Oggi le letture mettono in evidenza un tema di permanente utilità. Che cosa cambia nella propria identità e nell’agire, che si “converte”, chi si apre a Dio nel cammino della fede. Non basta agire secondo coscienza, in base a scelte di bontà, misurata dall’evitare il male e fare il bene? Già nel cammino religioso di Israele era stato chiesto al popolo ebraico di cercare Dio e di farsi suoi imitatori. Gesù ci chiede di perdonare sempre, ci mette in contatto con la misericordia “smisurata” di Dio, con il suo atteggiamento veramente inspiegabile nei suoi confronti. Emerge la nostra piccineria ogni volta che non siamo disposti a cancellare i “piccoli debiti” che gli altri hanno nei nostri confronti.
Gesù ci chiede di fare del perdono l’asse portante della nostra esistenza quotidiana, che ispira comportamenti nuovi, inattesi. Può perdonare solo chi ha fatto l’esperienza di essere perdonato.
SIRACIDE 27,30 – 28,7
La prima lettura proviene dal libro del Siracide: non è una profezia che interpreta un preciso avvenimento storico del popolo di Dio, né si caratterizza come un racconto di un episodio o di un personaggio di Israele. Vi si coglie piuttosto una sintesi e una conclusione di esperienze vissute. In particolare il Libro del Siracide è stato scritto in ebraico a Gerusalemme da Gesù Ben Sira, all’inizio del secondo secolo avanti Cristo. Il Siracide ripercorre i grandi problemi della fede e dell’etica, che Torà e profezia avevano affrontato e progressivamente approfondito. Risalta a tale riguardo, fra le sezioni tematiche redatte da Ben Sira, quella che ha per scopo e contenuto la “gloria di Dio nella natura e nella storia di Israele.
Emerge la figura negativa dell’uomo peccatore, caratterizzato da rancore, ira, vendetta. San Paolo chiede ai Romani di non farsi giustizia da se stessi… e di non lasciarsi vincere dal male. C’è anche l’indicazione di “perdonare l’offesa al tuo prossimo” e dice “per la tua preghiera ti saranno rimessi i tuoi peccati: si vede il riferimento del “Padre nostro” e alla direttiva di Gesù di conciliarsi con il proprio fratello, prima di presentare l’offerta a Dio.
Pur essendo stato scritto molto tempo prima ci anticipa la relazione con Dio e con il prossimo. Chiede di non odiare il prossimo, ma piuttosto di dimenticare gli errori altrui, con due singolari motivazioni: il “tutto passa e finisce”, proprio della caducità umana e i “precetti dell’Alleanza dell’Altissimo, che invita a non ricordare gli “errori” del prossimo!
Già in Esodo veniva formulato: “Quando incontrerai il bue del tuo nemico o il suo asino dispersi, glieli dovrai ricondurre. Quando vedrai l’asino del tuo nemico accasciarsi sotto il carico, non abbandonarlo a se stesso: mettiti con lui a scioglierlo dal carico”. Come dire, il perdono ha sempre un che di gratuito all’inizio! Del resto, lo è anche quello di Dio verso l’uomo: Gesù lo presenta così.
MATTEO 18, 21-35
L’insegnamento di Gesù sul perdono delle offese non è stato pienamente accolto. Spesso ha prevalso la Legge sullo Spirito anche nella Chiesa. Per Gesù il perdono è una legge di vita, che non ammette eccezioni e dev’essere applicata. Si passa dall’”occhio per occhio, dente per dente”: era già una legge positiva, perché impediva di superare l’offesa, limitava al danno subito, a quello che abbiamo letto nel Siracide: la condizione di ricevere il perdono è l’atto di perdono agli altri, la misericordia verso gli altri. Gesù fa un passo ulteriore, che non viene sempre vissuto e neppure forse interpretato rettamente.
Nella parabola il primo a condonare il debito è il re: condona un grosso debito e lo fa gratuitamente, senza attendere altro. Questa azione misericordiosa avrebbe dovuto diventare nel servo, cui era stato condonato il debito, capacità di perdono al fratello. E’ questa la dinamica messa in luce da Gesù.
L’amore del Padre è sempre all’inizio, la sua misericordia è fontale, non è condizionata, bensì gratuita e universale. Solo che l’offerta di misericordia, l’esercizio del divino perdono, come in genere ogni offerta di vita, è efficace se diventa nostra azione.
Se non perdoniamo vuol dire che non abbiamo accolto la misericordia di Dio, cioè se in noi l’azione divina diventa qualità personale, noi diventiamo misericordiosi e perdoniamo. Non ci rendiamo forse conto della novità radicale portataci da Gesù sulla rivelazione del perdono. La Bibbia afferma che il giusto pecca sette volte al giorno, cioè costantemente, perché siamo tutti peccatori; tutti offendiamo gli altri, anche senza rendercene conto e quindi siamo tutti debitori di perdono gli uni nei confronti degli altri.
Era giusto che il debitore della parabola rimettesse al compagno la sua pendenza, se il padrone gli aveva condonato l’equivalente di una somma considerevole. Era giusto ma il suo senso di colpa per il debito che aveva contratto non gli permetteva di credere all’amore gratuito e munifico di Dio. Gesù invece ci rivela che non importa al Padre se dobbiamo molto o poco, perché il Bene è infinitamente più forte del nostro male e ci offre comunque il suo amore per colmare le frustrazioni che sono a monte del nostro peccato.
Nessuno infatti fa del male agli altri se sta bene. Il peccatore è sempre una persona che soffre, uno che non ha incontrato l’amore, che non sa gestire le sue soddisfazioni. Perdonare è raggiungere l’altro nel suo patire, è accettare di condividere con lui le conseguenze del suo vuoto di bene, è dimostrare che la sua illusione di onnipotenza, lungi dall’aver distrutto la relazione, l’ha rinforzata; l’offeso infatti si accorge che forse lui stesso ha causato il male che gli è stato ribaltato addosso oppure sa percepire il dolore remoto del prossimo.
Tante volte la richiesta di perdono ci fa prendere coscienza del nostro debito verso chi chiede scusa. L’uomo, creato ad immagine di Dio, gli diventa somigliante quando perdona, annullando il male, perché cerca di trasformarlo in se stesso in un bene più grande, partecipando così alla nascita di un mondo nuovo. Come riuscirci? Tutta la vita di Cristo lo insegna. Dalla sua incarnazione, operata dallo Spirito, perdono di Dio, che lo spinge durante la sua vita pubblica a guarire e a perdonare chi glielo chiede, alla sua morte per i responsabili della quale implora il perdono del Padre, fino alla resurrezione, quando alita sugli apostoli il suo Spirito che darà loro il potere di rimettere i peccati. Cristo instaura così la nuova creazione, i tempi nuovi per l’umanità, che sono appunto fondati sulla dinamica del perdono; mossa capace di assumere il dolore che l’altro gli consegna attraverso la sua offesa, per trasformarlo nel bene della compassione, della condivisione, dell’amicizia.
Amici, il perdono è l’unico modo per far scomparire il male dalla terra. Gesù è vissuto, morto e risorto offrendo il perdono di Dio, come per offrire agli uomini la chiave del Regno: il perdono. Non è facile perdonare, ma lo Spirito ci viene incontro e cambia il nostro cuore, sradica la nostra voglia di rivalsa e ci conduce sulla via della misericordia.
A cura di Carla Sprinzeles | via Qumran
LEGGI IL BRANO DEL VANGELO
Puoi leggere (o vedere) altri commenti al Vangelo di domenica 17 settembre 2017 anche qui.
XXIV Domenica del Tempo Ordinario – Anno A
- Colore liturgico: Verde
- Sir 27, 30 – 28, 7; Sal.102; Rm 14, 7-9; Mt 18, 21-35
Mt 18, 21-35
Dal Vangelo secondo Matteo
In quel tempo, Pietro si avvicinò a Gesù e gli disse: «Signore, se il mio fratello commette colpe contro di me, quante volte dovrò perdonargli? Fino a sette volte?». E Gesù gli rispose: «Non ti dico fino a sette volte, ma fino a settanta volte sette.
Per questo, il regno dei cieli è simile a un re che volle regolare i conti con i suoi servi. Aveva cominciato a regolare i conti, quando gli fu presentato un tale che gli doveva diecimila talenti. Poiché costui non era in grado di restituire, il padrone ordinò che fosse venduto lui con la moglie, i figli e quanto possedeva, e così saldasse il debito. Allora il servo, prostrato a terra, lo supplicava dicendo: “Abbi pazienza con me e ti restituirò ogni cosa”. Il padrone ebbe compassione di quel servo, lo lasciò andare e gli condonò il debito.
Appena uscito, quel servo trovò uno dei suoi compagni, che gli doveva cento denari. Lo prese per il collo e lo soffocava, dicendo: “Restituisci quello che devi!”. Il suo compagno, prostrato a terra, lo pregava dicendo: “Abbi pazienza con me e ti restituirò”. Ma egli non volle, andò e lo fece gettare in prigione, fino a che non avesse pagato il debito.
Visto quello che accadeva, i suoi compagni furono molto dispiaciuti e andarono a riferire al loro padrone tutto l’accaduto. Allora il padrone fece chiamare quell’uomo e gli disse: “Servo malvagio, io ti ho condonato tutto quel debito perché tu mi hai pregato. Non dovevi anche tu aver pietà del tuo compagno, così come io ho avuto pietà di te?”. Sdegnato, il padrone lo diede in mano agli aguzzini, finché non avesse restituito tutto il dovuto.
Così anche il Padre mio celeste farà con voi se non perdonerete di cuore, ciascuno al proprio fratello».
C: Parola del Signore.
A: Lode a Te o Cristo.
- 17 – 23 Settembre 2017
- Tempo Ordinario XXIV
- Colore Verde
- Lezionario: Ciclo A
- Salterio: sett. 4
Fonte: LaSacraBibbia.net
LEGGI ALTRI COMMENTI AL VANGELO