La liturgia presenta per questa domenica il brano della cosiddetta “pesca miracolosa”, ma l’eccezionalità di tale evento, una pesca in pieno giorno alla fine di una notte andata a vuoto, non è però il vero nucleo narrativo del brano evangelico. Il centro della narrazione non è pertanto la vicenda di un miracolo, ma l’esperienza dell’incontro con il Signore, di come un uomo possa cambiare profondamente la propria vita mettendo in gioco sé stesso, il proprio tempo, le proprie certezze e i propri averi “sulla parola” di Gesù di Nazareth. Più che il racconto straordinario della potenza divina, si tratta della storia semplice di Simon Pietro, ovvero della chiamata di un uomo che, insieme ad altri compagni di viaggio, si imbatte un giorno in Gesù, il quale gli chiede di salire sulla barca della sua vita e di prendere il largo verso acque profonde.
Il brano si apre con la folla che “faceva ressa” attorno a Gesù per ascoltare la parola di Dio (v.1). Tra la gente c’è una grande sete di senso: ciò che le persone desiderano è proprio la parola di Dio, un incontro con il Dio vivente che interpella, trasforma l’esistenza e impegna all’avventura della sequela nel cammino della vita. L’attitudine all’ascolto nell’opera dell’evangelista Luca costituisce il punto di partenza del cammino di fede.
Di fronte alla folla, Gesù vede due barche da cui erano scesi i pescatori per lavare le reti, sale sulla barca che era di Simone e gli chiede di scostarsi un po’ da terra: lì, stando seduto, insegnava alle folle (v.3). La prima richiesta del Signore è di essere accolto. Simone, che finora è apparso solo intento alle sue attività lavorative e disinteressato ai discorsi di Gesù, si trova inaspettatamente faccia a faccia con lui. Il suo primo “sì” al Signore avviene quasi per caso, senza troppa convinzione, senza poter minimamente prevedere il seguito.
La barca, luogo del fallimento per la mancata pesca durante la notte, diviene ora il luogo da cui Gesù attrae persone all’ascolto della parola di Dio. I pescatori stanno riponendo gli arnesi di lavoro per la notte successiva, poiché è di notte il tempo propizio per pescare. La richiesta di Gesù a Simone di prendere il largo e calare le reti rappresenta una follia dal punto di vista umano. Simone oppone la sua esperienza di pescatore: “Abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla” (v.5). Ma proprio qui avviene il salto della fede: “sulla tua parola, getterò le reti”, e Simone accetta la contraddizione che smentisce le sue competenze, facendo affidamento sulla parola del Maestro.
Su questa parola si espone al rischio di mettere in discussione tutto quello in cui ha creduto fino ad ora per entrare nella sfera dell’impossibile per l’uomo e del non certo. E così entra nella sfera di quel Dio che lo ha chiamato proprio nel giorno del fallimento e nel momento di maggiore difficoltà. Questo faticoso lavoro di apertura al Signore diverrà però un’occasione di fecondità.
Dopo che la rete, gettata sulla parola di Gesù, risale dai fondali stracolma di pesci, al punto che un’altra barca è chiamata a partecipare di questa grazia sovrabbondante, Simone riconosce il suo Signore. Questo è il vero “miracolo”: Simone riconosce Dio in Gesù e diviene un altro. Quando Simon Pietro avverte questa vicinanza, cade alle ginocchia di Gesù chiedendogli di allontanarsi, sentendosi peccatore: “Signore, allontanati da me, perché sono un peccatore” (v.8).
L’incontro con Gesù diviene un sconvolgimento esistenziale. Simone, che conosceva Gesù nella sua forza, ora arriva alla conoscenza di sé stesso nella propria debolezza. La risposta autentica alla chiamata è innanzitutto un andare in profondità nella conoscenza di sé e del Signore. Simon Pietro viene scelto proprio nel suo peccato, e lo svelamento della sua condizione lo ha reso ancora più vicino a Gesù.
Analogamente accade al profeta Isaia, colto di sorpresa da una teofania, dove l’incontro col Signore provoca una profonda consapevolezza della propria debolezza e del proprio peccato: “Uomo dalle labbra impure io sono” (Is 6,5). Tuttavia, Isaia accetta la missione: “Eccomi, manda me!” (Is 6,7). Lo stesso accade a Paolo: “Io non sono degno di essere chiamato apostolo… per grazia di Dio, però, sono quello che sono” (1 Cor 15,9-10).
L’invito finale di Gesù a non temere, rivolto a Simon Pietro, accorcia nuovamente le distanze. Da quel momento, sarebbe divenuto “pescatore di uomini” (v.10), impegnato nell’annuncio della Parola per salvare quanti rischiano di annegare nel mare del non senso e della disperazione. A quelle parole, Simon Pietro e gli altri “lasciarono tutto e lo seguirono” (v.11), segno di radicalità ed essenzialità di vita alla sequela di Gesù.
Il ministero degli apostoli sarà in continuità con l’opera di Gesù: annunciare la Parola di Dio. La comunità cristiana nasce attorno all’ascolto della Parola di Dio, che fonderà tutte le nuove relazioni con Gesù. Egli stesso afferma: “Mia madre e i miei fratelli sono coloro che ascoltano la Parola di Dio e la mettono in pratica” (Lc 8,21).
Simon Pietro e i suoi compagni ora guardano a Gesù con uno sguardo rinnovato dalla fede. È l’inizio di un cammino che ripartirà sempre, anche dopo ogni fallimento e ogni nottata andata a vuoto. Così, come Pietro, ogni uomo e ogni donna si trova di fronte a Dio con le proprie reti vuote, in attesa di prendere il largo sulla sua Parola, verso una salvezza inattesa e una fecondità di vita ben più grande delle nostre aspettative.
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