Commento alle letture del 3 Ottobre 2018 – Dehoniane

Il commento alle letture del 3 Ottobre 2018 a cura del sito Dehoniane.

XXVI settimana del tempo ordinario II settimana del salterio

L’orizzonte della speranza

Davanti alla grandezza di Dio possono accendersi sentimenti diversi nel cuore. A emergere oggi, dal lamento di Giobbe, è la percezione di una distanza che non può essere colmata. Neppure il nostro grido pare raggiungerlo. «Se lo chiamassi e mi rispondesse, non credo che darebbe ascolto alla mia voce» (Gb 9,16).

Ed è anche inutile provare a discutere con lui: egli ha sempre ragione (cf. v. 2). La sensazione di questa lontananza incolmabile, che assume il volto tragico di un’indifferenza divina rispetto alla sofferenza dell’uomo, è ancor più acuita dalla consapevolezza che Dio è il creatore di tutto. Giobbe non perde questa fede, anzi, torna ad affermarla: «Fa cose tanto grandi che non si possono indagare, meraviglie che non si possono contare» (9,10). Lo stupore di fronte alla magnificenza delle opere di Dio, suscita di conseguenza in Giobbe un interrogativo ineludibile: perché questo Dio così potente e sapiente (cf. v. 4) non interviene nella mia condizione, non si prende cura del mio patire? Se egli può tutto, eppure non agisce, vuol dire che gli sono indifferente.

È davvero terribile l’immagine di Dio che affiora da queste parole, che Giobbe esprime al culmine della sua sofferenza. Dobbiamo peraltro ascoltarle nel grido di tanti fratelli e sorelle che, in vario modo, patiscono la morsa del dolore. Il cammino che Dio farà compiere a Giobbe lo condurrà pian piano a comprendere che la sua trascendenza e grandezza è invece un mistero affidabile, nel quale possiamo continuare a riporre fiducia, anche quando ci troviamo ad attraversare notti che paiono senza uscita.

Questa diversa percezione della trascendenza di Dio affiorerà più avanti, alla fine del libro, quando – lo ascolteremo sabato prossimo – Giobbe giungerà a riconoscere: «Io ti conoscevo solo per sentito dire, ma ora i miei occhi ti hanno veduto» (42,5). Per arrivare sin qui occorre però avere il coraggio di non chiudere gli orecchi, come fanno gli amici di Giobbe con le loro teologie a buon mercato, ma di ascoltare le ribellioni, le proteste, i lamenti, che sono presenti tanto nel nostro intimo quanto negli altri.

Solamente prendendo sul serio questi interrogativi, senza accontentarci troppo presto di discorsi banali e scontati, possiamo iniziare ad ascoltare la risposta vera che viene da Dio. Spesso occorre lasciare aperta la domanda, attendendo con fiducia da Dio una parola, vigilando sul rischio di dare noi – anche questa è la tentazione degli amici di Giobbe – risposte false che, mentre pretendono di difendere il mistero di Dio, non si accorgono che stanno sfigurando il suo volto.

Quel volto che pian piano si manifesterà a Giobbe e che si è pienamente rivelato in Gesù di Nazaret. Ai tre personaggi anonimi che incontra oggi in Luca, Gesù offre tre risposte sulla sequela che, prima ancora che disegnare il volto del discepolo, rivelano il suo mistero. Egli non ha dove posare il capo. Non soltanto perché così povero da non possedere una casa, ma perché sempre in movimento, come un nomade, un pellegrino. Non cerca un rifugio, come fanno le volpi con le loro tane o gli uccelli con i loro nidi.

Il suo vero riposo sta nell’incontro, sulle vie dell’itineranza senza sosta, con tutti coloro che, come Giobbe, attendono una parola di speranza per la loro vita. Ecco allora emergere il secondo tratto del volto di Gesù: egli non si attarda a seppellire morti, ma a tutti annuncia quel regno di Dio che è risurrezione e vita. E ai suoi discepoli chiede di essere così spiritualmente vivi e vitali da annunciare la vita persino nel regno dei morti. Occorre farlo, infine, senza voltarsi indietro.

Certo, a motivo di una perseveranza e di una fedeltà che devono essere animate dalla fiducia e non dalla nostalgia. Ma anche per un altro e più fondamentale motivo. Il vero volto di Gesù non lo incontriamo volgendoci indietro per cercarlo nel nostro passato. È sempre davanti a noi, come colui che ci attende per indicarci la via della vita, per additarci l’orizzonte della speranza.

Padre, molte domande abitano il nostro cuore, senza trovare risposte. Paura e disperazione soffocano spesso in noi il respiro della speranza. Confermaci nella vera fede. Rendici vigilanti, affinché non troviamo riposo in risposte false, non consentiamo al dolore e alla morte di sfigurare il tuo volto, non ci voltiamo indietro, sedotti da facili nostalgie, anziché orientare lo sguardo verso il tuo futuro di speranza.

Vangelo

Lc 9, 57-62
Dal Vangelo secondo Luca

In quel tempo, mentre camminavano per la strada, un tale disse a Gesù: «Ti seguirò dovunque tu vada». E Gesù gli rispose: «Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo».
A un altro disse: «Seguimi». E costui rispose: «Signore, permettimi di andare prima a seppellire mio padre». Gli replicò: «Lascia che i morti seppelliscano i loro morti; tu invece va’ e annuncia il regno di Dio».
Un altro disse: «Ti seguirò, Signore; prima però lascia che io mi congedi da quelli di casa mia». Ma Gesù gli rispose: «Nessuno che mette mano all’aratro e poi si volge indietro è adatto per il regno di Dio».

C: Parola del Signore.
A: Lode a Te o Cristo.

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