Oggi la liturgia ci presenta il mistero centrale della nostra vita, che è il mistero di Dio, che è uno solo: come sappiamo noi adoriamo un solo Dio. Tuttavia è una ricchezza tale, cioè è qualcosa nella vita così profonda e articolata, che è dinamismo continuo, per cui quando si traduce nel tempo diventa “il Dio che è, che era e che viene”. Perché noi viviamo il rapporto con Dio nel tempo “tenendo fisso lo sguardo su Gesù”. Per cui è un rapporto distinto quello che abbiamo con Dio, che ci viene dal passato, che attendiamo dal futuro e che ora qui, in questo momento, è il principio e la fonte di quel dono di vita che ci attraversa e ci fa crescere come figli suoi.
Dio è energia operante, in azione continua, che si esprime con modulazioni diverse, del passato, del futuro e del presente e diventa in noi relazione, esigenza necessaria, perché senza relazioni non viviamo. Affermare che Dio è Trinità vuol dire che c’è un passato da accogliere – un passato dell’umanità intera – in cui la Parola si è espressa; c’è un futuro da attendere insieme; e c’è soprattutto un presente da vivere nelle relazioni profonde con le persone, coi popoli, con le culture. Ogni ferita che noi infliggiamo alle relazioni tra le persone, tra i popoli, tra le culture, tra le religioni è un impedimento che poniamo allo sviluppo della specie umana, è contro la storia degli uomini. Riconoscere che Dio è uno e molteplice vuol riconoscere che in gioco nella storia c’è un’energia in azione da accogliere attraverso la molteplicità delle relazioni, nel rispetto pieno delle sue manifestazioni anche attraverso altre culture e religioni.
Per balbettare qualcosa sulla Trinità possiamo dire: la Parola che accogliamo dal passato e che ricordiamo e che narriamo; lo Spirito che attendiamo dal futuro, lo attendiamo continuamente, perché ne abbiamo continuamente bisogno, e tutto questo nell’istante presente vissuto di fronte all’Eterno, accogliendo quel dono che qui e ora ci è offerto, per cui possiamo crescere come figli di Dio, facendo fluire il dono, cioè offrendolo ai fratelli.
Non possiamo definire Dio in sé, noi descriviamo il rapporto con Lui. Diciamo Padre per il presente; Parola, Figlio per il passato; Spirito per l’azione di Dio che attendiamo dal futuro.
[ads2]ESODO 34, 4-6. 8-9
Il passo che abbiamo letto dell’Esodo ci mostra la realtà del popolo di Israele, di Mosè, e di Dio. Sul Sinai il Signore rivela un impensabile aspetto della sua identità misteriosa: egli resta fedele e misericordioso verso il suo popolo, a questa gente di “dura cervice”, Dio non mancherà di essere presente e di camminare davanti ad essa! E’ la terza volta – secondo il libro dell’Esodo – che il Signore proclama la sua identità misteriosa, in rapporto ad Israele. Precedentemente egli aveva rivelato al roveto ardente del Sinai, dichiarandosi redentore dalla servitù egizia, garante e guida di Israele verso la terra di Canaan, promessa ai loro padri. Poi i redattori dell’Esodo fanno pronunciare a Dio una seconda autopresentazione dal Sinai, all’atto di promulgare solennemente il decalogo: egli è un Dio geloso…, ma anche ricco di bontà verso quelli che lo amano… Finalmente a Mosè, che si attendeva gli effetti della gelosia divina, dopo il peccato grande di idolatria da parte di Israele, Dio fa la sorpresa di un nuovo tratto della sua identità misteriosa: il Signore, il Signore, Dio misericordioso e pietoso, lento all’ira e ricco di amore e di fedeltà!
Quante volte Israele si è riferito a questi lineamenti del volto e del “cuore” del suo Dio! Ci pensarono i profeti a svilupparne il messaggio e a precisarne il significato per la fede del popolo di Dio. Secondo l’autore del libro profetico di Giona, a sognare un Dio così pietoso e caoace di ricredersi dei castighi minacciati, ci fu pure il re di Ninive, la città empia e sanguinaria di Assiria. E non fu un’illusione: Dio si rivelò così!
Chissà perché, ma colui che esperimenta il fallimento delle sue presunte avventure di autonomia da Dio, non è lontano dal sognare un suo ritorno a Dio: può intuire e sperare che… se Dio c’è, non può essere che misericordioso! Gesù medesimo lo fa vedere nella figura del padre misericordioso che aspetta il figlio, lo accoglie, lo riveste della dignità persa, lo riporta a essere “figlio”. Come mai l’altro figlio, che viveva col padre una relazione fredda di “servo obbediente”, non è arrivato a scoprire o a sognare relazioni profonde con suo padre e con suo fratello?
GIOVANNI 3, 16-18
Amici, Dio è Padre d’ogni consolazione, fonte del bene, amore gratuito. Di fronte alla fatica dell’uomo per trovare la felicità, ha dato il Figlio perché potessimo ribaltare su quell’uomo tutta la nostra rabbia, la nostra fame di potere, d’importanza, anche d’amore e riceverne solo del bene. Quell’uomo era Dio, ed è morto perché non abbiamo saputo riconoscere che ci portava il Bene non muore, la capacità di perdonare e di rendere il bene per il male, la possibilità di diventare figli del Padre. Con la sua morte ha dimostrato la straordinaria potenza della Vita che è in Dio, quella Vita che lo ha fatto risorgere, senza l’ombra di un rimprovero per chi lo aveva messo a morte e nemmeno per noi.
Molti padri e madre hanno rifiutato in modo diversificato i figli, alcuni li hanno abbandonati. Dio, perfetto Padre, non ci tradisce mai e addirittura si fida di noi. I genitori, spesso inquieti per le scelte dei figli, dimostrano di non credere nel bene che hanno immesso in loro mediante l’affetto, l’educazione e la testimonianza. Dio invece sa che siamo in grado di vincere il male con il bene che infonde in noi, e suscita sulla strada di chi è stato troppo feritodalla vita, la persona, la situazione, la parola che lo avvierà verso una rinascita. Dio non ha un progetto, non interviene, ma si “china sui figli dell’uomo, per vedere se c’è un uomo saggio”, che dalle vicende di disperazione sappia far nascere un bene maggiore.
“Quando un tossicodipendente sceglie volontariamente di entrare in comunità – diceva un prete amico della gente di strada – compie il primo passo verso Dio, verso la riconciliazione con la Vita. Forse non andrà otre, forse non entrerà mai in chesa, ma è già in cammino verso il Padre che lo ama”. Tuttavia per entrare in comunità, bisogna che qualcuno abbia iniziato ad aprire una casa per accogliere chi stava sulla strada.
Il Padre non decide nulla ma accende il nostro cuore. C’è chi ha l’orecchio e il cuore sensibili da cogliere l’amore del Padre per il ragazzo abbandonato, per entrare nella dialettica del perdono anche nei confronti del genitore che lo ha rovinato. Allora un po’ del mondo viene salvato, una persona entra nella festa del Padre.
Amici, più che capire il mistero della SS. Trinità, oggi ci è richiesto di far esperienza della tenerezza di Dio, di un Dio che si fa vicino. Attraverso Gesù, Figlio di Dio fatto uomo, noi possiamo vivere in comunione con il Padre e lo Spirito Santo. La tenerezza del Padre la facciamo esperimentare attraverso la nostra tenerezza, ai fratelli.
A cura di Carla Sprinzeles | via Qumran
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Santissima Trinità
- Colore liturgico: Bianco
- Es 34, 4-6. 8-9; Dn 3,52-56; 2 Cor 13, 11-13; Gv 3, 16-18
Gv 3, 16-18
Dal Vangelo secondo Giovanni
In quel tempo, disse Gesù a Nicodèmo:
«Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio, unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna.
Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui.
Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio».
C: Parola del Signore.
A: Lode a Te o Cristo.
- 11 – 17 Giugno 2017
- Tempo Ordinario X, Colore bianco
- Lezionario: Ciclo A | Salterio: sett. 2
Fonte: LaSacraBibbia.net
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