Il commento alle letture del 1 Ottobre 2018 a cura del sito Dehoniane.
S. Teresa di Gesù Bambino, verg. e dott. della Chiesa (memoria)
XXVI settimana del tempo ordinario II settimana del salterio
Credere in Dio per nulla
Luca ci racconta di una discussione tra i discepoli su chi di loro fosse da considerare più grande (cf. Lc 9,46). In altre occasioni, anziché discuterne e litigare tra di loro, i Dodici oseranno porre una domanda esplicita a Gesù. Accade in Matteo, all’inizio del capitolo 18: «Chi dunque è più grande nel regno dei cieli?» (Mt 18,1). Possiamo anche pensare alla domanda che i due figli di Zebedeo, Giacomo e Giovanni, rivolgono al loro maestro in Marco: «Concedici di sedere, nella tua gloria, uno alla tua destra e uno alla tua sinistra» (Mc 10,37). Si tratta di domande pericolose. Anzitutto perché rivelano un desiderio sbagliato del cuore, e soprattutto un modo di relazionarsi con Gesù che contraddice il suo mistero personale, che consiste nell’aver vissuto tra di noi come il più piccolo dei suoi fratelli (cf. Mt 25,40).
C’è tuttavia un pericolo maggiore: consiste proprio nel dover ascoltare la risposta di Gesù, che ci sconcerta, perché stravolge i nostri criteri di pensiero e di valutazione. A volte, questa risposta tocca in modo ancora più vivo la nostra esistenza, ferisce la nostra carne. A sconcertarci, o addirittura a scandalizzarci, è prima di tutto il gesto che Gesù compie per indicare ai discepoli quale sia la vera lotta, la vera gara che devono vivere, per la quale devono impegnare fino in fondo le loro energie. È una gara paradossale, capovolta rispetto a quella che la vita così spesso ci impone, e non soltanto nelle competizioni agonistiche. Anziché per essere grandi, o giungere tra i primi, occorre gareggiare per diventare piccoli.
«Chi infatti è il più piccolo fra tutti voi, questi è grande» (Lc 9,48). Inoltre, quella che Gesù esige non è una piccolezza qualsiasi, ma è accogliente, ospitale. Il divenire piccoli deve consentire di accogliere e di mettere al primo posto, come fa Gesù, coloro che sono piccoli. Permette così di accogliere anche lui, che è il piccolo per eccellenza. Gesù sa accogliere i piccoli e i poveri, sa metterli al centro, li chiama vicino a sé, perché egli stesso vive come il più piccolo e il più povero tra i suoi fratelli. Sul fondamento di ciò che lui stesso sperimenta per primo, chiede ai discepoli di fare altrettanto. Non solo diventare piccoli, ma esserlo in quel modo preciso che consente poi una vera condivisione con tutti gli scartati della storia. Anche questo ci sconcerta e scardina i nostri criteri di giudizio. Pensiamo che per accogliere povertà e piccolezze occorra avere molti mezzi, disporre di tante risorse, essere in grado di fare grandi opere di beneficenza… Gesù risponde anche a questi atteggiamenti, che rischiano di non essere altro che sogni di grandezza, per ricordare che lo stile evangelico non passa attraverso la via di una ricchezza benefica, ma attraverso la via paradossale di una povertà condivisa. Sono i potenti della terra a farsi chiamare «benefattori», ma tra i discepoli del Regno non deve essere così (cf. 22,24-27).
La risposta di Gesù ai nostri sogni di grandezza, a volte, diventa ancora più profonda e ci tocca sul vivo. Non solo Gesù prende un piccolo e se lo pone vicino, ma ci rende piccoli, spogliandoci di molte cose. È l’esperienza di Giobbe, nella prima lettura, che perde tutto quello che lo rendeva un grande della terra. La sola cosa che gli rimane è la purezza della sua fede. Una fede così bella da consentire a Dio stesso di credere in lui, in Giobbe, e di non pentirsi di averlo fatto. Satana sospetta di Giobbe, non dà credito alla sua fede. Dio, al contrario, si fida di Giobbe. E alla fine Dio avrà ragione su Satana. O meglio, Giobbe darà ragione a Dio, perché gli dimostrerà che per lui è davvero possibile temere Dio per nulla, credere in lui con la fede dei piccoli e dei poveri. Di coloro che, anche quando si trovano a non possedere più nulla, non cessano di avere fiducia che è Dio ad accoglierli e a tenerli vicino a sé, come fa Gesù nel vangelo.
Padre, noi fatichiamo ad accogliere, con la perseveranza di Giobbe, le prove che la vita così spesso ci propone. Donaci di riconoscere che comunque tu ci accogli anche con i nostri limiti e povertà, con le nostre paure e incertezze. Aiutaci a comprendere che la nostra piccolezza, anziché essere un ostacolo, è il luogo dove tu desideri incontrarci.
Vangelo
Lc 9, 46-50
Dal Vangelo secondo Luca
In quel tempo, nacque una discussione tra i discepoli, chi di loro fosse più grande.
Allora Gesù, conoscendo il pensiero del loro cuore, prese un bambino, se lo mise vicino e disse loro: «Chi accoglierà questo bambino nel mio nome, accoglie me; e chi accoglie me, accoglie colui che mi ha mandato. Chi infatti è il più piccolo fra tutti voi, questi è grande».
Giovanni prese la parola dicendo: «Maestro, abbiamo visto uno che scacciava demòni nel tuo nome e glielo abbiamo impedito, perché non ti segue insieme con noi». Ma Gesù gli rispose: «Non lo impedite, perché chi non è contro di voi, è per voi».
C: Parola del Signore.
A: Lode a Te o Cristo.