Comunità di Pulsano – Commento al Vangelo di domenica 9 Gennaio 2022

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DOMENICA «DEL BATTESIMO DEL SIGNORE»

I del Tempo per l’Anno C

Come abili registi che sanno aprire un film con una scena particolarmente significativa, gli evangelisti presentano il battesimo di Gesù all’inizio della sua vita pubblica. Dopo trent’anni di anonimato, un’iniziativa inattesa e carica di conseguenze. In mezzo al popolo che Giovanni chiama alla penitenza, Gesù vive improvvisamente un’esperienza indicibile. Per lui, che è senza peccato, il battesimo del precursore diventa la condizione che gli permette di andare verso i peccatori, di condividere la loro sorte, di orientare di nuovo verso Dio la creazione. Gesù si immerge dunque nelle acque del Giordano, affermando di voler «adempiere ogni giustizia» (Mt 3,15). Il cielo stesso risponde a questo umile slancio verso un domani nuovo e puro, aprendo sui segreti divini un varco attraverso cui lo Spirito discende su Gesù. E si ode una voce: «Tu sei mio figlio…». Da sempre, senza dubbio, Gesù è il Figlio prediletto del Padre, ma in questo momento si trova solennemente collocato nella sua missione di servo, come un nuovo Isacco, in vista dell’olocausto. Realizzando passo per passo, sotto l’impulso dello Spirito, la costruzione di un’umanità totalmente filiale, Gesù dimostrerà di essere veramente il Figlio e il servo del Padre.

«C’è un battesimo che devo ricevere; e come sono angosciato, finché non sia compiuto!» (Lc 12,50). Battezzato nel Cristo Gesù, il cristiano non deve dimenticare di essere stato battezzato nella sua morte per condurre una vita nuova (Rm 6,3). Aperto come lui all’invisibile, dovrà essere disponibile a un impegno a cui non può venir meno senza tradire il dono ricevuto.

Dall’eucologia:

Antifona d’Ingresso Cf Mt 3,16-17

Dopo il battesimo di Gesù si aprirono i cieli,

e come colomba

lo Spirito di Dio si fermò su di lui ,

e la voce del Padre disse:

«Questo è il Figlio mio prediletto,

nel quale mi sono compiaciuto».

I cieli aperti sul Signore battezzato, lo Spirito che resta su di lui (ma questo da Gv 1,32-33) e la voce del Padre con le tre parole per il Figlio. È la Teofania trinitaria, la I manifestazione su Gesù.

Canto all’Evangelo  Cf Lc 3,16

Alleluia, alleluia.

Viene colui che è più forte di me, disse Giovanni;

egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco.

Alleluia.

La forza e il fuoco sono in connessione con la manifestazione divina ma anche con la Parola che è potente e arde nel cuore e purifica. Il Fuoco divino è Dio stesso che trasforma gli uomini comunicandosi ad essi e purificandoli. L’allusione allo Spirito Santo in quanto fuoco rimanda alla Pentecoste, quando i discepoli sono battezzati e consacrati per sempre.

La liturgia romana commemorava il Battesimo di Cristo nel Giordano l’ottavo giorno dopo l’Epifania del Signore, una festività apparsa in Occidente nel secolo VIII. Questo avvenne sotto l’influenza della liturgia bizantina per la quale, similmente alle altre liturgie orientali, il ricordo del mistero del Battesimo aveva una particolare importanza. La festa a sé stante del Battesimo del Signore fu costituita solamente nell’anno 1955 e veniva celebrata il 13 gennaio. Nel nuovo calendario liturgico, la festa è stata trasferita alla domenica dopo l’Epifania.

La Domenica del Battesimo del Signore segna l’inizio della Vita fra gli uomini del Figlio di Dio; inizio del suo ministero messianico ed attuazione di tutto il piano di salvezza. Dopo una serie di letture che obbediscono a idee teologiche (vedi nei tempi come l’Avvento, il Natale, la Quaresima fino a Pentecoste), con il Battesimo del Signore il Lezionario domenicale dell’Anno liturgico apre la via alla lettura qualificata ed ordinata della Parola evangelica normale nella vita della Chiesa.

Il Battesimo nel Giordano del Signore è un evento così denso che il contenuto tematico essenziale viene di continuo richiamato nella mistagogia (= introduzione, iniziazione al Mistero divino) domenicale lungo l’intero Tempo per l’Anno.

Al Battesimo nel Giordano del Signore si è manifestata l’adorazione della Trinità: la voce del Padre rende testimonianza chiamando il Figlio «ho agapetòs» “il diletto” (nel senso di unico, amatissimo) e lo Spirito Santo “come di colomba” conferma la sicura verità di questa parola. Il contenuto essenziale di questa Teofania (= manifestazione) è il seguente:

  1. al centro sta il Signore, contemplato nella scena grandiosa del suo battesimo che segna la sua missione;
  2. il Battesimo del Signore manifesta “l’adorazione della Trinità”, ossia manifesta presente la Trinità santa;
  3. alla Trinità santa è dovuta l’adorazione e questa comincia per ogni fedele al momento del battesimo che ciascuno riceve “nel Nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo”, la Trinità santa consustanziale indivisibile vivificante.

Questo viene dunque celebrato dalla Chiesa (= tutti i fedeli battezzati) ogni Domenica, ogni Festa, ogni feria: la dossologia triadica, il canto di lode alla Trinità che attraversa la nostra intera esistenza; il Gratuito divino che viene a noi con infinita sovrabbondanza.

Questo è oggi particolarmente visibile ma occorre ripeterlo con pazienza, senza stancarsi, durante tutte le proclamazione evangeliche delle Domeniche del Tempo Ordinario, vero tempo forte e privilegiato. La Chiesa Sposa, la Madre, l’Orante celebra il suo Signore e Sposo Risorto mentre Lo contempla in un episodio della sua Vita tra gli uomini. Ogni nostra lettura nella fede, ogni omelia deve ricordare e sempre premettere che in qualunque episodio della Vita del Signore tra gli uomini noi ascoltiamo un episodio di Lui che battezzato dal Padre con lo Spirito Santo compie la “Divina Liturgia”, cioè «l’opera per il popolo“. Questa consiste nell’annuncio dell’Evangelo, nelle opere della Carità del Regno, nel culto al Padre al fine di acquistare e preparare la sua Sposa d’amore. Ogni lettura e ogni contenuto omiletico che non parte da questa realtà presenta il Signore senza la consacrazione dello Spirito Santo, senza il continuo della sua missione tra gli uomini, senza spazio e senza tempo nella storia concreta.

Questa I Domenica del Tempo Ordinario che segue il 6 gennaio appartiene dunque al tempo della manifestazione; fino al IV sec. la Natività ed il Battesimo del Signore erano celebrati nel medesimo giorno. Dice S. Girolamo: «Nella sua Natività il Figlio di Dio venne al mondo in modo nascosto, nel Battesimo apparve in modo manifesto». Allo stesso modo S. Giovanni Crisostomo: «l’Epifania non è la festa della Natività ma quella del Battesimo. Prima, egli non era conosciuto dal popolo, con il Battesimo si rivela a tutti».

Nella lettura della pericope di Luca occorre tener presenti le rispettive narrazioni parallele di Matteo e di Marco. L’evangelista Luca riduce l’episodio decisivo e fondamentale del Signore battezzato dal Padre con lo Spirito Santo al Giordano nei vv. 21-22 che sono brevi. I vv. 15-16 che narrano il dubbio del popolo sul fatto che potesse essere Giovarmi il Messia atteso e la risposta del Battista sono stati proclamati nella III Domenica di Avvento.

Esaminiamo il brano

15 – «il popolo era in attesa»: Quello che fin qui Luca ha proposto con la predicazione del Battista non è un minimale di morale cristiana, un’etica professionale realistica, in contrapposizione al discorso di misericordia di 6,27-38 (l’amore dei nemici). La predicazione di Giovanni forma quel «popolo ben disposto» (1,17) ad accogliere la rivelazione dell’amore per i nemici di 6,27-38.

Ben disposti ad accogliere Gesù si mostreranno infatti:

  1. sia Matteo (Cfr. 5,27-32) che Zaccheo (19,1-10), entrambi pubblicani
  2. e così il centurione che ama il popolo e costruisce la casa di preghiera di Lc 7,1-10
  3. e Cornelio, centurione incontrato da Pietro in At 10,lss.

Nel cammino di conversione dall’idolo a Dio Padre, il Battista annuncia la conversione dall’idolo, Gesù invece la conversione al Padre.

«il popolo»: non si tratta del popolo ebraico nel suo insieme o in quanto tale, ma di quella folla che attorniava il Battista, a noi ormai nota nella sua realtà.

«si domandavano in cuor loro»: L’evangelista Luca, a differenza di Matteo e Marco, ama far emergere la problematica che investe la predicazione e l’opera di Giovanni (Cfr. Gv 1,25). Giovanni per il tono e il contenuto della sua predicazione, oltre che per il particolare atteggiamento che ha assunto, ha suscitato nella gente il pensiero che egli potesse essere il Messia atteso (Cfr. Gv 1,19-23).

«cuore»: dagli ebrei era considerato sede dell’intelligenza più che dei sentimenti.

«il Cristo»: dal greco Cristos = unto (in eb. Masiah = messia); con l’articolo indica l’Atteso da tutti, il Messia autentico.

16 – «Giovanni rispose»: Il Battista non lascia spazio alle false attese, né si presta agli equivoci. È importante l’identificazione del vero messia e Giovanni, ricorrendo ad alcune forti contrapposizioni, ci aiuta a farlo. Egli infatti contrappone il proprio battesimo a quello di Gesù; l’acqua al fuoco e allo Spirito Santo; infine se stesso a Gesù, che chiama «più forte di me».

Un particolare: Luca tralascia l’inciso «dopo di me» (comune a Matteo e Marco) perché intende mettere in rilievo la distanza tra Giovanni e Gesù. Cfr. II Dom. di Avvento C dove abbiamo evidenziato come Luca non insista sui rapporti tra Giovarmi e Gesù, né sulla dipendenza tra la prigionia di Giovanni e l’inizio del ministero di Gesù (Cfr. Mc 1,14).

«forte»: nell’AT era uno dei titoli divini, ad es. in Is 28,2 (ma anche in Dt 10,17; Ger 32,18; Is 10,21); in Is 9,5 la nascita del bambino di stirpe regale, che è il re-Messia, apportatore di pace, gioia e prosperità, tra i suoi titoli porta quello divino di «Dio forte» (ischyrós molto usato nella preghiera bizantina).

«non sono degno…»: Giovanni non solo dichiara di non essere l’atteso, ma è talmente consapevole della superiorità di Gesù che nei suoi confronti non si sente neanche degno di prendere la posizione dello schiavo che scioglie il laccio dei sandali per la lavanda dei piedi.. La lavanda dei piedi era un servizio reso obbligatoriamente all’ospite che si accoglieva in casa (Gen 18,4; 24,32; Lc 7,38.44), e ordinariamente veniva eseguita da uno schiavo non ebreo (1 Sam 25,41).

«Spirito Santo»: Lo Spirito era atteso per gli ultimi tempi (Cfr. ad es. Gl 3,1-5) per restaurare con una nuova creazione gli uomini che lo avevano perduto.

«fuoco»: La nota del fuoco è frequente nell’A.T., in connessione sia con la Manifestazione divina o teofania, sia con la Parola divina che arde nel cuore e purifica, sia con la punizione dei nemici, sia con il Giudizio della fine dei tempi.

Il Fuoco divino in effetti è Dio stesso che trasforma gli uomini purificandoli.

L’allusione allo Spirito-Fuoco rimanda con il pensiero alla Pentecoste, in cui i discepoli sono battezzati e consacrati per sempre; ma il medesimo effetto avviene nell’iniziazione cristiana che tutti abbiamo ricevuto.

21 – «ricevuto il battesimo»: Come il popolo anche Gesù è stato battezzato; la pericope non dice esplicitamente «da Giovarmi», lo lascia solo comprendere. Le due azioni non si devono intendere separate da un intervallo di tempo (sono certamente contemporanee); l’espressione deve essere intesa come un modo per dare risalto al battesimo di Gesù, che aveva un suo significato particolare e soprattutto per dare rilievo alla visione successiva. Il battesimo, cioè l’immersione nell’acqua è da Luca riassunta brevemente, quasi passata sotto silenzio mentre la sua attenzione si porta subito sulla seconda parte dell’episodio: l’intervento di Dio, con la discesa dello Spirito Santo e la voce dal cielo.

«stava in preghiera»: Luca soltanto, unico tra i sinottici, aggiunge una nota: in quel momento Gesù stava pregando. L’evangelista Luca accentuerà spesso questa realtà del Signore specialmente nei momenti decisivi della sua realtà umana: il Battesimo insieme con la Trasfigurazione e con la Croce sono decisivi più che mai.

«il cielo si aprì»: la preghiera è sempre accolta dal Padre; la metafora dei «cieli aperti» indica Dio senza pronunciarne direttamente il nome come è nella tradizione ebraica. L’espressione è conosciuta sia nell’A. T. (cf ad esempio Ez 1,1) che in altri scritti del N. T. (vedi At 10,11) con lo stesso significato.

22 – «lo Spirito discese»: si tratta dello Spirito Santo; l’invisibile per definizione “discende” dai cieli, ossia dal Padre, in forma “corporea” visibile di una colomba.

Attenzione però: lo Spirito Santo non è una colomba per quanto questa sia candida e innocente; non dimentichiamo che lo Spirito è pnéuma, spirito invisibile come il vento invisibile.

«come colomba»: Al Battesimo Gesù vede venire lo Spirito Santo e restare su di Lui al modo come dolcemente la colomba plana sul nido dei suoi piccoli. È il compimento di una promessa: l’attesa messianica è finita. La colomba è il segno rivelatorioche i tempi sono compiuti, che il popolo di Dio sta per ricevere lo Spirito Santo. Una rilettura del Cantico (cf 2,14; 4,1; 6,9) dà una spiegazione suggestiva: la colomba è il simbolo della Sposa, Israele, che nella pienezza messianica riceverà dal suo Sposo divino lo Spirito di Dio.

Lo Spirito dunque viene sullo Sposo in vista della Sposa. Lo Spirito del Signore che non poteva «restare» più con gli uomini perché erano diventati “carne” ribelle a Dio (Gen 6,1-3), adesso, a partire da Cristo che Lo possiede, tornerà a “restare” con tutti gli uomini.

Nell’Evangelo di Giovanni si accenna spesso a questo fatto:

  1. Gv 3,1 -8: Gesù preannuncia lo Spirito battesimale a Nicodemo;
  2. Gv 4,22-23 Gesù lo annuncia per i veri adoratori del Padre;
  3. Gv 6,63: Gesù lo rivela presente nella sua Parola da ascoltare;
  4. Gv 7,37-39: Gesù lo promette come dono per chi viene a Lui nella fede;
  5. Gv 14,15-26: nella Cena promette che resterà con i discepoli poiché sarà ottenuto dalla sua preghiera verso il Padre;
  6. Gv 19,34: lo dona dalla Croce dal suo fianco squarciato dalla lancia, generando così la sua Sposa;
  7. Gv 20,19-23: lo dona la sera stessa della Resurrezione soffiandolo sui suoi discepoli.

Al Battesimo dunque lo Spirito Santo viene e si posa per sempre sull’umanità del Figlio per condurlo via via alla Croce.

«una voce»: Il Padre, divino Silenzio d’Amore sussistente non parla direttamente all’uomo e quando si rivolge agli uomini “parla nel Figlio” (Eb 1,2). La comunicazione con gli uomini avviene “nello Spirito Santo”: lo Spirito donato dal Padre rivela il Figlio, ed il Figlio nello Spirito rivela il Padre e riporta al Padre (S. Basilio il Grande).

Alla voce del Padre ora si accompagna il totale silenzio del Figlio che non è mutismo o stupore ma esprime la docilità filiale a tutto quello che l’Evento comporterà. Il Figlio risponderà (e come risponderà!) quando avrà assolto per intero la missione del Padre, al Getsemani (Mc 14,36) e sulla Croce (Lc 23,34.46), quando erompe il supremo grido di incontenibile amore: «Abbà! Padre! (alla lettera Papà mio!)».

«Tu sei il mio Figlio»: nell’A. T. “il figlio di Dio” indica con precisione e senza equivoci un personaggio che può apparire sotto diverse forme ma alla fine convergenti:

  1. il popolo di Dio (cf Es 4,22-23; Dt 32,5-6.11.19; Is 63,16; Os 11,1 );
  2. il Re messianico (2 Sam 7,14; Sal 88,27-28; Sal 2,7; 109,3);
  3. il servo (Is 40-55, i quattro ”carmi” che raccolgono la teologia del Servo).

Il Battezzato, “il Figlio” su cui riposa lo Spirito del Padre è Egli stesso:

  1. “il popolo di Dio”, in quanto nucleo di riaggregazione di tutti i figli di Dio dispersi (Gv 11,52);
  2. “il Re-Salvatore” operante nello Spirito di Dio;
  3. “il servo fedele”, sofferente, regale profetico sacerdotale.

“Il Figlio” indica anche un’altra realtà: è lo Sposo, Colui che ha la Sposa (Gv 3,29) acquistata con la Croce e preparata alle nozze eterne (Ap 19,6-9; 22,17.20).

Il Signore concentra tutte queste realtà parlando di sé come “il Figlio dell’uomo”, che è Figlio di Dio ma anche il Nato dalla Donna (Gal 4,4-6).

«prediletto»: traduzione errata che non tiene conto dell’ articolo “Ho agapètós” = il diletto che ha qui il senso di unico, poiché “il Figlio” non è “il più diletto” tra tanti altri “diletti”, bensì è “il Figlio dell’agape del Padre” (Col 1,13), l’unico amato. Ho agapètós ha una straordinaria potenza di significato come la sterminata lista di citazioni può dimostrare. Prima di fare qualche esempio ricordiamo qui che l’ebraico per ho agapètós ha jahìd, “unico, amatissimo”:

  1. Il riferimento obbligato per l’A. T. è la “legatura di Isacco” (Gen 22,2.12.16); il Signore è “l’Isacco nuovo” e Paolo in Rm 8,32 riecheggia proprio Gen 22 quando con una formula maestosa afferma: «Egli (il Padre) non ha risparmiato il proprio Figlio, ma lo ha dato per tutti noi (a favore di noi tutti lo consegnò alla Croce)». L’Isacco nuovo è così la vittima innocente che nella pienezza dei tempi il Padre donò per noi alla morte vivificante. Nel libro dei Giudici la figlia dello sconsiderato Iefte, una fanciulla vergine ed innocente, “la (sua) figlia unica amata, monogenés agapétè (Gdc 11,34) è sacrificata per la vittoria.
  2. Il Sal 44,1b è intitolato: “canto per ho agapètós, il Diletto, il Re messianico.
  3. In Ger 31,20 Efraim, ossia Israele è chiamato dal Signore: Figlio agapètós, Efraim per Me, paidìon, bambino di delizie.
  4. Gv 19,37 (che cita Zac 12,10) gli abitanti di Gerusalemme contempleranno colui che trafissero e ne faranno lutto come per il “figlio agapétòs” e lo piangeranno come il prótòtokos, il primogenito (detto anche di Israele vedi Es 4,22-23).

Con agapetòs il rinvio è al figlio unico, al popolo santo, al re; da notare la presenza continua dell’allusione alla sofferenza, al sacrificio, alla morte. Nel N. T. altri riferimenti si trovano ancora in Ef 1,6; Col 1,13, Gv 3,36; 5,20; ecc.

«mi sono compiaciuto»: qui eudokéo lett. = bene ritengo, mi compiacqui. Il tempo all’aoristo complessivo (storico) che può abbracciare anche un tempo molto lungo (considerato come un unico blocco) indica una realtà per intero adempiuta adesso, e con valore per il presente e per il futuro, non dovendo conoscere altri adempimenti. Il verbo eudokéo indica anche:

  1. un fatto che piace, o che si decide di fare volentieri; dunque decidere, volere;
  2. accettare bene un fatto, un evento, una persona; essere benevolente verso una data realtà.

Il Disegno, con tutte le sue funzioni, nella missione affidata è svolto e adempiuto: la Croce è accettata e subita volontariamente; la Resurrezione già l’ha premiata; lo Spirito Santo già è donato. L’eudokéò paterno quindi implica il definitivo riversarsi dell’Amore totale del Padre sull’Umanità del Figlio. Il Padre nel Figlio vede anche gli altri figli, i battezzati nel Figlio suo dal suo Spirito Santo, come già redenti e santificati, sulla via della divinizzazione.

La Voce del Padre insegna ai figli la «lettura Omega» degli Eventi salvifici: il Battesimo di questa Domenica rivela ad una lettura attenta l’Omega della Resurrezione e l’Alfa del Battesimo stesso, la Manifestazione divina completa del Padre nel Figlio con lo Spirito Santo. Il Battesimo sul Giordano è un Mistero su cui occorre ancora riflettere, cercare, contemplare pregando. Il Signore eternamente Misericordioso lo spiegherà ancora quando rispondendo alle ambiziose richieste di Giacomo e Giovarmi dirà: «Potete bere la Coppa che Io bevo, o del Battesimo di cui Io sono battezzato, essere battezzati?» (Mc 10,35-40). La Coppa del Getsemani e il Battesimo di morte formano l’unico contesto della Passione che il Signore con dolce pazienza farà comprendere ai suoi discepoli: la Coppa sarà bevuta essendo essi “con-sepolti” con il Signore al battesimo nella celebrazione che lo Spirito Santo inaugurerà a Pentecoste. Con la Pentecoste dello Spirito Santo i discepoli sono consacrati ed abilitati alla liturgia trinitaria con l’invio a tutte le nazioni della terra (e questo prosegue nei secoli per gli uomini di tutti i tempi). Questa liturgia inoltre per la gloriosa Resurrezione, l’indicibile Ascensione e la divinizzante intronizzazione alla destra del Padre di Cristo Signore, diventa eterna ammettendo le schiere degli Angeli, i giusti dell’A. T., la Chiesa dei redenti.

Ribadiamo ancora, senza paura di stancare: il Battesimo nella vita del Signore è una condizione permanente, con un inizio consacratore al Giordano ed una fine di adempimento alla Croce. La Coppa è bevuta non in un’unica soluzione, bensì giorno per giorno, poiché il Signore dopo il Battesimo sopporterà con forza le resistenze, le incredulità dei “suoi” e le terribili avversioni dei nemici. Queste realtà le celebriamo (anche se inconsapevoli) lungo l’intero Anno della Divina Grazia che è l’Anno liturgico, nei divini vivificanti Misteri. Noi battezzati in Cristo dallo Spirito Santo, riscoprendo l’abisso vertiginoso del Battesimo del Signore, saremo, nella docilità allo Spirito Santo battesimale, indotti a mettere in opera, proseguendolo, il “programma battesimale” del Signore nostro: la Liturgia trinitaria consegnata a noi da portare al mondo.

Colletta

Padre onnipotente ed eterno,

che dopo il battesimo nel fiume Giordano

proclamasti il Cristo tuo diletto Figlio,

mentre discendeva su di lui lo Spirito Santo

concedi ai tuoi figli,

rinati dall’acqua e dallo Spirito,

di vivere sempre nel tuo amore.

Per il nostro Signore Gesù Cristo…