Il brano che ci accingiamo a meditare si trova all’interno di una sezione in cui Matteo presenta una sequenza di aspre polemiche con i capi del popolo d’Israele. Questa sezione si apre con l’ingresso di Gesù a Gerusalemme e la cacciata dei venditori dal tempio (21,12), prosegue appunto con una lunga serie di controversie (21,23-22,46) che culminano con la condanna degli scribi e farisei (cap. 23) e si chiude con l’ammonimento ai discepoli nel giudizio finale (25, 31-46).
La disputa avviene nel tempio, i farisei tendono una trappola a Gesù nel tentativo di screditarlo e fargli perdere il favore popolare.
Perciò “tengono consiglio” (v. 15) alleandosi anche con gli erodiani, un gruppo politico-religioso con posizioni molto distanti da loro.
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L’intento è quello di suscitare contro Gesù la reazione del popolo, che riconosceva quale unico Signore Dio e mal sopportava l’oppressione romana, vedendo in Gesù il Messia liberatore che avrebbe realizzato un profondo rinnovamento sociale. O, altrimenti, di suscitare la reazione dei detentori del potere politico (gli erodiani appunto), che avrebbero accusato Gesù di ribellione e sovversione.
Per questo Gesù non può rispondere né sì né no.
La controversia riguarda dunque il riconoscimento dell’autorità, essa verte sul potere e le derive cui può condurre, in tutti gli ambiti e a tutti i livelli, non solo, quindi, quello politico-economico, ma anche quello religioso.
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Il senso non sta tanto nel dire se il tributo è lecito o no, ma nel porre la questione in relazione a Dio, al Dio d’amore di Gesù.
Per questo Gesù chiede di vedere l’immagine e l’iscrizione della moneta. Essa, infatti, oltre a recare l’effigie di Cesare, riportava un’iscrizione che affermava l’origine divina del potere regale.
Ecco allora che la famosa risposta di Gesù ai farisei suona come un monito a non lasciare che il potere politico si rivesta di sacralità e, allo stesso tempo, che i credenti rifuggano le logiche del potere. Il pericolo dell’idolatria riguarda ogni aspetto della vita, ma è un pericolo soprattutto per noi fedeli.
Non si tratta, semplicisticamente, di separare gli ambiti ponendo la questione nei termini del dualismo tra vita materiale e vita spirituale, ma di riconoscere che esiste un primato rispetto alla moneta che reca il sigillo di Cesare, che è il primato della persona e, nella fede, in ogni persona è impressa un’altra immagine, che è l’immagine di Dio (Gn 1, 26-27).
Più precisamente, l’uomo e la donna, e dunque l’amore generativo, sono immagine del Dio-Creatore. È sempre l’amore il criterio: tutte le volte che ci relazioniamo con l’altro con amore generoso e gratuito diveniamo strumenti del processo creativo della vita.
È necessario entrare nella logica del dono. A partire dal fondamentale dono della vita, del creato, dell’altro, fino alle necessarie strutture, agli apparati e alle organizzazioni che consentono la vita in comune. Allora non si tratta, come dicono i farisei, di “dare” (v. 17) qualcosa che ci appartiene, ma di “rendere” (v. 21) ciò che abbiamo già ricevuto.
Posto in questi termini, non solo le questioni legate alla moneta, all’economia e alla politica, ma il potere in generale, perfino quello religioso, è messo al riparo da ogni forma di eccesso e abuso e diviene ciò che deve essere: servizio nei confronti dell’altro.
A cura di Monica per la Comunità Kairos.
Mt 22, 15-21 | Comunità Kairos 29 kb 1 downloads
Introduzione alla lectio divina di Mt 22, 15-21 – XXIX domenica del Tempo Ordinario…Immagine di Dimitris Vetsikas da Pixabay
