C’è una svolta nel racconto. Gesù lascia la Galilea e si sposta verso la Giudea. Inizia l’itinerario che lo porterà a Gerusalemme, mentre continua a formare i suoi sul senso della sequela. È questo l’humus di fondo della sezione. Ha da poco rivelato che strano modello di Cristo Salvatore sarà: uno che accetterà il rifiuto violento del potere politico e religioso di Israele, uno che metterà la sua vita nelle mani del Padre suo, in obbedienza totale al suo progetto di amore per tutti i suoi figli sino a volerli accogliere nella sua stessa Vita, uno che potrà scegliere di essere perdente, di essere mite perché libero nell’intima adesione al Padre.
Ma come seguire un tale messia? Il discepolo viene chiamato da allora a destrutturare le sue categorie mentali, a lasciare, a uscire dalle sue aspettative umane di successo, di esercizio del potere, per entrare nel territorio inesplorato del “chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia e del Vangelo, la salverà”. Tradotto: nella sua sequela la vita in pienezza si otterrà imparando a donare la propria.
E tornano le folle, che con moto sincero di nuovo accorrono verso la sua parola così generosa a saziare la fame e sanare le ferite del cuore. Si ripresentano anche dei farisei. La loro intenzione è però metterlo alla prova con la capziosa domanda “è lecito a un marito ripudiare la propria moglie?” Non hanno sete della Parola, loro ne sono specialisti. Vivisezionano le Scritture, in questo caso per averne un permesso formale che li lasci con la coscienza a posto davanti il loro Dio, mentre ne annullano in sostanza la volontà. Essere lecito e ripudiare costituiscono un ossimoro, una contraddizione in termini! Come legalizzare una violenza, da parte del più forte contro il più debole…
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Ma la trappola avrebbe visto il rabbi galileo mettersi contro il legislatore Mosè, se avesse risposto no, e contraddire se stesso e la sua visione di misericordia, se avesse risposto sì. Invece l’episodio si rivela, nella risposta di Gesù, un’altra tappa di esortazione alla sequela, stavolta nel percorso problematico della vita matrimoniale.
Accertato che Mosè aveva permesso il ripudio, seppur mitigato dalla misura protettiva della liberatoria (Dt 24,1), Gesù li rimprovera: per la durezza del vostro cuore vi è stata concessa questa possibilità, che è pur sempre segno di rifiuto della chiamata alla fede in Colui che vuole donarci tutto di lui, sino a donarci una nuova possibilità di Vita buona, condivisa con lui nel condividerla tra noi. Il cuore di pietra invece finge di essere irreprensibile davanti il Signore, mentre ne manipola la volontà, aggiustandola sulla propria convenienza e il proprio desiderio di possesso.
Poi Gesù spariglia le carte risalendo al cuore del progetto originario di Dio, “dall’inizio della creazione li fece maschio e femmina; e i due diventeranno una carne sola…” Non sono più due, sottolinea, ma una sola carne. Quella carne dell’umano che porta il carico della debolezza insieme alla grandezza, della fragilità insieme alla forza.
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È arrivato al cuore di Dio, quello che vuole l’unione e permette, nel suo spirito, la comunione fiduciosa e fedele di tutti i suoi figli, tanto più di quei due, chiamati insieme a sua immagine, a riproporre al mondo il suo amore. Due che si donano reciprocamente la vita nella consuetudine ordinaria della cura e del rispetto. “Dunque l’uomo non divida quello che Dio ha congiunto”. Sentiamo in questa frase un attraversamento di tempi e spazi, ben aldilà del dato. Vi leggiamo la radice delle separazioni tutte in ogni panorama di relazioni di coppia, personali, familiari, di comunità e di popoli.
Un carico di sofferenza accompagna e accompagnerà la divisione, che contraddice nella coppia, come in ogni comunità umana, il progetto di Dio, minato sempre dalla gelosia o dal disprezzo del più forte verso il più debole, dalla volontà patriarcale del possesso e dell’autoaffermazione; dal ripudio di Dio, sostituito dall’io. Allora anche la tensione finale della coppia vorrà essere un percorso progressivo, faticoso, dalla umanissima debolezza del vivere la relazione, verso la vetta della fraternità, la meta massima del progetto di Dio.
Il “metterlo alla prova” si è rivelato un test per saggiare Gesù: “Sei come noi, disponibile a manipolare, aggiustare sulle nostre esigenze la volontà di Dio? e quindi innocuo? o hai altri riferimenti e allora sei pericoloso?”. Gesù ha Altro riferimento.
Quello che lo spinge a prendere in braccio un bambino, cifra di tutti i senza diritti e senza poteri, e proclamare: chi non accoglie il regno di Dio come lo accoglie un bambino, non entrerà in esso. Lascia, Signore, che con la lieta fiducia e la grata sorpresa dei bimbi, riceviamo in fedeltà il dono del tuo regno.
Raffaela – Comunità Kairòs
A cura di Monica per la Comunità Kairos.