Quinta domenica di Pasqua
At 6,1-7/ 1Pt 2,4-9/ Gv 14,1-12
Gesù epifania del Padre
Non dobbiamo avere paura, dice Gesù.
E usa il verbo che indica il timore suscitato dalla tempesta in mare.
È vero: nelle vicende della vita molto spesso ci sentiamo come in mezzo ad una tempesta, sballottati dalle onde senza riuscire a governare la barca. Il clima di tensione che viviamo, la precarietà economica, lo sbriciolamento dei valori, l’insignificanza reale della Chiesa non fanno che appesantire il clima, la sensazione di essere alla fine di un’epoca.
Non abbiamo paura, ci rassicura il Signore, confidiamo in lui: nella casa del Padre, che ha posto nel suo cuore, che ci prepara un posto. Il che non significa, come alcuni hanno immaginato, che in Paradiso ci aspetta una poltrona numerata perché raccomandati dal rabbì.
Gesù indica a Tommaso e a noi la via del dono di sé, che lui per primo ha percorso fino in fondo. E la casa del padre, che è la Chiesa, accoglie volentieri chi vuole fare lo stesso cammino.
Domenica scorsa abbiamo pregato per chi, nel gregge, ha il compito di aiutare il pastore bello. Oggi parliamo di tutti noi che viviamo con serietà la presenza del Signore, che lo seguiamo con forza.
Gesù dice a Filippo che non abbiamo più bisogno di cercare Dio fra le nuvole: noi ora lo vediamo in Gesù, è lui il rivelatore del Padre, il vero e definitivo volto del Padre.
Possiamo accedere a Dio perché in Gesù si è reso visibile.
Come?
Agli inizi della Chiesa i cristiani erano definiti “quelli della via”, coloro che seguono un cammino. Invece, oggi, molti concepiscono la fede come una casa, un rifugio, un bunker, un pacco di verità inamovibili cui credere. Che buffo.
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È dinamico, il cristianesimo, è sempre per strada, colui che segue chi non ha dove posare il capo non può illudersi di essere cristiano una volta per sempre!
E Gesù risponde allo spaesato Tommaso, che ha appena saputo, ma non capito fino in fondo, che il Signore ci precede, va altrove, non ci lascia soli, ma ci invita a rimboccarci le maniche.
Per restare fiduciosi, dice Gesù, dobbiamo fidarci di lui che è via, verità e vita.
Via
Essere cristiani, a volte lo dimentichiamo, significa seguire Gesù, imitare Gesù, fidarsi di lui. Conoscerlo, anzitutto, e lasciarci amare. Frequentare la sua parola nella meditazione, cercarlo nella preghiera personale e comunitaria, riconoscerlo nel volto del fratello povero. Il cristianesimo è una proposta di cambiamento radicale del nostro modo di vedere il mondo e Dio. E lo facciamo ascoltando e seguendo il Maestro.
In un mondo stracolmo di opinionisti e piccoli leader che urlano gli uni contro gli altri, Gesù indica se stesso come percorso, la porta attraverso cui le pecore possono uscire dai tanti recinti (anche religiosi!) in cui ci hanno rinchiusi.
Diventare cristiani significa amare come Gesù ha amato, seguire la via, che non è un insieme di belle nozioni, ma una persona.
Verità
Gesù è la verità. Verità che esiste e che chiede di essere accolta in un mondo che nega la possibilità stessa che esista una verità (eccetto una: quella che non esiste nessuna verità!), o che riduce la verità a livello di opinione, in un malinteso senso di tolleranza, mettendo tutto e tutti sullo stesso piano, come se la libertà significasse che nulla più è autentico.
In un mondo che tutto relativizza, Gesù, con determinazione ma senza arroganza, con autorevolezza ma senza supponenza, pretende di conoscere la verità su Dio e sugli uomini. All’uomo contemporaneo che, come Pilato, gioca a fare il cinico e chiede cos’è la verità, la Chiesa proclama non una dottrina ma, nuovamente, una persona: Gesù è la verità, dice la verità, ci conduce alla verità.
E la verità è evidente, si impone, non ha da convincere. Ma solo un cuore onesto, disincantato, ragionevole è in grado di coglierla.
Ciò che il cercatore di Dio è invitato a fare è mettersi in gioco, fino in fondo, non barare, non impigrirsi ma cercare, restare aperto e disponibile alla crescita intellettuale ed interiore. E, se possibile, dedicare qualche energia alla conoscenza: non se ne può più di un cristianesimo approssimativo e solo emotivo!
Vita
Chi ha scoperto Gesù nel proprio percorso può affermare con assoluta verità che il Signore gli ha donato la vita.
Esiste una vita biologica che può anche essere intesa e coinvolgente.
Ma una vita interiore, spirituale, allarga l’orizzonte, ci situa in un progetto di cui siamo chiamati a far parte, ci cambia radicalmente la vita biologica, riempiendola di una gioia intima, profonda, eterna.
Gesù è la vita e dona la vita e il cristiano ama la vita e la dona.
Anche se la propria vita è acciaccata o dolorante, il discepolo sa che è un gigantesco progetto d’amore quello che si sta manifestando nel nostro mondo.
Tommaso si fida.
Fra qualche ora farà i conti con l’affondamento della propria barca, delle proprie fragili certezze.
Ma, dopo una dolorosa conversione, il risorto lo incontrerà, otto giorni dopo Pasqua.