Commento al Vangelo del 26 ottobre 2014 – don Mauro Pozzi

Il commento al Vangelo della domenica a cura di don Mauro Pozzi parroco della Parrocchia S. Giovanni Battista, Novara.

IL FONDAMENTO

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La predicazione dei primi evangelizzatori che portavano il messaggio cristiano ai pagani, si basava su un semplice annuncio (kerygma in greco): Dio si è in- carnato in Gesù che è morto per noi ed è risorto. Non è stato l’uomo a cercare Dio, ma è Lui che si è abbassato per trovare l’uomo. Tutto nasce da un atto di amore gratuito del Creatore, che fa piovere sui giusti e sugli ingiusti, cioè che dà la vita e la libertà ad ogni uomo. Se dunque l’Infinito si fa finito per amore nostro, noi siamo chiamati a rispondergli. Da qui il precetto più importante: amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente. Dio è padre, non solo perché dà origine alla creazione, ma so- prattutto perché accompagna e fa crescere. Ogni papà si preoccupa di nutrire i suoi figli e veglia su di loro, cerca di capire come indirizzarli e correggerli e come permettere loro di realizzarsi. Ci vuole una grande pazienza perché da giovani si crede di sapere e di poter giudicare, per cui i genitori devono sapersi muovere anche con un po’ di astuzia. Dio padre fa proprio così, sopporta la nostra pretesa di autosufficienza, ci offre molte opportunità ed è sempre pronto a riprenderci indietro quando torniamo scornati sui nostri passi. Se davvero lo amiamo con tutto il cuore dobbiamo fare come lui e attuare così il secondo precetto: amerai il tuo prossimo come te stesso. Come dire, amerai perché sei stato amato. La memoria è importante. Non solo per ricordare i cre- diti, ma anche i debiti. Il libro dell’Esodo invita proprio a questo: Non moleste- rai il forestiero né lo opprimerai, perché voi siete stati forestieri in terra d’Egitto. È piuttosto attuale questa raccomandazione. Siamo cristiani eppure a volte la memoria è corta, non solo dimentichiamo che anche noi siamo stati poveri e costretti ad emigrare, ma non ricordiamo nemmeno il precetto dell’amore. Da che l’uomo è al mondo il sangue che viene versato ingiustamente grida ven- detta verso Dio. Ogni povero che è maltrattato, dice Dio nell’Esodo, quando in- vocherà da me l’aiuto, io darò ascolto al suo grido, la mia ira si accenderà e vi farò morire di spada: le vostre mogli saranno vedove e i vostri figli orfani. Perciò amare il prossimo vuol dire vivere meglio, perché è seminare gratitudine e pre- pararsi un futuro migliore. Questo precetto è il cardine della cattolicità, cioè dell’universalità, della nostra fede. Non ci sono confini nazionali o differenze razziali che tengano. Ci fa capire anche l’importanza di essere comunità. Come possiamo provare che sappiamo amare Dio se non riusciamo ad amarci tra noi? Gesù si incontra nei fratelli, soprattutto se sono bisognosi o sofferenti.

Mt 22, 34-40
Dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, i farisei, avendo udito che Gesù aveva chiuso la bocca ai sadducèi, si riunirono insieme e uno di loro, un dottore della Legge, lo interrogò per metterlo alla prova: «Maestro, nella Legge, qual è il grande comandamento?».
Gli rispose: «”Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente”. Questo è il grande e primo comandamento. Il secondo poi è simile a quello: “Amerai il tuo prossimo come te stesso”. Da questi due comandamenti dipendono tutta la Legge e i Profeti».

C: Parola del Signore.
A: Lode a Te o Cristo.

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