Commento alle letture del 17 Settembre 2018 – Mons. Costantino Di Bruno

Il commento alle letture del 17 Settembre 2018 a cura di  Mons. Costantino Di Bruno, Sacerdote Diocesano dell’Arcidiocesi di Catanzaro–Squillace (CZ).

DI’ UNA PAROLA E IL MIO SERVO SARÀ GUARITO

1 Cor 11,17-26.33; Sal 39; Lc 7,1-10

Il Libro della Sapienza ci rivela che il Signore governa l’intera creazione con la sua onnipotente. Naturalmente il testo sacro sta contemplando tutti i prodigi che il Signore ha compiuto in Egitto e nel deserto per ben quarant’anni con Mosè. Dinanzi alla Parola del Signore tutto si trasforma, tutto prende forma, tutto cambia di natura.

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Mentre un profondo silenzio avvolgeva tutte le cose, e la notte era a metà del suo rapido corso, la tua parola onnipotente dal cielo, dal tuo trono regale,  guerriero implacabile, si lanciò in mezzo a quella terra di sterminio, portando, come spada affilata, il tuo decreto irrevocabile e, fermatasi, riempì tutto di morte; toccava il cielo e aveva i piedi sulla terra. Tutto il creato fu modellato di nuovo nella propria natura come prima, obbedendo ai tuoi comandi, perché i tuoi figli fossero preservati sani e salvi. Si vide la nube coprire d’ombra l’accampamento, terra asciutta emergere dove prima c’era acqua: il Mar Rosso divenne una strada senza ostacoli e flutti violenti una pianura piena d’erba; coloro che la tua mano proteggeva passarono con tutto il popolo, contemplando meravigliosi prodigi. Furono condotti al pascolo come cavalli e saltellarono come agnelli esultanti, celebrando te, Signore, che li avevi liberati. Ricordavano ancora le cose avvenute nel loro esilio: come la terra, invece di bestiame, produsse zanzare, come il fiume, invece di pesci, riversò una massa di rane.

Più tardi videro anche una nuova generazione di uccelli, quando, spinti dall’appetito, chiesero cibi delicati; poiché, per appagarli, dal mare salirono quaglie. Sui peccatori invece piombarono i castighi non senza segni premonitori di fulmini fragorosi; essi soffrirono giustamente per le loro malvagità, perché avevano mostrato un odio tanto profondo verso lo straniero. Già altri infatti non avevano accolto gli sconosciuti che arrivavano, ma costoro ridussero in schiavitù gli ospiti che li avevano beneficati. Difatti gli elementi erano accordati diversamente, come nella cetra in cui le note variano la specie del ritmo, pur conservando sempre lo stesso tono, come è possibile dedurre da un’attenta considerazione degli avvenimenti. Infatti animali terrestri divennero acquatici, quelli che nuotavano passarono sulla terra. Il fuoco rafforzò nell’acqua la sua potenza e l’acqua dimenticò la sua proprietà naturale di spegnere. Le fiamme non consumavano le carni di fragili animali che vi camminavano sopra, né scioglievano quel celeste nutrimento di vita, simile alla brina e così facile a fondersi. In tutti i modi, o Signore, hai reso grande e glorioso il tuo popolo e non hai dimenticato di assisterlo in ogni momento e in ogni luogo (Cfr. Sap 16,1-19,22).

Gesù possiede la stessa Parola onnipotente del Padre. La sua è Parola che opera solo il bene. Essa è per la conversione dei cuori e per la guarigione dei corpi. Basta che Gesù dica una sola Parola e tutta la creazione subito obbedisce secondo l’ordine ricevuto. Anche gli spiriti impuri sono obbligati ad una obbedienza immediata.

Quando ebbe terminato di rivolgere tutte le sue parole al popolo che stava in ascolto, Gesù entrò in Cafàrnao. Il servo di un centurione era ammalato e stava per morire. Il centurione l’aveva molto caro. Perciò, avendo udito parlare di Gesù, gli mandò alcuni anziani dei Giudei a pregarlo di venire e di salvare il suo servo. Costoro, giunti da Gesù, lo supplicavano con insistenza: «Egli merita che tu gli conceda quello che chiede – dicevano –, perché ama il nostro popolo ed è stato lui a costruirci la sinagoga». Gesù si incamminò con loro. Non era ormai molto distante dalla casa, quando il centurione mandò alcuni amici a dirgli: «Signore, non disturbarti! Io non sono degno che tu entri sotto il mio tetto; per questo io stesso non mi sono ritenuto degno di venire da te; ma di’ una parola e il mio servo sarà guarito. Anch’io infatti sono nella condizione di subalterno e ho dei soldati sotto di me e dico a uno: “Va’!”, ed egli va; e a un altro: “Vieni!”, ed egli viene; e al mio servo: “Fa’ questo!”, ed egli lo fa». All’udire questo, Gesù lo ammirò e, volgendosi alla folla che lo seguiva, disse: «Io vi dico che neanche in Israele ho trovato una fede così grande!». E gli inviati, quando tornarono a casa, trovarono il servo guarito.

Il centurione, uomo di comando, sa che la parola va semplicemente detta e subito l’ordine viene eseguito. Lui non è degno di ricevere Gesù nella sua casa. Poiché a Lui basta una sola Parola, nulla è a Lui impossibile. Questa è la stupenda sua fede.

Madre di Gesù, Angeli, Santi, dateci la vera fede nella Parola del Vangelo.

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