Il commento alle letture di domenica 5 Aprile 2020 a cura di Carlo Miglietta, biblista; il suo sito รจ โBuona Bibbia a tuttiโ.
LA PASSIONE E MORTE DI GESUโ SECONDO MATTEO (26-27)
Gli studiosi della Bibbia sono generalmente dโaccordo nellโaffermare che questa parte della tradizione evangelica fu la prima in ordine di tempo ad acquistare una struttura fissa. Nessuna parte della vita di Gesรน รจ redatta con uguale abbondanza di dettagli e con uguale concordanza delle fonti. Lo spazio assegnato al racconto della passione in Marco in rapporto al resto del suo Vangelo รจ indice del ruolo importante che questa narrazione ebbe nella Chiesa apostolica; la sproporzione รจ notevole pure in Matteo, anche se minore. La predicazione primitiva di Gesรน era incentrata sul racconto della morte e della risurrezione. Questo fu il grande atto salvifico di Dio e il punto culminante dellโazione salvifica nella storia della salvezza. Paolo disse che egli predicava Cristo e questi crocifisso (1 Cor 2,2).
Mentre nelle โVite degli Eroiโ in auge nellโantichitร si raccontavano con dovizia i successi e i prodigi dei grandi personaggi, e fugacemente si accennava alla loro fine, i primi Cristiani dedicano la maggior parte dei Vangeli a raccontare il tragico trapasso del loro Maestro e Signore, la sua passione, morte e resurrezione. Fu questo un tema che turbรฒ profondamente la prima comunitร : era inconcepibile che un Dio potesse soffrire e morire. Eโ interessante notare che quando Gesรน aveva preannunciato che โil Figlio dellโuomo doveva molto soffrire, ed essere riprovatoโฆ., poi venire ucciso e ,dopo tre giorni, risuscitareโฆ, Pietro lo prese in disparte, e si mise a rimproverarloโ (Mc 8,31-32)!!! Lโattesa di Israele era di un Messia che portasse libertร , salvezza, pace e felicitร attraverso una manifestazione di gloria e di potenza. I sommi sacerdoti e gli scribi, ai piedi della croce, diranno proprio a Gesรน: โHa salvato altri, non puรฒ salvare se stesso! Il Cristo, il re dโIsraele, scenda ora dalla croce, perchรจ vediamo e crediamoโ (Mc 15,31-32). E le prime eresie contestarono proprio che il Figlio di Dio avesse potuto soffrire e morire. Inoltre i primi credenti furono sconvolti dal vedere non solo la morte di Dio, ma che Dio moriva in una maniera tragica, โannoverato fra i malfattoriโ (Lc 22,37, cfr Is 53,12; Gv 18,30).
Il racconto della passione in Matteo contiene alcuni ampliamenti suoi propri. Alcuni di questi sono leggendari, altri sono il frutto di unโinterpretazione di testi di โcompimentoโ delle Scritture dellโA. T. simile a quella notata frequentemente nei racconti dellโinfanzia, e con meno frequenza in altre parti del Vangelo.
Il racconto della passione non รจ un resoconto delle parole di Gesรน, benchรฉ Gesรน parli piรน frequentemente in Matteo che in Marco, ma di fatti che contengono delle rivelazioni. Potrebbe sembrate strano a noi, ma in effetti i Vangeli non contengono alcuna esposizione teologica della passione, nรฉ attraverso le parole di Gesรน nรฉ utilizzando le parole degli altri. Ciรฒ fu demandato allโinsegnamento apostolico, il che risulta chiaramente dalle lettere di Paolo.
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PECULIARITAโ DEL RACCONTO DI MATTEO
Matteo dipende da Marco, ma ha sette interpolazioni proprie:
- a) la parola al discepolo che ha colpito di spada: 26,52-54
- b) la morte di Giuda: 27,3-10
- c) il sogno della moglie di Pilato: 27,19
- d) Pilato che si lava le mani: 27,24-25
- e) lโapertura dei sepolcri: 27,51-53
- f) le guardie alla tomba: 27,62-66
- g) le guardie prezzolate: 28,11-15
Caratteristiche teologiche della Passione secondo Matteo:
- a) La Passione รจ il compimento di tutte le Scritture
- b) Gesรน domina la scena: in piรน di venti casi Matteo nomina esplicitamente Gesรน, mentre in Marco รจ solo implicito; Gesรน sa tutto in anticipo (โgnรฒusโ: 26,10); ha titoli di regalitร : Signore (22,26), Messia (26,68; 27,17.22), Figlio di Dio (27,40.43).
- c) La responsabilitร degli Ebrei nella morte di Gesรน, sottolineata da tre interpolazioni a lui proprie: Pilato che si lava le mani (27,24-25), le guardie alla tomba (27,62-66), le guardie prezzolate (28,11-15).
- d) Passione e resurrezione sono eventi apocalittici: lโapertura dei sepolcri (27,51-53).
La sezione si divide in sei parti, ciascuna delle quali composta da tre unitร :
- Preparativi di morte (26,1-16)
- La cena pasquale (26,17-29)
- Al Getsemani (26,30-56)
- Il processo giudaico (26,57-27,10)
- Il processo romano (27,11-31)
- Il Calvario (27,32-61)
I Vangeli sinottici premettono al racconto vero e proprio della passione unโampia introduzione che assolve un compito molto importante: creare cioรจ la cornice in cui leggere la passione e offrire inoltre la chiave per comprenderla in profonditร . Gli episodi che formano questa introduzione sono il complotto dellโautoritร , lโunzione a Betania, il tradimento di Giuda, lโistituzione dellโEucarestia, la predizione dellโabbandono dei discepoli. Questi episodi introduttivi sono percorsi da una specie di contrasto carico di significato: da una parte il complotto, il tradimento e lโabbandono di Pietro e dei discepoli, dallโaltra la volontร di Gesรน di donarsi per gli uomini.
- a) Il complotto (26,1-3)
Nel racconto del complotto Matteo (26,1-5) ampia Marco (14,1-2) in misura notevole. Matteo aggancia immediatamente questo brano al discorso precedente (โTerminati tutti questi discorsiโ). La predizione di Gesรน (26,2: โVoi sapete che fra due giorni รจ Pasqua e che il Figlio dellโuomo sarร consegnato per essere crocifissoโ), propria di Matteo, รจ unโintroduzione solenne al racconto ed รจ controbilanciata dalla decisione delle autoritร giudaiche: egli sa ciรฒ che stanno tramando ed รจ padrone della situazione. I fautori del complotto sono Caifa, qui nominato solo da Matteo, i sommi sacerdoti e gli anziani del popolo (in Marco โi grandi sacerdoti e gli scribiโ).
Dio non volle la morte del Figlio, ma questa fece parte del suo essere uomo fino in fondo, come gli altri, assumendo su di sรฉ anche lโespressione massima del limite umano, la morte stessa. โNon solo la sua morte fu sacrificio, ma tutta la sua vita, perchรจ fu donataโฆ Egli sarebbe stato sacrificato anche se non fosse stato immolato o se non fosse stato versato il suo sangue. Il sacrificio non consiste in questo, bensรฌ nella donazione totale della vita e della morte. Questa donazione puรฒ assumere, storicamente, lโaspetto della morte violenta con spargimento di sangue. Ma non รจ il sangue in sรฉ, nรฉ la morte in sรฉ che costituiscono il sacrificio. Essi sono segni figurativi del sacrificio interiore come progetto di vita di totale disponibilitร a Dio a di donazione illimitata al disegno del misteroโ (L. Boff). Occorre allora โdecodificare il linguaggio per evitare di passare dalla teologia dellโespiazione a quella <<bestemmia>> che รจ la teologia della soddisfazioneโ; รจ โscandalosa la teologia della <<soddisfazione>> perchรฉ, invece, nel Figlio il Padre ha sofferto lโimmolazione. Si รจ immolato attraverso il Figlioโ (E. Bianchi).
Storicamente lโincarnazione ha avuto il suo culmine nella crocifissione: ma ciรฒ non per volere divino, ma perchรจ il divino, entrando nellโumano, si scontrรฒ contro la nostra dimensione di peccato. La croce โรจ la materializzazione dellโodio, della violenza e del delitto umaniโฆ (Gesรน) non cercรฒ la croce per la croceโฆ Predicรฒ e visse lโamoreโฆ La croce fu conseguenza di un annuncio che metteva in questione e di una prassi che liberavaโ (L. Boff).
Il racconto dellโunzione figura in tutti e quattro i vangeli. Luca lo colloca nel primo periodo del ministero di Gesรน (Lc 7,36-50), non fa il nome dellโospitante e identifica la donna con una peccatrice. Giovanni lo situa prima della passione (Gv 12,1-18), ma lo descrive come accaduto nella casa di Marta e Maria a Betania, e identifica la donna come Maria. Matteo segue Marco, lโospitante รจ Simone il lebbroso e la donna non รจ nรฉ nominata nรฉ identificata come una peccatrice.
Gesรน gradisce il gesto, nello spirito in cui fu inteso, anche se egli era contrario al lusso (Matteo nota che il profumo era molto costoso), ed egli giustifica questโatto di prodigalitร con unโallusione alla sua morte e sepoltura imminenti, ed รจ per questo che lโaccetta. Per questo le donne andranno al sepolcro โper vedere la tombaโ, e non โper ungerloโ come in Marco.
- c) Il tradimento di Giuda (26,14-16)
Frattanto si consuma il tradimento. Soltanto Matteo precisa la somma che Giuda riceve (โtrenta monete dโargentoโ, il prezzo di uno schiavo secondo Es 21,32) per la consegna di Gesรน. Le ragioni del tradimento non sono ricordate: motivi ideologici (una diversa concezione del messianismo) o pragmatici (aspirazioni frustrate allโinterno del gruppo apostolico). In Giovanni si parla di invasione diabolica (Gv 13,17), ma รจ una rilettura teologica.
- la cena pasquale (26,17-29)
- a) La preparazione (26,17-19)
I Sinottici pongono lโultima cena tra il 14 e il 15 di Nisan (Mc 14,12; Mt 26,17; Lc 22,7) e la crocifissione venerdรฌ 15 Nisan, primo giorno della Pasqua che durava dal venerdรฌ 15 al 21 Nisan.
Per Giovanni, Gesรน muore il 14 di Nisan, il giorno di una grande Parasceve, cioรจ la vigilia di un sabato speciale, perchรฉ quellโanno il primo giorno di Pasqua cadeva di sabato: ed รจ crocifisso nellโora in cui al Tempio si immolavano gli agnelli che sarebbero stati consumati nella cena pasquale (Gv 19,14). Alcuni pensano che sia solo un simbolismo per significare che Gesรน รจ il vero Agnello immolato; altri affermano che รจ inverosimile che Gesรน sia stato giustiziato in un giorno di festa, addirittura nel primo giorno di Pasqua, anche se cโรจ chi ricorda che per delitti gravissimi lโesecuzione poteva avvenire anche in giorno festivo (Dt 17,12; 21,21). Molti comunque ritengono improbabile che Gesรน, nel corso di una sola notte, abbia subito la cattura nel Getsemani, sia stato processato al Sinedrio, abbia avuto un primo processo da Pilato, sia quindi stato portato da Erode, abbia subito un secondo processo da Pilato, sia stato flagellato e schernito prima di salire al Calvario (Lc 22,47-23,46). Inoltre era proibito giudicare un imputato di notte, e tra la condanna e lโesecuzione dovevano intercorrere almeno ventiquattrโore. Ancora, Giovanni nota che โquelli che lo avevano condotto non entrarono nel pretorio per non contaminarsi e poter mangiare la Pasquaโ (Gv 18,28); cosรฌ Gesรน รจ deposto in gran fretta dalla croce โper evitare che i corpi restassero sulla croce durante il sabato: era infatti un gran giorno quel sabato!โ (Gv 19,31.42), perchรฉ era quellโanno il giorno di Pasqua. Per questi motivi molti ritengono Giovanni cronologicamente piรน attendibile, e negano allโultima cena di Gesรน il carattere di cena pasquale.
Annie Jaubert (A. Jaubert, La date de la Cรจne, Gabalda, 1957) propone una tesi che concilia Giovanni con i Sinottici. Gesรน e i suoi avrebbero seguito il calendario in uso a Qumram e presso gli esseni; questo calendario non poneva la Pasqua come festa che poteva cadere in qualunque giorno della settimana (come รจ, ad esempio, per noi, il Natale), ma la faceva ricorrere sempre nello stesso giorno: come da noi la Pasqua cade sempre di domenica, cosรฌ per loro la cena pasquale era sempre di martedรฌ e la Pasqua sempre di mercoledรฌ. Gesรน avrebbe quindi celebrato la cena pasquale di martedรฌ e sarebbe poi morto di venerdรฌ, cioรจ la vigilia della Pasqua secondo invece il calendario ufficiale del tempio di Gerusalemme. Tale ricostruzione รจ attestata dalla Didascalia (cap. XI), opera del III secolo, da alcuni Padri della Chiesa, e dallโuso cristiano, certificato dalla Didachรจ, forse giร del I secolo, di digiunare il mercoledรฌ e il sabato. Inoltre quando, in Marco, Gesรน indice i preparativi per la Pasqua, invita i suoi a recarsi da โun uomo con una brocca dโacquaโ (Mc 14,12-16): per gli ebrei attingere lโacqua era compito delle donne o degli schiavi, mentre tra gli esseni anche gli uomini attingevano lโacqua. Dโaltra parte, non tutti sono dโaccordo nel giudicare il Cristo vicino al movimento esseno, nonostante anche lui riceva il battesimo di Giovanni, che battezzava nei pressi della comunitร di Qumram, forse essena, e sebbene Gesรน nel suo Vangelo rifletta molte particolaritร teologiche dei qumraniti.
- b) La rivelazione del traditore (26,20-25)
Per quattro volte Gesรน parla del tradimento, ma il centro della scena รจ rappresentato dalle parole che Cristo pronunzia sul pane azzimo e sulla coppa di vino, che facevano parte del rituale della cena ebraica. La Pasqua รจ la piรน solenne festa ebraica e viene celebrata con un preciso rituale che rievoca le meraviglie compiute da Dio nella liberazione dalla schiavitรน egiziana (Esodo 12). La sua celebrazione si protrae dal 14 al 21 del mese di Nisan (marzo-aprile), in essa si consumava lโagnello, precedentemente sgozzato nel tempio. La Pasqua รจ anche detta โfesta degli Azzimiโ, perchรฉ รจ permesso mangiare solo pane senza lievito (in greco โazjmosโ).
- c) Lโistituzione dellโEucarestia (26,26-29)
La versione di Matteo non รจ che lโampliamento di quella di Marco. Matteo cita subito il nome di Gesรน (Mt 26,26) per ribadirne la centralitร ; aggiunge a โprendeteโ anche โmangiateโ (Mt 26,26) e solo lui ricorda il โbeveteneโ per rimarcare il coinvolgimento obbligatorio degli astanti; per sottolineare, per i suoi uditori ebrei, lโaspetto espiatorio della morte del Signore, sostituisce nel โper moltiโ (Mt 26,28) lโโhyperโ di Marco (Mc 14,24) con la preposizione โperiโ che ricorre nel carme del Servo sofferente di Isaia 53,4.10, e aggiunge che il sangue di Cristo รจ sparso โin remissione dei peccatiโ (Mt 26,28).
Per capire i testi neotestamentari di istituzione dellโEucarestia bisogna avere ben presente quel genere letterario, cosรฌ frequentemente adoperato nei libri profetici, che รจ il โmimoโ. Nel linguaggio dei profeti, infatti, un posto particolarissimo occupano le azioni simboliche: sono piรน di trenta, e precedono o accompagnano le esposizioni orali. Talora sono vere pantomime, piccole โscenetteโ, brevi โspot pubblicitariโ che devono servire a imprimere bene, nella mente degli astanti, un determinato concetto o una particolare rivelazione. Quando Gesรน istituisce lโEucarestia, opera anzitutto un mimo profetico. Quanto compie nellโultima cena รจ โlโultima parabola di Gesรนโ (J. Jeremias). Porgendo il pane, dice: โQuesto รจ il mio corpo dato per voiโ; offrendo il calice: โQuesto รจ il mio sangue, versato per voiโ (Lc 22,19-20): il primo significato di questa azione รจ che egli si รจ donato totalmente agli uomini, che la sua vita รจ stata oblazione piena per la vita dei fratelli, che si รจ interamente consumato per essi, e che egli รจ diventato, offrendosi per loro come il pane e il vino, il loro sostegno e la loro sopravvivenza. โDavanti ai suoi discepoli Gesรน fa un mimo della sua morte, rappresentandola davanti a loro; รจ lโatteggiamento di un profeta e di un martire che porta la missione fino al suo compimentoโ (A. Marchadour).
La volontarietร del dono: Due sono le sottolineature che Gesรน vuole dare al suo gesto. La prima รจ lโassoluta volontarietร del suo donarsi: il suo farsi uomo fino alla morte non รจ dato dallโineluttabilitร del caso, ma รจ sua libera scelta dโamore (Gv 10,18). Gesรน accetta quindi volontariamente fino in fondo la sua condivisione con lโuomo: non si tira indietro, non fugge. Deliberatamente si offre. โPer questo nellโUltima Cena <<se dat suis manibus>>: la sua Passione sarร il Corpo dato e il Sangue versato da luiโ (A. Bozzolo).
La totalitร del dono: Il secondo aspetto del mimo profetico รจ lโassoluta totalitร del suo donarsi: Cristo, โavendo amato i suoi che erano nel mondo, li amรฒ fino alla fineโ (Gv 13,1), fino al supremo compimento dellโamore, che รจ dare la vita per coloro che si amano (cfr Gv 15,13): il pane mangiato e il vino bevuto sono il segno di questo โconsumarsiโ per i suoi, farsi tutto per essi.
Il comando di imitare Gesรน: Due comandi accompagnano lโazione profetica: il primo รจ: โPrendete, mangiateโฆ; beveteโ (Mc 14,22; Mt 26,26.28): i discepoli non sono solo oggetto passivo di questa autodonazione del Cristo, ma sono invitati a prenderne parte attiva, a partecipare al suo amore, ad accettare la sua vita come dono, a riempirsi consapevolmente e responsabilmente di lui. Da questo nasce il secondo comando: โFate questo in memoria di meโ (Lc 22,19; 1 Cor 11,24): Gesรน ordina che anche i suoi discepoli si facciano pane e bevanda per gli altri, divengano cibo per tutti, si lascino โmangiareโ dai fratelli.
Lโimportanza del mimo eucaristico: Nella lettura biblica del mimo il primo significato รจ quindi lโinvito al dono totale agli altri, sullโesempio del Maestro. Gli altri significati (la presenza reale di Cristo, il sacrificio della Nuova Alleanza, un segno escatologicoโฆ), ci sono certamente, ma sono a questo secondari e da questo traggono luce e comprensione.
Forse proprio giร in risposta a stravolgimenti della comprensione eucaristica nella prima Chiesa, Giovanni non menziona nel suo Vangelo, a differenza dei sinottici, lโistituzione dellโEucarestia โprima della festa di Pasquaโ (Gv 13,1), ma, al suo posto, pone la descrizione della lavanda dei piedi. Tale sostituzione non รจ casuale: Giovanni non trascura certamente lโimportanza dellโEucarestia, cui ampio spazio dedica in altra parte del suo Vangelo (Gv 6): egli vuole insegnare che la migliore comprensione dellโEucarestia รจ il racconto di Gesรน che si mette a lavare i piedi ai discepoli! Bisogna quindi avere il coraggio di leggere il gesto della lavanda dei piedi in sinossi con i racconti dellโ Eucaristia, perchรฉ proprio volutamente Giovanni lo pone al posto dellโistituzione eucaristica.
Con la lavanda dei piedi Gesรน compie un altro mimo profetico, per prefigurare la sua Passione (Gv 13,1-11) e dare esempio di umile abnegazione (Gv 13,12-20). Egli โdepose le vestiโ (Gv 13,4): il vestito, nella Bibbia, รจ simbolo della dignitร umana, della vita stessa (Gen 3,10-11.21; Gv 19,23; Ap 7,9.13โฆ); il Signore รจ veramente il servo, che scende allโultimo posto, morendo per amore nostro (Ef 5,25; Gal 2,20; Rm 5,8; Ef 3,18-19). โLโEucarestia รจ il sacramento della caritร e del servizio, รจ il sacramento di Cristo-servoโ (J. Dupont).
Nellโepisodio della lavanda dei piedi cโรจ quindi il senso piรน profondo dellโEucarestia. Eโ significativo in tal senso che nonostante lโesplicito comando del Signore: โSe dunque io, il Signore e il Maestro, ho lavato i vostri piedi, anche voi dovete lavarvi i piedi gli uni gli altri. Vi ho dato infatti lโesempio, perchรฉ come ho fatto io, facciate anche voiโฆ Sapendo queste cose, sarete beati se le metterete in praticaโ (Gv 13,14-17), la Chiesa non abbia stabilito un apposito โsacramento della lavanda dei piediโ, cosรฌ come dopo il โFate questo in memoria di meโ ha invece istituito lโEucarestia. Questo racconto giovanneo non รจ stato colto come lโโistituzione della lavanda dei piediโ. La lavanda dei piedi non รจ qualcosa di altro rispetto allโEucarestia: ne รจ lโunica esegesi.
Come gli israeliti dovevano ricordare il significato di quel pasto singolare circondato di solennitร , cosรฌ Gesรน spiega il senso della nuova cena pasquale, nella quale si distinguono i punti seguenti:
- a) Gesรน rende partecipi del suo destino i suoi discepoli: โIo vi dico: non berrรฒ piรน di questo frutto della vite fino al giorno in cui lo berrรฒ con voi, nuovo, nel regno di mio Padreโ (v. 29).
- b) Il sangue di Gesรน รจ sparso โin remissione dei peccatiโ. Solo Matteo sottolinea questo carattere sacrificale della cena pasquale. Il sacrificio era dono della vita per unโaltra vita: cosรฌ si afferma il potere sostitutivo del sacrificio di Gesรน, come anche il suo valore espiatorio.Cristo muore in croce al posto nostro e il suo sacrificio in croce era diretto a ottenere la liberazione e la purificazione delle nostre colpe.
- c) La cena inaugura la nuova Alleanza. Per questo รจ detta โsangue dellโAlleanzaโ. Quello che si attendeva per il futuro: un nuovo ordine di cose nel quale Dio mettesse la sua legge nel cuore e perdonasse i peccati, รจ giunto con questa cena pasquale.
- d) Lโultimo punto รจ messo piรน chiaramente in evidenza con la contrapposizione intenzionale fra lโantica (Es 24,8; Zc 9,11) e la nuova A Le due Alleanze furono sigillate col sangue. La prima col sangue di animali, la nuova col sangue di Gesรน. Cristo in persona รจ la nuova alleanza, come era stato annunziato del servo di IHWH (Is 42,6; 49, 7-8). Egli รจ dunque il servo di IWHW. Il sangue รจ sparso per molti. Eโ un semitismo che equivale a tutti.
Il โcorpoโ e il โsangueโ: Innanzitutto notiamo che โcorpoโ (โsomaโ) e โsangueโ (โhaimaโ) non costituiscono una coppia di concetti frequentemente citatata come tale: in genere si parla di โcarneโ (โsarxโ) e โsangueโ. Probabilmente qui non si vuole dare indicazioni di natura antropologica. Lโequivalente ebraico di โsomaโ รจ โguphร โ, nel senso dellโโioโ, del โsoggettoโ; oppure corrisponde a โbasarโ, la persona umana, lโuomo nella sua fragilitร e debolezza; mentre il termine โsangueโ indica, secondo lโuso veterotestamentario e giudaico, la morte, specie se violenta (Gen 4,10; 9,6โฆ). โDi conseguenza la coppia non รจ piรน <<il mio corpo / il mio sangue>> nel senso per noi ovvio dei termini, ma <<la mia persona / lโalleanza (di Dio) nel mio sangue versato>>โ (X. Lรฉon-Dufour). La forma originaria delle parole di interpretazione non si collega quindi alla terminologia sacrificale, ma a un mimo di donazione.
Il calice: Il calice รจ segno, nel linguaggio biblico, della vita stessa dellโuomo, del destino che Dio gli prepara, o meglio, che lโuomo stesso si procura obbedendo allโAltissimo o allontanandosi da lui (Sl 23,5; 116,13โฆ). Gesรน intende il calice come il progetto del Padre su di lui, la sua vita voluta come dono totale. A Giacomo e Giovanni che chiedono i primi posti nel Regno, Gesรน dice: โPotete bere il calice che io sto per bere?โ (Mt 20,22-23). Nel Getsemani Gesรน prega: โPadre mio, se possibile, passi da me questo caliceโ (Mt 26,39.42); e a Pietro dice: โNon devo forse bere il calice che il Padre mi ha dato?โ (Gv 18,11). Lโofferta del calice nellโultima cena depone anchโessa per lโaspetto dinamico del gesto eucaristico: si noti che in quella che รจ considerata la โformula di consacrazioneโ si parla sempre di calice e non di vino (Mc 14,23-24; Mt 26,27-28; Lc 22,20; 1 Cor 11,25). Il calice รจ la vita di Gesรน regalata ai discepoli e a tutti gli uomini: e tutti a loro volta sono chiamati a fare della propria esistenza un dono gratuito per gli altri.
โPer le moltitudiniโ: Il termine greco โpolloรฌโ (Mt 26,28; Mc 14,24) corrisponde allโebraico โrabbimโ, che significa non giร โun gran numeroโ, ma โla moltitudineโ nel suo insieme (Is 53,12; 52,14.15). E Luca e Paolo semplicemente quindi parlano di corpo dato e di sangue versato โper voiโ (Lc 22,19-20: 1 Cor 11,24). Giustamente la formula liturgica di consacrazione diverrร : โQuesto รจ il mio corpo offerto in sacrificio per voiโฆ Questo รจ il calice del mio sangue per la nuova ed eterna Alleanza, versato per voi e per tutti in remissione dei peccatiโ.
- Al Getsemani (26,30-56)
- a) Predizione del rinnegamento dei discepoli (26,30-35)
- b) La preghiera (26,36-46)
Questo episodio รจ di grande importanza per capire la passione che segue. Mentre la Trasfigurazione (17, 1-9) rivelava, in anticipo, la gloria del Figlio dellโuomo pur incamminato verso la croce, qui viene rivelata la profonda umanitร del Cristo, la sua โdebolezzaโ. Il racconto ci manifesta anche la reazione intima di Gesรน di fronte agli avvenimenti dolorosi che incombono: รจ la passione interiore del Maestro. I racconti che seguono (processo, condanna, insulti, crocifissione) sono la superficie della passione, i fatti, la cronaca. Qui, invece, viene svelata la reazione intima di Gesรน, nei racconti, che cosa gli uomini fecero a Gesรน, nel Getsemani come egli reagรฌ nel proprio animo. Infine cโรจ un terzo aspetto, non piรน cristologico come i primi due, ma ecclesiale: riflette la lezione di vita che la comunitร cristiana ricava dalla meditazione del Getsรจmani. Come il Cristo, mediante la preghiera al Padre, superรฒ vittoriosamente il momento decisivo della prova, cosรฌ il discepolo deve fare altrettanto.
Questi aspetti sono tipici di Matteo, ma comuni anche a Marco (Mc 14,32-42). Tre sono le caratteristiche di Matteo: ha sostituito qualche vocabolo migliorando la struttura delle frasi; presenta Gesรน meno disorientato di come appare in Mc: attenua il turbamento di Gesรน, lo presenta addolorato e triste, ma non pervaso da โpaura e disorientamentoโ come in Marco; aggiunge una preghiera in cui Gesรน si sottomette alla volontร del Padre: โSe questo calice non puรฒ passare senza che io lo beva, sia fatta la tua volontร โ (Mt 26,42).
Lโevangelista Marco racconta i fatti nella loro cruda realtร , senza commento. Matteo segue lo schema di Marco, punto per punto, perรฒ lo interpreta e lo commenta, mediante parole poste in bocca a Gesรน. Con una parola, Gesรน mette in risalto il tradimento di Giuda: โAmico, per questo sei qui?โ (26,50). Eโ forse unโallusione al Salmo 55, la preghiera di un uomo tradito dagli amici piรน cari che solo confida nellโamicizia di Dio: โSe mi avesse insultato un nemico, lโavrei sopportato, se fosse insorto contro di me un avversario, da lui mi sarei nascosto. Ma sei tu, mio compagno, mio amico e confidente, ci legava una dolce amicizia, insieme camminavamo gioiosi verso la casa del Signoreโ.
Gesรน parla al discepolo che ha sfoderato la spada (Mt 26, 52-54) rimproverandolo e spiegandogli la via che il Messia deve percorrere in obbedienza alle Scritture. Gesรน rifiuta la tentazione zelota che invitava alla violenza: quella di Gesรน รจ la via della croce non della forza. E se Gesรน si lascia arrestare รจ solo per libera decisione, non per impotenza, ma per obbedire al piano divino di salvezza. Gesรน vive fino in fondo la debolezza dellโamore perchรฉ รจ in esso si svela la forza di Dio.
La sezione che va dalla cena allโarresto va letta come un unico blocco, ma con due tematiche che si intrecciano continuamente: il tradimento da una parte e il dono di Gesรน dallโaltra.
- il processo giudaico (26,57-27,10)
I Vangeli non hanno lโintenzione di riferirci tutti i fatti, nรฉ lโordine esatto in cui si sono svolti. Hanno scelto quei fatti che, alla luce della Risurrezione e dello Spirito, furono compresi come piรน importanti. E nel raccontarli hanno scelto non un ordine cronologico ma kerigmatico (un annuncio), atto a condurre alla fede. Cosรฌ non รจ facile ordinare gli eventi del Getsemani, dellโarresto, del processo giudaico e romano, e metterli in sintonia con la giurisprudenza giudaica del tempo. E neppure รจ molto facile concordare fra loro i quattro racconti evangelici. Eโ necessario distinguere la sostanza dei fatti e il modo con cui sono stati raccontati: i Vangeli sono un intreccio di storia e di fede, di racconto e di interpretazione teologica. Non รจ corretto, constatando la presenza di unโinterpretazione teologica, negarne la sostanziale storicitร : sono fatti interpretati ma fatti.
- a) Gesรน davanti a Caifa (26,57-68)
Appena arrestato, Gesรน รจ condotto nel palazzo di Caifa, sommo sacerdote, presso il quale si erano giร radunati alcuni membri del Sinedrio, non tutti, ma certo i piรน influenti (26,57). Non si tratta di un vero e proprio processo, ma piuttosto di unโistruttoria preliminare e informale. Il diritto giudaico proibiva i dibattiti processuali durante la notte. Il vero processo si tenne al mattino, come anche Matteo ha cura di ricordare (โVenuta la mattina, tutti i capi dei sacerdoti e gli anziani tennero consiglio contro Gesรน per farlo morireโ: 27,1).
Lโevangelista Matteo segue in tutto il racconto di Marco, eccetto piccole modifiche: precisa che il Sommo Sacerdote era Caifa, che Pietro entrรฒ nel cortile e si fermรฒ a scaldarsi โper vedere come sarebbero andate a finire le coseโ. Matteo ci dice anche, brutalmente, che il Sinedrio cercava una โfalsa testimonianzaโ. Per Matteo il processo fu una caricatura, un consapevole oltraggio alla veritร . A riguardo, infine, della solenne proclamazione di Gesรน, lโevangelista aggiunge: โDโora innanzi vedrete il figlio dellโuomoโ. Per Matteo la gloria di Gesรน e il suo giudizio non sono rimandati a un lontano futuro.
Fin dallโinizio, dunque, ci viene detto che il processo รจ condotto in modo insincero: non รจ soltanto unโannotazione storica, ma un avvertimento. I capi dei sacerdoti e gli anziani cercavano una falsa testimonianza, un capo dโaccusa che giustificasse la legalitร dellโarresto. Naturalmente avevano motivi per condannarlo, ma non erano motivi legali: la costante opposizione ai loro privilegi, la simpatia della folla, la luciditร dei suoi giudizi. Queste sono le vere ragioni della condanna, ma sono ragioni da nascondere dietro pretesti piรน nobili.
Lโunico capo dโaccusa che riescono a trovare รจ una parola di Gesรน sulla distruzione del tempio, accusa che verrร ripresa con ironia dai passanti sotto la croce (27,40).
Di fronte alle accuse Gesรน tace. Il particolare allude al Servo di IHWWH, di cui parla Isaia 53,7: โMaltrattato egli accettรฒ lโumiliazione e non aprรฌ la sua bocca, come un agnello condotto al macelloโ.
Il Sommo Sacerdote chiede a Gesรน, sotto solenne giuramento, di manifestare con chiarezza la sua identitร : โAllora il sommo sacerdote gli disse: <<Ti scongiuro, per il Dio vivente, perchรฉ ci dica se tu sei il Cristo, il Figlio di Dio>>โ (26,63).
Questa volta Gesรน esce dal silenzio, accetta la definizione di Caifa, si riconosce in essa, ma insieme la supera: per definire il Cristo si deve passare dal piano semplicemente messianico al piano divino: โ<<Tu lโhai detto>>, gli rispose Gesรน: <<Anzi io vi dico: dโora innanzi vedrete il Figlio dellโuomo seduto alla destra di Dio, e venire sulle nubi del cielo>>โ (26,64). In questa risposta sulla sua messianicitร , Cristo ricorre a due passi biblici: il primo รจ il Salmo 110,1 (testo regale-messianico), il secondo, desunto dal profeta Daniele (7,13), รจ piรน forte perchรฉ presenta un aspetto divino che, applicato a un uomo, risulta blasfemo.
โFiglio dellโuomoโ: che cosa vuole dire questo titolo, che poi la Chiesa primitiva perderร (nessuno di noi va piรน a pregare in chiesa: โSignore tu sei il Figlio dellโuomoโ: a noi non dice piรน nienteโฆ)? Ma certamente questo appellativo Gesรน se lo attribuรฌ perchรจ certamente per lui รจ importante, per lui e per la sua cultura. Eโ unโespressione semitica, che gli Evangelisti non spiegano mai perchรฉ la intendono nota. Paragonato ai tempi nostri nessuno di noi spiega che cosa vuole dire โsindacoโ o โpresidente della Repubblicaโโฆ Tutti in quellโepoca, quando un Evangelista scriveva o usava 1โespressione โFiglio dellโuomoโ intendevano a che cosa si riferisse: noi invece, che siamo in unโaltra cultura, 2000 anni dopo, stentiamo un poโ. Dobbiamo allora cercare di capire il significato leggendo questa parola al di dentro dellโA. T. che ne parla pochissimo (lo traviamo al cap 7 del profeta Daniele), ma soprattutto nella letteratura ebraica contemporanea di Gesรน, o immediatamente antecedente a Gesรน.โ
Se guardiamo quale era il significato di questo epiteto, vediamo che โFiglio dellโUomoโ รจ una figura che appartiene contemporaneamente a due mondi: al mondo di Dio, di cui รจ il rivelatore ultimo e depositario, e nello stesso tempo al mondo degli uomini di cui รจ solidale fino in fondo e di cui รจ il rappresentante. Allora รจ un essere che viene da Dio, un essere che rivela pienamente Dio, e allo stesso tempo un essere solidale fino in fondo con lโuomo, che rappresenta in qualche misura tutti gli uomini, prototipo di tutta lโumanitร .
Eโ per questo che Caifa incrimina Gesรน per bestemmia (e il testo sembra lasciar trasparire la sua gioia di aver finalmente trovato un consistente capo dโaccusa) e si strappa le vesti: Gesรน di Nazaret si fa uguale a Dio, si arroga dei compiti che sono propri di Dio.
In questo modo si conclude unโistruttoria che, anzichรฉ rivelare la colpevolezza di Gesรน, mette in luce la sua piena dignitร .
- b) Il rinnegamento dรฌ Pietro (26,69-75)
Il racconto si sviluppa in due scene strettamente e intenzionalmente congiunte: nella prima il protagonista รจ Caifa e nella seconda รจ Pietro. Al centro sta la scena, breve e drammatica di Gesรน deriso e oltraggiato. La scena di Pietro รจ introdotta sin dallโinizio: โPietro lo seguiva da lontano fino al cortile del Sommo sacerdote, poi vi entrรฒ e si sedette con le guardie per vedere come andava a finireโ (26,58). In tal modo il tradimento di Pietro fa da cornice al processo di Gesรน. โNessuna comunitร cristiana puรฒ aver inventato di sana pianta una tale storia riguardante il suo apostolo leaderโ (H. B. Green).
- c) Il prezzo del sangue (27,1-10)
Matteo non racconta il processo romano subito dopo il processo giudaico. Inserisce fra i due unโampia parentesi (lโimpiccagione di Giuda 27, 3-10). Il posto scelto per la collocazione di questo episodio non ha alcun fondamento cronologico, ma serve per illuminare sia la pericope precedente (processo giudaico) sia quella seguente (processo romano). Matteo vuole mostrare che il processo fu ingiusto, un tradimento e Giuda lo riconosce per primo: โHo tradito il sangue innocenteโ (v. 4), e lo riconoscono anche i sacerdoti: โNon รจ lecito mettere queste monete nella cassa del tempio perchรฉ sono prezzo di sangueโ (v. 6). Ma rilevare che il processo di Gesรน fu un tradimento non basta. Non รจ ancora una lettura in profonditร , Matteo aggiunge che questo ingiusto processo fa parte del piano di Dio e compie le Scritture (vv. 9-10), in particolare Zc 11,13: ma il testo ebraico, probabilmente corrotto, non legge โozarโ, โtesoroโ, ma โjozerโ, โvasaioโ: da qui โil campo del vasaioโ, con la citazione di Geremia: ma Ger 32 parla di un campo e non del vasaio, Ger 18 di un vasaio ma non di un campo, Ger 19 della brocca di un vasaio spezzata nel Tofet, cioรจ nella valle di Nen Hinnon che gli israeliti avevano riempito di โsangue innocenteโ: Matteo con associazione di idee attribuisce a Geremia, il profeta della distruzione di Gerusalemme, una citazione che sostanzialmente รจ di Zaccaria. In definitiva non รจ Israele che giudica Gesรน, ma รจ Gesรน che giudica Israele: il tradimento ricade su chi lo compie (vv. 5 e 25).
- IL PROCESSO ROMANO (27,11-31)
- a) Lโinterrogatorio (27,11-14)
Il racconto del processo di Gesรน di fronte a Pilato sviluppa il tema della regalitร di Gesรน: il titolo โre dei giudeiโ appare allโinizio del racconto (27,11) e alla fine (27,29). โ<<Re dei giudei>> รจ la trascrizione secolare, da un punto di vista pagano(cfr 2,2) del termine <<Messia>>, categoria di difficile definizione proprio perchรฉ non giuridica nรฉ solo politicaโ (A. Mello).
Lโevangelista non perde occasione per sottolineare che Gesรน รจ innocente. La moglie di Pilato lo chiama โuomo giustoโ (27,19), e Pilato stesso ne riconosce pubblicamente lโinnocenza (27,24). Gesรน รจ condannato innocente dal suo popolo e dallโatteggiamento contraddittorio di Pilato, il quale apre il processo con una chiara intenzione di obiettivitร e si sforza di sottrarre il Cristo alla condanna. Ma appena รจ posto in causa personalmente (โVedendo che a nulla giovava ma che, al contrario, ne nasceva un tumultoโ v. 24), la sua obiettivitร viene meno: cโรจ una ragione di Stato che prevale sulla veritร e la giustizia. Pilato non รจ in alcun modo disposto a perdere se stesso.
- b) Gesรน e Barabba (27,15-26)
Molti manoscritti di Matteo danno a Barabba lo stesso nome di Gesรน. โSi tratta di scegliere tra due Gesรน (Jehoshua, che in ebraico vuol dire piรน o meno <<salvatore>>)โ (A. Mello), uno dei quali รจ โBar abbร โ, โfiglio del padreโ, forse nel senso di โfiglio di n.n.โ, di padre ignoto, oppure โBar rabbanโ, โfiglio del maestroโ, e lโaltro รจ โchiamato il Messiaโ (v. 17). Di scegliere cioรจ tra essere uomini senza paternitร o discepoli dellโUnto del Signore che ci annuncia la paternitร di Dio; o tra essere figli della Legge antica (il โmaestroโ) o persone capaci di accogliere la novitร della salvezza messianica.
Nella scelta tra Gesรน e Barabba, Matteo precisa che il rifiuto รจ corale (v. 20). Eโ tutto il popolo che condanna il Messia, non solo i capi.
- c) Lo scherno dei soldati (27,26-31)
I giudei avevano consegnato Gesรน a Pilato, ora Pilato lo consegna ai soldati per la crocifissione, e per la preparatoria flagellazione (v. 26). Ma prima del viaggio al Calvario, lโevangelista racconta una seconda scena di oltraggio (vv. 27-31), parallela alla scena precedente che faceva seguito al processo giudaico: lร si derideva Gesรน profeta, qui Gesรน re. Eโ una scena importante, in un certo senso al centro di tutta la sezione, e riunisce i due temi maggiori che lโevangelista va svolgendo, cioรจ la rivelazione della regalitร di Gesรน e il suo rifiuto da parte del mondo.
La scena degli oltraggi non esprime soltanto fino a che punto Gesรน fu rifiutato e fino a che punto egli si umiliรฒ. Intende dimostrare fino a che punto la regalitร di Dio, che รจ apparsa in Gesรน, รจ diversa dagli schemi comuni: รจ diversa al punto da sembrare una burla. Ma questa diversitร Gesรน lโaveva fatta intendere in precedenza: โVoi sapete che i capi delle nazioniโฆ dominano; tra voi perรฒ non deve essere cosรฌโฆ chi vuol diventare grande tra voi si faccia servoโ (20,25-28). Cโรจ dunque una radicale differenza fra la regalitร del mondo e quella di Cristo: quella del mondo si manifesta nella potenza, nellโimposizione, nella salvezza di sรฉ; la regalitร di Cristo si manifesta nel servizio, nellโamore, nel rifiuto della potenza. Ecco perchรฉ il mondo rifiuta la regalitร di Cristo, non la comprende, addirittura la considera una regalitร da burla. Ed ecco perchรฉ gli stessi discepoli sono spesso tentati di modificare la regalitร di Gesรน, di farla somigliante a quella del mondo, nel tentativo di renderla piรน convincente ed efficace.
Gesรน รจ quindi caricato del โpatibulumโ, il braccio trasverso della croce, lungo circa un metro e mezzo, che in genere veniva posto sulle spalle del condannato e poi legata al petto, alle braccia e alle mani (cfr Gv 21,18): sul luogo dellโesecuzione era giร pronto lo โstipesโ, il tronco verticale, in genere lungo circa tre metri.
- il calvario (27,32-61)
Matteo, riproduce tutte le sequenze del racconto di Marco, e perciรฒ, il senso fondamentale della sua narrazione รจ il medesimo. Tuttavia, come รจ sua abitudine, rilegge e annota. Si puรฒ dire che nessuna sequenza sia priva di qualche annotazione.
A convincerci che il racconto di Matteo รจ simile a quello di Marco basta uno sguardo dโinsieme: Gesรน รจ nel piรน totale abbandono, รจ insultato dai passanti, i quali rilanciano contro di lui lโaccusa dei falsi testimoni al processo. Lo insultano gli scribi i farisei e gli anziani, e nella loro voce e in quella dei passanti, risuona la medesima voce di Satana che giร ha parlato nel deserto (4,1-11): โSe sei figlio di Dioโฆโ.
- a) La crocifissione (27,32-44)
Il Golgota รจ un rialzo davanti alla porta di Efraim, a circa duecento metri dalle mura, fiancheggiato da una delle strade di uscita dalla cittร . La sua punta arrotondata a forma di cranio lo faceva chiamare in ebraico โGulgoletโ, che significa โcranioโ, โteschioโ, in latino โCalvariumโ.
Il viaggio verso il Calvario รจ detto brevemente con una frase di passaggio. Anche Matteo riporta lโepisodio del Cireneo, ma ne tralascia i tratti non essenziali: che lโuomo di Cirene era padre di Alessandro e Rufo, e che stava tornando dai campi. Conserva, perรฒ, il verbo piรน importante (โlo costrinseroโ), che pone lโepisodio nella giusta prospettiva: โnessuno รจ in grado di abbracciare la croce di Gesรน, se non per caso, contro la propria volontร . Simone di Cirene ha dovuto realizzare solo piรน tardi il significato del suo gestoโ (A. Mello). Il Cireneo era un libico. Il Cireneo ha aiutato Gesรน a portare la croce. Oggi forse i cristiani sono chiamati a portare la croce che le popolazioni della Libia e dellโAfrica del Nord, della Cirenaica in particolare stanno portando. Simone di Cirene, il libico Simone e la sua famiglia ci ricordano il dramma di profughi e richiedenti asilo, di immigrati che sono, talora, i primi ad accorgersi della presenza del Signore povero e sofferente dentro la storia. Mentre Simone il Papa ha rinnegato tre volte Gesรน, ed รจ fuggito lontano, Simone il โvuโ cumprร โ aiuta Gesรน a portare la croce. Eโ il conflitto tra istituzione e carisma. La dimensione istituzionale e quella profetica perรฒ non sono in contrasto, ma si completano a vicenda. Istituzione e profezia dovranno collaborare vicendevolmente โfinchรฉ il Signore vengaโ (Gv 21,22).
Lโepisodio mette anche in luce la prostrazione di Gesรน, sfinito al punto da indurre i soldati a costringere un passante a portare la croce al suo posto.
Una volta giunti al Calvario, qualcuno offre a Gesรน vino mescolato con โfieleโ. Marco parlava di โmirraโ, Matteo di fiele: un piccolo cambiamento che rende piรน esplicito il riferimento al Salmo 69,22: โHanno messo nel mio cibo veleno e quando avevo sete mi hanno dato acetoโ. Gesรน โlo assaggiรฒ, ma non ne volle bereโ. Si trattava di una bevanda, una sorta di narcotico, che veniva pietosamente offerta ai condannati per attenuare la loro sofferenza. Eโ dunque un gesto di pietร e Gesรน lo gradisce: โlo assaggiรฒโ. Tuttavia egli vuole offrirsi al Padre e agli uomini in piena luciditร , e perciรฒ non lo beve.
In Marco la crocifissione era descritta con un solo verbo: โE lo crocifisseroโ. A Matteo basta addirittura un semplice participio passato: โDopo averlo crocifissoโ. Matteo vuole che lo sguardo sia, non per la crocifissione che non descrive, ma tutto per il Crocifisso, dove lui scorge il compimento della profezia del Salmo 22: โDio mio, Dio mio perchรฉ mi hai abbandonato?โ.
La ragione della condanna รจ espressa con particolare solennitร : โQuesti รจ Gesรน, il re dei Giudeiโ. Marco diceva piรน semplicemente โIl re dei Giudeiโ.
Per descrivere gli insulti, Matteo, come giร Marco, utilizza tre verbi diversi, in parte sinonimi: โbestemmiareโ (27,39), che indica oltraggio verso qualcosa di sacro; โprendersi beffa di luiโ (27,41), e il terzo utilizzato dai ladroni โlo oltraggiavanoโ (27,44). Tutti coloro che lo negano, riconoscono che Gesรน ha preteso una filiazione divina. I sacerdoti, dunque, senza volerlo, manifestano la profonda veritร di Gesรน.
Gesรน รจ in croce fra due malfattori crocifissi come lui (27,38). Nella sua vita fu schernito e accusato di essere โamico dei pubblicani e peccatoriโ (11,19), e ora muore in loro compagnia. Matteo commenta la morte di Gesรน ricorrendo ai medesimi passi veterotestamentari di Marco: i Salmi 68 e 22 e Isaia 53.
- b) La morte (27,45-54)
Il grido di Gesรน: โDio mio, Dio mio perchรฉ mi hai abbandonato?โ (27,46) รจ stato interpretato da molti come un grido di disperazione, ma non รจ cosรฌ, a escluderlo basta ricordare che lโintero racconto della passione ha sullo sfondo la figura del giusto sofferente, che รจ figura dellโuomo abbandonato, non del disperato. Non cโรจ dubbio che il grido di Gesรน sia stato una preghiera: una preghiera gridata, ma sempre una preghiera. Ma a differenza di molte preghiere veterotestamentarie, egli non invoca da Dio vendetta, nรฉ giustizia, ma la sua compagnia. Il grido di Gesรน sulla croce รจ rivolto solo a Dio e a Lui non chiede aiuto ma presenza. La preghiera di Gesรน รจ la domanda del perchรฉ della sofferenza innocente, della veritร sconfitta, dellโamore inutile. La domanda di Gesรน รจ la domanda dellโuomo, condividendo questa radicale domanda dellโuomo, il Figlio di Dio ha mostrato tutta la sua solidarietร con lโuomo. Per alcuni, Gesรน muore recitando il Sl 22, Salmo di disperazione e di speranza: โ<<Dio mio, Dio mio, perchรฉ mi hai abbandonato? Tu sei lontano dalla mia salvezza>>: sono le parole del mio lamentoโ.
Come nel vangelo di Marco, anche nel racconto di Matteo Gesรน muore con un alto grido: โMa Gesรน, avendo di nuovo gridato con voce forte, emise lo spiritoโ (27,50). La sua รจ una fine tragica: โGesรน, emesso un alto grido, spirรฒโ (Mt 27,50). Un Dio che muore urlando: ci turba quel grido di Dio! Avremmo preferito che morisse in silenzio, che fosse davvero โpecora mutaโ (Is 53,7), e non che ci lasciasse con un urlo che attraversa la storia fino a noi: ma in quel grido Dio raccoglie tutte le grida dei milioni, dei miliardi di uomini che soffrono disperati, impotenti, sfiniti, perchรจ il grido รจ lโespressione di chi non ne puรฒ piรน. Veramente Gesรน provรฒ fino in fondo la sofferenza dellโuomo! E cosรฌ egli condivise davvero la nostra condizione rendendosi โin tutto simile ai fratelliโฆ Infatti proprio per essere stato messo alla prova ed aver sofferto personalmente, รจ in grado di venire in aiuto a quelli che subiscono la provaโ (Eb 2,17-18). In lui si adempรฌ โciรฒ che era stato detto per mezzo del profeta Isaia: โEgli ha preso le nostre infermitร e si รจ addossato le nostre malattieโโ (Mt 8,16, cfr Is 53,4).
La Croce รจ la massima espressione dellโamore di Dio per noi, il momento culminante del chinarsi di Dio sullโumanitร per abbracciarla e per salvarla. Purtroppo perรฒ, per noi, il Crocifisso non รจ piรน โscandalo, โฆ stoltezzaโ (1 Cor 1,23), e insieme meraviglia di fronte a cui cadere in commossa adorazione: ormai ci siamo abituati alla vista di questo simbolo sacro, che molti ormai portano al collo come un portafortuna qualsiasi, tra un cornetto e un quadrifoglio. Anche nelle nostre chiese, spesso i Crocifissi sono pie raffigurazioni su cui il nostro occhio รจ abituato a posarsi: il Gesรน che vi รจ infisso รจ magari sereno e quasi glorioso, e ci sfugge cosรฌ la comprensione del massimo miracolo dellโamore di Dio. Il Gesรน crocifisso non รจ piรน colui che โnon ha apparenza nรจ bellezza per attirare i nostri sguardiโฆ Disprezzato e reietto dagli uominiโฆ come uno davanti al quale ci si copre la facciaโ (Is 53,2-3). Dovremmo saper ancora inorridire davanti al Crocifisso; il Crocifisso dovrebbe farci ancora ribrezzo, come quando vediamo le fotografie dei martirizzati con le torture piรน efferate nei lager nazisti, o nelle prigioni dellโAmerica Latina o della ex-Jugoslavia. Siamo lโunica religione al mondo che ha come emblema un torturato con le piรน crudeli sevizie, con ogni macabro e folle mezzo inventato dalla cattiveria umana. Ma proprio per questo ogni uomo, anche quello che ha subito le violenze piรน terribili, che รจ colpito dal male piรน atroce, puรฒ volgere al Crocifisso lo sguardo a trovare in quel Dio che vi รจ infisso la massima comprensione, la piรน piena solidarietร . Non vi รจ dolore che non sia compreso nelle sofferenze di Cristo, non vi รจ male che egli non abbia assunto su di sรจ: ecco perchรจ egli รจ veramente il โDio con noiโ (Mt 1,23). Nel Venerdรฌ Santo la liturgia fa dire a Gesรน dalla croce: โO voi tutti che andate per la strada, guardate e vedete se cโรจ un dolore pari al mio dolore!โ. Sul suo โvolto sfigurato, disfatto, โฆ sono stampate le impronte di tutte le miserie del mondo. Un volto che raccoglie la documentazione di tutte le torture che gli uomini di ogni tempo dovranno subire. Il Corpo di Cristo diventa il continente smisurato del dolore umano. Su quella croce cโรจ il peso di coloro che non ne possono piรนโฆ Davvero, con la croce Cristo riceve il sacramento del dolore umano. Ecco Colui che โporta, sopporta, porta via la nostra angosciaโ (K. Barth). E riceve anche il peso dei nostri peccatiโฆ (2 Cor 5,21)โฆ Che parafulmine, quella croceโฆ Eโ pesante la croce. Perchรจ รจ pesante la croce di milioni di creature. E Cristo, che le porta tutte, diventa โColui che non ce la fa piรนโโฆ (Lc 23,26). Da quel momento chiunque puรฒ gridare โnon ne posso piรน!โ. Sa che cโรจ Qualcuno che lo comprende. Perchรจ ha provatoโ (A. Pronzato).
Solo se ogni volta che guardiamo un Crocifisso sappiamo ancora emozionarci, provare disgusto per quellโโuomo dei dolori che ben conosce il patireโ (Is 53,3), piangere di rabbia e di tristezza, allora siamo in grado โdi comprendereโฆ quale sia lโampiezza, la lunghezza, lโaltezza e la profonditร , e conoscere lโamore di Cristo che sorpassa ogni conoscenza, perchรจ siate ricolmi di tutta la pienezza di Dioโ (Ef 3,18-19).
Per dire la morte, Marco ha usato il verbo โspirareโ, Matteo invece usa unโespressione piรน sottile: โemise (o consegnรฒ) lo spiritoโ. Lo spirito รจ il soffio della vita che viene da Dio (Gen 2,27) e il verbo โafiemiโ significa โemettereโ e โconsegnareโ. Ovviamente anche la formula di Matteo dice semplicemente il morire, ma lo dice religiosamente. Lโuomo riconsegna a Dio il soffio ricevuto da lui in dono. Per Giovanni 19,30 sarร la trasmissione dello Spirito Santo.
Nel suo racconto della crocifissione Matteo ci ha giร offerto due chiavi di lettura: la disposizione delle scene e i riferimenti alle Scritture. Al termine della narrazione ce ne offre una terza, forse piรน importante: nel cuore stesso dello scandalo si fa strada la vittoria. La luce scaturisce subito dopo che le tenebre divennero piรน fitte. Due segni testimoniano che la morte di Gesรน รจ salvezza: il velo del tempio che si lacera, e il riconoscimento della sua filiazione divina da parte dei soldati pagani.
Il segno della rottura del velo del tempio non รจ modificato rispetto a Marco, se non per il fatto che qui si trova strettamente congiunto al terremoto, che scuote la terra e spacca le rocce, e alla risurrezione dei morti. In tal modo la fine del tempio รจ davvero giunta ma si apre una prospettiva nuova.
Molto modificato il secondo segno che Matteo riprende da Marco: la confessione del centurione (27,54). Non solo il centurione, ma lโintero corpo di guardia (โe quelli con luiโ) riconoscono il Figlio di Dio nel Crocifisso. In Marco il segno che ha svelato al centurione lโidentitร di Gesรน รจ stata la sua stessa morte. โVedendolo morire in quel modoโ. In Matteo, invece, sono i segni che hanno seguito la morte: โalla vista del terremoto e di quanto accadevaโ. In Marco รจ stata la โdebolezzaโ di Gesรน a svelare la โpotenzaโ di Dio. In Matteo il rapporto รจ rovesciato: รจ la potenza di Dio che ha svelato il senso della debolezza della croce. Ma il significato alla fine รจ lo stesso. La debolezza della croce nasconde il grande evento della salvezza.
Il terremoto e la risurrezione sono nella letteratura profetica e apocalittica due segni classici che indicano lโavvento di un mondo nuovo. Forse Matteo inserisce qui un antico inno liturgico che i giudeo-cristiani cantavano celebrando la Pasqua. โNon si tratta di un racconto quanto di un annuncio teologico o meglio cristologicoโ (O. Da Spinetoli). La croce รจ il grande evento che tutto rinnova e capovolge: questo รจ il messaggio che Matteo, ricorrendo a immagini bibliche che i suoi lettori erano in grado di decifrare, vuole comunicarci. Non soltanto crolla la barriera sacra (โil velo del tempioโ) che separava i vicini a Dio dai lontani, ma nasce una nuova umanitร (le tombe che si aprono e i morti che risorgono). Tutto dice che la croce รจ lโistante in cui crolla il mondo vecchio per far posto a un mondo nuovo. Le reminiscenze bibliche sono diverse, ma puรฒ bastarci la grande visione di Ez 37,11-14: โAprirรฒ i vostri sepolcriโฆ E riconoscerete che io sono il Signore, quando aprirรฒ le vostre tombe e vi farรฒ uscire dai sepolcriโ. Questo รจ proprio ciรฒ che avviene ai piedi della croce: si aprono i sepolcri, risorgono i morti e il Signore รจ riconosciuto. La differenza รจ che il Signore, che qui รจ riconosciuto, รจ Gesรน, il Crocifisso. La croce รจ il momento della nascita del nuovo mondo, lโistante in cui il mondo nuovo si affaccia. La resurrezione di โmolti corpi di santiโ avviene โdopo la sua resurrezioneโ (Mt 27,52-53). La risurrezione non รจ solo quella di Gesรน, ma anche la nostra. In quella di Gesรน รจ racchiusa la risurrezione finale, nella quale sono coinvolti gli uomini e il mondo.
- c) La sepoltura (27,55-61)
Sotto la croce, secondo Matteo, stavano โmolte donne; tra costoro Maria di Mร gdala, Maria madre di Giacomo e di Giuseppe, e la madre dei figli di Zebedรจoโ (Mt 27,55-56).
Secondo Marco โcโerano anche alcune donne, che stavano ad osservare da lontano, tra le quali Maria di Mร gdala, Maria madre di Giacomo il minore e di Ioses, e Salomeโ (Mc 15,40).
Secondo Giovanni, โstavano presso la croce di Gesรน sua madre, la sorella di sua madre, Maria di Clรจofa e Maria di Mร gdalaโ (Gv 18,25).
Luca parla genericamente delle โdonne che lo avevano seguito fin dalla Galileaโ (Lc 23,49).
Nel Vangelo di Giovanni (19,25), Maria sposa di Cleofa รจ sorella della Madre di Gesรน ed รจ lโaltra Maria del Vangelo di Matteo che con Maria di Magdala andรฒ al sepolcro del Signore la mattina di Pasqua (28,1). Cleofa, Cleofe (in greco โdal volto gloriosoโ) รจ il nome del marito della Maria detta appunto di Cleofa, padre di Giacomo il Minore (chiamato cosรฌ per distinguerlo dal figlio di Zebedeo Mt 10,3; Mar 3,18; Lu 6,15; At 1,13), di un Giuda, di un Giuseppe e di un Simone e, per lo storico palestinese Egesippo, fratello di San Giuseppe. In questo passo i โfratelliโ Giacomo e Ioses di Mc 6,2-5 sono figli di una Maria, perรฒ non la madre di Gesรน, ma sua sorella, e quindi sono suoi cugini. Dalla tradizione Cleofa รจ considerato uno dei due discepoli dellโepisodio di Emmaus riferito da Luca (24,18) a cui Cristo risorto apparve la sera di Pasqua e spezzรฒ le Scritture lungo la via. Per Eusebio e Girolamo, Cleofa era appunto nativo di Emmaus ove, per antica tradizione fu trucidato da intolleranti della sua fede nel Messia risorto. Girolamo certifica che nel IV secolo la casa di Cleofa era stata trasformata in chiesa.
Secondo la Bibbia di Gerusalemme, la frase โla sorella di sua madreโ potrebbe riferirsi a Salomรจ, madre dei figli di Zebedeo, non citata, oppure a Maria di Cleofa. Allora forse Maria di Cleofa รจ la madre di Giacomo e di Giuseppe (o Ioses); la madre dei figli di Zebedeo รจ da identificarsi con Salome (Mc 15,40-41; cfr Mt 27,56); taluni, confrontando il capitolo ventisette del Vangelo di Matteo (Mt 27,56) con il brano parallelo proprio di Giovanni (Gv 19,25), hanno ravvisato in Salome la sorella di Maria, madre di Gesรน: in tal caso, sarebbe la zia di Gesรน, e Giovanni e Giacomo cugini, da parte materna, del Signoreโฆ
Quindi sotto la croce troviamo le tre Marie: Maria la madre di Gesรน, Maria di Magdala, Maria di Cleofa, madre di Giacomo e di Giuseppe (o Ioses); inoltre Salome di Zebedeo, che forse era sorella della Madonna.
Il corpo di Cristo viene deposto nella tomba di un discepolo benestante, Giuseppe dโArimatea. Testimoni della sepoltura sono non solo Giuseppe dโArimatea e le donne, ma anche il presidio dei soldati, posti a custodia della tomba su richiesta giudaica. La โParasceveโ รจ il giorno che precede o โpreparaโ il sabato.
- d) Le guardie al sepolcro (27,62-66 e 28,11-15)
Il racconto รจ essenzialmente apologetico. Di fronte agli ebrei che tacciano Gesรน di essere un โplร nosโ, un โseduttoreโ, un โimpostoreโ messianico, la Chiesa controbatte accusando la leadership ebraica di essere corrotta, di comprare false testimonianze con denaro.
Carlo Miglietta