Commento al Vangelo del 21 settembre 2014 – Paolo Curtaz

Venticinquesima domenica durante l’anno

Is 55,6-9/ Fil 1,20-27/ Mt 20,1-16

Nessun merito, tutto è dono

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Così, inevitabilmente, riprendono le attività autunnali: la ripresa della scuola segna la fine dell’estate e l’avvio della formazione nella parrocchia.

La celebrazione di domenica scorsa, l’esaltazione dell’amore di Dio manifestato sulla croce, ci indica lo stile con cui vivere in parrocchia, l’atteggiamento che vogliamo assumere riprendendo a pieno ritmo le attività lavorative: individuare la presenza trionfante dell’amore anche di fronte all’apparente sconfitta. E non possiamo che pensare ai tanti che muoiono in nome della fede in questi mesi…

Il Vangelo guida i nostri passi e le nostre scelte, ancora una volta.

Una sorta di manuale di istruzioni per non cedere alla logica di questo mondo, per conservare la fede e la speranza in un clima inferocito e cinico.

Per imitare il padrone della vigna, protagonista del testo di oggi.

Incomprensibile

È incomprensibile l’atteggiamento del padrone della vigna. Certo: è molto affaccendato, la vigna è grande e ha bisogno di molti operai per riuscire a portare a termine la vendemmia. Va in strada presto, al mattino, per assumere i primi operai. Quando si accorge che non bastano torna ancora per cercare altri operai. Stabilisce con loro “quanto è giusto” come ricompensa.

Quando esce alle cinque del pomeriggio, un’ora prima della fine del lavoro, vede ancora alcuni bighellonare e li invita a lavorare. Antieconomico e folle, decisamente.

Alla fine della giornata accade il fattaccio. Gli ultimi prendono un denaro.

Quelli che lavorano dall’alba, pur avendo pattuito un denaro, pensano che prenderanno di più. Invece no. Allora chiedono per gli ultimi di meno.

Pensano: avremo di più.

Dicono: dai loro di meno.

Loro hanno faticato tutta la giornata, questi ultimi solo un’ora, ricevono lo stesso salario, che ingiustizia!

Però

In teoria.

La chiave della parabola sta nel loro modo di pensare.

Vigliacchi e pavidi. Non dicono quello che legittimamente desiderano, chiedono al padrone di dare agli altri di meno.

Meno di un denaro. Un denaro è il guadagno minimo giornaliero per poter dar da mangiare ad una famiglia ai tempi di Gesù.

Invece di esercitare un legittimo diritto, se la prendono con i deboli: chiedono di dar loro di meno. Meno di ciò che è indispensabile per vivere.

Forti con i deboli, deboli con il forte.

Terribile.

Non pensiamo anche noi così?

Meritocrazia

Il padrone è buono, non vuole fare l’elemosina a questi sfaccendati, non vuole umiliarli, vuol dar loro una parvenza di dignità, la possibilità di riscattarsi, di osare, di rinascere. Lo fa con garbo, con gentilezza, con misericordia.

È buono il padrone, non sciocco: del suo denaro può fare quello che vuole.

Come salvare un peccatore gratuitamente.

Gesù se la prende con la logica del merito: Dio mi ama e mi premia perché mi comporto bene. Così pensavano i devoti del suo tempo. E del nostro.

Gesù dà una spallata alla logica umana che vede la giustizia come unico modo di relazionarsi fra le persone e con Dio. È importante la giustizia ma rischia di sfociare nell’arida contabilità dei meriti.

Più del merito c’è la grazia, il dono, questo osa dire Gesù.

È una grossa soddisfazione quella di prendersi una laurea dopo anni di studio. Ma è una sorpresa indicibile il dono inaspettato dell’amato!

Così è Dio: ci sorprende con la sua grazia che supera la giustizia.

Ricordiamocelo, quando pesiamo la nostra fede sulla bilancia delle buone opere.

Quello che Gesù ha superato, troppo spesso noi cattolici lo recuperiamo pensando di fargli un piacere!

Convertirsi alla bontà

Gli operai della prima non hanno colto con chi hanno a che fare.

Hanno ridotto la loro fede a fatica e sudore. Peggio: guardano con sospetto gli altri, quasi concorrenti dei loro privilegi.

Non è così per chi ha colto la luce del Vangelo. Stupiti, abbagliati dalla bontà del padrone, gioiamo per la grazia di poter lavorare nella vigna, gioiamo per la possibilità che altri fratelli anche all’ultimo possano accogliere la grazia che ci ha trasformati.

La bontà di Dio contagi la nostra vita, in modo da rendere la nostra giornata lavorativa, sin d’ora, immagine di quella gioia che il Signore riverserà nei nostri cuori forgiati dalla fatica dell’amore. Il nostro Dio, mite e umile di cuore, che vivrà questa pagina dall’albero della croce accogliendo il buon ladrone, ci faccia uscire dalle ristrettezze di una fede “sindacale” per percepire, almeno un poco, quale braciere d’amore e di bontà è il suo cuore; impariamo dal Signore, che è mite e umile di cuore …

Isaia e Paolo

Isaia scuote i deportati in Babilonia per indicare la corretta logica di Dio: se saranno riscattati, se potranno tornare in Israele non sarà per loro merito ma per iniziativa gratuita del Signore!
Paolo, commosso, riceve da Filippi, la più amata fra le sue comunità, la prima “europea”, Epafrodito che gli porta consolazione e denaro è una visita inattesa che aiuta Paolo a sostenere le angustie e la prigionia di Efeso.

Quando la smetteremo di usare la calcolatrice nel relazionarci fra di noi e con Dio capiremo cosa significa diventare discepoli.

Il Regno è gratis, non fatevi fregare.

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