Il commento alle letture di domenica 15 marzo 2020 a cura di Carlo Miglietta, biblista; il suo sito è “Buona Bibbia a tutti“.
Lo Spirito Santo, acqua viva che spegne la sete
Letture: Es 17,3-7; Rm 5,1-2.5-8; Gv 4,5-42
Dopo il “segno” messianico della purificazione del tempio (Gv 2,13-25), Gesù si offre a chi è nelle tenebre, come Nicodemo (Gv 3,1-21), rappresentante del giudaismo ortodosso, a chi è emarginato perché impuro, come il pagano funzionario regio (Gv 4,43-54), e nel Vangelo odierno a una Samaritana (Gv 4,5-42). I Samaritani erano dei “bastardi” dal punto di vista religioso: nel 721 a. C. gli Assiri deportarono gran parte degli Ebrei che vivevano in Samaria, e li sostituirono con coloni fatti venire dall’Assiria. Questi non solo inquinarono la “purezza etnica” di Israele ma, portando con sé le proprie tradizioni idolatre, finirono per contaminare la fede degli Ebrei rimasti (2 Re 17,1-41). Verso la fine del IV sec. a. C. si concluse l’incessante storica rivalità tra nord e sud (Esd 4) con lo scisma samaritano, con la costruzione di un nuovo santuario sul Garizim, presso Sichem, e l’accettazione da parte dei Samaritani soltanto dei libri del Pentateuco (alcuni leggono in questo senso l’allusione di Gesù ai “cinque mariti” della donna in Gv 4,18).
Gesù si rivela quindi ad una scomunicata dalla Chiesa ufficiale, ed inoltre considerata inferiore perché donna, al punto che “i discepoli si meravigliarono che stesse a discorrere con una donna” (Gv 4,27). Per liberarci e salvarci, Gesù supera ogni legge e ogni regola cultuale o di appartenenza. Ecco perché rompe la segregazione dei lebbrosi con un gesto provocatorio, toccandoli e contravvenendo così alla Torah (Mc 1,40-45; Lv 13,45-46); accoglie l’adultera perdonandola, disobbedendo all’obbligo di lapidarla (Gv 8,1-11; Lv 20,10; Dt 22,22-24); si lascia toccare e baciare da una prostituta in casa di Simone, tra lo scandalo generale (Lc 7,36-50); guarisce anche in giorno di sabato (Mc 3,1-6). Per lui non esistono i “lontani”!
Per cogliere l’importanza vitale del tema dell’acqua bisogna ricordare che Gesù parla a gente che vive in zone desertiche, dove trovare ogni giorno l’acqua è la tensione principale per la sopravvivenza. La prima Lettura ci presenta infatti una delle prove più gravi per Israele nel suo Esodo, quella della mancanza di acqua, prodigiosamente risolta dalla Provvidenza di Dio (Es 17,3-7). Paolo rileggerà questo evento identificando la roccia da cui sgorgava l’acqua nel deserto con Cristo stesso: “Bevevano infatti da una roccia spirituale che li accompagnava, e quella roccia era il Cristo” (1 Cor 10,3-4).
Per l’Antico Testamento, l’acqua che prorompeva dalla roccia divina era la Sapienza (Pr 18,4), era la Legge di Dio (Sir 24,23-29). Per Gesù, l’acqua viva che egli dona è lo Spirito Santo: “Gesù esclamò ad alta voce: <<Chi ha sete venga a me e beva chi crede in me; come dice la Scrittura: fiumi di acqua viva sgorgheranno dal suo seno>>. Questo egli disse riferendosi allo Spirito che avrebbero ricevuto i credenti in lui: infatti non c’era ancora lo Spirito, perché Gesù non era stato ancora glorificato” (Gv 7,37-39). Quest’acqua viva uscirà dal suo costato (Gv 19,35), quando egli “emetterà lo Spirito” (Gv 19,30).
Paolo mirabilmente nella seconda Lettura annuncia la soddisfazione di ogni nostra sete e il compimento della nostra speranza, descrivendo il significato più profondo della salvezza con un versetto che probabilmente è il cuore di tutta la lettera ai Romani: “L’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato” (Rm 8,5). E’ lo Spirito Santo d’amore, a cui “tutti ci siamo abbeverati” (1 Cor 12,13), che ci disseta, ci sazia, ci riempie, ci rende felici, mettendoci in relazione profonda con quel Dio che “è Spirito – e quelli che lo adorano devono adorarlo in Spirito -” (Gv 4,24), facendoci sperimentare la sua tenerezza, rendendoci capaci di preghiera autentica (Rm 8,15.26).
“Attraverso la comunione al suo corpo e al suo sangue, Cristo ci comunica anche il suo Spirito” (Giovanni Paolo II, Ecclesia de Eucharistia, n. 17). ”La comunione con Cristo è dunque comunione con lo Spirito. Ogni volta che bevi…, sei inebriato dallo Spirito” (S. Ambrogio).
La Samaritana, dopo il colloquio con Gesù, lascia la brocca e corre in città ad annunciare di aver trovato il Messia (Gv 4,29). L’incontro con Cristo non risolve solo le nostre ansie esistenziali personali: ci spinge alla missione. Che tutti noi sappiamo riempirci in ogni Eucarestia dello Spirito d’Amore di Cristo, per poi correre come la Samaritana ad annunciarne l’Evangelo a tutti quelli che incontriamo.
Carlo Miglietta