Papa ribadisce che la religione possiede una profonda conoscenza dell’uomo, in virtù della sua scienza di Dio: “Per conoscere l’uomo, l’uomo vero, l’uomo integrale, bisogna conoscere Dio”.
Nell’elaborazione del programma di questo Convegno abbiamo anche tentato di rendere conto non soltanto della diversità ma ancora delle divergenze manifestatesi nel corso del Concilio. L’unanimità fortemente auspicata da Paolo VI per l’approvazione dei documenti conciliari ha lasciato nell’ombra le opinioni di una minoranza tuttavia ben organizzata; per questo motivo, abbiamo voluto che alcuni dei protagonisti di queste correnti fossero anche presentati nel corso di queste giornate.
[ads2]Nel suo discorso di apertura, San Giovanni XXIII assegnava al Concilio un certo numero di compiti, tra i quali quello di promuovere l’unità della famiglia umana e quella di tutti i cristiani. Diceva: “La Chiesa cattolica ritiene suo dovere adoperarsi attivamente perché si compia il grande mistero di quell’unità che Cristo Gesù con ardentissime preghiere ha chiesto al Padre Celeste nell’imminenza del suo sacrificio”. Quindi, abbiamo voluto onorare questo importante orientamento deciso dal “Papa buono”, e per questo motivo, abbiamo invitato ad intervenire a questo Convegno qualificati rappresentanti della Chiesa Ortodossa Russa ed Ucraina, della Comunione Anglicana.
Infine, con questa iniziativa, il Pontificio Comitato di Scienze Storiche si propone di rispondere all’invito che Papa Francesco gli ha rivolto nel corso dell’Udienza del 12 aprile 2014: “Nell’incontro e nella collaborazione con i ricercatori di ogni cultura e religione, voi potete offrire un contributo specifico al dialogo tra la Chiesa e il mondo contemporaneo”.
Intervento del Prof. Philippe Chenaux
“Ripartire dagli archivi”: questa è la scommessa che sta alla base del grande progetto di ricerca sugli archivi dei padri conciliari, lanciato quattro anni fa dal Pontificio Comitato di Scienze storiche in collaborazione con il Centro Studi e Ricerche sul Concilio Vaticano II della Pontificia Università Lateranense. La necessità di “ripartire dagli archivi” obbediva alla considerazione seguente: dopo la conclusione della Storia del Concilio Vaticano II (1995-2002), diretta dal prof. Giuseppe Alberigo, il dibattito sul concilio si era per così dire focalizzato sulla questione dell’ermeneutica, cioè dell’interpretazione dell’evento Vaticano II e delle sue decisioni. Nel suo discorso alla Curia romana del 22 dicembre 2005, Benedetto XVI aveva operato una distinzione tra due interpretazioni del concilio: la prima, erronea, definita come «ermeneutica della discontinuità e della rottura», che «ha causato confusione» nella storia della Chiesa; la seconda, giusta e feconda, definita come «ermeneutica della riforma, del rinnovamento nella continuità», che invece «ha portato frutti». L’insistenza del magistero romano sulla continuità fra gli insegnamenti del concilio e la grande tradizione della Chiesa contrastava con la lettura della storiografia propensa a sottolineare, al contrario, la novità del Vaticano II come evento di “transizione epocale” nella storia bimillenaria della Chiesa cattolica. A cinquant’anni dall’apertura dei lavori conciliari la posta in gioco per gli storici era dunque: come riconciliare queste due letture contrapposte dell’evento e delle sue decisioni? Non si trattava di scrivere una “contro-storia” del concilio Vaticano II, quanto piuttosto (più modestamente) di riprendere l’indagine storica sulla base di una documentazione la più larga possibile e senza a priori di tipo ideologico, evitando di strumentalizzare la storia del concilio per fini estranei alla storia stessa, e tentando di arrivare ad una comprensione più equilibrata e più condivisa del Vaticano II.
Rispondere alla domanda “come interpretare il concilio?” presupponeva che si rispondesse prima ad un’altra questione: “cosa è successo nel Vaticano II?”. Lo stesso Benedetto XVI, nel suo messaggio al primo convegno del 12 settembre 2012, scriveva: «L’ermeneutica dei testi conciliari, pur rimanendo materia essenzialmente teologica, può giovarsi sotto molti aspetti dell’aiuto che proviene da un corretto impiego delle scienze storiche». Se il primo convegno, tenutosi nell’ottobre 2012, aveva lo scopo di presentare i primi risultati di una vasta indagine negli archivi diocesani condotta su scala mondiale, questo secondo convegno intende proporre un’analisi del ruolo svolto dai protagonisti dell’evento Vaticano II alla luce della documentazione già individuata durante il primo incontro. Lo storico, infatti, verrebbe meno al proprio compito se si limitasse a reperire e a catalogare i fondi d’archivio esistenti senza tentare di proporne un interpretazione sulla base di una serie di domande pertinenti e condivise.
La sfida più impegnativa che si pone allo storico al livello dell’interpretazione dell’evento conciliare è quella del cambiamento di maggioranza tra l’inizio e la fine del concilio. Per spiegare questa “inversione di tendenza”, senza cadere nella trappola dell’ipotesi complottistica, il ricorso alla categoria dell’“esperienza conciliare” appare fondamentale. Come detto varie volte da Giovanni Paolo II, il concilio «ha avuto un significato unico e irripetibile per tutti coloro che vi hanno preso parte». Esso ha rappresentato, per molti vescovi, non solo una straordinaria esperienza di comunione fraterna sotto la guida dello Spirito Santo, ma anche una scuola di aggiornamento teologico. Come i padri conciliari hanno vissuto il concilio? Quale è stata la loro esperienza personale dell’evento? In quale misura questa esperienza conciliare ha condizionato il loro modo di concepire la Chiesa, il loro modo di essere vescovo? Bisogna parlare di una semplice “evoluzione”, oppure di una vera e propria “conversione”? Il poter documentare questi passaggi attraverso lo studio attento e rigoroso delle fonti a disposizione, rappresenta sicuramente uno dei compiti più interessanti della ricerca storica attuale sul concilio. La risoluzione del grande “enigma interpretativo” (“che cosa è successo nel Vaticano II?”) passa attraverso la ricostruzione precisa e meticolosa dell’attività dei suoi protagonisti. Sarà questo il tema della Prima sessione (10 dicembre) intitolata “I protagonisti rivelati dagli archivi (10 comunicazioni). La Seconda sessione (10 dicembre), intitolata “Le reti di contatto e di opinioni”, valuterà la consistenza delle reti di contatti e di scambio opinioni stabilitesi fra i partecipanti (10 relazioni). La Terza sessione (11 dicembre), dal titolo “Le evoluzioni nel corso del Concilio”, approfondirà il tema dell’evoluzione del pensiero dei partecipanti (9 comunicazioni). Due ulteriori sessioni di lavoro, una introduttiva (quella inaugurale) e una conclusiva “inquadreranno” le tre appena indicate.
Nella sessione inaugurale del 9 dicembre, dopo l’introduzione di p. Ardura, presidente del Pontificio Comitato di Scienze storiche, saranno presentate cinque relazioni di carattere generale, rispettivamente da un cardinale africano (Sua Em.za il Card. Laurent Monsegwo Pasinya, arcivescovo di Kinshasa, che interverrà sul cardinal Malula e la sua visione “africana” del concilio), da un vescovo della Chiesa ortodossa ucraina (Sua Ecc.za Filaret, Vescovo di Lviv e Galicia, con un intervento su Vaticano II e Chiesa ortodossa russa), e da tre storici (il prof. John O’Malley, Georgetown University; il prof. Michael Quisinsky, Université de Fribourg; il sottoscritto).
Durante la sessione conclusiva del 11 dicembre è prevista una tavola rotonda presieduta dal p. Ardura destinata a solennizzare il cinquantesimo anniversario della fine del concilio. Interverranno il Card. Georges Cottier, Teologo emerito della Casa pontificia, rappresentanti delle varie Chiese cristiane (S. Sua Ecc.za Filaret, vescovo di Lviv e Galicia, Rev. Sac. Alexeï Dikarev, delegato del Dipartimento per le Relazioni ecclesiastiche esterne del Patriarcato di Mosca, His Grace Archibishop Sir David Moxon, rappresentante dell’Arcivescovo di Canterbury presso la Santa Sede e direttore della Anglican Center in Rom), il sottoscritto. Sarà, inoltre, letto un messaggio del Rabbino Capo di Roma, Rav. Dr. Riccardo Di Segni.