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Comunità Kairos – Commento al Vangelo di domenica 8 Dicembre 2024

Domenica 8 Dicembre 2024 IMMACOLATA CONCEZIONE DELLA BEATA VERGINE MARIA - SOLENNITÀ
Commento al brano del Vangelo di: Lc 1, 26-38

La storia della salvezza inizia con un “Eccomi”, pronunciato da una fanciulla vergine, che accoglie nella sua carne il Figlio di Dio, pronta a mettere in gioco la sua vita, ad abbandonarsi con un atto radicale di affidamento alla Parola del Signore.

Tutto ha origine dall’azione di Dio, che ha già offerto il dono del concepimento di un figlio alla cugina di Maria, Elisabetta, “che era detta sterile” ed è ora al sesto mese di gravidanza. Una vita sta crescendo nel grembo di una donna, ed è proprio in questo tempo di attesa che si colloca l’annuncio dell’angelo Gabriele a Maria. Vita su vita nasce da chi accoglie la Parola del Signore!

C’è un “luogo”, però, in cui avviene il racconto di Luca, che non è meno importante del “tempo” in cui si svolge. Siamo a Nazareth, una cittadina poco considerata, piuttosto malvista secondo le parole di Natanaele nel Vangelo di Giovanni: “Da Nazareth può mai venire qualcosa di buono?” (Gv 1, 46). Il territorio è quello della Galilea, regione periferica, abitata da una mescolanza di popoli e, per questo, secondo i vangeli, sinonimo di universalità.

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Infine, l’azione non si svolge in un luogo sacro, non siamo nel Tempio, ma in una casa. Siamo nella quotidiana laicità del mondo e ciò è sottolineato anche da un altro fattore: Maria non è figlia di un sacerdote, non appartiene a una famiglia sacerdotale. È una semplice ragazza che ancora non vive con l’uomo a cui è stata data in sposa.

Maestro della narrazione, Luca costruisce un dialogo essenziale fra l’angelo e Maria, che inizia con un saluto di Gabriele di memoria profetica: “Gioisci, esulta, figlia di Sion, perché ecco io vengo ad abitare in mezzo a te, nel tuo seno, dice il Signore” (Zac 2, 24-25). È un annuncio gioioso, quello che investe Maria, perché Dio ha posto gli occhi su di lei trasformandola con la sua grazia. Maria non risponde al saluto. La scena resta sospesa nel silenzio in cui lei si rifugia, turbata dalle parole dell’angelo.

Inizia così una vera lectio divina. L’angelo Gabriele diventa la memoria delle Scritture, per far scoprire a Maria quelle parole che danno senso e chiarezza alla sua esperienza personale. Il primo testo potrebbe essere di Is 41,10: “Non temere, perché io sono con te, non smarrirti, perché io sono il tuo Dio. Ti rendo forte, ti vengo in aiuto e ti sostengo con la destra vittoriosa”. Ma anche Sof 3,14-15 o Zc 2,14 possono essere emersi nella memoria di Maria.

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L’angelo continua proponendo il cuore stesso del messaggio a Maria attraverso la memoria di Is 7,14: “Ecco: la vergine concepirà e partorirà un figlio, che chiamerà Emmanuele” e 2 Sam 7,12-16. Maria, però, non riesce ancora a capire il modo con cui Dio ha deciso di realizzare le profezie e di compiere le promesse fatte ad Abramo, a Davide e alla loro discendenza, e pudicamente domanda come potrà avvenire che partorisca un bambino, dato che è vergine.

Nella trepidante e umile richiesta della fanciulla si scorge la sua grande fiducia nel Signore. Sembra di vedere l’angelo Gabriele che con dolcezza le spiega “come avverrà questo” (v. 34). Continua la memoria delle Scritture, che suscita in Maria il ricordo di Gn 1,2: “Ora la terra era informe e deserta e le tenebre ricoprivano l’abisso e lo Spirito di Dio aleggiava sulle acque”. Ma ancor di più Es 14, 19-20, quando, secondo la tradizione ebraica, la potenza dell’Altissimo fece nascere il nuovo Israele, figlio unicamente di Dio.

Così ciò che nascerà da Maria apparterrà completamente a Dio e sarà chiamato per diritto Figlio di Dio. Anche il monte Sinai, coperto dalla nube (Es 19,16), diventa qui figura di Maria, avvolta dalla mistica nube dello Spirito Santo, che scenderà su di lei, rendendola il tempio del Salvatore del mondo.

Con la memoria dei testi dell’Esodo, l’angelo Gabriele ha concluso la sua lectio. Adesso manca solo la comprova di tutto nel presente. Il riferimento alla gravidanza di Elisabetta serve per dire a Maria che quello stesso Dio che dal nulla ha creato tutte le cose, che ha fatto nascere di nuovo Israele, che ha dato un figlio a Sara e Abramo nella loro vecchiaia, ha reso possibile quello che per gli uomini è impossibile. Ha restituito alla cugina Elisabetta la speranza, il futuro, le ha tolto di dosso il marchio della vergogna inflittole dalla società.

Occorre quindi un radicale abbandono all’azione dello Spirito Santo di Dio, farsi casa per accogliere il Figlio di Dio, svuotarsi da ogni ansia da prestazione, da ogni paura, e tutto affidare alla Parola del Signore. E Maria ora non indugia più, esprime il suo sì, spalanca il suo essere alla novità che irrompe nella sua vita, si mette al servizio del Signore e diventa da quel momento la prima portatrice del Vangelo, strumento di salvezza per tutti gli uomini di ogni tempo, generando in sé il Cristo grazie all’ascolto della Parola.

Sarà l’evangelista Giovanni a spiegare che la pienezza della grazia, dalla quale tutti abbiamo ricevuto, si ha in quel Figlio che indicherà come la Parola, come il Verbo che “si è fatto carne e venne ad abitare in mezzo a noi” (Gv 1,14).

Se guardiamo le rappresentazioni pittoriche più famose dell’episodio dell’annunciazione, Maria ha spesso un libro aperto dinanzi a sé o sul suo grembo. Il libro esprime la fede di Maria, la sua ricerca attenta della volontà di Dio che si esprime nella sua Parola, la sua apertura e disponibilità. La Parola di Dio – tramandata e custodita dalle Scritture – è ciò che la precede, che le dà la possibilità di scoprire il senso della propria chiamata personale.

Per questo, la storia di Maria è anche la nostra storia: il suo ascolto della Parola, il suo conservarla e meditarla ad immagine dei profeti e dei sapienti dell’Antico Testamento ci permettono di fare di lei un modello per il cammino di ogni credente. Dio chiama anche noi (pieni di grazia) ad essere strumenti di salvezza. Siamo stati resi tempio della presenza di Dio, come ci ricorda Paolo: “Non riconoscete che Cristo abita in voi?” (2 Cor 13,5); e quindi il dono ricevuto deve continuare a farsi dono. Come Chiesa, siamo chiamati a continuare a far nascere Gesù nella vita di ogni persona. Dopo aver ascoltato e compreso, diciamo il nostro “eccomi”, portando nel mondo la vera gioia che vince tutte le paure. Quella stessa gioia che Maria canterà nel Magnificat (Lc 1,46-55), lasciando esultare il suo spirito per l’amore salvifico che Dio le ha messo in grembo, offerto a tutta l’umanità.

Annalisa – Comunità Kairos.

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