Perdonare è grandezza d’animo.
L’evangelista Matteo ci ricorda oggi il nostro impegno o missione cristiana che è quella di seguire le orme, i passi del nostro Maestro Gesù Cristo. Gesù incarna in sé il sacramento del perdono. I nostri limiti umani, tante volte, rendono difficile l’accoglienza dei fratelli e l’esercizio della carità nei loro confronti. Per superare queste situazioni c’è un rimedio evangelico infallibile: il perdono.
Il perdono è il “pane quotidiano” di una comunità o di una chiesa domestica. Infatti, ogni giorno, c’è bisogno di perdono, perché ogni giorno ci possono essere contrasti che creano divisioni. Nella logica del Vangelo perdonare significa dimenticare, non si tratta di memoria, ma di cuore, – e dimenticare significa amare di più il fratello, accogliendolo pienamente e comportandosi con lui come se nulla fosse accaduto, cioè senza lasciarci condizionare dal male ricevuto. Perdonare significa “ricordarsi per dimenticare” come dice il profeta Isaia: “io perdonerò la loro iniquità e non mi ricorderò più del loro peccato”.
San Giovanni Paolo II nel messaggio per la giornata mondiale della pace del 1997 scriveva: “offri il perdono, ricevi la pace”. Resta vero che non si può rimanere prigionieri del passato: occorre una sorta di purificazione della memoria affinché i mali non tornino a prodursi. Il perdono richiede fede, carità, rinnegamento di sé, lotta contro l’uomo della carne. Essa deve essere totale, nel cuore e nel comportamento. Dal perdono nascono la condivisione, il servizio, la pace, la partecipazione alle gioie e alla sofferenza altrui.
Senza perdono c’è il cancro, il pericolo di rendere incurabile il nostro male. Vivendo solo in atteggiamento di perdono possiamo rivolgerci al Signore pregando: “rimetti a noi i nostri debiti come anche noi li rimettiamo ai nostri debitori”, e potremo accostarci con verità ai sacramenti della riconciliazione e dell’Eucaristia.
Monaci Benedettini Silvestrini
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