Commento alle letture di domenica 5 Aprile 2020 โ€“ Carlo Miglietta

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Il commento alle letture di domenica 5 Aprile 2020 a cura di Carlo Miglietta, biblista; il suo sito รจ โ€œBuona Bibbia a tuttiโ€œ.

LA PASSIONE E MORTE DI GESUโ€™ SECONDO MATTEO (26-27)

Gli studiosi della Bibbia sono generalmente dโ€™accordo nellโ€™affermare che questa parte della tradizione evangelica fu la prima in ordine di tempo ad acquistare una struttura fissa. Nessuna parte della vita di Gesรน รจ redatta con uguale abbondanza di dettagli e con uguale concordanza delle fonti. Lo spazio assegnato al racconto della passione in Marco in rapporto al resto del suo Vangelo รจ indice del ruolo importante che questa narrazione ebbe nella Chiesa apostolica; la sproporzione รจ notevole pure in Matteo, anche se minore. La predicazione primitiva di Gesรน era incentrata sul racconto della morte e della risurrezione. Questo fu il grande atto salvifico di Dio e il punto culminante dellโ€™azione salvifica nella storia della salvezza. Paolo disse che egli predicava Cristo e questi crocifisso (1 Cor 2,2).

Mentre nelle โ€œVite degli Eroiโ€ in auge nellโ€™antichitร  si raccontavano con dovizia i successi e i  prodigi dei grandi personaggi, e fugacemente si accennava alla loro fine, i primi Cristiani dedicano la maggior parte dei Vangeli a raccontare il tragico trapasso del loro Maestro e Signore, la sua passione, morte e resurrezione. Fu questo un tema che turbรฒ profondamente la prima comunitร : era inconcepibile che un Dio potesse soffrire e morire. Eโ€™ interessante notare che quando Gesรน aveva preannunciato che โ€œil Figlio dellโ€™uomo doveva molto soffrire, ed essere riprovatoโ€ฆ., poi venire ucciso e ,dopo tre giorni, risuscitareโ€ฆ, Pietro lo prese in disparte, e si mise a rimproverarloโ€ (Mc 8,31-32)!!! Lโ€™attesa di Israele era di un Messia che portasse libertร , salvezza, pace e felicitร  attraverso una manifestazione di gloria e di potenza. I sommi sacerdoti e gli scribi, ai piedi della croce, diranno proprio a Gesรน:  โ€œHa salvato altri, non puรฒ salvare se stesso! Il Cristo, il re dโ€™Israele, scenda ora dalla croce, perchรจ vediamo e crediamoโ€ (Mc 15,31-32). E le prime eresie contestarono proprio che il Figlio di Dio avesse potuto soffrire e morire. Inoltre i primi credenti furono sconvolti dal vedere non solo la morte di Dio, ma che Dio moriva in una maniera tragica, โ€œannoverato fra i malfattoriโ€ (Lc 22,37, cfr Is 53,12; Gv 18,30).

Il racconto della passione in Matteo contiene alcuni ampliamenti suoi propri. Alcuni di questi sono leggendari, altri sono il frutto di unโ€™interpretazione di testi di โ€œcompimentoโ€ delle Scritture dellโ€™A. T. simile a quella notata frequentemente nei racconti dellโ€™infanzia, e con meno frequenza in altre parti del Vangelo.

Il racconto della passione non รจ un resoconto delle parole di Gesรน, benchรฉ Gesรน parli piรน frequentemente in Matteo che in Marco, ma di fatti che contengono delle rivelazioni. Potrebbe sembrate strano a noi, ma in effetti i Vangeli non contengono alcuna esposizione teologica della passione, nรฉ attraverso le parole di Gesรน nรฉ utilizzando le parole degli altri. Ciรฒ fu demandato allโ€™insegnamento apostolico, il che risulta chiaramente dalle lettere di Paolo.

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PECULIARITAโ€™ DEL RACCONTO DI MATTEO

Matteo dipende da Marco, ma ha sette interpolazioni proprie:

  1. a) la parola al discepolo che ha colpito di spada: 26,52-54
  2. b) la morte di Giuda: 27,3-10
  3. c) il sogno della moglie di Pilato: 27,19
  4. d) Pilato che si lava le mani: 27,24-25
  5. e) lโ€™apertura dei sepolcri: 27,51-53
  6. f) le guardie alla tomba: 27,62-66
  7. g) le guardie prezzolate: 28,11-15

Caratteristiche teologiche della Passione secondo Matteo:

  1. a) La Passione รจ il compimento di tutte le Scritture
  2. b) Gesรน domina la scena: in piรน di venti casi Matteo nomina esplicitamente Gesรน, mentre in Marco รจ solo implicito; Gesรน sa tutto in anticipo (โ€œgnรฒusโ€: 26,10); ha titoli di regalitร : Signore (22,26), Messia (26,68; 27,17.22), Figlio di Dio (27,40.43).
  3. c) La responsabilitร  degli Ebrei nella morte di Gesรน, sottolineata da tre interpolazioni a lui proprie: Pilato che si lava le mani (27,24-25), le guardie alla tomba (27,62-66), le guardie prezzolate (28,11-15).
  4. d) Passione e resurrezione sono eventi apocalittici: lโ€™apertura dei sepolcri (27,51-53).

La sezione si divide in sei parti, ciascuna delle quali composta da tre unitร :

  1. Preparativi di morte (26,1-16)
  2. La cena pasquale (26,17-29)
  3. Al Getsemani (26,30-56)
  4. Il processo giudaico (26,57-27,10)
  5. Il processo romano (27,11-31)
  6. Il Calvario (27,32-61)

 

  1. preparativi di morte (26,1-16)

I Vangeli sinottici premettono al racconto vero e proprio della passione unโ€™ampia introduzione che assolve un compito molto importante: creare cioรจ la cornice in cui leggere la passione e offrire inoltre la chiave per comprenderla in profonditร . Gli episodi che formano questa introduzione sono il complotto dellโ€™autoritร , lโ€™unzione a Betania, il tradimento di Giuda, lโ€™istituzione dellโ€™Eucarestia, la predizione dellโ€™abbandono dei discepoli. Questi episodi introduttivi sono percorsi da una specie di contrasto carico di significato: da una parte il complotto, il tradimento e lโ€™abbandono di Pietro e dei discepoli, dallโ€™altra la volontร  di Gesรน di donarsi per gli uomini.

  1. a) Il complotto (26,1-3)

Nel racconto del complotto Matteo (26,1-5) ampia Marco (14,1-2) in misura notevole. Matteo aggancia immediatamente questo brano al discorso precedente (โ€œTerminati tutti questi discorsiโ€). La predizione di Gesรน (26,2: โ€œVoi sapete che fra due giorni รจ Pasqua e che il Figlio dellโ€™uomo sarร  consegnato per essere crocifissoโ€), propria di Matteo, รจ unโ€™introduzione solenne al racconto ed รจ controbilanciata dalla decisione delle autoritร  giudaiche: egli sa ciรฒ che stanno tramando ed รจ padrone della situazione. I fautori del complotto sono Caifa, qui nominato solo da Matteo, i sommi sacerdoti e gli anziani del popolo (in Marco โ€œi grandi sacerdoti e gli scribiโ€).

Dio non volle la morte del Figlio, ma questa fece parte del suo essere uomo fino in fondo, come gli altri, assumendo su di sรฉ anche lโ€™espressione massima del limite umano, la morte stessa. โ€œNon solo la sua morte fu sacrificio, ma tutta la sua vita, perchรจ fu donataโ€ฆ Egli sarebbe stato sacrificato anche se non fosse stato immolato o se non fosse stato versato il suo sangue. Il sacrificio non consiste in questo, bensรฌ nella donazione totale della vita e della morte. Questa donazione puรฒ assumere, storicamente, lโ€™aspetto della morte violenta con spargimento di sangue. Ma non รจ il sangue in sรฉ, nรฉ la morte in sรฉ che costituiscono il sacrificio. Essi sono segni figurativi del sacrificio interiore come progetto di vita di totale disponibilitร  a Dio a di donazione illimitata al disegno del misteroโ€ (L. Boff). Occorre allora โ€œdecodificare il linguaggio per evitare di passare dalla teologia dellโ€™espiazione a quella <<bestemmia>> che รจ la teologia della soddisfazioneโ€; รจ โ€œscandalosa la teologia della <<soddisfazione>> perchรฉ, invece, nel Figlio il Padre ha sofferto lโ€™immolazione. Si รจ immolato attraverso il Figlioโ€ (E. Bianchi).

Storicamente lโ€™incarnazione ha avuto il suo culmine nella crocifissione: ma ciรฒ non per volere divino, ma perchรจ il divino, entrando nellโ€™umano, si scontrรฒ contro la nostra dimensione di peccato. La croce โ€œรจ la materializzazione dellโ€™odio, della violenza e del delitto umaniโ€ฆ (Gesรน) non cercรฒ la croce per la croceโ€ฆ Predicรฒ e visse lโ€™amoreโ€ฆ La croce fu conseguenza di un annuncio che metteva in questione e di una prassi che liberavaโ€ (L. Boff).

  1. b) Lโ€™unzione di Betania (26,6-16)

Il racconto dellโ€™unzione figura in tutti e quattro i vangeli. Luca lo colloca nel primo periodo del ministero di Gesรน (Lc 7,36-50), non fa il nome dellโ€™ospitante e identifica la donna con una peccatrice. Giovanni lo situa prima della passione (Gv 12,1-18), ma lo descrive come accaduto nella casa di Marta e Maria a Betania, e identifica la donna come Maria. Matteo segue Marco, lโ€™ospitante รจ Simone il lebbroso e la donna non รจ nรฉ nominata nรฉ identificata come una peccatrice.

Gesรน gradisce il gesto, nello spirito in cui fu inteso, anche se egli era contrario al lusso (Matteo nota che il profumo era molto costoso), ed egli giustifica questโ€™atto di prodigalitร  con unโ€™allusione alla sua morte e sepoltura imminenti, ed รจ per questo che lโ€™accetta. Per questo le donne andranno al sepolcro โ€œper vedere la tombaโ€, e non โ€œper ungerloโ€ come in Marco.

  1. c) Il tradimento di Giuda (26,14-16)

Frattanto si consuma il tradimento. Soltanto Matteo precisa la somma che Giuda riceve (โ€œtrenta monete dโ€™argentoโ€, il prezzo di uno schiavo secondo Es 21,32) per la consegna di Gesรน. Le ragioni del tradimento non sono ricordate: motivi ideologici (una diversa concezione del messianismo) o pragmatici (aspirazioni frustrate allโ€™interno del gruppo apostolico). In Giovanni si parla di invasione diabolica (Gv 13,17), ma รจ una rilettura teologica.

 

  1. la cena pasquale (26,17-29)
  2. a) La preparazione (26,17-19)

I Sinottici pongono lโ€™ultima cena tra il 14 e il 15 di Nisan (Mc 14,12; Mt 26,17; Lc 22,7) e la crocifissione venerdรฌ 15 Nisan, primo giorno della Pasqua che durava dal venerdรฌ 15 al 21 Nisan.

Per Giovanni, Gesรน muore il 14 di Nisan, il giorno di una grande Parasceve, cioรจ la vigilia di un sabato speciale, perchรฉ quellโ€™anno il primo giorno di Pasqua cadeva di sabato: ed รจ crocifisso nellโ€™ora in cui al Tempio si immolavano gli agnelli che sarebbero stati consumati nella cena pasquale (Gv 19,14). Alcuni pensano che sia solo un simbolismo per significare che Gesรน รจ il vero Agnello immolato; altri affermano che รจ inverosimile che Gesรน sia stato giustiziato in un giorno di festa, addirittura nel primo giorno di Pasqua, anche se cโ€™รจ chi ricorda che per delitti gravissimi lโ€™esecuzione poteva avvenire anche in giorno festivo (Dt 17,12; 21,21). Molti comunque ritengono improbabile che Gesรน, nel corso di una sola notte, abbia subito la cattura nel Getsemani, sia stato processato al Sinedrio, abbia avuto un primo processo da Pilato, sia quindi stato portato da Erode, abbia subito un secondo processo da Pilato, sia stato flagellato e schernito prima di salire al Calvario (Lc 22,47-23,46). Inoltre era proibito giudicare un imputato di notte, e tra la condanna e lโ€™esecuzione dovevano intercorrere almeno ventiquattrโ€™ore. Ancora, Giovanni nota che โ€œquelli che lo avevano condotto non entrarono nel pretorio per non contaminarsi e poter mangiare la Pasquaโ€ (Gv 18,28); cosรฌ Gesรน รจ deposto in gran fretta dalla croce โ€œper evitare che i corpi restassero sulla croce durante il sabato: era infatti un gran giorno quel sabato!โ€ (Gv 19,31.42), perchรฉ era quellโ€™anno il giorno di Pasqua. Per questi motivi molti ritengono Giovanni cronologicamente piรน attendibile, e negano allโ€™ultima cena di Gesรน il carattere di cena pasquale.

Annie Jaubert (A. Jaubert, La date de la Cรจne, Gabalda, 1957) propone una tesi che concilia Giovanni con i Sinottici. Gesรน e i suoi avrebbero seguito il calendario in uso a Qumram e presso gli esseni; questo calendario non poneva la Pasqua come festa che poteva cadere in qualunque giorno della settimana (come รจ, ad esempio, per noi, il Natale), ma la faceva ricorrere sempre nello stesso giorno: come da noi la Pasqua cade sempre di domenica, cosรฌ per loro la cena pasquale era  sempre di martedรฌ e la Pasqua sempre di mercoledรฌ. Gesรน avrebbe quindi celebrato la cena pasquale di martedรฌ e sarebbe poi morto di venerdรฌ, cioรจ la vigilia della Pasqua secondo invece il calendario ufficiale del tempio di Gerusalemme. Tale ricostruzione รจ attestata dalla Didascalia (cap. XI), opera del III secolo, da alcuni Padri della Chiesa, e dallโ€™uso cristiano, certificato dalla Didachรจ, forse giร  del I secolo, di digiunare il mercoledรฌ e il sabato. Inoltre quando, in Marco, Gesรน indice i preparativi per la Pasqua, invita i suoi a recarsi da โ€œun uomo con una brocca dโ€™acquaโ€ (Mc 14,12-16): per gli ebrei attingere lโ€™acqua era compito delle donne o degli schiavi, mentre tra gli esseni anche gli uomini attingevano lโ€™acqua. Dโ€™altra parte, non tutti sono dโ€™accordo nel giudicare il Cristo vicino al movimento esseno, nonostante anche lui riceva il battesimo di Giovanni, che battezzava nei pressi della comunitร  di Qumram, forse essena, e sebbene Gesรน nel suo Vangelo rifletta molte particolaritร  teologiche dei qumraniti.

  1. b) La rivelazione del traditore (26,20-25)

Per quattro volte Gesรน parla del tradimento, ma il centro della scena รจ rappresentato dalle parole che Cristo pronunzia sul pane azzimo e sulla coppa di vino, che facevano parte del rituale della cena ebraica. La Pasqua รจ la piรน solenne festa ebraica e viene celebrata con un preciso rituale che rievoca le meraviglie compiute da Dio nella liberazione dalla schiavitรน egiziana (Esodo 12). La sua celebrazione si protrae dal 14 al 21 del mese di Nisan (marzo-aprile), in essa si consumava lโ€™agnello, precedentemente sgozzato nel tempio. La Pasqua รจ anche detta โ€œfesta degli Azzimiโ€, perchรฉ รจ permesso mangiare solo pane senza lievito (in greco โ€œazjmosโ€).

  1. c) Lโ€™istituzione dellโ€™Eucarestia (26,26-29)

La versione di Matteo non รจ che lโ€™ampliamento di quella di Marco. Matteo cita subito il nome di Gesรน (Mt 26,26) per ribadirne la centralitร ; aggiunge a โ€œprendeteโ€ anche โ€œmangiateโ€ (Mt 26,26) e solo lui ricorda il โ€œbeveteneโ€ per rimarcare il coinvolgimento obbligatorio degli astanti; per sottolineare, per i suoi uditori ebrei, lโ€™aspetto espiatorio della morte del Signore, sostituisce nel โ€œper moltiโ€ (Mt 26,28) lโ€™โ€hyperโ€ di Marco (Mc 14,24) con la preposizione โ€œperiโ€ che ricorre nel carme del Servo sofferente di Isaia 53,4.10, e aggiunge che il sangue di Cristo รจ sparso โ€œin remissione dei peccatiโ€ (Mt 26,28).

Per capire i testi neotestamentari di istituzione dellโ€™Eucarestia bisogna avere ben presente quel genere letterario, cosรฌ frequentemente adoperato nei libri profetici, che รจ il โ€œmimoโ€. Nel linguaggio dei profeti, infatti, un posto particolarissimo occupano le azioni simboliche: sono piรน di trenta, e precedono o accompagnano le esposizioni orali. Talora sono vere pantomime, piccole โ€œscenetteโ€, brevi โ€œspot pubblicitariโ€ che devono servire a imprimere bene, nella mente degli astanti, un determinato concetto o una particolare rivelazione. Quando Gesรน istituisce lโ€™Eucarestia, opera anzitutto un mimo profetico. Quanto compie nellโ€™ultima cena รจ โ€œlโ€™ultima parabola di Gesรนโ€ (J. Jeremias). Porgendo il pane, dice: โ€œQuesto รจ il mio corpo dato per voiโ€; offrendo il calice: โ€œQuesto รจ il mio sangue, versato per voiโ€ (Lc 22,19-20): il primo significato di questa azione รจ che egli si รจ donato totalmente agli uomini, che la sua vita รจ stata oblazione piena per la vita dei fratelli, che si รจ interamente consumato per essi, e che egli รจ diventato, offrendosi per loro come il pane e il vino, il loro sostegno e la loro sopravvivenza. โ€œDavanti ai suoi discepoli Gesรน fa un mimo della sua morte, rappresentandola davanti a loro; รจ lโ€™atteggiamento di un profeta e di un martire che porta la missione fino al suo compimentoโ€ (A. Marchadour).

La volontarietร  del dono: Due sono le sottolineature che Gesรน vuole dare al suo gesto. La prima รจ lโ€™assoluta volontarietร  del suo donarsi: il suo farsi uomo fino alla morte non รจ dato dallโ€™ineluttabilitร  del caso, ma รจ sua libera scelta dโ€™amore (Gv 10,18). Gesรน accetta quindi volontariamente fino in fondo la sua condivisione con lโ€™uomo: non si tira indietro, non fugge. Deliberatamente si offre. โ€œPer questo nellโ€™Ultima Cena <<se dat suis manibus>>: la sua Passione sarร  il Corpo dato e il Sangue versato da luiโ€ (A. Bozzolo).

La totalitร  del dono: Il secondo aspetto del mimo profetico รจ lโ€™assoluta totalitร  del suo donarsi: Cristo, โ€œavendo amato i suoi che erano nel mondo, li amรฒ fino alla fineโ€ (Gv 13,1), fino al supremo compimento dellโ€™amore, che รจ dare la vita per coloro che si amano (cfr Gv 15,13): il pane mangiato e il vino bevuto sono il segno di questo โ€œconsumarsiโ€ per i suoi, farsi tutto per essi.

Il comando di imitare Gesรน: Due comandi accompagnano lโ€™azione profetica: il primo รจ: โ€œPrendete, mangiateโ€ฆ; beveteโ€ (Mc 14,22; Mt 26,26.28): i discepoli non sono solo oggetto passivo di questa autodonazione del Cristo, ma sono invitati a prenderne parte attiva, a partecipare al suo amore, ad accettare la sua vita come dono, a riempirsi consapevolmente e responsabilmente di lui. Da questo nasce il secondo comando: โ€œFate questo in memoria di meโ€ (Lc 22,19; 1 Cor 11,24): Gesรน ordina che anche i suoi discepoli si facciano pane e bevanda per gli altri, divengano cibo per tutti, si lascino โ€œmangiareโ€ dai fratelli.

Lโ€™importanza del mimo eucaristico: Nella lettura biblica del mimo il primo significato รจ quindi lโ€™invito al dono totale agli altri, sullโ€™esempio del Maestro. Gli altri significati (la presenza reale di Cristo, il sacrificio della Nuova Alleanza, un segno escatologicoโ€ฆ), ci sono certamente, ma sono a questo secondari e da questo traggono luce e comprensione.

Forse proprio giร  in risposta a stravolgimenti della comprensione eucaristica nella prima Chiesa, Giovanni non menziona nel suo Vangelo, a differenza dei sinottici, lโ€™istituzione dellโ€™Eucarestia โ€œprima della festa di Pasquaโ€ (Gv 13,1), ma, al suo posto, pone la descrizione della lavanda dei piedi. Tale sostituzione non รจ casuale: Giovanni non trascura certamente lโ€™importanza dellโ€™Eucarestia, cui ampio spazio dedica in altra parte del suo Vangelo (Gv 6): egli vuole insegnare che la migliore comprensione dellโ€™Eucarestia รจ il racconto di Gesรน che si mette a lavare i piedi ai discepoli! Bisogna quindi avere il coraggio di leggere il gesto della lavanda dei piedi in sinossi con i racconti dellโ€™ Eucaristia, perchรฉ proprio volutamente Giovanni lo pone al posto dellโ€™istituzione eucaristica.

Con la lavanda dei piedi Gesรน compie un altro mimo profetico, per prefigurare la sua Passione (Gv 13,1-11) e dare esempio di umile abnegazione (Gv 13,12-20). Egli โ€œdepose le vestiโ€ (Gv 13,4): il vestito, nella Bibbia, รจ simbolo della dignitร  umana, della vita stessa (Gen 3,10-11.21; Gv 19,23; Ap 7,9.13โ€ฆ); il Signore รจ veramente il servo, che scende allโ€™ultimo posto, morendo per amore nostro (Ef 5,25; Gal 2,20; Rm 5,8; Ef 3,18-19). โ€œLโ€™Eucarestia รจ il sacramento della caritร  e del servizio, รจ il sacramento di Cristo-servoโ€ (J. Dupont).

Nellโ€™episodio della lavanda dei piedi cโ€™รจ quindi il senso piรน profondo dellโ€™Eucarestia. Eโ€™ significativo in tal senso che nonostante lโ€™esplicito comando del Signore: โ€œSe dunque io, il Signore e il Maestro, ho lavato i vostri piedi, anche voi dovete lavarvi i piedi gli uni gli altri. Vi ho dato infatti lโ€™esempio, perchรฉ come ho fatto io, facciate anche voiโ€ฆ Sapendo queste cose, sarete beati se le metterete in praticaโ€ (Gv 13,14-17), la Chiesa non abbia stabilito un apposito โ€œsacramento della lavanda dei piediโ€, cosรฌ come dopo il โ€œFate questo in memoria di meโ€ ha invece istituito lโ€™Eucarestia. Questo racconto giovanneo non รจ stato colto come lโ€™โ€istituzione della lavanda dei piediโ€. La lavanda dei piedi non รจ qualcosa di altro rispetto allโ€™Eucarestia: ne รจ lโ€™unica esegesi.

Come gli israeliti dovevano ricordare il significato di quel pasto singolare circondato di solennitร , cosรฌ Gesรน spiega il senso della nuova cena pasquale, nella quale si distinguono i punti seguenti:

  1. a) Gesรน rende partecipi del suo destino i suoi discepoli: โ€œIo vi dico: non berrรฒ piรน di questo frutto della vite fino al giorno in cui lo berrรฒ con voi, nuovo, nel regno di mio Padreโ€ (v. 29).
  2. b) Il sangue di Gesรน รจ sparso โ€œin remissione dei peccatiโ€. Solo Matteo sottolinea questo carattere sacrificale della cena pasquale. Il sacrificio era dono della vita per unโ€™altra vita: cosรฌ si afferma il potere sostitutivo del sacrificio di Gesรน, come anche il suo valore espiatorio.Cristo muore in croce al posto nostro e il suo sacrificio in croce era diretto a ottenere la liberazione e la purificazione delle nostre colpe.
  3. c) La cena inaugura la nuova Alleanza. Per questo รจ detta โ€œsangue dellโ€™Alleanzaโ€. Quello che si attendeva per il futuro: un nuovo ordine di cose nel quale Dio mettesse la sua legge nel cuore e perdonasse i peccati, รจ giunto con questa cena pasquale.
  4. d) Lโ€™ultimo punto รจ messo piรน chiaramente in evidenza con la contrapposizione intenzionale fra lโ€™antica (Es 24,8; Zc 9,11) e la nuova A Le due Alleanze furono sigillate col sangue. La prima col sangue di animali, la nuova col sangue di Gesรน. Cristo in persona รจ la nuova alleanza, come era stato annunziato del servo di IHWH (Is 42,6; 49, 7-8). Egli รจ dunque il servo di IWHW. Il sangue รจ sparso per molti. Eโ€™ un semitismo che equivale a tutti.

 Il โ€œcorpoโ€ e il โ€œsangueโ€: Innanzitutto notiamo che โ€œcorpoโ€ (โ€œsomaโ€) e โ€œsangueโ€ (โ€œhaimaโ€) non costituiscono una coppia di concetti frequentemente citatata come tale: in genere si parla di โ€œcarneโ€ (โ€œsarxโ€) e โ€œsangueโ€. Probabilmente qui non si vuole dare indicazioni di natura antropologica. Lโ€™equivalente ebraico di โ€œsomaโ€  รจ โ€œguphร โ€, nel senso dellโ€™โ€ioโ€, del โ€œsoggettoโ€; oppure corrisponde a โ€œbasarโ€, la persona umana, lโ€™uomo nella sua fragilitร  e debolezza; mentre il termine โ€œsangueโ€ indica, secondo lโ€™uso veterotestamentario e giudaico, la morte, specie se violenta (Gen 4,10; 9,6โ€ฆ). โ€œDi conseguenza la coppia non รจ piรน <<il mio corpo / il mio sangue>> nel senso per noi ovvio dei termini, ma <<la mia persona / lโ€™alleanza (di Dio) nel mio sangue versato>>โ€œ (X. Lรฉon-Dufour). La forma originaria delle parole di interpretazione non si collega quindi alla terminologia sacrificale, ma a un mimo di donazione.

Il calice:  Il calice รจ segno, nel linguaggio biblico, della vita stessa dellโ€™uomo, del destino che Dio gli prepara, o meglio, che lโ€™uomo stesso si procura obbedendo allโ€™Altissimo o allontanandosi da lui (Sl 23,5;  116,13โ€ฆ). Gesรน intende il calice come il progetto del Padre su di lui, la sua vita voluta come dono totale. A Giacomo e Giovanni che chiedono i primi posti nel Regno, Gesรน dice: โ€œPotete bere il calice che io sto per bere?โ€ (Mt 20,22-23). Nel Getsemani Gesรน prega: โ€œPadre mio, se possibile, passi da me questo caliceโ€ (Mt 26,39.42); e a Pietro dice: โ€œNon devo forse bere il calice che il Padre mi ha dato?โ€ (Gv 18,11). Lโ€™offerta del calice nellโ€™ultima cena depone anchโ€™essa per lโ€™aspetto dinamico del gesto eucaristico: si noti che in quella che รจ considerata la โ€œformula di consacrazioneโ€ si parla sempre di calice e non di vino (Mc 14,23-24; Mt 26,27-28; Lc 22,20; 1 Cor 11,25). Il calice รจ la vita di Gesรน regalata ai discepoli e a tutti gli uomini: e tutti a loro volta sono chiamati a fare della propria esistenza un dono gratuito per gli altri.

โ€œPer le moltitudiniโ€: Il termine greco โ€œpolloรฌโ€ (Mt 26,28; Mc 14,24) corrisponde allโ€™ebraico โ€œrabbimโ€, che significa non giร  โ€œun gran numeroโ€, ma โ€œla moltitudineโ€ nel suo insieme (Is 53,12; 52,14.15). E Luca e Paolo semplicemente quindi parlano di corpo dato e di sangue versato โ€œper voiโ€ (Lc 22,19-20: 1 Cor 11,24). Giustamente la formula liturgica di consacrazione diverrร : โ€œQuesto รจ  il mio corpo offerto in sacrificio per voiโ€ฆ Questo รจ il calice del mio sangue per la nuova ed eterna Alleanza, versato per voi e per tutti in remissione dei peccatiโ€.

  1. Al Getsemani (26,30-56)
  2. a) Predizione del rinnegamento dei discepoli (26,30-35)
  3. b) La preghiera (26,36-46)

Questo episodio รจ di grande importanza per capire la passione che segue. Mentre la Trasfigurazione (17, 1-9) rivelava, in anticipo, la gloria del Figlio dellโ€™uomo pur incamminato verso la croce, qui viene rivelata la profonda umanitร  del Cristo, la sua โ€œdebolezzaโ€. Il racconto ci manifesta anche la reazione intima di Gesรน di fronte agli avvenimenti dolorosi che incombono: รจ la passione interiore del Maestro. I racconti che seguono (processo, condanna, insulti, crocifissione) sono la superficie della passione, i fatti, la cronaca. Qui, invece, viene svelata la reazione intima di Gesรน, nei racconti, che cosa gli uomini fecero a Gesรน, nel Getsemani come egli reagรฌ nel proprio animo. Infine cโ€™รจ un terzo aspetto, non piรน cristologico come i primi due, ma ecclesiale: riflette la lezione di vita che la comunitร  cristiana ricava dalla meditazione del Getsรจmani. Come il Cristo, mediante la preghiera al Padre, superรฒ vittoriosamente il momento decisivo della prova, cosรฌ il discepolo deve fare altrettanto.

Questi aspetti sono tipici di Matteo, ma comuni anche a Marco (Mc 14,32-42). Tre sono le caratteristiche di Matteo: ha sostituito qualche vocabolo migliorando la struttura delle frasi;  presenta Gesรน meno disorientato di come appare in Mc: attenua il turbamento di Gesรน, lo presenta addolorato e triste, ma non pervaso da โ€œpaura e disorientamentoโ€ come in Marco; aggiunge una preghiera in cui Gesรน si sottomette alla volontร  del Padre: โ€œSe questo calice non puรฒ passare senza che io lo beva, sia fatta la tua volontร โ€ (Mt 26,42).

  1. c) Lโ€™arresto di Gesรน (26,47-56)

Lโ€™evangelista Marco racconta i fatti nella loro cruda realtร , senza commento. Matteo segue lo schema di Marco, punto per punto, perรฒ lo interpreta e lo commenta, mediante parole poste in bocca a Gesรน. Con una parola, Gesรน mette in risalto il tradimento di Giuda: โ€œAmico, per questo sei qui?โ€ (26,50). Eโ€™ forse unโ€™allusione al Salmo 55, la preghiera di un uomo tradito dagli amici  piรน cari che solo confida nellโ€™amicizia di Dio: โ€œSe mi avesse insultato un nemico, lโ€™avrei sopportato, se fosse insorto contro di me un avversario, da lui mi sarei nascosto. Ma sei tu, mio compagno, mio amico e confidente, ci legava una dolce amicizia, insieme camminavamo gioiosi verso la casa del Signoreโ€.

Gesรน parla al discepolo che ha sfoderato la spada (Mt 26, 52-54) rimproverandolo e spiegandogli la via che il Messia deve percorrere in obbedienza alle Scritture. Gesรน rifiuta la tentazione zelota che invitava alla violenza: quella di Gesรน รจ la via della croce non della forza. E se Gesรน si lascia arrestare รจ solo per libera decisione, non per impotenza, ma per obbedire al piano divino di salvezza. Gesรน vive fino in fondo la debolezza dellโ€™amore perchรฉ รจ in esso si svela la forza di Dio.

La sezione che va dalla cena allโ€™arresto va letta come un unico blocco, ma con due tematiche che si intrecciano continuamente: il tradimento da una parte e il dono di Gesรน dallโ€™altra.

 

  1. il processo giudaico (26,57-27,10)

I Vangeli non hanno lโ€™intenzione di riferirci tutti i fatti, nรฉ lโ€™ordine esatto in cui si sono svolti. Hanno scelto quei fatti che, alla luce della Risurrezione e dello Spirito, furono compresi come piรน importanti. E nel raccontarli hanno scelto non un ordine cronologico ma kerigmatico (un annuncio), atto a condurre alla fede. Cosรฌ non รจ facile ordinare gli eventi del Getsemani, dellโ€™arresto, del processo giudaico e romano, e metterli in sintonia con la giurisprudenza giudaica del tempo. E neppure รจ molto facile concordare fra loro i quattro racconti evangelici. Eโ€™ necessario distinguere la sostanza dei fatti e il modo con cui sono stati raccontati: i Vangeli sono un intreccio di storia e di fede, di racconto e di interpretazione teologica. Non รจ corretto, constatando la presenza di unโ€™interpretazione teologica, negarne la sostanziale storicitร : sono fatti interpretati ma fatti.

  1. a) Gesรน davanti a Caifa (26,57-68)

Appena arrestato, Gesรน รจ condotto nel palazzo di Caifa, sommo sacerdote, presso il quale si erano giร  radunati alcuni membri del Sinedrio, non tutti, ma certo i piรน influenti (26,57). Non si tratta di un vero e proprio processo, ma piuttosto di unโ€™istruttoria preliminare e informale. Il diritto giudaico proibiva i dibattiti processuali durante la notte. Il vero processo si tenne al mattino, come anche Matteo ha cura di ricordare (โ€œVenuta la mattina, tutti i capi dei sacerdoti e gli anziani tennero consiglio contro Gesรน per farlo morireโ€: 27,1).

Lโ€™evangelista Matteo segue in tutto il racconto di Marco, eccetto piccole modifiche: precisa che il Sommo Sacerdote era Caifa, che Pietro entrรฒ nel cortile e si fermรฒ a scaldarsi โ€œper vedere come sarebbero andate a finire le coseโ€. Matteo ci dice anche, brutalmente, che il Sinedrio cercava una โ€œfalsa testimonianzaโ€. Per Matteo il processo fu una caricatura, un consapevole oltraggio alla veritร . A riguardo, infine, della solenne proclamazione di Gesรน, lโ€™evangelista aggiunge: โ€œDโ€™ora innanzi vedrete il figlio dellโ€™uomoโ€. Per Matteo la gloria di Gesรน e il suo giudizio non sono rimandati a un lontano futuro.

Fin dallโ€™inizio, dunque, ci viene detto che il processo รจ condotto in modo insincero: non รจ soltanto unโ€™annotazione storica, ma un avvertimento. I capi dei sacerdoti e gli anziani cercavano una falsa testimonianza, un capo dโ€™accusa che giustificasse la legalitร  dellโ€™arresto. Naturalmente avevano motivi per condannarlo, ma non erano motivi legali: la costante opposizione ai loro privilegi, la simpatia della folla, la luciditร  dei suoi giudizi. Queste sono le vere ragioni della condanna, ma sono ragioni da nascondere dietro pretesti piรน nobili.

Lโ€™unico capo dโ€™accusa che riescono a trovare รจ una parola di Gesรน sulla distruzione del tempio, accusa che verrร  ripresa con ironia dai passanti sotto la croce (27,40).

Di fronte alle accuse Gesรน tace. Il particolare allude al Servo di IHWWH, di cui parla Isaia 53,7: โ€œMaltrattato egli accettรฒ lโ€™umiliazione e non aprรฌ la sua bocca, come un agnello condotto al macelloโ€.

Il Sommo Sacerdote chiede a Gesรน, sotto solenne giuramento, di manifestare con chiarezza la sua identitร : โ€œAllora il sommo sacerdote gli disse: <<Ti scongiuro, per il Dio vivente, perchรฉ ci dica se tu sei il Cristo, il Figlio di Dio>>โ€œ (26,63).

Questa volta Gesรน esce dal silenzio, accetta la definizione di Caifa, si riconosce in essa, ma insieme la supera: per definire il Cristo si deve passare dal piano semplicemente messianico al piano divino: โ€œ<<Tu lโ€™hai detto>>, gli rispose Gesรน: <<Anzi io vi dico: dโ€™ora innanzi vedrete il Figlio dellโ€™uomo seduto alla destra di Dio, e venire sulle nubi del cielo>>โ€œ (26,64). In questa risposta sulla sua messianicitร , Cristo ricorre a due passi biblici: il primo รจ il Salmo 110,1 (testo regale-messianico), il secondo, desunto dal profeta Daniele (7,13), รจ piรน forte perchรฉ presenta un aspetto divino che, applicato a un uomo, risulta blasfemo.

โ€œFiglio dellโ€™uomoโ€: che cosa vuole dire questo titolo, che poi la Chiesa primitiva perderร  (nessuno di noi va piรน a pregare in chiesa: โ€œSignore tu sei il Figlio dellโ€™uomoโ€: a noi non dice piรน nienteโ€ฆ)? Ma certamente questo appellativo Gesรน se lo attribuรฌ perchรจ certamente per lui รจ importante, per lui e per la sua cultura. Eโ€™ unโ€™espressione semitica, che gli Evangelisti non spiegano mai perchรฉ la intendono nota. Paragonato ai tempi nostri nessuno di noi spiega che cosa vuole dire โ€œsindacoโ€ o โ€œpresidente della Repubblicaโ€โ€ฆ Tutti in quellโ€™epoca, quando un Evangelista scriveva o usava 1โ€™espressione โ€œFiglio dellโ€™uomoโ€ intendevano a che cosa si riferisse: noi invece, che siamo in unโ€™altra cultura, 2000 anni dopo, stentiamo un poโ€™. Dobbiamo allora cercare di capire il significato leggendo questa parola al di dentro dellโ€™A. T. che ne parla pochissimo (lo traviamo al cap 7 del profeta Daniele), ma soprattutto nella letteratura ebraica contemporanea di Gesรน, o immediatamente antecedente a Gesรน.โ€ƒ

Se guardiamo quale era il significato di questo epiteto, vediamo che โ€œFiglio dellโ€™Uomoโ€ รจ una figura che appartiene contemporaneamente a due mondi: al mondo di Dio, di cui รจ il rivelatore ultimo e depositario, e nello stesso tempo al mondo degli uomini di cui รจ solidale fino in fondo e di cui รจ il rappresentante. Allora รจ un essere che viene da Dio, un essere che rivela pienamente Dio, e allo stesso tempo un essere solidale fino in fondo con lโ€™uomo, che rappresenta in qualche misura tutti gli uomini, prototipo di tutta lโ€™umanitร .

Eโ€™ per questo che Caifa incrimina Gesรน per bestemmia (e il testo sembra lasciar trasparire la sua gioia di aver finalmente trovato un consistente capo dโ€™accusa) e si strappa le vesti: Gesรน di Nazaret si fa uguale a Dio, si arroga dei compiti che sono propri di Dio.

In questo modo si conclude unโ€™istruttoria che, anzichรฉ rivelare la colpevolezza di Gesรน, mette in luce la sua piena dignitร .

  1. b) Il rinnegamento dรฌ Pietro (26,69-75)

Il racconto si sviluppa in due scene strettamente e intenzionalmente congiunte: nella prima il protagonista รจ Caifa e nella seconda รจ Pietro. Al centro sta la scena, breve e drammatica di Gesรน deriso e oltraggiato. La scena di Pietro รจ introdotta sin dallโ€™inizio: โ€œPietro lo seguiva da lontano fino al cortile del Sommo sacerdote, poi vi entrรฒ e si sedette con le guardie per vedere come andava a finireโ€ (26,58). In tal modo il tradimento di Pietro fa da cornice al processo di Gesรน. โ€œNessuna comunitร  cristiana puรฒ aver inventato di sana pianta una tale storia riguardante il suo apostolo leaderโ€ (H. B. Green).

  1. c) Il prezzo del sangue (27,1-10)

Matteo non racconta il processo romano subito dopo il processo giudaico. Inserisce fra i due unโ€™ampia parentesi (lโ€™impiccagione di Giuda 27, 3-10). Il posto scelto per la collocazione di questo episodio non ha alcun fondamento cronologico, ma serve per illuminare sia la pericope precedente (processo giudaico) sia quella seguente (processo romano). Matteo vuole mostrare che il processo fu ingiusto, un tradimento e Giuda lo riconosce per primo: โ€œHo tradito il sangue innocenteโ€ (v. 4), e lo riconoscono anche i sacerdoti: โ€œNon รจ lecito mettere queste monete nella cassa del tempio perchรฉ sono prezzo di sangueโ€ (v. 6). Ma rilevare che il processo di Gesรน fu un tradimento non basta. Non รจ ancora una lettura in profonditร , Matteo aggiunge che questo ingiusto processo fa parte del piano di Dio e compie le Scritture (vv. 9-10), in particolare Zc 11,13: ma il testo ebraico, probabilmente corrotto, non legge โ€œozarโ€, โ€œtesoroโ€, ma โ€œjozerโ€, โ€œvasaioโ€: da qui โ€œil campo del vasaioโ€, con la citazione di Geremia: ma Ger 32 parla di un campo e non del vasaio, Ger 18 di un vasaio ma non di un campo, Ger 19 della brocca di un vasaio spezzata nel Tofet, cioรจ nella valle di Nen Hinnon che gli israeliti avevano riempito di โ€œsangue innocenteโ€: Matteo con associazione di idee attribuisce a Geremia, il profeta della  distruzione di Gerusalemme, una citazione che sostanzialmente รจ di Zaccaria. In definitiva non รจ Israele che giudica Gesรน, ma รจ Gesรน che giudica Israele: il tradimento ricade su chi lo compie (vv. 5 e 25).

 

  1. IL PROCESSO ROMANO (27,11-31)
  2. a) Lโ€™interrogatorio (27,11-14)

Il racconto del processo di Gesรน di fronte a Pilato sviluppa il tema della regalitร  di Gesรน: il titolo โ€œre dei giudeiโ€ appare allโ€™inizio del racconto (27,11) e alla fine (27,29). โ€œ<<Re dei giudei>> รจ la trascrizione secolare, da un punto di vista pagano(cfr 2,2) del termine <<Messia>>, categoria di difficile definizione proprio perchรฉ non giuridica nรฉ solo politicaโ€ (A. Mello).

Lโ€™evangelista non perde occasione per sottolineare che Gesรน รจ innocente. La moglie di Pilato lo chiama โ€œuomo giustoโ€ (27,19), e Pilato stesso ne riconosce pubblicamente lโ€™innocenza (27,24). Gesรน รจ condannato innocente dal suo popolo e dallโ€™atteggiamento contraddittorio di Pilato, il quale apre il processo con una chiara intenzione di obiettivitร  e si sforza di sottrarre il Cristo alla condanna. Ma appena รจ posto in causa personalmente (โ€œVedendo che a nulla giovava ma che, al contrario, ne nasceva un tumultoโ€ v. 24), la sua obiettivitร  viene meno: cโ€™รจ una ragione di Stato che prevale sulla veritร  e la giustizia. Pilato non รจ in alcun modo disposto a perdere se stesso.

  1. b) Gesรน e Barabba (27,15-26)

Molti manoscritti di Matteo danno a Barabba lo stesso nome di Gesรน. โ€œSi tratta di scegliere tra due Gesรน (Jehoshua, che in ebraico vuol dire piรน o meno <<salvatore>>)โ€ (A. Mello), uno dei quali รจ โ€œBar abbร โ€, โ€œfiglio del padreโ€, forse nel senso di โ€œfiglio di n.n.โ€, di padre ignoto, oppure โ€œBar rabbanโ€, โ€œfiglio del maestroโ€,  e lโ€™altro รจ โ€œchiamato il Messiaโ€ (v. 17). Di scegliere cioรจ tra essere uomini senza paternitร  o discepoli dellโ€™Unto del Signore che ci annuncia la paternitร  di Dio; o tra essere figli della Legge antica (il โ€œmaestroโ€) o persone capaci di accogliere la novitร  della salvezza messianica.

Nella scelta tra Gesรน e Barabba, Matteo precisa che il rifiuto รจ corale (v. 20). Eโ€™ tutto il popolo che condanna il Messia, non solo i capi.

  1. c) Lo scherno dei soldati (27,26-31)

I giudei avevano consegnato Gesรน a Pilato, ora Pilato lo consegna ai soldati per la crocifissione, e per la preparatoria flagellazione (v. 26). Ma prima del viaggio al Calvario, lโ€™evangelista racconta una seconda scena di oltraggio (vv. 27-31), parallela alla scena precedente che faceva seguito al processo giudaico: lร  si derideva Gesรน profeta, qui Gesรน re. Eโ€™ una scena importante, in  un certo senso al centro di tutta la sezione, e riunisce i due temi maggiori che lโ€™evangelista va svolgendo, cioรจ la rivelazione della regalitร  di Gesรน e il suo rifiuto da parte del mondo.

La scena degli oltraggi non esprime soltanto fino a che punto Gesรน fu rifiutato e fino a che punto egli si umiliรฒ. Intende dimostrare fino a che punto la regalitร  di Dio, che รจ  apparsa in Gesรน, รจ diversa dagli schemi comuni: รจ diversa al punto da sembrare una burla. Ma questa diversitร  Gesรน lโ€™aveva fatta intendere in precedenza: โ€œVoi sapete che i capi delle nazioniโ€ฆ dominano; tra voi perรฒ non deve essere cosรฌโ€ฆ chi vuol diventare grande tra voi si faccia servoโ€ (20,25-28). Cโ€™รจ dunque una radicale differenza fra la regalitร  del mondo e quella di Cristo: quella del mondo si manifesta nella potenza, nellโ€™imposizione, nella salvezza di sรฉ; la regalitร  di Cristo si manifesta nel servizio, nellโ€™amore, nel rifiuto della potenza. Ecco perchรฉ il mondo rifiuta la regalitร  di Cristo, non la comprende, addirittura la considera una regalitร  da burla. Ed ecco perchรฉ gli stessi discepoli sono spesso tentati di modificare la regalitร  di Gesรน, di farla somigliante a quella del mondo, nel tentativo di renderla piรน convincente ed efficace.

Gesรน รจ quindi caricato del โ€œpatibulumโ€, il braccio trasverso della croce, lungo circa un metro e mezzo,  che in genere veniva posto sulle spalle del condannato e poi  legata al petto, alle braccia  e alle mani (cfr Gv 21,18): sul luogo dellโ€™esecuzione era giร  pronto lo โ€œstipesโ€, il tronco verticale, in genere lungo circa tre metri.

  1. il calvario (27,32-61)

Matteo, riproduce tutte le sequenze del racconto di Marco, e perciรฒ, il senso fondamentale della sua narrazione รจ il medesimo. Tuttavia, come รจ sua abitudine, rilegge e annota. Si puรฒ dire che nessuna sequenza sia priva di qualche annotazione.

A convincerci che il racconto di Matteo รจ simile a quello di Marco basta uno sguardo dโ€™insieme: Gesรน รจ nel piรน totale abbandono, รจ insultato dai passanti, i quali rilanciano contro di lui lโ€™accusa dei falsi testimoni al processo. Lo insultano gli scribi i farisei e gli anziani, e nella loro voce e in quella dei passanti, risuona la medesima voce di Satana che giร  ha parlato nel deserto (4,1-11): โ€œSe sei figlio di Dioโ€ฆโ€.

  1. a) La crocifissione (27,32-44)

Il Golgota รจ un rialzo davanti alla porta di Efraim, a circa duecento metri dalle mura, fiancheggiato da una delle strade di uscita dalla cittร . La sua punta arrotondata a forma di cranio lo faceva chiamare in ebraico โ€œGulgoletโ€, che significa โ€œcranioโ€, โ€œteschioโ€, in latino โ€œCalvariumโ€.

Il viaggio verso il Calvario รจ detto brevemente con una frase di passaggio. Anche Matteo riporta lโ€™episodio del Cireneo, ma ne tralascia i tratti non essenziali: che lโ€™uomo di Cirene era padre di Alessandro e Rufo, e che stava tornando dai campi. Conserva, perรฒ, il verbo piรน importante (โ€œlo costrinseroโ€), che pone lโ€™episodio nella giusta prospettiva: โ€œnessuno รจ in grado di abbracciare la croce di Gesรน, se non per caso, contro la propria volontร . Simone di Cirene ha dovuto realizzare solo piรน tardi il significato del suo gestoโ€ (A. Mello). Il Cireneo era un libico. Il Cireneo ha aiutato Gesรน a portare la croce. Oggi forse i cristiani sono chiamati a portare la croce che le popolazioni della Libia e dellโ€™Africa del Nord, della Cirenaica in particolare stanno portando. Simone di Cirene, il libico Simone e la sua famiglia ci ricordano il dramma di profughi e richiedenti asilo, di immigrati che sono, talora, i primi ad accorgersi della presenza del Signore povero e sofferente dentro la storia. Mentre Simone il Papa ha rinnegato tre volte Gesรน, ed รจ fuggito lontano, Simone il โ€œvuโ€™ cumprร โ€ aiuta Gesรน a portare la croce. Eโ€™ il conflitto tra istituzione e carisma. La dimensione istituzionale e quella profetica perรฒ non sono in contrasto, ma si completano a vicenda. Istituzione e profezia dovranno collaborare vicendevolmente โ€œfinchรฉ il Signore vengaโ€ (Gv 21,22).

Lโ€™episodio mette anche in luce la prostrazione di Gesรน, sfinito al punto da indurre i soldati a costringere un passante a portare la croce al suo posto.

Una volta giunti al Calvario, qualcuno offre a Gesรน vino mescolato con โ€œfieleโ€. Marco parlava di โ€œmirraโ€, Matteo di fiele: un piccolo cambiamento che rende piรน esplicito il riferimento al Salmo 69,22: โ€œHanno messo nel mio cibo veleno e quando avevo sete mi hanno dato acetoโ€. Gesรน โ€œlo assaggiรฒ, ma non ne volle bereโ€. Si trattava di una bevanda, una sorta di narcotico, che veniva pietosamente offerta ai condannati per attenuare la loro sofferenza. Eโ€™ dunque un gesto di pietร  e Gesรน lo gradisce: โ€œlo assaggiรฒโ€. Tuttavia egli vuole offrirsi al Padre e agli uomini in piena luciditร , e perciรฒ non lo beve.

In Marco la crocifissione era descritta con un solo verbo: โ€œE lo crocifisseroโ€. A Matteo basta addirittura un semplice participio passato: โ€œDopo averlo crocifissoโ€. Matteo vuole che lo sguardo sia, non per la crocifissione che non descrive, ma tutto per il Crocifisso, dove lui scorge il compimento della profezia del Salmo 22: โ€œDio mio, Dio mio perchรฉ mi hai abbandonato?โ€.

La ragione della condanna รจ espressa con particolare solennitร : โ€œQuesti รจ Gesรน, il re dei Giudeiโ€. Marco diceva piรน semplicemente โ€œIl re dei Giudeiโ€.

Per descrivere gli insulti, Matteo, come giร  Marco, utilizza tre verbi diversi, in parte sinonimi: โ€œbestemmiareโ€ (27,39), che indica oltraggio verso qualcosa di sacro; โ€œprendersi beffa di luiโ€ (27,41), e il terzo utilizzato dai ladroni โ€œlo oltraggiavanoโ€ (27,44). Tutti coloro che lo negano, riconoscono che Gesรน ha preteso una filiazione divina. I sacerdoti, dunque, senza volerlo, manifestano la profonda veritร  di Gesรน.

Gesรน รจ in croce fra due malfattori crocifissi come lui (27,38). Nella sua vita fu schernito e accusato di essere โ€œamico dei pubblicani e peccatoriโ€ (11,19), e ora muore in loro compagnia. Matteo commenta la morte di Gesรน ricorrendo ai medesimi passi veterotestamentari di Marco: i Salmi 68 e 22 e Isaia 53.

  1. b) La morte (27,45-54)

Il grido di Gesรน: โ€œDio mio, Dio mio perchรฉ mi hai abbandonato?โ€ (27,46) รจ stato interpretato da molti come un grido di disperazione, ma non รจ cosรฌ, a escluderlo basta ricordare che lโ€™intero racconto della passione ha sullo sfondo la figura del giusto sofferente, che รจ figura dellโ€™uomo abbandonato, non del disperato. Non cโ€™รจ dubbio che il grido di Gesรน sia stato una preghiera: una preghiera gridata, ma sempre una preghiera. Ma a differenza di molte preghiere veterotestamentarie, egli non invoca da Dio vendetta, nรฉ giustizia, ma la sua compagnia. Il grido di Gesรน sulla croce รจ rivolto solo a Dio e a Lui non chiede aiuto ma presenza. La preghiera di Gesรน รจ la domanda del perchรฉ della sofferenza innocente, della veritร  sconfitta, dellโ€™amore inutile. La domanda di Gesรน รจ la domanda dellโ€™uomo, condividendo questa radicale domanda dellโ€™uomo, il Figlio di Dio ha mostrato tutta la sua solidarietร  con lโ€™uomo. Per alcuni, Gesรน muore recitando il Sl 22, Salmo di disperazione e di speranza: โ€œ<<Dio mio, Dio mio, perchรฉ mi hai abbandonato? Tu sei lontano dalla mia salvezza>>: sono le parole del mio lamentoโ€.

Come nel vangelo di Marco, anche nel racconto di Matteo Gesรน muore con un alto grido: โ€œMa Gesรน, avendo di nuovo gridato con voce forte, emise lo spiritoโ€ (27,50). La sua รจ una fine tragica: โ€œGesรน, emesso un alto grido, spirรฒโ€ (Mt 27,50). Un Dio che muore urlando: ci turba quel grido di Dio! Avremmo preferito che morisse in silenzio, che fosse davvero โ€œpecora mutaโ€ (Is 53,7), e non che ci lasciasse con un urlo che attraversa la storia fino a noi: ma in quel grido Dio raccoglie tutte le grida dei milioni, dei miliardi di uomini che soffrono disperati, impotenti, sfiniti, perchรจ il grido รจ lโ€™espressione di chi non ne puรฒ piรน. Veramente Gesรน provรฒ fino in fondo la sofferenza dellโ€™uomo! E cosรฌ egli condivise davvero la nostra condizione rendendosi โ€œin tutto simile ai fratelliโ€ฆ Infatti proprio per essere stato messo alla prova ed aver sofferto personalmente, รจ in grado di venire in aiuto a quelli che subiscono la provaโ€ (Eb 2,17-18). In lui si adempรฌ โ€œciรฒ che era stato detto per mezzo del profeta Isaia: โ€œEgli ha preso le nostre infermitร  e si รจ addossato le nostre malattieโ€โ€œ (Mt 8,16, cfr  Is 53,4).

La Croce รจ la massima espressione dellโ€™amore di Dio per noi, il momento culminante del chinarsi di Dio sullโ€™umanitร  per abbracciarla e per salvarla. Purtroppo perรฒ, per noi, il Crocifisso non รจ piรน โ€œscandalo, โ€ฆ stoltezzaโ€ (1 Cor 1,23), e insieme meraviglia di fronte a cui cadere in commossa adorazione: ormai ci siamo abituati alla vista di questo simbolo sacro, che molti ormai portano al collo come un portafortuna qualsiasi, tra un cornetto e un quadrifoglio. Anche nelle nostre chiese, spesso i Crocifissi sono pie raffigurazioni su cui il nostro occhio รจ abituato a posarsi: il Gesรน che vi รจ infisso รจ magari sereno e quasi glorioso, e ci sfugge cosรฌ la comprensione del  massimo miracolo dellโ€™amore di Dio. Il Gesรน crocifisso non รจ piรน colui che โ€œnon ha apparenza nรจ bellezza per attirare i nostri sguardiโ€ฆ Disprezzato e reietto dagli uominiโ€ฆ come uno davanti al quale ci si copre la facciaโ€ (Is 53,2-3). Dovremmo saper ancora inorridire davanti al Crocifisso; il Crocifisso dovrebbe farci ancora ribrezzo, come quando vediamo le fotografie dei martirizzati con le torture piรน efferate nei lager nazisti, o nelle prigioni dellโ€™America Latina o della ex-Jugoslavia. Siamo lโ€™unica religione al mondo che ha come emblema un torturato con le piรน crudeli sevizie, con ogni macabro e folle mezzo inventato dalla cattiveria umana. Ma proprio per questo ogni uomo, anche quello che ha subito le violenze piรน terribili, che รจ colpito dal male piรน atroce, puรฒ volgere al Crocifisso lo sguardo a trovare in quel Dio che vi รจ infisso la massima comprensione, la  piรน piena solidarietร . Non vi รจ dolore che non sia compreso nelle sofferenze di Cristo, non vi รจ male che egli non abbia assunto su di sรจ: ecco perchรจ egli รจ veramente il โ€œDio con noiโ€ (Mt 1,23). Nel Venerdรฌ Santo la liturgia fa dire a Gesรน dalla croce: โ€œO voi tutti che andate per la strada, guardate e vedete se cโ€™รจ un dolore pari al mio dolore!โ€. Sul suo โ€œvolto sfigurato, disfatto, โ€ฆ sono stampate le impronte di tutte le miserie del mondo. Un volto che raccoglie la documentazione di tutte le torture che gli uomini di ogni tempo dovranno subire. Il Corpo di Cristo diventa il continente smisurato del dolore umano. Su quella croce cโ€™รจ il peso di coloro che non ne possono piรนโ€ฆ Davvero, con la croce Cristo riceve il sacramento del dolore umano. Ecco Colui che โ€œporta, sopporta, porta via la nostra angosciaโ€ (K. Barth). E riceve anche il peso dei nostri peccatiโ€ฆ (2 Cor 5,21)โ€ฆ Che parafulmine, quella croceโ€ฆ Eโ€™ pesante la croce. Perchรจ รจ pesante la croce di milioni di creature. E Cristo, che le porta tutte, diventa โ€œColui che non ce la fa piรนโ€โ€ฆ (Lc 23,26). Da quel momento chiunque puรฒ gridare โ€œnon ne posso piรน!โ€. Sa che cโ€™รจ Qualcuno che lo comprende. Perchรจ ha provatoโ€ (A. Pronzato).

Solo se ogni volta che guardiamo un Crocifisso sappiamo ancora emozionarci, provare disgusto per quellโ€™โ€œuomo dei dolori che ben conosce il patireโ€ (Is 53,3), piangere di rabbia e di tristezza, allora siamo in grado โ€œdi comprendereโ€ฆ quale sia lโ€™ampiezza, la lunghezza, lโ€™altezza e la profonditร , e conoscere lโ€™amore di Cristo che sorpassa ogni conoscenza, perchรจ siate ricolmi di tutta la pienezza di Dioโ€ (Ef 3,18-19).          

Per dire la morte, Marco ha usato il verbo โ€œspirareโ€, Matteo invece usa unโ€™espressione piรน sottile: โ€œemise (o consegnรฒ) lo spiritoโ€. Lo spirito รจ il soffio della vita che viene da Dio (Gen 2,27) e il verbo โ€œafiemiโ€ significa โ€œemettereโ€ e โ€œconsegnareโ€. Ovviamente anche la formula di Matteo dice semplicemente il morire, ma lo dice religiosamente. Lโ€™uomo riconsegna a Dio il soffio ricevuto da lui in dono. Per Giovanni 19,30 sarร  la trasmissione dello Spirito Santo.

Nel suo racconto della crocifissione Matteo ci ha giร  offerto due chiavi di lettura: la disposizione delle scene e i riferimenti alle Scritture. Al termine della narrazione ce ne offre una terza, forse piรน importante: nel cuore stesso dello scandalo si fa strada la vittoria. La luce scaturisce subito dopo che le tenebre divennero piรน fitte. Due segni testimoniano che la morte di Gesรน รจ salvezza: il velo del tempio che si lacera, e il riconoscimento della sua filiazione divina da parte dei soldati pagani.

Il segno della rottura del velo del tempio non รจ modificato rispetto a Marco, se non per il fatto che qui si trova strettamente congiunto al terremoto, che scuote la terra e spacca le rocce, e alla risurrezione dei morti. In tal modo la fine del tempio รจ davvero giunta ma si apre una prospettiva nuova.

Molto modificato il secondo segno che Matteo riprende da Marco: la confessione del centurione (27,54). Non solo il centurione, ma lโ€™intero corpo di guardia (โ€œe quelli con luiโ€) riconoscono il Figlio di Dio nel Crocifisso. In Marco il segno che ha svelato al centurione lโ€™identitร  di Gesรน รจ stata la sua stessa morte. โ€œVedendolo morire in quel modoโ€. In Matteo, invece, sono i segni che hanno seguito la morte: โ€œalla vista del terremoto e di quanto accadevaโ€. In Marco รจ stata la โ€œdebolezzaโ€ di Gesรน a svelare la โ€œpotenzaโ€ di Dio. In Matteo il rapporto รจ rovesciato: รจ la potenza di Dio che ha svelato il senso della debolezza della croce. Ma il significato alla fine รจ lo stesso. La debolezza della croce nasconde il grande evento della salvezza.

Il terremoto  e la risurrezione sono nella letteratura profetica e apocalittica due segni classici che indicano lโ€™avvento di un mondo nuovo. Forse Matteo inserisce qui un antico inno liturgico che i giudeo-cristiani cantavano celebrando la Pasqua. โ€œNon si tratta di un racconto quanto di un annuncio teologico o meglio cristologicoโ€ (O. Da Spinetoli). La croce รจ il grande evento che tutto rinnova e capovolge: questo รจ il messaggio che Matteo, ricorrendo a immagini bibliche che i suoi lettori erano in grado di decifrare, vuole comunicarci. Non soltanto crolla la barriera sacra (โ€œil velo del tempioโ€) che separava i vicini a Dio dai lontani, ma nasce una nuova umanitร  (le tombe che si aprono e i morti che risorgono). Tutto dice che la croce รจ lโ€™istante in cui crolla il mondo vecchio per far posto a un mondo nuovo. Le reminiscenze bibliche sono diverse, ma puรฒ bastarci la grande visione di Ez 37,11-14: โ€œAprirรฒ i vostri sepolcriโ€ฆ E riconoscerete che io sono il Signore, quando aprirรฒ le vostre tombe e vi farรฒ uscire dai sepolcriโ€. Questo รจ proprio ciรฒ che avviene ai piedi della croce: si aprono i sepolcri, risorgono i morti e il Signore รจ riconosciuto. La differenza รจ che il Signore, che qui รจ riconosciuto, รจ Gesรน, il Crocifisso. La croce รจ il momento della nascita del nuovo mondo, lโ€™istante in cui il mondo nuovo si affaccia. La resurrezione di โ€œmolti corpi di santiโ€ avviene โ€œdopo la sua resurrezioneโ€ (Mt 27,52-53). La risurrezione non รจ solo quella di Gesรน, ma anche la nostra. In quella di Gesรน รจ racchiusa la risurrezione finale, nella quale sono coinvolti gli uomini e il mondo.

  1. c) La sepoltura (27,55-61)

Sotto la croce, secondo Matteo, stavano โ€œmolte donne; tra costoro Maria di Mร gdala, Maria madre di Giacomo e di Giuseppe, e la madre dei figli di Zebedรจoโ€ (Mt 27,55-56).

Secondo Marco โ€œcโ€™erano anche alcune donne, che stavano ad osservare da lontano, tra le quali Maria di Mร gdala, Maria madre di Giacomo il minore e di Ioses, e Salomeโ€ (Mc 15,40).

Secondo Giovanni, โ€œstavano presso la croce di Gesรน sua madre, la sorella di sua madre, Maria di Clรจofa e Maria di Mร gdalaโ€ (Gv 18,25).

Luca parla genericamente delle โ€œdonne che lo avevano seguito fin dalla Galileaโ€ (Lc 23,49).

Nel Vangelo di Giovanni (19,25), Maria sposa di Cleofa รจ sorella della Madre di Gesรน ed รจ lโ€™altra Maria del Vangelo di Matteo che con Maria di Magdala andรฒ al sepolcro del Signore la mattina di Pasqua (28,1). Cleofa, Cleofe (in greco โ€œdal volto gloriosoโ€) รจ il nome del marito della Maria detta appunto di Cleofa, padre di Giacomo il Minore (chiamato cosรฌ per distinguerlo dal figlio di Zebedeo Mt 10,3; Mar 3,18; Lu 6,15; At 1,13), di un Giuda, di un Giuseppe e di un Simone e, per lo storico palestinese Egesippo, fratello di San Giuseppe. In questo passo i โ€œfratelliโ€ Giacomo e Ioses di Mc 6,2-5 sono figli di una Maria, perรฒ non la madre di Gesรน, ma sua sorella, e quindi sono suoi cugini. Dalla tradizione Cleofa รจ considerato uno dei due discepoli dellโ€™episodio di Emmaus riferito da Luca (24,18) a cui Cristo risorto apparve la sera di Pasqua e spezzรฒ le Scritture lungo la via. Per Eusebio e Girolamo, Cleofa era appunto nativo di Emmaus ove, per antica tradizione fu trucidato da intolleranti della sua fede nel Messia risorto. Girolamo certifica che nel IV secolo la casa di Cleofa era stata trasformata in chiesa.

Secondo la Bibbia di Gerusalemme, la frase โ€œla sorella di sua madreโ€ potrebbe riferirsi a Salomรจ, madre dei figli di Zebedeo, non citata, oppure a Maria di Cleofa. Allora forse Maria di Cleofa รจ la madre di Giacomo e di Giuseppe (o Ioses); la madre dei figli di Zebedeo รจ da identificarsi con Salome (Mc 15,40-41; cfr Mt 27,56); taluni, confrontando il capitolo ventisette del Vangelo di Matteo (Mt 27,56) con il brano parallelo proprio di Giovanni (Gv 19,25), hanno ravvisato in Salome la sorella di Maria, madre di Gesรน: in tal caso, sarebbe la zia di Gesรน, e Giovanni e Giacomo cugini, da parte materna, del Signoreโ€ฆ

Quindi sotto la croce troviamo le tre Marie: Maria la madre di Gesรน, Maria di Magdala, Maria di Cleofa, madre di Giacomo e di Giuseppe (o Ioses); inoltre Salome di Zebedeo, che forse era sorella della Madonna.

Il corpo di Cristo viene deposto nella tomba di un discepolo benestante, Giuseppe dโ€™Arimatea. Testimoni della sepoltura sono non solo Giuseppe dโ€™Arimatea e le donne, ma anche il presidio dei soldati, posti a custodia della tomba su richiesta giudaica. La โ€œParasceveโ€ รจ il giorno che precede o โ€œpreparaโ€ il sabato.

  1. d) Le guardie al sepolcro (27,62-66 e 28,11-15)

Il racconto รจ essenzialmente apologetico. Di fronte agli ebrei che tacciano Gesรน di essere un โ€œplร nosโ€, un โ€œseduttoreโ€, un โ€œimpostoreโ€ messianico, la Chiesa controbatte accusando la leadership ebraica di essere corrotta, di comprare false testimonianze con denaro.

Carlo Miglietta


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