La Resurrezione di Gesù, fatto storico
Nel racconto dell’apparizione di Gesù ai discepoli (24,36-49) soltanto Gesù agisce e parla: saluta, domanda, rimprovera, mostra le mani e i piedi e, perfino, mangia davanti ai suoi discepoli. Non si dice se hanno toccato Gesù e neppure, almeno esplicitamente, se hanno creduto. Di loro, però, sono descritti i sentimenti interiori: lo sconcerto e la paura, il turbamento e il dubbio, lo stupore e l’incredulità, la gioia.
Raccontando questo episodio l’evangelista ha certamente un’intenzione apologetica (elogio in difesa di una persona o di una dottrina). Gesù offre via via prove sempre più convincenti in una sorta di itinerario progressivo che proprio qui si conclude: il sepolcro vuoto, l’apparizione degli angeli alle donne, l’incontro con i due discepoli di Emmaus, l’apparizione a Pietro e, infine, a tutti gli undici riuniti. Qui Gesù mostra le mani e i piedi, si fa vedere come una persona in carne e ossa, mangia una porzione di pesce. Gesù è veramente risorto! La sua persona è reale e concreta, non un fantasma evanescente.
La necessità di conoscere la Scritture
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Il Risorto “dischiude loro la mente per comprendere le Scritture” (24,45). Senza l’intelligenza delle Scritture il discepolo può trovarsi accanto al Signore senza riconoscere chi Egli sia. E’ la terza volta che l’evangelista ritorna su questo discorso (24,7.26.46). Qui però c’è una precisazione in più. Gli eventi rinchiusi nella divina necessità non sono due ma tre: la passione, la risurrezione, la predicazione a tutte le genti.
“Bisogna”, “devono” (Lc 24,44): perché allora siamo così tiepidi e timorosi nell’annuncio del Vangelo? Perché forse non abbiamo incontrato personalmente il Risorto nella meditazione della Scrittura, perché dedichiamo troppo poco tempo alla contemplazione orante della sua Parola: abbiamo bisogno anche noi che il Cristo ci aiuti a capire la Bibbia, “cominciando da Mosè e da tutti i Profeti” (Lc 24,27) e “nei Salmi” (Lc 24,44), così che possiamo dire come Paolo: “E’ apparso anche a me!” (1 Cor 15,8).
La missione
“Di questo voi siete testimoni” (Lc 24,48): così si conclude il Vangelo di oggi. L’esperienza del Risorto non è qualcosa di personale, di intimistico: è gioia da traboccare agli altri, è entusiasmo che diventa contagioso. Gli apostoli diventano subito “testimoni della sua resurrezione” (At 1,22; 4,33). Il grande annuncio di Pietro e di tutti gli Apostoli è proprio che “voi avete ucciso l’autore della vita, ma Dio l’ha risuscitato, e di questo noi siamo testimoni” (prima lettura: At 3,14-15.26; cfr 2,22-36; 4,10; 5,30; 10,40-41; 17,18…): con questo compito essi sono mandati a tutte le genti (Vangelo: Lc 24,47), perché Cristo è Salvatore “di tutto il mondo” (1 Gv 2,1-5)!
Anche la missione è inclusa nella divina necessità, non è ai margini dell’evento cristologico, ma ne fa parte. Destinatari dell’annuncio sono “tutte le genti”, dunque l’universalità più ampia possibile. E l’annuncio deve avvenire “nel suo nome”, cioè, deve poggiare sulla sua autorità, non su altro.
Anche noi oggi siamo chiamati da Gesù ad essere testimoni della sua Resurrezione: tutti abbiamo questa vocazione, preti, suore e laici. Per tutti vale l’ammonimento di Paolo: “E’ un dovere per me predicare il vangelo: guai a me se non predicassi il vangelo!” (1 Cor 9,16); tutti dobbiamo annunziare la Parola “in ogni occasione, opportuna e non opportuna” (2 Tm 4,2). E se preti e consacrati lo fanno “istituzionalmente”, è ai miei fratelli laici che oggi voglio riservare una particolare riflessione: ci dice infatti il Concilio: “Ogni laico deve essere un testimone della resurrezione e della vita del Signore Gesù e un segno del Dio vivo al cospetto del mondo” (LG 38); “I laici sono soprattutto chiamati a rendere presente e operosa la Chiesa in quei luoghi e in quelle circostanze in cui essa non può diventare sale della terra se non per mezzo loro… Grava quindi su tutti i laici il glorioso peso di lavorare affinché il divino disegno di salvezza raggiunga ogni giorno più tutti gli uomini di tutti i tempi e di tutta la terra. Sia perciò loro aperta qualunque via (ndr: !!!) affinché… anch’essi attivamente partecipino all’opera salvifica della Chiesa” (LG 33); “Cristo… adempie il suo ufficio profetico… anche per mezzo del laici, che perciò costituisce suoi testimoni e provvede del senso della fede e della grazia della parola (cfr At 2,17-18; Ap 19,10)… In questo ufficio appare di grande valore quello stato di vita che è santificato da uno speciale sacramento, cioè la vita matrimoniale a familiare. Là si ha l’esercizio ed una eccellente scuola di apostolato dei laici… La famiglia cristiana proclama ad alta voce e le virtù presenti del Regno di Dio e la speranza della vita beata… I laici quindi, anche quando sono occupati in cure temporali, possono e devono esercitare una preziosa azione per l’evangelizzazione del mondo….; bisogna che tutti cooperino alla dilatazione e all’incremento del Regno di Cristo nel mondo” (LG 35).
Contenuto dell’annuncio è la conversione e il perdono. La conversione è in primo luogo la conversione della mente, una conversione teologica: il Crocifisso è rivelazione di Dio, non sconfitta. Annunciare il perdono dei peccati è proclamare che l’amore di Dio è più grande del nostro peccato. Annunciare la Croce significa annunciare un Dio che perdona.
Apriamoci con generosità allo Spirito Santo, che ci “guida alla verità tutta intera” (Gv 16,13), che ci dà “il potere di esprimerci” (At 2,4; 4,8), che “parla in noi” anche “davanti ai governatori e ai re” (Mt 10,18-20), che “ci rende testimonianza” perché “anche noi rendiamo testimonianza” (Gv 15,26-27), così che diventiamo “testimoni noi e lo Spirito Santo” (At 5,32), in un’unità che ci dà forza, coraggio, felicità…
Carlo Miglietta