Amici che mi leggete, certamente il mio intento non è fare una predica. Sono una mamma, vorrei usare le letture della domenica per aiutarci a vivere meglio, per correggere l’idea di Dio, che nel corso della vita ci siamo fatti, spesso errata.
La nostra intelligenza non può contenere Dio, allora la tentazione è di rimpicciolire Dio a nostra misura e ci roviniamo la vita. Sì, perché Dio non vuole niente per sé, a lui non manca niente. Vuole invece che ognuno di noi realizzi se stesso come essere umano-divino: non dimentichiamo che siamo sue creature!
Occorre che scopriamo Dio magnanimo e vicino! Quando lo si considera lontano, infatti, si è tentati di pensarlo a misura propria, o anche semplicemente di dimenticarlo. Importante per incontrare Dio è riconoscere che quanto siamo e possediamo è tutto dono di Dio da trafficare per lui e per il prossimo che ci fa incontrare. Il Padre ha fiducia in noi! non è affatto un padrone esoso, né uno sfruttatore esigente, ma uno che fa appello alla nostra responsabilità, alla nostra inventiva, alla nostra operosità. La ricchezza che mette nelle nostre mani non è un regalo destinato solo a noi, a nostro esclusivo beneficio. Sotterrare la nostra fede, coprire la nostra speranza, mortificare l’amore, significa condannarle alla sterilità e vederle appassire. Si tratta di doni inestimabili, ma anche molto fragili, bisognosi di essere spesi nella vita quotidiana.
PROVERBI 31, 10-13. 19.20. 30-31
La prima lettura è tratta dal libro dei Proverbi. E’ una raccolta di nove collezioni di detti, che come tutti sappiamo contengono la sapienza, che in questo caso, non è sapienza umana, ma da tutti i testi sapienziali nasce Qualcuno che esce da Dio stesso: Cristo, Sapienza di Dio. Il testo cerca di scoprire ciò che va verso la vita, non verso la morte. In particolare il brano è al termine del libro ed è un canto della donna ideale. Potrebbe essere un insegnamento di un maestro, che sta per terminare la formazione dei suoi discepoli, che si preparano a mettere su casa. Egli teme che i suoi giovani si lascino attirare solo dalla bellezza. Il valore supremo della donna descritta sta nel fatto che rispetta il Signore. Oppure potrebbe essere anche un elogio funebre a una sposa e madre. Il marito poteva contare su di lei: responsabile degli affari di casa, li ha fatti fruttificare tutti i giorni della sua vita. Certo una donna così, vale più che la ricchezza. Il suo valore sta nell’intelligenza e nella sua attenzione agli altri, non sono solo quelli di casa, ma anche i poveri. Seguiva l’organizzazione dell’impresa del marito, faceva personalmente la pasta per il pane, con la parola e l’esempio esprimeva la sapienza a quanti abitavano o lavoravano nella sua casa. I suoi consigli erano ispirati alla bontà. Se trovate una donna così, qualunque età abbiate non lasciatevela scappare! Va beh, è un po’ esagerata come descrizione, ma siamo abituati che quando uno muore diventa perfetto. Certamente sarà stata una buona sposa e madre ammirata e amata.
Cosa vuole dire a noi oggi quanto abbiamo ascoltato? Ci sono due aspetti nella nostra vita: uno esterno, fatto della laboriosità della donna descritta, artefice di felicità e di sicurezza familiare, larga verso i poveri. La donna che viene esaltata non è la donna che fugge il mondo impaurita. L’altro aspetto della nostra vita è quello in cui sentiamo il nostro limite. Molte volte ci sentiamo dominare da questo aspetto e lo viviamo negativamente. Siamo precari, siamo fragili, siamo gocce di rugiada nel deserto. La saggezza è tener conto dei due aspetti e vivere intrecciando rapporti d’amore, di consolazione, di aiuto verso le creature che sperimentano su di sé i limiti della condizione umana.
Oggi si legge la parabola dei talenti. Puntiamo la nostra attenzione su chi è Dio per noi! Al tempo di Gesù, padroni che intraprendevano lunghi viaggi all’estero per affari o altri scopi, non erano una rarità. I servi principali di una casa avevano i compiti importanti, sovente dovevano sostituire i loro padroni.
Il talento è una somma consistente. Si tratta concretamente di un peso, non di una valuta, perché il valore della valuta dipendeva dal suo peso. Il talento corrisponde a 34 chili. Il primo servo che riceve 5 talenti, riceve 170 chili di oro o di argento. Il secondo ne riceve 2. Questi due servi riescono a far raddoppiare la somma affidata a loro perché il tasso di interesse era molto alto. Il terzo servo, ne riceve 1 solo. Secondo la mentalità rabbinica, lo seppellisce, perché così era raccomandato dalla legge (Es.22,6-7; Lv.5), fa quindi il suo dovere. Cosa c’è che non va? Perché viene rimproverato? Come mai i 2 servi fanno fruttare i talenti? Non era stato chiesto, il padrone aveva solo affidato loro i suoi beni. Agiscono di loro iniziativa. Notate la reazione dei 2 servi:”Subito, quegli che aveva ricevuto 5 talenti se ne andò e li fece fruttare” Perché questa fretta? Agiscono come fossero stati loro averi. In altre parole non agiscono da servi, che eseguiscono ordini, ma come soci e stretti collaboratori del padrone. Sono intelligenti, onesti e affidabili: non approfittano della situazione. Ciò che li differenzia dal terzo è il rapporto col padrone. Non si sentono servi, ma soci.
Il terzo è più come noi, ha paura del padrone. Vi devo confessare che questa parabola mi ha tormentato non poco. Spesso mi giudicavo incapace di far fruttare i miei talenti e mi dicevo: sarò trattata come quel servo! Non ha rubato al suo padrone, non si è fatto derubare, non ha perso il bene che gli è stato affidato e lo restituisce intatto. Il padrone lo rimprovera perché non ha avuto iniziativa, non ha saputo rischiare: è rimasto troppo servo, troppo servile, non ha avuto fiducia nel padrone, ne ha avuto paura. L’ha giudicato duro. Ha voluto salvare il talento e l’ha perso! Gulp! Amici è ora di chiederci chi è per me -Dio-, che mi ha regalato le doti, per esempio la capacità di ascoltare, di pazientare, di perdonare; il buonumore, la sincerità, accorgermi degli altri, la semplicità.. il tempo.? Se faccio crescere queste doti, la felicità si diffonderà “Prendi parte alla mia gioia” dice il padrone. Il servo non aveva capito che l’impegno per sfruttare il suo talento, sarebbe andato a suo beneficio. Gli era stato chiesto di lavorare per se stesso non per il padrone. Dio non è un ragioniere e neanche un commercialista. Non gli interessa la contabilità finale, ma che ognuno cresca interiormente e sia felice. Non è neanche il risultato che dobbiamo guardare ma l’impegno e la fiducia. Ho capito che Dio non mi chiede nient’altro che fidarmi di lui, che è un Padre, mi ama gratuitamente e mi vuole felice. Perché avere paura? Gli sbagli, lo scoraggiamento, le mie debolezze non mi devono fare più paura perché posso contare sull’amore del Padre. Il senso della vita è nell’amore. Solo amando si vince la paura. Se riponiamo la nostra sicurezza nella forza, questa è una falsa sicurezza.
Le parole del padrone apparentemente dure sono invece un accorato lamento del padrone che non è stato capito dal servo:”tu mi hai giudicato duro, accetto questa calunnia, ma tu non hai conosciuto e creduto al mio amore per te. Tu sei mio socio, mio figlio, fidati e non avrai più paura.” Ma chi è duro? Mi pare che lo siamo noi, che non sappiamo amare e non riusciamo a credere che Dio ci ama. Notate che il padrone non vuole indietro niente, rende partecipi i suoi servi dell’intero patrimonio, del suo amore. Una falsa immagine di Dio ha paralizzato la vita del servo.
Non ho più parole, adesso dobbiamo fare i fatti. Sappiamo che Dio creandoci ha voluto condividere qualcosa di se stesso con noi: il suo Amore e vuole che lo condividiamo con gli altri, perché è nella natura stessa dell’amore, essere diffuso.
A cura di Carla Sprinzeles | via Qumran
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XXXIII Domenica del Tempo Ordinario – Anno A
- Colore liturgico: Verde
- Prv 31, 10-13. 19-20. 30-31; Sal.127; 1 Ts 5, 1-6; Mt 25, 14-30
Mt 25, 14-30
Dal Vangelo secondo Matteo
14Sceso dalla barca, egli vide una grande folla, sentì compassione per loro e guarì i loro malati. 15Sul far della sera, gli si avvicinarono i discepoli e gli dissero: «Il luogo è deserto ed è ormai tardi; congeda la folla perché vada nei villaggi a comprarsi da mangiare». 16Ma Gesù disse loro: «Non occorre che vadano; voi stessi date loro da mangiare». 17Gli risposero: «Qui non abbiamo altro che cinque pani e due pesci!». 18Ed egli disse: «Portatemeli qui». 19E, dopo aver ordinato alla folla di sedersi sull’erba, prese i cinque pani e i due pesci, alzò gli occhi al cielo, recitò la benedizione, spezzò i pani e li diede ai discepoli, e i discepoli alla folla. 20Tutti mangiarono a sazietà, e portarono via i pezzi avanzati: dodici ceste piene. 21Quelli che avevano mangiato erano circa cinquemila uomini, senza contare le donne e i bambini. 22Subito dopo costrinse i discepoli a salire sulla barca e a precederlo sull’altra riva, finché non avesse congedato la folla. 23Congedata la folla, salì sul monte, in disparte, a pregare. Venuta la sera, egli se ne stava lassù, da solo. 24La barca intanto distava già molte miglia da terra ed era agitata dalle onde: il vento infatti era contrario. 25Sul finire della notte egli andò verso di loro camminando sul mare. 26Vedendolo camminare sul mare, i discepoli furono sconvolti e dissero: «È un fantasma!» e gridarono dalla paura. 27Ma subito Gesù parlò loro dicendo: «Coraggio, sono io, non abbiate paura!». 28Pietro allora gli rispose: «Signore, se sei tu, comandami di venire verso di te sulle acque». 29Ed egli disse: «Vieni!». Pietro scese dalla barca, si mise a camminare sulle acque e andò verso Gesù. 30Ma, vedendo che il vento era forte, s’impaurì e, cominciando ad affondare, gridò: «Signore, salvami!».
C: Parola del Signore.
A: Lode a Te o Cristo.
- 19 – 25 Novembre 2017
- Tempo Ordinario XXXIII
- Colore Verde
- Lezionario: Ciclo A
- Salterio: sett. 1
Fonte: LaSacraBibbia.net
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