HomeVangelo della DomenicaComunità Kairos - Commento al Vangelo di domenica 26 Novembre 2023

Comunità Kairos – Commento al Vangelo di domenica 26 Novembre 2023

Commento al brano del Vangelo di: ✝ Mt 25, 31-46

Il vangelo di oggi, pagina splendida che ritroviamo solo in Matteo, chiude il discorso escatologico, iniziato nel capitolo precedente.

Il giudizio finale è presentato in un contesto di “attesa prossima”, in cui viene rinnovata l’esortazione alla fedeltà (Mt 24, 45-51), alla vigilanza (Mt 25, 1-13) e a far fruttificare i doni ricevuti (Mt 25, 14- 30).

Con questa domenica, ultima dell’anno liturgico, si chiude un cammino e se ne apre un altro (Avvento), sempre alla sequela di Cristo e nell’ascolto della sua Parola, che è lieta notizia per tutti.

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Il giudizio appunto riguarderà tutti (v. 32 “saranno riuniti davanti a lui tutti i popoli”): le porte del Regno sono aperte per coloro che hanno accolto il dono della vita facendosi dono per gli altri, indipendentemente dall’appartenenza a questo o quel gruppo religioso, per questo il brano insiste sulla sorpresa (vv. 37-39 e 44 “quando mai…”).

Ma allo stesso tempo il giudizio è personale (v. 32 “egli separerà gli uni dagli altri”): solo Dio conosce la verità e la speranza custodita in ogni uomo.

Vorrei sottolineare che, anche se siamo di fronte ad una sentenza, nelle parole di Cristo non vi è alcuna condanna (v.46 “E se ne andranno…”), si tratta infatti della constatazione delle scelte fatte liberamente e consapevolmente da ciascuno, nel tempo disteso della vita. Il brano è un ammonimento per i discepoli: alla fine dei tempi ci sarà il giudizio, perché esso dà senso alla storia, alle nostre azioni e restituisce dignità e giustizia agli ultimi e alle vittime dell’egoismo dell’uomo. Il giudizio ristabilirà la giustizia di Dio, pensata sin dall’inizio e verso la quale tutta la creazione tende (v. 34). Solo il giudice-re può separare ciò che a noi è proibito (Mt 13, 24-30) e come nell’in-principio Dio ha separato per orientare la creazione alla pienezza feconda; alla fine dei tempi, Cristo separerà uomo da uomo, e in ogni uomo, il bene dal male, perché finalmente quella pienezza di vita sia definitiva.

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Questo brano, insieme alle beatitudini, poste all’inizio del ministero pubblico di Gesù, costituisce una cornice entro la quale si colloca il senso profondo dell’insegnamento cristiano. Non principi ideali ma prassi d’amore, disponibilità all’incontro con l’altro, capacità di vedere, toccare, accogliere la fragilità e la debolezza; perché è la fraternità il vincolo che unisce tutti gli uomini, a partire da Gesù “fratello primogenito” (Rm 8, 29), che donandoci l’amore del Padre, ci ha immesso in una rete di grazia, affinché la nostra esistenza sia caratterizzata dall’amore reciproco.

La fine del mondo chiuderà il nostro tempo per aprire all’eternità. Ciò avverrà con la venuta del Signore, ma il brano che stiamo meditando ci invita a non collocare tale evento “alla fine”, perché in ogni istante il Signore viene come soccorso d’amore nel bisogno. Egli è l’Emmanuele, il Dio con noi. E, dunque, in ogni istante la nostra vita incontra l’eternità: tutte le volte che accogliamo il fratello bisognoso entriamo nella benedizione (v.34), quando lo ignoriamo o, peggio, lo maltrattiamo ci allontaniamo dal Signore, uscendo dalla benedizione (v. 41).

Per questo non ci è rivelata la fine, perché è ora che si gioca “l’allora”. L’amore verso Dio e verso i fratelli costituisce un unico comandamento (22, 37-40).

Ed è importante evidenziare che Gesù, re e giudice delle opere dell’uomo, sarà egli stesso sottoposto al giudizio (cap. 26-27). In questo senso l’identificazione con gli ultimi (vv. 40 e 45) non è una parola vuota, ma veramente, di lì a poco, Gesù proverà la fame e la sete, e sarà nudo, prigioniero e non accolto. Ciò mette in evidenza la bellezza del messaggio cristiano: la regalità di Gesù sta nella croce, essa è il suo trono.

A noi viene chiesto di testimoniare l’amore che ci è stato donato.

In ultimo, vorrei soffermarmi su una considerazione di carattere linguistico. L’invito che il re rivolge ai giusti “Deûte”, “Venite qua” lo ritroviamo in altri tre passaggi del vangelo di Matteo.

In Mt 4,19: all’inizio del ministero di Gesù con la chiamata dei primi discepoli: “Venite, vi farò pescatori di uomini”.

Poi, nel cosiddetto inno di esultanza (Mt 11, 28): “Venite a me, voi tutti che siete affaticati e oppressi e io vi ristorerò”. L’invito rivolto “ai più piccoli” è un’esortazione a vivere nell’amore, che è libertà e responsabilità.

Infine, in Mt 22,4: “Venite alle nozze”, l’invito al banchetto di nozze del figlio del re.

Rincuora e incoraggia veramente sapere che saremo giudicati da chi ci ha chiamato alla sequela, ci ha offerto pace e sollievo nelle fatiche quotidiane, ci ha invitato alla festa.

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Mt 25, 31-46 | Comunità Kairos 12 kb 3 downloads

Introduzione alla lectio divina di Mt 25, 31-46 Solennità di Cristo Re dell’Universo…

A cura di Monica per la Comunità Kairos.

Immagine di Dimitris Vetsikas da Pixabay

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