Commento alle letture di domenica 19 Luglio 2020 – Carlo Miglietta

Il commento alle letture di domenica 19 Luglio 2020 a cura di Carlo Miglietta, biblista; il suo sito è “Buona Bibbia a tutti“.

Se la misericordia di Dio raggiunge tutti gli uomini, anche gli empi e peccatori, che senso ha parlare ancora di inferno? Un padre così amoroso e così tenero verso i suoi figli come può sopportare che essi brucino tra le fiamme in eterno? Non sarebbe questa una sconfitta del suo amore infinito, oltre che un dolore profondo per Dio stesso?[1]

Innanzitutto ricordiamoci che le immagini bibliche che parlano del fuoco in senso escatologico spesso non indicano una punizione ma una purificazione: “Quando il Signore avrà lavato le brutture delle figlie di Sion e avrà pulito l’interno di Gerusalemme dal sangue che vi è stato versato con lo spirito di giustizia e con lo spirito dello sterminio, allora verrà il Signore su ogni punto del monte Sion e su tutte le sue assemblee come una nube e come fumo di giorno, come bagliore di fuoco e fiamma di notte” (Is 4,4-5). “Egli è come il fuoco del fonditore e come la lisciva dei lavandai. Siederà per fondere e purificare; purificherà i figli di Levi, li affinerà come oro e argento, perché possano offrire al Signore un’oblazione secondo giustizia. Allora l’offerta di Giuda e di Gerusalemme sarà gradita al Signore come nei giorni antichi, come negli anni lontani” (Ml 3,1-4); “Lo farò passare per il fuoco e lo purificherò come si purifica l’argento; lo proverò come si prova l’oro. Invocherà il mio nome ed io l’ascolterò; dirò: <<Questo è il mio popolo>>. Esso dirà: <<Il Signore è il mio Dio>>” (Zc 13,9)[2]. Anche Paolo vede nel fuoco del giorno del giudizio un mezzo di salvezza, con parole chiarissime ma che poco meditiamo: “L’opera di ciascuno sarà ben visibile: la farà conoscere quel giorno che si manifesterà col fuoco, e il fuoco proverà la qualità dell’opera di ciascuno. Se l’opera che uno costruì sul fondamento resisterà, costui ne riceverà una ricompensa; ma se l’opera finirà bruciata, sarà punito: tuttavia egli si salverà, però come attraverso il fuoco” (1 Cor 3,13-15).

Molti oggi vedono il purgatorio come una sorta di “tempo supplementare”, di “extra time”, che Dio concede dopo la morte a quanti lo hanno rifiutato in vita per dare loro un’ulteriore possibilità di conversione[3], [4]. Ma che dire dell’inferno?

Molti padri della Chiesa, come Clemente Alessandrino[5], Origene[6][7], Gregorio di Nissa [8], [9], Ambrogio, Girolamo[10], Gregorio di Nazianzo, Evagrio Pontico, Teodoro di Mopsuestia[11], Massimo il Confessore[12], elaborarono la dottrina dell’“apocatastasi” (apokatàstasis), o “ristabilimento” o “reintegrazione”, che trova il suo fondamento biblico in quei testi che affermano che, alla fine dei tempi, “tutto sarà stato sottomesso al Figlio…, perché Dio sia tutto in tutti” (1 Cor 15,27-28), e che “piacque a Dio di fare abitare nel Figlio ogni pienezza, e per mezzo di lui riconciliare a sé tutte le cose, rappacificando con il sangue della sua croce, cioè per mezzo di lui, le cose che stanno sulla terra e quelle nei cieli” (Col 1,19-20); Gesù “deve essere accolto in cielo fino ai tempi della restaurazione di tutte le cose” (At 3,21). I sostenitori di questa tesi affermano che l’inferno è una realtà temporanea, che quindi avrà termine, e alla fine vi sarà riconciliazione per tutti, compresi i demoni: l’amore infinito di Dio infatti non può trovare limiti, e alla fine trionferà su tutto e tutti. La dottrina dell’apocatastasi fu però condannata prima da un editto contro gli origenisti da parte dell’imperatore d’Oriente Giustiniano, nel 543, e poi considerata eresia dalla Chiesa nel V Concilio Ecumenico, il Concilio di Costantinopoli, sempre del 543[13], condanna poi ribadita da altri Concili.

Secondo la Chiesa esiste quindi la possibilità teorica che l’uomo dica un “no” definitivo a Dio e che quindi, allontanandosi per sempre da lui, fonte di gioia, di vita e  di pienezza, si trovi in quella realtà di infelicità, di morte, di non senso, che noi chiamiamo comunemente “inferno”. Ma praticamente è possibile che l’uomo dica un no definitivo a un Dio tanto amabile, tanto tenero, tanto meraviglioso, tanto appassionante, tanto affascinante?

Da sempre, nella Chiesa, si trovano due linee di risposte, che già cominciano negli scritti del Nuovo Testamento e che continuano nel dibattito dei Padri e dei teologi. Da una parte ci sono i “giustizialisti”, che affermano che l’inferno è pieno dei tanti malvagi e violenti che hanno infestato e infestano la terra. Dall’altra parte i cosiddetti “misericordiosi”, che affermano che sì l’inferno esiste, ma che probabilmente è vuoto, perché è davvero difficile che l’uomo rifiuti Dio con piena avvertenza e deliberato consenso. Spesso chi si oppone a Dio lo fa perché di lui ha avuto una visione distorta o una cattiva testimonianza da parte dei credenti, e quindi la sua responsabilità personale è limitata. D’altra parte lo stesso Gesù, sulla croce non solo perdonò i suoi carnefici, ma li scusò, affermando: “Non sanno quello che fanno” (Lc 23,34): cioè li definì incapaci di intendere e di volere. Inoltre quando Pietro nella sua prima lettera parla della discesa agli inferi di Gesù, afferma che egli “andò a proclamare la salvezza” a quelli che nella Mishnà[14] e nel Midrash[15] erano considerati i prototipi della disobbedienza e incredulità, “a quelle persone che avevano rifiutato di credere… nei giorni di Noè” (1 Pt 3,18-20), cioè ai dannati.

Mentre tra i “giustizialisti” annoveriamo Agostino[16], [17], Tommaso[18], Calvino, tra i “misericordiosi”, per parlare solo degli autori più recenti, ricordiamo Hans Urs Von Balthasar, nominato cardinale da Giovanni Paolo II e autore del libro “Sperare per tutti”, che afferma: “Non è consentita la disperazione a riguardo di un solo peccatore, e ciò ha valore anche per Giuda”[19]. Sulla linea di Von Balthasar troviamo teologi del calibro di Henri de Lubac,  lo stesso Joseph Ratzinger, Walter Kasper, Romano Guardini, Karl Rahner[20] e Carlo Maria Martini[21].

Scriveva Angelo Roncalli, futuro Papa Giovanni XXIII, quando era ancora chierico: “Non ci arrivo a credere come il mio Gesù, che oggi mi tratta con tanta confidenza e bontà, un giorno mi si debba presentare innanzi con il volto infiammato di ira divina a giudicarmi”[22].

Credo che ogni credente oggi possa porsi sull’una o sull’altra linea, ricordando però il monito evangelico: “Siate misericordiosi come è misericordioso il Padre vostro…, perché con la misura con cui misurate, sarà misurato a voi in cambio” (Lc 7,36-38).  

  • [1] Miglietta C., L’ingiustizia di Dio e altre anomalie del suo Amore…, Gribaudi, Milano, 2013, pgg. 218-242
  • [2] Ger 48,47; 49,6
  • [3] Martini C. M., Avvenire, 13 febbraio 2009
  • [4] Martini C. M., Conversazioni notturne a Gerusalemme, Mondadori, Milano, 2008, pg. 19
  • [5] Clemente di Alessandria, Stromati VII, 2,12; ed. it. Stromati. Note di vera filosofia, a cura di Pini G., San Paolo, Milano, 1985, pg. 788
  • [6] Origene, De Principiis III, 6,8; ed. it. I Principi, a cura di Simonetti M., UTET, Torino, 1989, pg. 477
  • [7] Origene, De Principiis III, 6,8; ed. it. I Principi, a cura di Simonetti M., UTET, Torino, 1989, pg. 472
  • [8] Gregorio di Nissa, Grande Catechesi, 26,3, in Gregorio di Nissa, Opere, introduzione, traduzione e commento, a cura di Moreschini C., UTET, Torino, 1992  
  • [9] Gregorio di Nissa, Dialogus de anime et resurrectione; ed. it. L’anima e la resurrezione, a cura di Lilla S., Città Nuova, Roma, 1981, pg. 77
  • [10] Piolanti A., La comunione dei santi e la vita eterna, Libreria editrice Fiorentina, Firenze, 1957, pgg. 407-408
  • [11] Rahne K., Vorgrimer H., Dizionario di teologia, Tea, Milano, 1994
  • [12] Von Balthasar H. U., Teodrammatica V. L’ultimo atto, Jaka Book, Milano, 1995, pg. 272
  • [13] Denzinger, n. 411
  • [14] Shanedrin 10,3
  • [15] Genesi Rabbà 28,9
  • [16] Lettieri G., L’altro Agostino. Ermeneutica e retorica della grazia dalla crisi alla metamorfosi del “De doctrina christiana”, Morcelliana, Brescia, 2001
  • [17] Agostino di Ippona, De civitate Dei, XXI,17; ed. it. La città di Dio, a cura di Alici L., Rusconi, Milano, 1992, pg. 1091
  • [18] Tommaso d’Aquino, Summa Theologiae, I-II, q. 99, a. 1, ad 4
  • [19] Von Balthasar H. U., Teodrammatica V. L’ultimo atto, Jaka Book, Milano, 1995, pg. 240
  • [20] Von Balthasar H. U., Sperare per tutti, Jaka Book, Milano, 1997, pg. 125
  • [21] Martini C. M., Conversazioni notturne a Gerusalemme, Mondadori, Milano, 2008, pg. 18
  • [22] Giovanni XXIII, Il giornale dell’anima, San Paolo, Cinisello Balsamo (MI), 1989, pg. 171, par. 246

Carlo Miglietta


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