Il commento alle letture di domenica 2 settembre 2018 a cura di don Enzo Pacini cappellano del carcere «La Dogaia» di Prato.
Se i «nostri valori» sono solo una bandiera
Riprende con questa domenica la lettura progressiva del Vangelo di Marco che ci presenta un argomento di una certa complessità, ovvero il rapporto di Gesù Cristo con la legge di Dio e le sue interpretazioni.
I Vangeli ci presentano il Cristo come colui che compie le esigenza più profonde della legge divina, non un semplice battitore libero dall’impostazione anarchica (cf. Mt 5,17), ciononostante nascono frizioni non da poco con le autorità religiose: le guarigioni operate di sabato (cf. Gv 9,16), come pure l’inosservanza di alcune norme, come nel vangelo di oggi (Mc 7,1-23), gli otterranno una vera e propria maledizione scagliata dai capi (cf. Gv 7,49) e perfino i primi annunciatori, come Stefano, dovranno scontrarsi contro la convinzione che Cristo sia venuto a sovvertire i costumi di Mosè (cf. At 6,14).
Sarebbe però abbastanza superficiale limitarsi a considerare tutto ciò solo come il richiamo ad un’osservanza che coinvolga tutto il proprio essere in contrapposizione al legalismo farisaico. In realtà quando si parla di legge, di ogni legge, questo rischio è sempre dietro l’angolo, non necessariamente per malafede o superficialità.
Nell’esperienza umana tutti i valori più profondi ed elevati richiedono una traduzione pratica, così come qualsiasi legge necessita di decreti attuativi perché non rimanga astratta, ma proprio lì si annida il rischio dell’inaridimento nei mille rivoli della casistica e la legge di Dio non fa differenza: il rischio della sua atomizzazione in comportamenti prefissati e controllabili tipici del legalismo non è una prerogativa del mondo ebraico, anche il Vangelo, nel corso dei secoli, ha corso più di una volta questo rischio, quando si è trasformato in codice, in tradizioni anche venerande, ma che hanno finito per assorbirne la novità, riducendolo a semplice «tradizione degli antichi», con quasi più nessuno slancio di novità.
Ogni legge si scontra con la difficoltà di offrire modelli di traduzione dei grandi valori nelle situazioni, è perciò necessario un centro di elaborazione che potremmo chiamare con vari nomi, coscienza, dialogo, confronto, ricerca del bene comune, ascolto. Se questo centro nodale dalle molteplici sfaccettature viene a mancare, la legge si svuota e diviene un ostacolo al valore che dovrebbe veicolare. Da questo punto di vista la ricerca di regole sempre più dettagliate per far fronte all’emergere di problemi diversi, tipica del nostro tempo, rischia di non portare a nulla se manca il centro della riflessione personale e comunitaria, la dialettica e il confronto. La proliferazione di leggi, leggine e regolamenti, a volte scaturita dal tentativo di evitare la difficoltà di questo confronto rischia di produrre effetti opposti a quelli auspicati.
La difficoltà anche nella Chiesa di riflettere su temi scottanti, su cambiamenti epocali e profondi, fino alle accuse di infedeltà alla tradizione rivolte allo stesso vescovo di Roma tacciato da alcuni di eccessive aperture, manifesta la fatica ad aprirsi a una ricerca feconda che vada al di là della riproposta di formule rassicuranti ma in realtà svuotate di significato.
E la stessa ansia di ribadire l’importanza di simboli identitari forti anche religiosi, i «nostri valori» spesso sbandierati, può distogliere da quell’attenzione all’orfano e alla vedova che per l’apostolo Giacomo è l’essenza di una religione pura e senza macchia (cf. Gc 1, 17-27; 2a lettura).
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XXII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – Anno B
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- Colore liturgico: Verde
- Dt 4, 1-2. 6-8; Sal.14; Gc 1, 17-18. 21-27; Mc 7,1-8.14-15.21-23
Trascurando il comandamento di Dio, voi osservate la tradizione degli uomini.
Dal Vangelo secondo Marco
Mc 7,1-8.14-15.21-23
In quel tempo, si riunirono attorno a Gesù i farisei e alcuni degli scribi, venuti da Gerusalemme.
Avendo visto che alcuni dei suoi discepoli prendevano cibo con mani impure, cioè non lavate – i farisei infatti e tutti i Giudei non mangiano se non si sono lavati accuratamente le mani, attenendosi alla tradizione degli antichi e, tornando dal mercato, non mangiano senza aver fatto le abluzioni, e osservano molte altre cose per tradizione, come lavature di bicchieri, di stoviglie, di oggetti di rame e di letti –, quei farisei e scribi lo interrogarono: «Perché i tuoi discepoli non si comportano secondo la tradizione degli antichi, ma prendono cibo con mani impure?».
Ed egli rispose loro: «Bene ha profetato Isaìa di voi, ipocriti, come sta scritto:
“Questo popolo mi onora con le labbra,
ma il suo cuore è lontano da me.
Invano mi rendono culto,
insegnando dottrine che sono precetti di uomini”.
Trascurando il comandamento di Dio, voi osservate
la tradizione degli uomini».
Chiamata di nuovo la folla, diceva loro: «Ascoltatemi tutti e comprendete bene! Non c’è nulla fuori dell’uomo che, entrando in lui, possa renderlo impuro. Ma sono le cose che escono dall’uomo a renderlo impuro». E diceva [ai suoi discepoli]: «Dal di dentro infatti, cioè dal cuore degli uomini, escono i propositi di male: impurità, furti, omicidi, adultèri, avidità, malvagità, inganno, dissolutezza, invidia, calunnia, superbia, stoltezza. Tutte queste cose cattive vengono fuori dall’interno e rendono impuro l’uomo».
C: Parola del Signore.
A: Lode a Te o Cristo.
- 02 – 08 Settembre 2018
- Tempo Ordinario XXII
- Colore Verde
- Lezionario: Ciclo B
- Anno: II
- Salterio: sett. 2
Fonte: LaSacraBibbia.net
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