Commento alle letture di domenica 11 Agosto 2019 – Carlo Miglietta

Il commento alle letture di domenica 11 agosto 2019 a cura di Carlo Miglietta, biblista; il suo sito è “Buona Bibbia a tutti“.

La condivisione, segno escatologico

Spesso siamo occupati dalla ricerca dei beni terreni e ci dimentichiamo dei beni eterni. Giacomo ammonisce: “Voi dite: <<Oggi o domani andremo nella tal città e vi passeremo un anno e faremo affari e guadagni>>, mentre non sapete che cosa sarà domani! Ma che vita mai è la vostra? Siete come vapore che appare un istante e poi scompare” (Gc 4,13). Ci ricorda Paolo: “Se siete risorti con Cristo, cercate le cose di lassù, dove si trova Cristo assiso alla destra di Dio; pensate alle cose di lassù, non a quelle della terra. Voi infatti siete morti e le vostra vita è omai nascosta con Cristo in Dio!” (Col 3,1-3): la dimensione ultraterrena è ormai fondamentale per il credente. Invece “ai ricchi manca la vigilanza escatologica; nella loro vita di piacere non riconoscono i segni del tempo” (F. Mussner, op. cit.,  pg. 284).

In quest’ottica, il Nuovo Testamento propone una gestione dei beni economici del tutto particolare: è il cielo il vero investimento finanziario, la vera banca, il luogo dove conviene far fruttare i capitali: “Vendete ciò che avete e datelo in elemosina; fatevi borse che non invecchiano, un tesoro inesauribile nei cieli” (Lc 12,33-34); “Non accumulatevi tesori sulla terra, dove tignola e ruggine consumano e dove ladri scassinano e rubano; accumulatevi invece tesori nel cielo, dove né tignola né ruggine consumano, e dove ladri non scassinano e non rubano. Perché là dov’è il tuo tesoro, sarà anche il tuo cuore” (Mt 6,19-21). Già il Siracide aveva detto: “Perdi pure denaro per un fratello e amico, non si arrugginisca inutilmente sotto una pietra. Sfrutta le ricchezze secondo i comandi dell’Altissimo; ti saranno più utili dell’oro. Rinserra l’elemosina nei tuoi scrigni ed essa ti libererà da ogni disgrazia. Meglio di uno scudo resistente e di una lancia pesante, combatterà per te di fronte al nemico” (Sir 29,10-13). Paolo scrive a Timoteo: “Ai ricchi in questo mondo raccomanda… di arricchirsi di opere buone…, mettendosi così da parte un buon capitale per il futuro, per acquistarsi la vita vera” (1 Tm 6,17-19).      

Afferma Agostino: “Ti importa accumulare tesori? Non ti dico: <<Rinuncia!>>. Ti dico piuttosto <<dove>> farlo… Dove ti dico di accumulare tesori? Accumulatevi un tesoro nel cielo dove ladro non può avvicinarsi né tarlo o ruggine compromettere” (Sermo Frangip. 3,2).

Scrive Basilio: “Se hai donato all’affamato, il dono diventa tuo e ti è restituito con interesse. Come il seme, gettato nel solco, è fonte di guadagno per chi lo ha seminato, così il pane offerto all’affamato ti renderà in seguito un abbondante profitto. Smetti, dunque, di coltivare i campi e comincia la semina per il cielo. Infatti è scritto: <<Seminate per voi secondo giustizia>>… La gloria eterna, la corona della giustizia, il regno dei cieli premieranno la tua amministrazione di questi beni corruttibili” (Basilio, Ricchezza, povertà e condivisione, Edizioni Messaggero, Padova, 1990, pgg. 32-33); “Il Signore insegna che le ricchezze che si disperdono, si posseggono; ma se si conservano, passano ad altri. Se tu le conservi, non le avrai, se le disperderai, non le perderai: <<Egli dona largamente ai poveri, la sua giustizia rimane per sempre>> (Sl 112,9)” (Basilio, op. cit., pgg. 48-49).

La rinuncia per amore è quindi segno escatologico della presenza del Regno: “La testimonianza del povero di Dio si esprime nella sua attesa attiva del Regno e della sua giustizia e non nel coltivare la povertà come se fosse un ideale di vita… Per il ricco, questa esigenza di spartire con i poveri sarà una testimonianza del fatto che vive in ansiosa attesa del Regno di giustizia. In altre parole: la rinuncia ai beni terreni fa parte di questa escatologia… La sfida lanciata dai poveri e dalla povertà alla comunità della fede, suscita allora in essa un atteggiamento di testimonianza militante, dal carattere profetico: annuncio della giustizia di Dio e denunzia dell’ingiustizia degli uomini… Il rifiuto delle ricchezze e l’amor fraterno verso il prossimo derelitto è il segno della disponibilità a Gesù e dell’apertura al Regno che viene” (J. de S. Ana, op. cit., pgg. 42.46.56-57).

Diceva ancora monsignor Tonino Bello: “Farsi povero significa accendere una freccia stradale per indicare ai viandanti distratti la dimensione <<simbolica>> della ricchezza, e far prendere coscienza a tutti della realtà significata che sta oltre. Significa, in ultima analisi, divenire parabola vivente della <<ulteriorità>>. In questo senso, la povertà, prima che rinuncia, è un annuncio. E’ l’annuncio del Regno che verrà” (A. Bello, Sui sentieri di Isaia, Luce e Vita insieme, Molfetta, 1989, pg. 87).

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Il Dio che si fa nostro servo

In Luca è al banchetto finale che si manifesterà ancora appieno lo stupefacente amore di Dio. Non sarà un Dio, come spesso immaginiamo, che resta lì ad aspettare la glorificazione da parte degli eletti, ma Dio stesso si vestirà ancora una volta da servo e addirittura servirà a tavola i beati:

“Siate simili a coloro che aspettano il padrone quando torna dalle nozze, per aprirgli subito, appena arriva e bussa. Beati quei servi che il padrone al suo ritorno troverà ancora svegli; in verità vi dico, si cingerà le sue vesti, li farà mettere a tavola e passerà a servirli” (Lc 12,36-37).

Siamo senza parola di fronte all’eccessiva bontà del Padrone. Egli è lo Sposo che torna dalle nozze. Ci si aspetterebbe che venga trattato con ogni riguardo: è il festeggiato, a lui vanno tutte le attenzioni e gli onori. Invece questo Padrone-Sposo si mette a fare il servo e, dismesso l’abito nuziale e indossata la divisa del lavoratore, serve a tavola i suoi dipendenti.

Non è casuale che il padrone sia “lo Sposo”: la nuzialità è una delle metafore preferite dalla Scrittura per esprimere l’amore di Dio per il suo popolo e per ogni singolo uomo. Solo un Dio amante può rifiutare il dovuto servizio degli uomini e farsi “Servo”  (Gv 13,4-5).

Siamo allora chiamati a vegliare sereni nell’attesa del Signore, “pronti, con la cintura ai fianchi e le lucerne accese…, simili a coloro che aspettano il padrone quando torna dalle nozze, per aprirgli subito, appena arriva e bussa” (Lc 12,35-36). E la morte non ci farà più paura: ma con lo Spirito e la sposa diciamo: “Vieni!” (Ap 22,17) a Gesù, lo Sposo, che dice: “Sì, verrò presto” (Ap 22,20).

Da: C. MIGLIETTA, CONDIVIDERE PER AMORE. La chiamata dei cristiani alla povertà, Gribaudi, Milano, 2003, con prefazione di Arturo Paoli

Letture della
XIX DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – ANNO C

Prima Lettura

Come punisti gli avversari, così glorificasti noi, chiamandoci a te.Dal libro della Sapienza
Sap 18,6-9
La notte [della liberazione] fu preannunciata
ai nostri padri,
perché avessero coraggio,
sapendo bene a quali giuramenti avevano prestato fedeltà.
 
Il tuo popolo infatti era in attesa
della salvezza dei giusti, della rovina dei nemici.
Difatti come punisti gli avversari,
così glorificasti noi, chiamandoci a te.
 
I figli santi dei giusti offrivano sacrifici in segreto
e si imposero, concordi, questa legge divina:
di condividere allo stesso modo successi e pericoli,
intonando subito le sacre lodi dei padri.
Parola di Dio

Salmo Responsoriale

Dal Salmo 32 (33)
R. Beato il popolo scelto dal Signore.Esultate, o giusti, nel Signore;
per gli uomini retti è bella la lode.
Beata la nazione che ha il Signore come Dio,
il popolo che egli ha scelto come sua eredità. R.
 
Ecco, l’occhio del Signore è su chi lo teme,
su chi spera nel suo amore,
per liberarlo dalla morte
e nutrirlo in tempo di fame. R.
 
L’anima nostra attende il Signore:
egli è nostro aiuto e nostro scudo.
Su di noi sia il tuo amore, Signore,
come da te noi speriamo. R.

Seconda Lettura

Aspettava la città il cui architetto e costruttore è Dio stesso.

Dalla lettera agli Ebrei
Eb 11,1-2.8-19


Fratelli, la fede è fondamento di ciò che si spera e prova di ciò che non si vede. Per questa fede i nostri antenati sono stati approvati da Dio.
 
Per fede, Abramo, chiamato da Dio, obbedì partendo per un luogo che doveva ricevere in eredità, e partì senza sapere dove andava.
 
Per fede, egli soggiornò nella terra promessa come in una regione straniera, abitando sotto le tende, come anche Isacco e Giacobbe, coeredi della medesima promessa. Egli aspettava infatti la città dalle salde fondamenta, il cui architetto e costruttore è Dio stesso.
 
Per fede, anche Sara, sebbene fuori dell’età, ricevette la possibilità di diventare madre, perché ritenne degno di fede colui che glielo aveva promesso. Per questo da un uomo solo, e inoltre già segnato dalla morte, nacque una discendenza numerosa come le stelle del cielo e come la sabbia che si trova lungo la spiaggia del mare e non si può contare.
 
Nella fede morirono tutti costoro, senza aver ottenuto i beni promessi, ma li videro e li salutarono solo da lontano, dichiarando di essere stranieri e pellegrini sulla terra. Chi parla così, mostra di essere alla ricerca di una patria. Se avessero pensato a quella da cui erano usciti, avrebbero avuto la possibilità di ritornarvi; ora invece essi aspirano a una patria migliore, cioè a quella celeste. Per questo Dio non si vergogna di essere chiamato loro Dio. Ha preparato infatti per loro una città.
 
Per fede, Abramo, messo alla prova, offrì Isacco, e proprio lui, che aveva ricevuto le promesse, offrì il suo unigenito figlio, del quale era stato detto: «Mediante Isacco avrai una tua discendenza». Egli pensava infatti che Dio è capace di far risorgere anche dai morti: per questo lo riebbe anche come simbolo.
  
Oppure forma breve: Eb 11,1-2.8-12
Aspettava la città il cui architetto e costruttore
è Dio stesso.
Dalla lettera agli Ebrei
 
Fratelli, la fede è fondamento di ciò che si spera e prova di ciò che non si vede. Per questa fede i nostri antenati sono stati approvati da Dio.
 
Per fede, Abramo, chiamato da Dio, obbedì partendo per un luogo che doveva ricevere in eredità, e partì senza sapere dove andava.
 
Per fede, egli soggiornò nella terra promessa come in una regione straniera, abitando sotto le tende, come anche Isacco e Giacobbe, coeredi della medesima promessa. Egli aspettava infatti la città dalle salde fondamenta, il cui architetto e costruttore è Dio stesso.
 
Per fede, anche Sara, sebbene fuori dell’età, ricevette la possibilità di diventare madre, perché ritenne degno di fede colui che glielo aveva promesso. Per questo da un uomo solo, e inoltre già segnato dalla morte, nacque una discendenza numerosa come le stelle del cielo e come la sabbia che si trova lungo la spiaggia del mare e non si può contare.

Parola di Dio

Vangelo

Anche voi tenetevi pronti.

Dal Vangelo secondo Luca
Lc 12, 32-48

 
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
 
«Non temere, piccolo gregge, perché al Padre vostro è piaciuto dare a voi il Regno.
 
Vendete ciò che possedete e datelo in elemosina; fatevi borse che non invecchiano, un tesoro sicuro nei cieli, dove ladro non arriva e tarlo non consuma. Perché, dov’è il vostro tesoro, là sarà anche il vostro cuore.
 
Siate pronti, con le vesti strette ai fianchi e le lampade accese; siate simili a quelli che aspettano il loro padrone quando torna dalle nozze, in modo che, quando arriva e bussa, gli aprano subito.
 
Beati quei servi che il padrone al suo ritorno troverà ancora svegli; in verità io vi dico, si stringerà le vesti ai fianchi, li farà mettere a tavola e passerà a servirli. E se, giungendo nel mezzo della notte o prima dell’alba, li troverà così, beati loro!
 
Cercate di capire questo: se il padrone di casa sapesse a quale ora viene il ladro, non si lascerebbe scassinare la casa. Anche voi tenetevi pronti perché, nell’ora che non immaginate, viene il Figlio dell’uomo».
 
Allora Pietro disse: «Signore, questa parabola la dici per noi o anche per tutti?».
 
Il Signore rispose: «Chi è dunque l’amministratore fidato e prudente, che il padrone metterà a capo della sua servitù per dare la razione di cibo a tempo debito? Beato quel servo che il padrone, arrivando, troverà ad agire così. Davvero io vi dico che lo metterà a capo di tutti i suoi averi.
 
Ma se quel servo dicesse in cuor suo: “Il mio padrone tarda a venire”, e cominciasse a percuotere i servi e le serve, a mangiare, a bere e a ubriacarsi, il padrone di quel servo arriverà un giorno in cui non se l’aspetta e a un’ora che non sa, lo punirà severamente e gli infliggerà la sorte che meritano gli infedeli.
 
Il servo che, conoscendo la volontà del padrone, non avrà disposto o agito secondo la sua volontà, riceverà molte percosse; quello invece che, non conoscendola, avrà fatto cose meritevoli di percosse, ne riceverà poche.
 
A chiunque fu dato molto, molto sarà chiesto; a chi fu affidato molto, sarà richiesto molto di più».
Parola del Signore
  
Oppure forma breve: Lc 12,35-40
Anche voi tenetevi pronti..
Dal Vangelo secondo Luca
 
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
 
«Siate pronti, con le vesti strette ai fianchi e le lampade accese; siate simili a quelli che aspettano il loro padrone quando torna dalle nozze, in modo che, quando arriva e bussa, gli aprano subito.
 
Beati quei servi che il padrone al suo ritorno troverà ancora svegli; in verità io vi dico, si stringerà le vesti ai fianchi, li farà mettere a tavola e passerà a servirli. E se, giungendo nel mezzo della notte o prima dell’alba, li troverà così, beati loro!
 
Cercate di capire questo: se il padrone di casa sapesse a quale ora viene il ladro, non si lascerebbe scassinare la casa. Anche voi tenetevi pronti perché, nell’ora che non immaginate, viene il Figlio dell’uomo».

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