Comunità Kairos – Commento al Vangelo di domenica 15 Ottobre 2023

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Il brano di questa settimana continua il percorso già iniziato da due domeniche e, a partire dal cap. 21, 28 con le parabole dei due figli e dei vignaioli omicidi, sottolinea il costante rifiuto dell’offerta di salvezza da parte dei capi di Israele.

Gesù, continua a parlare in parabole e passa dall’immagine della vigna a quella del banchetto. Tuttavia, l’immagine viene subito svelata e si dice che è proprio il regno dei cieli ad essere simile “ad un re che fece un banchetto di nozze per suo figlio” (v. 2), fornendoci da subito la pista interpretativa.

Ancora una volta, così come nella parabola della vigna con cui questa ha diversi paralleli (anche per le figure che vengono riproposte: i servi, il figlio), il primo movimento è del re che manda i servi a chiamare “gli invitati” ottenendo da questi una risposta negativa.

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Ciononostante, il re non si arrende, anzi manda altri servi, sceglie come è successo per Israele altre forme di mediazione, ed esplicita, così come aveva fatto il padrone della vigna, che il suo non è un invito estemporaneo ma è frutto di una lunga cura per il suo popolo e di una attenzione che ha radici profonde: prepara il pranzo, uccide buoi e animali ingrassati, tutto è pronto (v. 4), manifestando chiaramente la sua gioia nella condivisione del banchetto.

A questo punto la reazione degli invitati è duplice: alcuni semplicemente non si curano dell’invito e delle parole del re perché troppo presi dalle loro attività quotidiane, non riuscendo a fare spazio all’invito del re nelle loro vite. Altri hanno una reazione spropositata e immotivata. Come i vignaioli omicidi della parabola di domenica scorsa, si abbandonano al male e alla violenza quasi che l’attenzione e l’amore del re nei loro confronti siano essi stessi causa del loro odio.

È la storia fra Israele e il suo Dio. Tra le righe della parabola si intravede a grandi linee la storia del rapporto fra Dio e il suo popolo: dal rifiuto di fronte all’invito dei profeti fino all’ostilità nei confronti dell’insegnamento del vangelo da parte di Gesù e dei suoi apostoli. È un rifiuto quello di Israele inspiegabile e sconcertante, così come lo è il rifiuto degli invitati alle nozze. Chi mai rinuncerebbe a partecipare a un banchetto di nozze?

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Differentemente da quanto avviene per il padrone della vigna, qui il re risponde in un primo momento adirandosi. Se ci fermassimo a questo punto della parabola la reazione del re sarebbe facilmente interpretabile alla luce di una visione di Dio veterotestamentario, eppure il male e la risposta al male con il castigo non sono l’ultima parola “poiché Dio non ci ha destinati alla sua collera ma all’acquisto della salvezza per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo” (1 Tess. 5, 9). Ecco, dunque, che il rifiuto degli invitati diventa occasione di salvezza per tutti ed ancora una volta emerge la ferma volontà di Dio di condividere il regno con gli uomini, allargando i destinatari della sua chiamata.

Vengono nuovamente inviati i servi questa volta nei crocicchi delle strade, nel luogo che segna il pieno della diversità degli uomini; tutti sono chiamati senza distinzione di buoni e cattivi, di grano e zizzania, di

pesci grandi e piccoli (cfr. 13, 24-30; 13, 47-50) tanto che viene riempita l’intera sala. Come nella parabola del seminatore, il seme viene gettato dovunque (cfr. 13, 3-9) e non è questo il momento della separazione di grano e zizzania. Questo è il tempo che viene dato all’uomo per passare dalla semplice ricezione dell’invito alla piena adesione ad esso, è il tempo della pazienza di Dio, della sua magnanimità che diventa per l’uomo occasione di salvezza (cfr. 2 Pietro 3, 8-15).

I vv. 11-14 segnano un passaggio: il re entra nella sala e nota un commensale che non indossa l’abito nuziale. Non basta aver ricevuto l’invito bisogna anche accettare, accogliere consapevolmente di indossare l’abito nuziale, adeguandosi nell’intimo e rivedendo le modalità della propria risposta, cambiando la propria mentalità. Il tale senza abito nuziale è immagine di chi rimane sordo alla forza di trasformazione della Parola di Dio e non accoglie il dono della fede, è colui che nel momento dell’incontro con il Signore che viene a chiedere i suoi frutti, rimane muto, non è pronto come le vergini stolte (cfr. 25, 10).

A questo punto da una realtà aperta a tutti, come è quella della chiamata, l’attenzione viene spostata alla realtà concreta di ogni singolo che nella sua piena libertà può porsi in un modo o in un altro difronte alla chiamata. Non basta essere stati invitati, perché ciò non comporta automaticamente che si prenda parte al banchetto. Al fine che ciò avvenga è necessaria una risposta dell’uomo che non può farsi cogliere impreparato.

Ricevere da Dio una veste nuova equivale ad essere salvati e restituiti alla vita. Significa “spogliarsi dell’uomo vecchio”, lasciandosi “rivestire di Cristo”. L’uomo senza la veste nuziale è incapace di accogliere il dono di Dio, forse è incredulo per quell’invito o forse non ha interesse sincero ad entrare in relazione con quel Dio che gli ha aperto le porte della sua casa; è fisicamente presente al banchetto, ma non può godere pienamente la felicità che in esso si vive. È incapace di lasciarsi salvare e restituire alla vita. E rimane muto di fronte a Dio che gli parla, di fronte al suo giudizio.

L’affermazione “molti sono i chiamati, pochi gli eletti non invita ad una speculazione sul numero degli eletti ma esprime il carattere di interpellazione personale della parabola” (Radermakers, Lettura pastorale del Vangelo di Matteo, p. 287). Dio, infatti, desidera che ogni uomo sia salvato (cfr. 1 Tm 2, 4): lo scarto tra i molti e i pochi non è imputabile a Dio ma alla risposta di adesione dell’uomo.


A cura di Luisa per la Comunità Kairos.

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Mt 22, 1-14 | Comunità Kairos 29 kb 1 downloads

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