Commento alle letture di domenica 20 OTTOBRE 2019 – Carlo Miglietta

Il commento alle letture di domenica 20 OTTOBRE 2019 a cura di Carlo Miglietta, biblista; il suo sito è “Buona Bibbia a tutti“.

La preghiera di domanda

Alla luce della rivelazione di Dio in Cristo, che senso ha ancora la preghiera di domanda, se Dio è un Padre buono che a tutti provvede con un piano di infinita misericordia? Infatti Gesù ci dice:

“Pregando, poi, non sprecate parole come i pagani, i quali credono di essere ascoltati a forza di parole. Non siate dunque come loro, perchè il Padre vostro sa di quali cose avete bisogno ancor prima che gliele chiediate” (Mt 6,7-8).

Ma d’altra parte lo stesso Gesù ci esorta:

“Chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto. Perchè chi chiede ottiene, chi cerca trova, a chi bussa sarà aperto” (Lc 11,9-10);

e perciò racconta la parabola dell’amico importuno, che ottiene esaudimento dall’altro, già a letto con i bambini, non

“per amicizia, … ma per la sua insistenza” (Lc 11,5-8).

Gesù ci invita a

“pregare sempre, senza stancarsi” (Lc 18,1),

e racconta a proposito la parabola del giudice disonesto che dà udienza alla vedova solo perchè questa non smette di importunarlo (Lc 18,2-8).

Ma allora come conciliare l’invito a non sprecare parole, perchè il Padre sa già tutto, con quello di pregare incessantemante? E poi: Dio ha bisogno di essere “stancato” dalle nostre preghiere per esaudirci? E ci esaudirà solo per la nostra cocciutaggine e non per amore? Anzi, è un “disonesto” (Lc 18,6), che ascolta solo chi lo stressa e non per giustizia? Con che criterio allora Dio esaudisce le nostre preghiere? Conta quindi la loro quantità, se non addirittura le “raccomandazioni” di questo o di quel Santo più “potente” degli altri? Anche i rapporti con l’Altissimo viaggiano con la logica perversa delle relazioni umane, spesso improntate solo sulla petulanza quando non addirittura su bustarelle e tangenti?

a) Una preghiera del tempo irredento

Innanzittutto, mentre la preghiera di lode non cesserà mai, perchè farà parte della nostra dimensione paradisiaca (i santi cantano in cielo il “cantico nuovo” (Ap 5,9-10.13), il cantico di Mosè (Ap 15,3) e il cantico dell’Agnello (Ap 15,3-4), oltre ad altri inni a Dio (Ap 19,1-3.6-8)…), la supplica fa ancora parte del tempo irredento, nasce dall’uomo non ancora compiuto. E’ l’uomo che è ancora sotto la minaccia delle tenebre, che ancora non riesce a scorgere il piano di Dio, che porta a lui le sue domande.

Anche il Nuovo Testamento ci testimonia continuamente la preghiera di domanda: il centurione

“avendo udito parlare di Gesù, mandò… a pregarlo di venire e di salvare il suo servo” (Lc 7,3);

“Giairo, capo della sinagoga, … lo pregava di recarsi a casa sua, perchè aveva un’unica figlia, che stava per morire” (Lc 8,41-42);

il padre dell’epilettico implora:

“Maestro, ti prego di volgere lo sguardo a mio figlio” (Lc 9,38);

i dieci lebbrosi pregano:

“Gesù Maestro, abbi pietà di noi!” (Lc 17,13);

e il cieco di Gerico:

“Gesù, Figlio di Davide, abbi pietà di me!” (Lc 18,28);

uno dei due ladroni sulla croce:

“Ricordati di me quando sarai nel tuo regno” (Lc 23,42);

la donna siro-fenicia

“lo pregava di scacciare il demonio dalla figlia” (Mc 7,26);

“La suocera di Pietro era a letto con la febbre e subito gli parlarono di lei” (Mc 1,30);

“e gli condussero un sordomuto, pregandolo di imporgli la mano” (Mc 7,32);

“gli condussero un cieco pregandolo di toccarlo” (Mc 8,22);

Maria e Marta mandano a dire a Gesù:

“Signore, ecco, il tuo amico è malato” (Gv 11,3)…

Gesù stesso esorta a pregare il Padre “perchè mandi operai alla sua messe” (Mt 9,38), perchè nel momento della grande tribolazione “la vostra fuga non accada d’inverno o di sabato” (Mt 24,20),

“per non entrare in tentazione” (Lc 22,40); ed egli stesso prega “perchè non venga meno la fede” di Pietro (Lc 22,32), perchè passi da lui il calice della Passione (Lc 22,41-42; Gv 12,27), perchè il Padre perdoni i suoi crocifissori (Lc 23,34), perchè mandi ai suoi il Consolatore (Gv 14,16), per tutti i suoi discepoli nella stupenda “preghiera sacerdotale” dell’ultima cena (Gv 17).

E Paolo esorta:

“Non angustiatevi per nulla, ma in ogni necessità esponete a Dio le vostre richieste, con preghiere, suppliche” (Fil 4,6);

e Giacomo:

“Chi è malato, chiami a sè i presbiteri della chiesa e preghino su di lui” (Gc 5,14).

b) Un dialogo con il Papà

Ma

“Il Padre vostro sa di quali cose avete bisogno ancor prima che gliele chiediate” (Mt 6,8);

“Chiederete nel mio nome e io non vi dico che pregherò il Padre per voi: il Padre stesso vi ama!” (Gv 16,26-27):

perchè allora la preghiera di domanda? 

Questo è già un fatto stupendo: Dio è colui che mi ascolta, è l’Amico con cui confidarmi, è il Papà buono a cui posso rivolgermi in ogni circostanza, certo di essere capito. Il nostro Dio non è colui che tace, ma è colui che per noi si è fatto Verbo, Parola incarnata (Gv 1,14), con cui posso avere dialogo. Posso sottoporre a lui ogni mio problema, ogni mia ansia, ogni mia angoscia, certo che saranno compresi nel suo Amore. E’ quindi giusto e gesto d’affetto che io gli parli, che gli sottoponga quelle che mi sembrano le mie necessità.

c) Richiediamo il nostro massimo bene?

Ma perchè talora Dio non ci esaudisce? Una delle risposte che ci dà la Scrittura è che spesso ciò che chiediamo non è il bene più grande per noi: anche la guarigione, la fine di una prova, il superamento di quella difficoltà che tanto ci angustia, talora agli occhi di Dio non sono il massimo bene per noi. Talora siamo come il bimbo che chiede al papà la caramella o di giocare con l’accendino, ma che si vede negare le sue richieste perchè il padre sa che il figlio potrebbe fare indigestione o bruciarsi con il pericoloso giocattolo. Al bimbo le sue richieste sembrano grandi beni, nell’ottica sapiente del genitore queste non sono il meglio per lui.

Spesso la logica lungimirante di Dio è diversa dalla nostra: e ciò che a noi appare una inconsolabile sciagura può essere agli occhi di Dio occasione di un dono migliore:

“Le anime dei giusti sono nelle mani di Dio,

nessun tormento le toccherà.

Agli occhi degli stolti parve che morissero;

la loro fine fu ritenuta una sciagura,

la loro partenza da noi una rovina,

ma essi sono nella pace…

Quanti confidano in lui comprenderanno la verità” (Sap 3,1-8);

“Il giusto, anche se muore prematuramente, troverà riposo.

Vecchiaia veneranda non è la longevità,

nè si calcola dal numero degli anni;

ma per gli uomini la canizie sta nella sapienza;

e un’età senile è una vita senza macchia.

Divenuto caro a Dio, fu amato da lui

e poichè viveva fra peccatori, fu trasferito.

Fu rapito, perchè la malizia non ne mutasse i sentimenti

o l’inganno non ne traviasse l’animo,

perchè il fascino del vizio deturpa anche il bene

e il turbine della passione travolge una mente semplice.

Giunto in breve alla perfezione,

ha compiuto una lunga carriera.

La sua anima fu gradita al Signore;

perciò egli lo tolse in fretta da un ambiente malvagio.

I popoli vedono senza comprendere;

non riflettono nella mente a questo fatto

che la grazia e la misericordia sono per i suoi eletti

e la protezione per i suoi santi…

Le folle vedranno la fine del saggio,

ma non capiranno ciò che Dio ha deciso a suo riguardo

nè in vista di che cosa il Signore l’ha posto al sicuro” (Sap 4,7-17).

“Perchè i miei pensieri non sono i vostri pensieri,

le vostre vie non sono le mie vie – oracolo del Signore.

Quanto il cielo sovrasta la terra,

tanto le mie vie sovrastano le vostre vie,

i miei pensieri sovrastano i vostri pensieri” (Is 55,8-9).

Solo Dio sa qual è il supremo bene per noi. E la nostra preghiera non cambia il suo parere, nonostante alcuni antropomorfismi dell’Antico Testamento, come in occasione dell’episodio in cui Abramo parrebbe voler distogliere Dio dall’intenzione di distruggere Sodoma (Gn 18,18-32), o quando Mosè fa recedere Dio dal proposito di sopprimere il popolo idolatra (Es 32, 9-14):

“Io sono il Signore, non cambio” (Ml 3,6).

Inoltre se Dio cambiasse idea per la nostra preghiera, o avrebbe pensato qualcosa di non bene per noi prima della nostra supplica, o avrebbe deciso qualcosa che non è il massimo bene per noi dopo la nostra invocazione: è ciò è impossibile, perchè l’Amore non può che volere il massimo bene per l’amato.

“Noi non sappiamo che cosa sia conveniente domandare…, ma lo Spirito viene in aiuto alla nostra debolezza e intercede con insistenza per noi, con gemiti inesprimibili” (Rm 8,26).

Spesso quindi non siamo esauditi perchè non chiediamo a Dio “i beni per noi convenienti”, anche se quella grazia a noi pare indispensabile per la nostra felicità. Durissimo è al proposito l’apostolo Giacomo:

“Non avete perchè non chiedete; chiedete e non ottenete perchè chiedete male, per spendere per i vostri piaceri. Gente infedele!… O forse pensate che la Scrittura dichiari invano: fino alla gelosia ci ama lo Spirito che egli ha fatto abitare in noi? Ci dà anzi una grazia più grande” (Gc 4,2-6).

Questo Dio che ci ama alla follia, che addirittura è “geloso” di noi, ci esaudisce sempre, ma talora con “una grazia più grande” di quella che noi gli chiediamo. La fede è proprio credere al suo Amore, che la sua volontà altro non è che il massimo bene per noi:

“Egli che non ha risparmiato il proprio Figlio, ma lo ha dato per tutti noi, come non ci donerà ogni cosa insieme con lui?” (Rm 8,32).

Abbandonarsi quindi totalmente a lui è giungere quindi al sommo bene, alla più vera realizzazione di noi stessi.

d) Chiedere il “miracolo”?

Ma parliamoci chiaramente: anche se sappiamo

“che tutto concorre al bene di coloro che amano Dio” (Rm 8,28),

la morte di una persona cara, la malattia, le tragedie di questo mondo restano male oggettivo; anche se Dio sa trarre da esse un bene più grande per noi, ci possiamo sempre chiedere come mai Dio, onnipotente, non ci dia beni più grandi lasciandoci anche i … beni più piccoli. La risposta che spesso non chiediamo a Dio il nostro massimo bene, se pur può darci talune consolazioni, non ci soddisfa certo. E nessuno, credo, potrà dire che, seppur misteriosamente, la morte di un bambino o lo sterminio di un popolo siano in ogni caso un bene. Nel mistero del mancato esaudimento delle nostre preghiere c’è quindi spazio per il concetto che spesso  Dio  ha preparato per noi beni maggiori, ma ciò non basta a confortarci di fronte al mancato ottenimento di certe sacrosante richieste in ordine alla salute, alla vita, all’onesta prosperità.

Il problema è ancora una volta un altro: come abbiamo più volte cercato di esplicare, l’alterità da Dio è per noi grande dono, perchè ci permette di incontrarlo in un ambito di amore. Ma è un dono che contempla purtroppo sofferenza e morte. Dio non bara dicendo che questa finitudine creaturale è un bene: egli sa che essa è un male, e per questo si pone accanto a noi che soffriamo mandando a noi il suo stesso Figlio che, incarnandosi, morendo e risorgendo, vince per noi malattia e morte e ci fa partecipi della vita divina. Questa è la “volontà di Dio” (Gv 6,38-40.42; 10,17-18; 19,30; Mt 26,39; Eb 10,5-7…), il suo progetto creazionale per noi, che trova il suo compimento nel mistero dell’incarnazione: e l’incarnazione del Figlio, che ci permette di superare la nostra finitudine, è il massimo dono di Dio. Certo, a Dio non è impossibile il “miracolo”, l’intervento straordinario sul libero corso della natura e della storia. Ma lo stesso Gesù, di fronte ai milioni di malati, di sofferenti, di morti del suo tempo, non ne guarì e risuscitò che pochissimi: perchè il vero dono per tutti sarebbe stata la sua stessa vita, che avrebbe, nel mistero pasquale della sua morte e resurrezione, sconfitto ogni malattia a la stessa morte: e di ciò i vari “miracoli” non erano che un piccolo “segno”.

Il credente può anche quindi chiedere a Dio il “miracolo”, di intervenire sospendendo per un attimo il limite creaturale, in qualche modo la nostra alterità da lui: ma deve credere che proprio questa alterità ci permette di amare Dio, e soprattutto  che in ogni caso il vero “miracolo” che Dio sempre opera per tutti è il dono del Figlio che ci fa risorgere con lui. 

e) Pregare è chiedere: “Non sia fatta la mia, ma la tua volontà” (Lc 22,42)

La vera preghiera del credente, nel dolore, è allora di essere incorporato al mistero del Cristo Salvatore, di aderire cioè al progetto di Dio, alla sua “volontà”. Pregare è quindi chiedere a Dio l’accettazione della sua volontà. Il criterio fondamentale della preghiera cristiana è proprio:

“Sia fatta la tua volontà” (Mt 6,10).

Gesù nel Getsemani chiede sì che

“passi da lui il calice” della Passione (Mt 26,39; Mc 14,36; Lc 22,42);

nel testo di Marco sembra chiedere decisamente il miracolo:

“Abbà, Padre, tutto è possibile a te” (Mc 14,36);

in quello di Luca la richiesta è più sfumata:

“Padre, se vuoi” (Lc 22,42);

in Matteo Gesù pare conscio che il Padre ha voluto vincolarsi all’alterità degli eventi creaturali:

“Padre mio, se è possibile…” (Mt 26,39).

Ma in ogni caso conclude decisamente:

“Non sia fatta la mia, ma la tua volontà” (Lc 22,42; cfr Mc 14,36; Mt 26,39).

E nel brano di Giovanni che i biblisti considerano corrispondente ai testi sinottici sul Getsemani, Gesù addirittura non chiede più nulla al Padre, ma solo professa la sua obbedienza alla sua volontà:

“Ora l’anima mia è turbata; e che devo dire? Padre, salvami da quest’ora? Ma per questo sono giunto a quest’ora! Padre, glorifica il tuo nome!” (Gv 12,27-28).

La preghiera di essere capaci di compiere la volontà di Dio, che quindi è l’unica autentica orazione, sempre viene esaudita:

“Questa è la fiducia che abbiamo in lui: qualunque cosa gli chiediamo secondo la sua volontà, egli ci ascolta. E se sappiamo che ci ascolta in quello che gli chiediamo, sappiamo di avere già quello che abbiamo chiesto” (1 Gv 5,14-15).

Giovanni ci dice quindi che ciò che noi domandiamo a Dio secondo la sua volontà, Dio ce lo ha già concesso: ciò significa che chiedere di compiere la volontà di Dio  è in realtà interrogarsi se si sta facendo o no il suo volere, è mettersi di fronte a Dio per disporsi ad obbedirlo, certi di ottenere da lui la forza divina per fare quanto egli richiede. Pregare è quindi chiedere a Dio la conversione, l’accettazione del suo piano su di noi, l’obbedienza alla sua Parola: e nella misura in cui la nostra preghiera è sincera scopriamo che Dio ci ha già dato questa grazia.

f) Pregare è chiedere lo Spirito Santo

Nella preghiera quindi apriamo il nostro cuore e ci lasciamo trasformare dalla potenza di Dio. E’ per questo che di fronte al brano di Matteo:

“Chi tra di voi al figlio che gli chiede un pane darà una pietra? O se gli chiede un pesce darà una serpe? Se voi dunque che siete cattivi sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro che è nei cieli darà cose buone a quelli che gliele domandano” (Mt 7,9-11),

Luca, il medico (Col 4,14), forse più attento al grande tema del dolore, cambia, nel suo testo parallelo, “le cose buone” in “lo Spirito Santo”:

“il Padre vostro celeste darà lo Spirito Santo a coloro che glielo chiedono” (Lc 11,11-13);

la vera preghiera di domanda è richiedere lo Spirito Santo  che ci trasformi secondo il piano di Dio!!!   Preghiera è quindi chiedere la trasformazione del cuore di chi prega perchè sia conforme alla divina volontà: nella preghiera non chiedo a Dio di cambiare i suoi piani, chiedo che Dio mi cambi secondo i suoi piani! La vera preghiera è quindi sempre richiesta dello Spirito Santo perchè ci plasmi, ci trasformi secondo il piano di Dio, incorporandoci al Cristo, realizzando in noi “i disegni di Dio”;

“Lo Spirito stesso intercede con insistenza per noi, con gemiti inesprimibili: e colui che scruta i cuori sa quali sono i desideri dello Spirito, poichè egli intercede per i credenti secondo i disegni di Dio” (Rm 8,26-27).

Dio  quindi sempre esaudisce la nostra preghiera dandoci non questo o quel bene, ma il sommo bene, lo Spirito Santo, pienezza di ogni dono, che ci fa comprendere ed amare il mistero di Dio:

“Vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che vi ho detto” (Gv 14,26);

“Convincerà il mondo quanto al peccato, alla giustizia e al giudizio” (Gv 16,8).

Veramente la preghiera è allora

“cercare il regno di Dio e la sua giustizia”,

cioè lo Spirito stesso di Dio, certi che

“tutto il resto vi sarà dato in aggiunta” (Mt 6,33).

g) La preghiera di intercessione per i fratelli

Che senso ha allora la preghiera di intercessione, che tanto spazio ha sia nell’Antico che nel Nuovo Testamento? Si pensi alle grandi figure di intercessori tra i patriarchi (Gen 18,23-32; 20,7), a Mosè (Es 32,11-14; 34,8-9), ai profeti (Am 7,1-6; 2 Re 19,4; Ger 42,2-4), ai martiri (2 Mc 7,37-38; At 7,60), a Paolo (Fil 1,3-4; Col 1,3; 2 Ts 1,11; 2 Cor 13,9): ma tutti i cristiani devono intercedere per i fratelli (1 Ts 5,25; 2 Cor 9,14; Ef 6,18-20; Col 4,3-4; Eb 13,18-19; At 12,5; 20,36; 21,5…), specialmente per la remissione dei peccati (Gc 5,16; 1 Gv 5,16) e per i malati, certi che

“la preghiera fatta con fede salverà il malato” (Gc 5,13-15),

cioè lo renderà partecipe del piano divino di salvezza in Cristo. Bisogna

“che si facciano domande, suppliche, preghiere… per tutti gli uomini, per i re e per quelli che stanno al potere” (1 Tm 2,1-2),

e anche per i nostri persecutori (Mt 5,44), come Gesù (Lc 23,34). Perchè

“molto vale la preghiera del giusto fatta con insistenza” (Gc 5,16).

Ma che senso ha questa intercessione reciproca, se Dio non cambia certo per le nostre preghiere il suo progetto d’amore su di noi?

– E’ fede in Dio che ci ascolta

 Innanzitutto la preghiera di intercessione è dialogo con Dio sui nostri fratelli: è riconoscere che egli si prende  cura di tutti si suoi figli, e che ascolta il grido di chi soffre: è quindi grande espressione di fede in lui.

– E’ carità verso i fratelli

Poi ci fa prendere coscienza del fratello, dei suoi problemi, delle sue sofferenze: è quindi grande momento di carità; e l’amore reciproco è il segno dell’appartenenza al regno di Dio (Gv 13,34-35), al punto che Gesù garantisce la sua presenza salvifica laddove c’è carità fraterna:

“Se due di voi sopra la terra si accorderanno per domandare qualunque cosa, il Padre mio che è nei cieli ve la concederà. Perchè dove sono due o tre riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro” (Mt 18,19-20).

Pregare per l’altro è quindi un gesto di amore che affretta misteriosamente il compimento per l’altro del suo incontro con Gesù salvatore, che è la vera risposta ad ogni nostra preghiera.

– E’ farsi carico dei fratelli

Questo atto di amore però non è solo un ricordo verbale, ma è farci carico del fratello nell’amore: pregare per un altro è essenzialmente mettermi di fronte a Dio perchè mi illumini su che cosa posso fare io per l’altro. E Gesù mi dà la forza di fare per il fratello nel bisogno ciò che chiedo per lui. Per questo in talune comunità ormai, nella preghiera comune, si preferisce sostituire la formula: “Preghiamo per…” con la dizione: “Davanti a Dio ci ricordiamo di…”: nella preghiera, davanti al Signore, mi assumo le mie responsabilità sulla situazione dei fratelli, e chiedo a Dio la forza di essere io stesso per essi segno concreto dell’amore di Dio.

h) L’intercessione di Maria e dei Santi

Che senso ha chiedere l’intercessione di Maria, di qualche santo o di qualche fratello particolarmente timorato di Dio? Chiedere la loro preghiera per noi innanzitutto accresce la carità nella Chiesa, rinsalda la comunione dei santi, ed è richiesta che la Vergine o i nostri fratelli più buoni ci siano vicini per farci accettare il progetto d’amore di Dio su di noi, aiutandoci con il loro esempio e il loro affetto ad essere uniti a Cristo e ripieni del suo Spirito. Inoltre invocare l’aiuto dei Santi significa al contempo riconoscerci peccatori e indegni della misericordia di Dio: e questo è il primo indispensabile passo per dilatare il nostro cuore ad accogliere la gratuità dell’Amore di Dio.

Se quindi chiedo a un fratello: “Prega per me!”, significa affermare: “Stammi vicino, vivi con me un rapporto di carità che mi renderà più presente il Signore nella mia vita, aiutami con il tuo esempio e la tua fraternità ad accettare la volontà di Dio su di me”. Se poi chiedo l’intercessione della Beata Vergine Maria o di qualche Santo, in realtà dico loro: “La comunione con voi mi aiuti a sperimentare l’amore di Dio, renda Gesù Signore realtà viva in me; siatemi di esempio e di aiuto per accettare il mistero di Dio, per sostenere sempre la mia fede nella sua bontà immensa;  chiedo il vostro soccorso perchè credo nella comunione dei santi, che misteriosamente aiuta la crescita della fede e della carità di tutti i credenti; e ponendomi di fronte a voi, che avete mirabilmente seguito il Signore nella vostra vita, mi riconosco ancor più peccatore, fragile, debole e bisognoso di quella salvezza piena che solo Dio può darci”.

Pregare è quindi sempre rispondere nell’amore a Colui che è Amore (1 Gv 4,8) e che altro non ci dona che Amore.

Letture della
XXIX DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – ANNO C

Prima Lettura

Quando Mosè alzava le mani, Israele prevaleva.

Dal libro dell’Èsodo
Es 17,8-13

 
In quei giorni, Amalèk venne a combattere contro Israele a Refidìm.
 
Mosè disse a Giosuè: «Scegli per noi alcuni uomini ed esci in battaglia contro Amalèk. Domani io starò ritto sulla cima del colle, con in mano il bastone di Dio». Giosuè eseguì quanto gli aveva ordinato Mosè per combattere contro Amalèk, mentre Mosè, Aronne e Cur salirono sulla cima del colle.
 
Quando Mosè alzava le mani, Israele prevaleva; ma quando le lasciava cadere, prevaleva Amalèk. Poiché Mosè sentiva pesare le mani, presero una pietra, la collocarono sotto di lui ed egli vi si sedette, mentre Aronne e Cur, uno da una parte e l’altro dall’altra, sostenevano le sue mani. Così le sue mani rimasero ferme fino al tramonto del sole.
 
Giosuè sconfisse Amalèk e il suo popolo, passandoli poi a fil di spada.

Parola di Dio

Salmo Responsoriale

Dal Sal 120 (121)
R. Il mio aiuto viene dal Signore.

Alzo gli occhi verso i monti:
da dove mi verrà l’aiuto?
Il mio aiuto viene dal Signore:
egli ha fatto cielo e terra. R.
 
Non lascerà vacillare il tuo piede,
non si addormenterà il tuo custode.
Non si addormenterà, non prenderà sonno
il custode d’Israele. R.
 
Il Signore è il tuo custode,
il Signore è la tua ombra
e sta alla tua destra.
Di giorno non ti colpirà il sole,
né la luna di notte. R.
 
Il Signore ti custodirà da ogni male:
egli custodirà la tua vita.
Il Signore ti custodirà quando esci e quando entri,
da ora e per sempre. R.

Seconda Lettura

L’uomo di Dio sia completo e ben preparato per ogni opera buona.

Dalla seconda lettera di san Paolo apostolo a Timòteo
2 Tm 3,14 – 4,2

 
Figlio mio, tu rimani saldo in quello che hai imparato e che credi fermamente. Conosci coloro da cui lo hai appreso e conosci le sacre Scritture fin dall’infanzia: queste possono istruirti per la salvezza, che si ottiene mediante la fede in Cristo Gesù.
 
Tutta la Scrittura, ispirata da Dio, è anche utile per insegnare, convincere, correggere ed educare nella giustizia, perché l’uomo di Dio sia completo e ben preparato per ogni opera buona.
 
Ti scongiuro davanti a Dio e a Cristo Gesù, che verrà a giudicare i vivi e i morti, per la sua manifestazione e il suo regno: annuncia la Parola, insisti al momento opportuno e non opportuno, ammonisci, rimprovera, esorta con ogni magnanimità e insegnamento.

Parola di Dio

Vangelo

Dio farà giustizia ai suoi eletti che gridano verso di lui.

Dal Vangelo secondo Luca
Lc 18,1-8

 
In quel tempo, Gesù diceva ai suoi discepoli una parabola sulla necessità di pregare sempre, senza stancarsi mai:
 
«In una città viveva un giudice, che non temeva Dio né aveva riguardo per alcuno. In quella città c’era anche una vedova, che andava da lui e gli diceva: “Fammi giustizia contro il mio avversario”.
 
Per un po’ di tempo egli non volle; ma poi disse tra sé: “Anche se non temo Dio e non ho riguardo per alcuno, dato che questa vedova mi dà tanto fastidio, le farò giustizia perché non venga continuamente a importunarmi”».
 
E il Signore soggiunse: «Ascoltate ciò che dice il giudice disonesto. E Dio non farà forse giustizia ai suoi eletti, che gridano giorno e notte verso di lui? Li farà forse aspettare a lungo? Io vi dico che farà loro giustizia prontamente. Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?».

Parola del Signore

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