Gesù è in cammino verso Gerusalemme. Lungo la strada introduce i discepoli alla comprensione della sua persona e della sua vita. La domanda di fondo che fa da filo conduttore al vangelo di Marco è “chi è Gesù”, qual è la sua identità. Fin dall’inizio i discepoli sono guidati, attraverso un percorso di rivelazione che dal battesimo li condurrà fin sotto la croce, a comprendere il mistero del Dio fatto uomo, del Figlio amato dal Padre.
L’episodio della trasfigurazione, collocato tra i due annunci della Passione (8,31; 9,12), è una tappa centrale nella rivelazione dell’identità profonda di Gesù. È un evento straordinario in cui il velo dell’umanità di Gesù si solleva per un momento, lasciando intravedere lo splendore della natura divina. Ha lo scopo principale di confermare presso i discepoli la sua missione salvifica che si concretizza nelle sue parole e nelle sue azioni. È un evento rivolto principalmente alla Chiesa nascente.
Il cammino dei discepoli dietro al maestro, delineato all’interno dei capitoli precedenti, li ha portati a riconoscere, per bocca di Pietro, in Gesù di Nazareth il Cristo, il Messia atteso. A questa confessione però ha fatto seguito da parte di Gesù il primo annuncio della passione. E Pietro, la cui confessione di fede nella messianicità di Gesù era stata impeccabile, si ritrova appellato come “satana” perché “non pensa secondo Dio ma secondo gli uomini”. Comprendere un Messia che parla di un percorso di morte e resurrezione e che propone come condizioni necessarie per la sequela il rinnegare se stessi, il prendere la propria croce e il seguirlo nel suo percorso verso Gerusalemme, non è facile. Non è facile per i discepoli accogliere le parole di Gesù.
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È all’interno di questa cornice che si inserisce il racconto della trasfigurazione. L’orizzonte interpretativo è la pasqua e lo stesso Gesù ordinerà ai discepoli di non parlarne finché il Figlio dell’uomo non sarà risorto dai morti. Solo alla luce della resurrezione sarà possibile per i discepoli comprendere gli eventi di cui sono stati testimoni e reinterpretarli.
La trasfigurazione di Gesù, come il suo battesimo, è un fatto storico, ma la sua narrazione ha in sé diversi rimandi simbolici che la rendono simile alle teofanie, con i tratti caratteristici delle visioni apocalittiche e delle apparizioni di Dio nell’AT. Alcuni elementi, come la nube e la voce dal cielo, la presenza di Mosè ed Elia, evocano la teofania del Sinai. Come Mosè aveva incontrato Dio nella nube sul monte e il suo volto era diventato luminoso per il conversare con Dio, così anche Gesù su un alto monte è trasfigurato dalla gloria del Padre. Gesù è il nuovo Mosè ed in lui giunge a compimento l’attesa, l’alleanza, la legge. Gesù è la nuova legge, la Parola definitiva e ultima di Dio all’umanità.
La trasfigurazione è un’esperienza straordinaria sia per Gesù che per i discepoli. La gloria di Dio, cioè la pienezza della vita divina si manifesta in Gesù. Per un attimo i discepoli hanno la possibilità di vedere lo
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splendore della vita divina che si nasconde nell’umanità del Cristo. Il Padre fa sperimentare a Gesù e fa intravedere ai discepoli un assaggio di quella gloria che, risorgendo dai morti, possiederà per sempre fin dal mattino di Pasqua.
I discepoli non comprendono ciò che stanno vedendo (e non lo potranno fare se non dopo la resurrezione). Pietro vorrebbe fissare quel momento, fare tre tende, una per Gesù, una per Mosè e una per Elia, per restare per sempre nella visione della gloria di Dio. Ancora non comprende. Nell’euforia dell’esperienza tende ad assimilare il ruolo di Gesù a quello di Mosè ed Elia, manifestatisi accanto a lui, ma i tre personaggi non sono sullo stesso piano.
È il Padre stesso, una voce nella nube, che rivela la vera identità di Gesù, il suo ruolo unico di Figlio di Dio, realizzatore definitivo delle sue promesse. In mezzo a Mosè ed Elia, che rappresentano simbolicamente la Legge e i Profeti, Gesù viene rivelato come il compimento delle antiche promesse, colui nel quale converge tutta la storia della salvezza e si adempiono le profezie del passato.
La voce nella nube che lo conferma nella sua identità di Figlio amato, annuncia anche ai discepoli la nuova legge: ascoltare il Figlio nel quale Dio si compiace. Ascoltare, cioè accogliere la sua Parola, accogliere Dio stesso. La professione di fede fatta da Pietro ha senso solo alla luce dell’accoglienza della Parola di Gesù e del suo mistero.
Pietro e i discepoli sono invitati ad ascoltare il Figlio per arrivare a comprendere che quel Gesù che stanno seguendo sulla strada per Gerusalemme non è il Messia glorioso tanto atteso, ma il Messia sofferente che arriva alla gloria attraverso l’amore incondizionato per gli uomini fino al dono della vita. Solo alla luce della resurrezione, l’evento della trasfigurazione svelerà ai discepoli il senso profondo che racchiude.
Per il momento a Pietro e ai discepoli è chiesto di mettere da parte il loro pensare secondo gli uomini, che vorrebbe cristallizzare l’esperienza di fede in un momento e fissarla dentro confini ben definiti per entrare in un pensare secondo Dio, ponendosi in ascolto. E ascoltare è sempre un movimento, un dinamismo. Non si può rimanere fermi. Occorre rimettersi in cammino, scendere dal monte e riprendere il viaggio verso Gerusalemme accanto Gesù
Mc 9,2-10 | Comunità Kairos 103 kb 9 downloads
Lectio divina di Mc 9,2-10 – II domenica del Tempo di Quaresima 25 febbraio 2024 …A cura di Giustina per la Comunità Kairos.
Immagine di Dimitris Vetsikas da Pixabay