Buongiorno a tutti voi che mi ascoltate. C’è ancora qualcuno che ascolta? Orecchio, cuore attento alla parola? Spero di sì, perché oggi parliamo di questo. Tutti vogliamo parlare, c’è ancora qualcuno che ascolta? Siamo molto prevenuti, sappiamo tutti noi e non ci interessa molto quello che dicono gli altri. Prima che l’altro apra la bocca, crediamo di sapere cosa dice e prepariamo la risposta. Più che dialoghi facciamo monologhi e se poi ci raccontano cose che non ci interessano pensiamo ad altro. Purtroppo la nostra pretesa di autosufficienza produce disattenzione e non lascia penetrare, fecondare e crescere nel nostro cuore neanche i discorsi di Gesù, per generare frutti di amore.
Tutto è parola, messaggio. Ogni pensiero concepito nella mente umana genera frutti, nella realtà, attraverso le parole, fatti, gesti che possono essere positivi o negativi. Se un bambino sente parole d’amore, d’incoraggiamento, cresce sicuro e diventerà un adulto capace di immettere sicurezza negli altri.
In Gesù si manifesta l’amore del Padre, che viene comunicato a tutti, malvagi e buoni. L’offerta di amore passa in noi se lo ascoltiamo, se lo accogliamo e diventa amore per gli altri. L’amore di Dio è esigente perché dona tutto se stesso e vuole che noi ci fidiamo di lui, che contiamo su di lui più che sulla ricchezza che soffoca la parola.
ISAIA 55, 10-11
La prima lettura, come avete sentito, è tratta da Isaia, quello del post-esilio. Ci interessa la Parola di Dio? Isaia ci invita a cercare il Signore mentre si fa trovare, ci dice che i pensieri di Dio non sono i nostri pensieri.
Perché ci dovrebbe interessare cosa pensa Dio? Noi siamo fatti a immagine di Dio, se vogliamo essere felici e comprendere noi stessi, non abbiamo scelta: noi non siamo capaci di scorgere il fondo del cuore dell’uomo né afferrare i suoi pensieri, il luogo di incontro è la Parola. Se volete sapere se uno è triste o allegro, ve lo dice la voce. L’universo contiene la Parola che ha creato e anche chi dice di non credere, di fronte a uno spettacolo della natura è estasiato.
Isaia fa l’esempio della pioggia in una terra arida, dove se non piove manca il pane da mangiare. La pioggia e la neve scendono dal cielo e vi ritornano solo dopo aver irrigato la terra, averla fecondata e fatta germogliare, così la Parola di Dio, che trasforma a poco a poco la storia degli uomini e ritorna a Dio come lode e ringraziamento. Dio è fedele gratuitamente, è misericordioso e paziente!
La Parola che esce dalla bocca di Dio, irriga il nostro cuore, lo feconda e fa germogliare, non è solo la Sacra Scrittura, è la Parola creatrice, che continuamente crea, non è scritta con l’inchiostro ma con lo Spirito del Dio vivente, scritta non su tavole di pietra, ma su tavole di cuori umani.
L’Antica Alleanza era scritta su tavole di pietra, la nuova è scritta in modo vitale, nel cuore di ogni uomo. La Parola uscita dalla bocca di Dio è Gesù, ritornerà al Padre ma non senza effetto. A noi sembrano tanti duemila anni, ma se notiamo quale sconvolgimento ha portato la persona di Gesù, occorre molto tempo per i cambiamenti. Dio ha fiducia nella sua Parola, che è Gesù stesso e ha fiducia anche in noi, creati a sua immagine.
MATTEO 13, 1-23
Per capire la parabola del seminatore occorre inquadrare quando Gesù la racconta e cosa ci vuole dire. Gesù aveva già fatto molti discorsi, molti miracoli, aveva detto che il suo “Regno”, il Regno di Dio è vicino. Ha incontrato le critiche dei farisei, la gente e anche i discepoli aspettavano il regno d’Israele, non il regno di Dio. Persino Giovanni Battista dubita: “Sei tu quello che deve venire o dobbiamo aspettarne un altro?”, è talmente diverso il messaggio di Gesù che non si riesce ad accoglierlo facilmente. Si insinuano i dubbi: quando verrà questo regno? Perché dover aspettare tanto a lungo? Come mai le autorità si oppongono? Molti lo rifiutano o sono indifferenti, tanti si scoraggiano.
In questo capitolo 13 di Matteo ci sono ben quattro parabole: Gesù ci vuole spiegare queste difficoltà. Il seminatore è come il lavoratore attuale che esce la mattina e si dà da fare per guadagnare lo stipendio e provvedere al mantenimento di sé e della famiglia. Innanzitutto notiamo che getta il seme in abbondanza, noi diremmo: “che spreco!” Il terreno rimaneva incolto da maggio a novembre e spesso era attraversato dalla gente e veniva usato come pascolo per pecore e capre. Il seminatore non sapeva dov’era il terreno buono e fertile, in Israele il terreno è sovente roccioso, ma non si vede la roccia in superficie. Non c’erano i diserbanti, quindi spine e rovi potevano crescere più rapidamente del grano e soffocarne la crescita. Il seminatore sapeva che da qualche parte il terreno era buono e gli avrebbe dato un buon raccolto: il trenta, il sessanta, il cento per uno.
La parabola non è un trattato di agricoltura, sottolinea la fiducia del seminatore nella vita che c’è nel seme, che sa farsi strada nella terra arida e nel terreno buono senza sapere qual è, dà fiducia a tutto il terreno. Questo è un grande insegnamento: Dio dà fiducia a tutti, nessuno escluso! Il seminatore vive di speranza, sa, è certo, che da qualche parte il terreno buono c’è, che non lo deluderà, darà da mangiare, non subito, quando verrà a maturità a lui e alla famiglia, per tutto l’anno e in più sarà conservata una parte per la semina seguente. Occorre pazienza, avere fiducia e non scoraggiarsi dopo una serie di insuccessi iniziali.
Avete sentito? Avete orecchi voi? I discepoli chiedono a Gesù di parlare in parabole Gesù risponde: “A voi è dato di conoscere i misteri del regno dei cieli, ma a loro non è dato”. Ma allora è un’ingiustizia! Forse no, Dio è amore e l’amore non si impone, lascia liberi. Difatti la maggior parte di noi pensa di sapere già tutto e non accoglie, non ascolta il messaggio del seme, che è la Parola, che cade sulla strada, sulle pietre, tra i rovi, sulla terra buona.
Siamo chiusi nel nostro io e difficilmente ci apriamo a credere alla vita che non vediamo e, invece di dire che sono miope, dico che la vita non c’è, che va tutto male. Non riusciamo a leggere la presenza del Padre divino tra le righe del creato, nelle persone attorno a noi.
La parola di Gesù è come un seme: un seme che scompare nella terra, un seme divorato dagli uccelli, un seme ingoiato nel frastuono, spunta come un germoglio, tocca a noi farlo fruttare con la fede, Dio attende con fiducia.
A cura di Carla Sprinzeles | via Qumran
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XV Domenica del Tempo Ordinario – Anno A
- Colore liturgico: Verde
- Is 55, 10-11; Sal.64; Rm 8, 18-23; Mt 13, 1-23
Mt 13, 1-23
Dal Vangelo secondo Matteo
Quel giorno Gesù uscì di casa e sedette in riva al mare. Si radunò attorno a lui tanta folla che egli salì su una barca e si mise a sedere, mentre tutta la folla stava sulla spiaggia.
Egli parlò loro di molte cose con parabole. E disse: «Ecco, il seminatore uscì a seminare. Mentre seminava, una parte cadde lungo la strada; vennero gli uccelli e la mangiarono. Un’altra parte cadde sul terreno sassoso, dove non c’era molta terra; germogliò subito, perché il terreno non era profondo, ma quando spuntò il sole fu bruciata e, non avendo radici, seccò. Un’altra parte cadde sui rovi, e i rovi crebbero e la soffocarono. Un’altra parte cadde sul terreno buono e diede frutto: il cento, il sessanta, il trenta per uno. Chi ha orecchi, ascolti».
Gli si avvicinarono allora i discepoli e gli dissero: «Perché a loro parli con parabole?». Egli rispose loro: «Perché a voi è dato conoscere i misteri del regno dei cieli, ma a loro non è dato. Infatti a colui che ha, verrà dato e sarà nell’abbondanza; ma a colui che non ha, sarà tolto anche quello che ha. Per questo a loro parlo con parabole: perché guardando non vedono, udendo non ascoltano e non comprendono.
Così si compie per loro la profezia di Isaìa che dice:
“Udrete, sì, ma non comprenderete,
guarderete, sì, ma non vedrete.
Perché il cuore di questo popolo è diventato insensibile,
sono diventati duri di orecchi e hanno chiuso gli occhi,
perché non vedano con gli occhi, non ascoltino con gli orecchi e non comprendano con il cuore e non si convertano e io li guarisca!”.
Beati invece i vostri occhi perché vedono e i vostri orecchi perché ascoltano. In verità io vi dico: molti profeti e molti giusti hanno desiderato vedere ciò che voi guardate, ma non lo videro, e ascoltare ciò che voi ascoltate, ma non lo ascoltarono!
Voi dunque ascoltate la parabola del seminatore. Ogni volta che uno ascolta la parola del Regno e non la comprende, viene il Maligno e ruba ciò che è stato seminato nel suo cuore: questo è il seme seminato lungo la strada. Quello che è stato seminato sul terreno sassoso è colui che ascolta la Parola e l’accoglie subito con gioia, ma non ha in sé radici ed è incostante, sicché, appena giunge una tribolazione o una persecuzione a causa della Parola, egli subito viene meno. Quello seminato tra i rovi è colui che ascolta la Parola, ma la preoccupazione del mondo e la seduzione della ricchezza soffocano la Parola ed essa non dà frutto. Quello seminato sul terreno buono è colui che ascolta la Parola e la comprende; questi dà frutto e produce il cento, il sessanta, il trenta per uno».
C: Parola del Signore.
A: Lode a Te o Cristo.
- 16 – 22 Luglio 2017
- Tempo Ordinario XV, Colore Verde
- Lezionario: Ciclo A | Salterio: sett. 3
Fonte: LaSacraBibbia.net
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