Il commento alle letture di domenica 7 Marzo 2021 a cura di Carlo Miglietta, biblista; il suo sito è “Buona Bibbia a tutti“.
GESU’ CONTESTA IL TEMPIO
Un’azione di guerriglia urbana
Tutti e quattro gli Evangelisti riportano il clamoroso gesto di Gesù che caccia i venditori dal Tempio[1]. Fu questa un’azione davvero rivoluzionaria, quasi di “guerriglia urbana”: munito di frusta[2], Gesù rovescia i banchi dei cambiavalute e dei venditori di animali, bloccando in pratica l’accesso al Tempio. “E non permetteva che si trasportassero cose attraverso il Tempio” (Mc 11,16): lo hieròn, l’atrio dei pagani, dove si svolge la scena, era usato come scorciatoia tra la città e il Monte degli Ulivi[3]. “Pensiamo che l’azione violenta di Gesù contro i commercianti del Tempio sia stata improntata alla non violenza, alla gentilezza, alla ragione e alla misura? Certo che no… Gesù, di solito contrario alla violenza, qui oltrepassa la morale… Il suo scoppio d’ira… non è giustificabile, non è morale” (K. Berger[4]).
Era non solo lecita, ma necessaria l’organizzazione commerciale nel Tempio: i cambiavalute dovevano convertire le monete pagane (considerate impure perché recavano effigi umane o di divinità[5]) nelle monete ebraiche, le uniche accettate per le offerte al Tempio. I venditori provvedevano a quanto poteva servire per i sacrifici: agnelli, colombe, ma anche farina, olio, vino, incenso… “Dal punto di vista puramente morale i venditori avevano ragione. Ma Dio è di più e va oltre la nostra morale. Le sue esigenze spesso si scontrano con ciò che abbiamo preteso che sia perbene” (K. Berger[6]).
Il superamento del Tempio
Il gesto di Gesù è certamente un segno di purificazione, una protesta come quella degli antichi profeti (Gesù infatti cita Isaia 56,7 e Geremia 7,11[7]) contro la commistione tra religione e commercio, tra spiritualità e guadagni, tra fede e finanza.
Ma il gesto vuole essere un vero e proprio superamento del Tempio, cuore del giudaismo, e del suo culto. Ormai sarà Gesù il luogo dove le genti incontreranno Dio: “Rispose loro Gesù: «Distruggete questo tempio (naòn) e in tre giorni lo farò risorgere». Gli dissero allora i Giudei: «Questo tempio è stato costruito in quarantasei anni e tu in tre giorni lo farai risorgere». Ma egli parlava del tempio del suo corpo. Quando poi fu risuscitato dai morti, i suoi discepoli si ricordarono che aveva detto questo, e credettero alla Scrittura e alla parola detta da Gesù” (Gv 2,19-22). Gesù usa il termine naòs, che indica la parte più sacra del tempio, il “Santo dei Santi”, dove era custodita l’arca dell’alleanza, il luogo stesso della Presenza di Dio: ormai è Gesù stesso la Presenza di Dio tra gli uomini.
Inoltre non vi sarà più bisogno di sacrifici animali: sarà Gesù l’unico “agnello che toglie il peccato del mondo” (Gv 1,29), l’“agnello senza difetti e senza macchia” (1 Pt 1,19), l’“agnello immolato” (Ap 5,6).
La salvezza offerta a tutte le genti
In Marco vi è l’annotazione: “La mia casa sarà chiamata casa di preghiera per tutte le genti[8]“ (Mc 11,17). Il cortile dei Gentili viene purificato, perché deve servire all’adorazione di Dio da parte dei pagani. L’atto di Gesù è ormai un’apertura a tutte le genti della Fede di Israele.
Il Messia degli emarginati
In Matteo, che scrive proprio agli Ebrei, l’episodio si conclude con un’importante annotazione: “Gli si avvicinarono ciechi e storpi nel tempio ed egli li guarì” (Mt 21,14). Al Tempio non potevano accedere i malati e i pagani: “«Quanto ai ciechi e agli zoppi, sono in odio a Davide». Per questo dicono: «Il cieco e lo zoppo non entreranno nella casa»” (2 Sam 5,8). E i malati erano esclusi dal sacerdozio: “Perché nessun uomo che abbia qualche deformità potrà accostarsi: né il cieco, né lo zoppo… Nessun uomo della stirpe del sacerdote Aronne, con qualche deformità, si accosterà ad offrire i sacrifici consumati dal fuoco in onore del Signore. Ha un difetto: non si accosti quindi per offrire il pane del suo Dio… Non potrà avvicinarsi al velo, né accostarsi all’altare, perché ha una deformità. Non dovrà profanare i miei luoghi santi, perché io sono il Signore che li santifico” (Lv 21,18-23). Ora, invece, è arrivato il Messia dei poveri e degli esclusi. “Ora c’è qualcuno più grande di Davide, che non solo non ha in odio i ciechi e gli zoppi, ma addirittura li redime dalla loro condizione di infermità, li guarisce. E poi, mentre il Tempio escludeva qualcuno dalla presenza di Dio (infermi, pagani), Gesù è il luogo in cui tutti, senza più eccezioni, hanno accesso alla vita divina, che è salute per l’uomo. In questo senso, c’è davvero «qualcosa più grande del tempio[9]»; perché vi è qui la misericordia, che vale più dei sacrifici” (A. Mello[10]). Ancora una volta, per Gesù, l’unica Legge è l’Amore.
Giovanni pone questo episodio agli inizi del ministero di Gesù, i sinottici poco prima della sua morte, come la classica “goccia che fa traboccare il vaso”, che determinerà nei Giudei la decisione di metterlo a morte: “Lo udirono i sommi sacerdoti e gli scribi e cercavano il modo di farlo morire. Avevano infatti paura di lui, perché tutto il popolo era ammirato del suo insegnamento” (Mc 11,18).
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Gesù, il Segno definitivo
Nel clima liturgico della Pasqua, nel quale le vittime, il tempio e i segni dell’Esodo erano i temi centrali, Gesù si rivela come il Messia che realizza Mal 3,1-4 e Zac 14,21, entrando nel Tempio alla fine dei tempi, e si proclama il vero Agnello, che sostituisce gli antichi sacrifici. Gesù inoltre sarà il segno definitivo. Per Giovanni, il “segno” (semeion) è un evento che deve portare alla Fede in Gesù. Giovanni ne racconta sette: il segno del vino a Cana, la guarigione del figlio del funzionario, la guarigione dell’infermo alla piscina di Betzaetà, la moltiplicazione dei pani, il camminare sulle acque, la guarigione di un cieco tale dalla nascita, la resurrezione di Lazzaro. Il segno può portare alla Fede, ma Gesù rimprovara una Fede troppo basata sui segni: qui c’è un fine gioco di parole: “Gesù non credeva in coloro che credevano nel suo nome vedendo i segni che egli compiva” (Gv 2,23-24; cfr 4,48; 20,28).
Guai a coloro che cercano miracoli e prodigi per credere! A coloro che gli chiedevano: “«Maestro, da te vogliamo vedere un segno», egli rispose loro: «Una generazione malvagia e adultera pretende un segno!»” (Mt 12,38-39).
Nel Vangelo secondo Marco Gesù si rifiuta di dare un segno: “Perché questa generazione chiede un segno? In verità vi dico: non sarà dato alcun segno a questa generazione” (Mc 8,11-13). Nel Vangelo secondo Matteo, Gesù afferma che “nessun segno sarà dato, se non il segno di Giona profeta. Come Giona era nel ventre del cetaceo tre giorni e tre notti, così sarà il figlio dell’uomo nel cuore della terra tre giorni e tre notti” (Mt 12,39; cfr Lc 11,29). Nel Vangelo secondo Giovanni Gesù offre il segno del tempio: «Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere (lett.: lo sveglierò)» (Gv 2,19) e l’autore commenta: «Egli parlava del tempio del suo corpo. Perciò quando risuscitò dai morti, i suoi discepoli si ricordarono che egli aveva detto questo e credettero alla Scrittura e alle parole che aveva pronunciato Gesù» (Gv 2, 21). Entrambe le garanzie si riferiscono alla sua risurrezione. Solo la resurrezione di Gesù è “prova sicura” (At 17,31) della Signoria di Cristo.
Ma “beati quelli che crederanno senza aver veduto!” (Gv 20,29). In ogni caso è la Parola di Dio il fondamento della Fede: afferma infatti Gesù: “Se credeste infatti a Mosè (cioè: alla Bibbia!), credereste anche a me; perché di me egli ha scritto. Ma se non credete ai suoi scritti, come potrete credere alle mie parole?” (Gv 5,46-47).
Carlo Miglietta
[1] Mt 21,12-17; Mc 11,15-19; Lc 19,45-48; Gv 2,13-16
[2] Gv 2,15
[3] Bibbia TOB, Elledici (Leumann – Torino), 2010, pg. 2297, nota u
[4] Berger K., Gesù, Queriniana, Brescia, 2006, pg. 338
[5] Lv 26,1; Nm 33,52; Dt 4,25
[6] Berger K., Gesù, Queriniana, Brescia, 2006, pg. 338
[7] Zac 14,21
[8] Is 56,7
[9] Mt 12,16
[10] Mello A., Evangelo secondo Matteo, Qiqajon, Bose (Magnano – BI), 1995, pg. 368