Il commento alle letture del 10 Dicembre 2018 a cura di Mons. Costantino Di Bruno, Sacerdote Diocesano dell’Arcidiocesi di Catanzaro–Squillace (CZ).
Perché pensate così nel vostro cuore?
Is 35,1-10; Sal 84,9-14; Lc 5,17-26.
La prima grande preghiera nella Genesi è una richiesta di perdono per la città di Sodoma elevata al Signore dal suo fedele amico Abramo. È una richiesta che ad un certo punto non osa andare oltre. Si ferma. Abramo non chiede il perdono se in Sodoma si dovessero trovare solo cinque giusti o un giusto soltanto. Sappiamo che nel profeta Geremia è il Signore che promette di salvare Gerusalemme se nella città si fosse trovato un solo giusto. Sappiamo che Mosè al fine di ottenere il perdono per il popolo caduto nel grave peccato di idolatria, ha ingaggiato con il Signore un duro combattimento, ricordandogli il suo obbligo ad essere fedele alla promessa fatta al suo servo e amico Abramo. Per questa fedeltà, il Signore perdona il suo popolo. Tutti i profeti hanno invitato i figli d’Israele e di Giuda a ritornare al Signore con profondo pentimento al fine di ottenere da Dio il perdono. Sappiamo che con Ezechiele il Signore è pronto a perdonare ogni peccato, sempre però condizionato al pentimento nella vera conversione. Natan va da Davide per annunziargli che il Signore aveva perdonato il suo peccato e che lo aveva liberato dalla morte, dovuta al suo adulterio e anche omicidio. Gesù dice al paralitico le stesse parole dette da Natan al re Davide e scribi e farisei condannano Gesù per aver esercitato un potere a lui non dovuto, non dato. Ma il vero profeta non riceve il potere dagli uomini, lo riceve direttamente da Dio. Così come da Dio riceve l’altro potere di dare la vita ad uno storpio che giace su una barella. Se Gesù è da Dio, è da Dio nelle opere e nelle parole. Non può Lui essere da Dio nelle opere e non da Dio nelle parole. Nei miracoli è dal Padre. Nel perdono dei peccati da se stesso. Gesù o è tutto da Dio o è tutto da se stesso. Se è tutto da se stesso, mai potrà dare la vita ad uno storpio. Questi non sono poteri che vengono dagli uomini.
Un giorno stava insegnando. Sedevano là anche dei farisei e maestri della Legge, venuti da ogni villaggio della Galilea e della Giudea, e da Gerusalemme. E la potenza del Signore gli faceva operare guarigioni. Ed ecco, alcuni uomini, portando su un letto un uomo che era paralizzato, cercavano di farlo entrare e di metterlo davanti a lui. Non trovando da quale parte farlo entrare a causa della folla, salirono sul tetto e, attraverso le tegole, lo calarono con il lettuccio davanti a Gesù nel mezzo della stanza. Vedendo la loro fede, disse: «Uomo, ti sono perdonati i tuoi peccati». Gli scribi e i farisei cominciarono a discutere, dicendo: «Chi è costui che dice bestemmie? Chi può perdonare i peccati, se non Dio soltanto?». Ma Gesù, conosciuti i loro ragionamenti, rispose: «Perché pensate così nel vostro cuore? Che cosa è più facile: dire “Ti sono perdonati i tuoi peccati”, oppure dire “Àlzati e cammina”? Ora, perché sappiate che il Figlio dell’uomo ha il potere sulla terra di perdonare i peccati, dico a te – disse al paralitico –: àlzati, prendi il tuo lettuccio e torna a casa tua». Subito egli si alzò davanti a loro, prese il lettuccio su cui era disteso e andò a casa sua, glorificando Dio. Tutti furono colti da stupore e davano gloria a Dio; pieni di timore dicevano: «Oggi abbiamo visto cose prodigiose».
Nel Nuovo Testamento cambiano le regole del perdono. Prima di ogni cosa è l’offeso che deve riconciliarsi con l’offensore. È lui che deve lasciare la sua offerta all’altare. Recarsi dal fratello che ha peccato contro di lui e offrire il dono della riconciliazione e della pace. Quante volte si deve dare il perdono e offrire la riconciliazione? Settanta volte sette, cioè sempre per sempre. Non c’è alcun limite nel dono della pace e della riconciliazione. San Paolo è araldo del perdono, ministro di esso. Lui invita tutti a lasciarsi riconciliare con Dio. Dio offre la sua pace. Spetta all’uomo accoglierla, pentendosi e cambiando vita. Ritornano sulla via della giustizia, camminando nella verità, seguendo la luce di Cristo. Gesù dona prima il perdono e poi la guarigione, perché vuole educare ogni uomo che la vera malattia, la vera lebbra, la vera paralisi non è quella del corpo, ma quella dello spirito e dell’anima. Per ottenere la guarigione di un corpo che domani sarà trasformato in polvere, si consuma anche un ingente patrimonio. Mentre per la guarigione dell’anima e dello spirito non si fa nulla, neanche si pensa che si possiede un’anima e uno spirito che vanno portati nella grazia e nella luce vera. A nulla serve salvare il corpo, se poi anima e corpo finiscono nella Geenna.
Madre di Dio, Angeli, Santi, fate che ogni cristiano curi la sua anima secondo verità.