SANTISSIMO CORPO E SANGUE DI CRISTO – A
Citazioni:
- Dt 8,2-3.14-16: www.clerus.org/bibliaclerusonline/it/9addcth.htm |www.clerus.org/bibliaclerusonline/it/9avusuh.htm
- 1Co 10,16-17: www.clerus.org/bibliaclerusonline/it/9ayxkjj.htm
- Gv 6,51-58: www.clerus.org/bibliaclerusonline/it/9cr3otf.htm
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In questa domenica ci poniamo in speciale adorazione di Nostro Signore Gesù Cristo, che contempliamo nella sua umanità e nella sua divinità e del quale, in modo speciale, ricordiamo il dono unico, fatto a noi, la Sua stessa vita, il Suo Corpo e il Suo Sangue.
Con la Sua morte e la Sua risurrezione, Gesù ha vinto la morte ed ha lasciato i discepoli come Suoi testimoni; ma il Risorto ha voluto fare ancora di più, lasciando di Sé non solo un ricordo – seppur grandioso – di qualcosa avvenuto in passato, ma piuttosto donando agli uomini di ogni epoca e di ogni luogo la possibilità di incontrarlo personalmente, nel Suo Corpo e nel Suo Sangue, nel mistero cioè dell’Eucarestia.
Ad essa pensiamo come ad un atto dell’eccezionale amore di Dio per gli uomini; ogni volta, infatti, che un sacerdote – agendo nella persona di Cristo – celebra la Santa Messa, non assistiamo semplicemente ad una sacra rappresentazione, ad un momento che serve a rinverdire un ricordo o a stimolare la vocazione. Partecipare all’Eucarestia, ci rende presenti a quel momento, in cui Cristo ha donato se stesso per noi. Il pane e il vino portati sull’altare, tramite il sacerdote, diventano veramente Corpo e Sangue di Cristo; non sono simboli, richiami, ma la Sua presenza reale in mezzo al Suo popolo.
Fermiamoci a contemplare questo momento della Santa Messa, l’offertorio. All’altare vengono portati il pane e il vino, per essere trasformati nel Corpo e nel Sangue di Gesù; questo ci indica il dono che Gesù ci ha fatto, quanto è stato disposto a mettere in gioco per noi, sino a che punto ha voluto arrivare per amore nostro. Per noi Gesù non ha dato “qualcosa”, seppur importante, ha dato la sua vita intera Il momento dell’offertorio può per noi diventare l’occasione di una sincera riflessione, chiedendoci quanto diamo noi a Gesù, quanto mettiamo davvero in gioco in quanto credenti.
A volte abbiamo l’impressione che il nostro cammino di fede sia sterile, che non cresca nel tempo, addirittura, che non ci dia la felicità desiderata e promessa. La domanda allora dovrebbe essere questa: se i frutti sono pochi, non dipende dal fatto che ho “investito” poco? Quante porte – tramite la preghiera, l’attenzione agli altri, l’uso del denaro, una vita moralmente vissuta – apro a Dio nella mia giornata? Quante invece ne tengo ben chiuse, per evitare che Dio o un fratello venga a scuotermi dal mio egoistico torpore?
Dio è uscito da Sé, incontro all’uomo, in infiniti modi: ha creato il mondo, lo ha popolato di creature viventi, tra cui l’uomo, ha parlato per mezzo dei Profeti, si è incarnato, ha dato la Sua vita per noi, ci ha donato il Suo Spirito, ci fa dono del Suo Corpo e del Suo Sangue ad ogni celebrazione della Santa Messa. Riprendendo l’immagine di Chiesa tanto cara a Papa Francesco – la “Chiesa in uscita” – potremmo dire che il nostro è un “Dio in uscita”, che non si stanca di cercarci e di donarsi, che non si estranea dalle vicende del mondo.
Chiediamo al Signore di lasciarci trovare, di saper vincere la tentazione del frenetico correre quotidiano, come se la vita fosse solo una folle corsa in avanti, in costante attesa di un felicità che forse non verrà mai. Tanti vivono così, impregnati della loro frenetica infelicità. Ma noi, alla scuola di Gesù, sappiamo che la vita è il luogo in cui conoscere ed incontrare Dio, in cui imparare ad amare e a essere amati. Perché non siamo soli, ma Gesù è sempre con noi e a noi si dona.
Proviamo a festeggiare la solennità odierna in ginocchio davanti all’Eucarestia, davanti al tabernacolo; chiediamo al Signore di entrare nella Sua pace e di renderci disponibili ad avvertire ogni giorno la Sua presenza accanto a noi.